giovedì 2 dicembre 2010

Cos'è il libertarismo?

Un piccolo manuale per coloro che si avvicinano per la prima volta al libertarismo. Una piccola introduzione alla filosofia libertaria. Una veloce rassegna del pensiero liebrtario su determinate questioni. La recensione di Gordon al libro "Libertarianism Today" di Jacob Huebert, è una finestra sul mondo libertario odierno presentato agli occhi di un neofita. Per chiunque volesse avvicinarsi alla filosofia libertaria un'antipasto "leggero", prima delle portate "pesanti".
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di David Gordon

Libertarianism Today • By Jacob H. Huebert • Praeger, 2010 • Vii + 254 pages


Il brillante studio di Jacob Huebert sui ranghi libertari è il miglior lavoro su questo argomento sin da For a New Liberty di Murray Rothbard. Huebert naviga con successo in acque difficili. Molte persone quando sentono parlare di libertarismo, lo scaricano come troppo estremo ed irresponsabile. Come possono i libertari proporre seriamente di abolire l'istruzione pubblica ed obbligatoria, respingere tutte le regolamentazioni sulle droghe e consegnare la medicina interamente al mercato? Huebert porta a supporto una catasta di argomenti e prove storiche che mostrano che, in questi ed altri esempi, i libertari abbiano argomenti convincenti.

Huebert supera con successo un'altra difficoltà. Per definire il libertarismo non solleva nessun grande problema. Come dice lo stesso Huebert:
"[C]hiunque dovrebbe essere libero di fare qualuque cosa egli o ella vuole, finchè non commette atti di coercizione o di truffa contro qualsiasi altra percona pacifica. I libertari chiamano ciò "il principio di non aggressione". [...] Presa fino in fondo, l'idea libertaria dice che nessun governo è giustificato – ogni governo è un'esercizio criminale perchè è pagato con tasse e le persone sono forzate a sottomettersi alla sua autorità. Molti libertari (incluso questo autore) hanno questa visione. Ma molti altri ... si fermano prima di quest'idea e sono disponibili ad accettare un minimo "di Stato come guardiano", come il filosofo Robert Nozick dice, per provvedere ad una difesa comune, polizia e corti, perchè essi credono che solo il governo può provvedere a questi servizi con successo" (pp. 4–5)[1]


La difficoltà che ho menzionato sorge una volta che la definizione ci dà una caratterizzazione iniziale della posizione libertaria. I libertari sono un gruppo litigioso su un gran numero di discussioni, in competizione a gareggiare per il favore libertario. Invece la definizione di Huebert aveva già menzionato questo conflitto, quello tra anarchici e minarchici. Huebert stesso è un fermo libertario, aderente all'anarchismo rothbardiano; il che è un bene, perchè questo è il punto di vista corretto. Ma ora arriva la difficoltà. In uno studio un'autore deve presentare queste posizioni concorrenti onestamente, senza la compromissione di ciò che egli stesso accetta.

Huebert svolge questo compito ammirevolmente. In alcuni esempi egli indica la forza delle posizioni, come quella riguardante le azioni delle corti basate sulla Costituzione per assicurare la libertà, azioni di cui egli è scettico. In altri esempi fornisce la linea di pensiero e dice: "Fino a qui giungerai, ma non oltre". Mostra un giudizio accuratamente bilanciato nel delimitare ciò che conta da un punto di vista libertario.

Uno di questi esempi mi ha colpito per il suo enorme valore. Huebert spiega accuratamente e succintamente che applicare i principi libertari agli affari esteri porta ad una politica di pace e di non interventismo. La guerra moderna vìola direttamente il principio di non aggressione:
"Storicamente la guerra non coinvolgeva necessariamente l'uccisione di innocenti su larga scala. La guerra era sempre terribile ed indesiderata, ma dal diciottesimo secolo l'Europa sviluppò le regole della "guerra civilizzata". [...] La guerra moderna è un'altra storia. I governi moderni, incluse le democrazie ma non solo, sostengono di rappresentare "le persone", ed è così che le guerre moderne sono combattute, non solo tra coloro che governano, ma tra le intere popolazioni". (p. 176)


Huebert nota che poche, se non nessuna delle guerra dell'America, incontra i criteri richiesti della teoria di guerra giusta. La Rivoluzione Americana è quella che ci va più vicino, dal momento che fu intrapresa per autodifesa, ma anche questa guerra "poggiava su inflazione, controllo economico e coscrizione". (p. 190)

Dati i chiari dettami del principio di non aggressione, Huebert reagisce con stupore all'affermazione di Randy Barnett che sostiene che la guerra in Iraq è coerente con il libertarismo. Barnett estende oltraggiosamente la nozione di autodifesa per permettere di prevenire la guerra e la "costruzione di una nazione". Huebert non ci sta:
"Si può dire senza problemi che la posizione pro-guerra è in diretta opposizione col libertarismo come abbiamo definito in questo libro. [...] In sintesi sostenere la guerra in Iraq è una deviazione dal liebrtarismo". (p. 194)


Sebbene Huebert conceda che alcuni libertari sostengano i buoni per l'istruzione, i lettori sono informati che egli ritiene questa posizione non libertaria:
"Le scuole indipendenti non sarebbero uccise dalla competizione genuina di mercato; sarebbero uccise dai privilegi del governo [per esempio, l'aprovazione del governo di ricevere pagamenti in buoni] verso alcune scuole – quelle disponibili ad accettare il controllo del governo – e non altre. Un programma che farebbe ciò non può essere definito libertario". (p. 126)


Se questo è il punto di vista libertario, qualcuno potrebbe obiettare, questo non ci da terreno per scaricare l'intera visione come estremista? Come potrebbero essere istruiti i poveri, in assenza di scuole di governo e pagamenti per frequentare scuole private? Huebert risponde con ciò che Herbert Hoover chiamarebbe "una statistica potente". Molto prima dell'istruzione obbligatoria e delle scuole di governo, "l'alfabetizzazione machile nelle [colonie americane] oscillava dal 70% al 100%. Nel 1850, proprio prima che il Massachusetts imponesse l'obbligo scolastico, l'alfabetizzazione nello Stato era al 98%". Esiste ogni ragione per pensare che l'aiuto di governo di qualsiasi tipo rallenti piuttosto che aiutare l'istruzione.

Ancora ed ancora Huebert rende palese la posizione libertaria. Pone l'attenzione al fatto che molte persone muoiono perchè sono incapaci di assicurarsi un'organo di cui hanno bisogno per un trapianto. "Il tempo medio di attesa per ricevere un rene è di cinque anni (in su) e più del 40% delle persone che hanno bisogno di un rene potrebbe morire durante questo periodo" (p. 105). Il libero mercato non allevierebbe enormemente questa situazione? Se le persone fossero libere di vendere gli organi, sicuramente molti di più rispetto ad ora sarebbero disponibili.

Alcuni si oppongono ai mercati sulla base che vendere gli organi è immorale o degradante. Per una volta non sono soddisfatto con la risposta di Huebert. Egli dice:
"I libertari direbbero che è giusto per loro pensare ciò, ma difficilmente è una giustificazione dire alle persone quello che devono o non devono fare con i loro proprio corpi, oppure condannare 6,000 persone ogni anno a morte. Perchè il desiderio di una persona di non aver offese le proprie sensibilità morali dovrebbe aver peso sul diritto alla vita stessa di qualcun'altro? [...] Se ti senti offesso da qualcun'altro che esercita i suoi diritti, peggio per te" (p. 106).


Huebert è nel giusto quando dice che i mercati per gli organi non solo dovrebbero essere permessi, ma anche desiderabili. Ma non ha parlato dell'obiezione, la quale dopo tutto non sostiene desideri o sentimenti di offesa, ma sostiene degrado ed immoralità. Sicuramente non si può dar per scontato che ciò che è degradante venga ridotto ai gusti personali delle persone...Forse sono ingiusto ad imputare questa visione soggettivista ad Huebert, ma il suo linguaggio mi suggerisce che egli è incline in quella direzione. Ciò che ha bisogno di aggiungere per cementare la sua posizione è che anche se una transazione è realmente degradante, non può essere bandita finchè non vìoli i diritti di qualcuno. In aggiunta si può attaccare direttamente l'affermazione che le vendite di orgnani sono degradanti (discuto di ciò più a lungo sulla rassegna, da un'altra parte rispetto a questa relazione, Justice di Michael Sandel).

La proprietà intellettuale è stata un "tema caldo" tra i tanti libertari negli ultimi anni e Huebert vi dedica un'illuminante paragrafo. E' stato molto influenzato dall'importante monografia di Stephen Kinsella, Against Intellectual Property. Secondo la visione di Kinsella, che Huebert adotta, brevetti e diritti d'autore vìolano i diritti di proprietà: non assicurano i diritti di creatori ed inventori ma garantiscono allo Stato un monopolio di privilegi che vìolano i diritti degli altri.

Perchè? I diritti di proprietà, secondo la nuova visione, sorgono perchè le risorse sono scarse:
"Cioè sono limitate nella quantità e l'uso che una persona ne fa di un pezzo di proprietà impedisce a qualcun'altro di usarla. Due persone non possono occupare lo stesso spazio o mangiare la stessa arancia. Senza i diritti di proprietà ci sarebbero conflitti irrisolvibili su chi usa quale terra o oggetti, e come li possa usare. [...] Dall'altro lato se certe cose non fossero scarse – se potessimo riprodurle all'infinito senza nessun costo, o se fossero in qualche modo abbondanti – non ci sarebbero conflitti su queste cose e nessun bisogno di regole etiche, diritti di proprietà, o leggi per governare tali conflitti. Per caso, le idee cadono in quest'ultima categoria".(p.107)


Di conseguenza brevetti e diritti d'autore, che significano la garanzia dei diritti di proprietà sulle idee, sono illeggittimi:
"Così secondo la teoria libertaria i diritti sulla proprietà delle idee non sono "diritti di proprietà" per niente, ma una licenza emanata dal governo per attaccare i diritti di proprietà – e perciò dovrebbero essere aboliti". (p.208)


Questo è uno dei dibattito più significativi, sebbene farei attenzione al fatto che la scarsità di risorse non è decisamente sufficiente a generare la regola del primo fruitore per distribuire queste risorse. Sarei più incline di Huebert, quindi, ad incorporare la continuità della nuova visione con la posizione di Murray Rothbard.

Huebert presenta un resoconto molto più accurato delle opinioni di Rothbard rispetto a tutti gli altri. La formulazione semplice che la maggior parte adotta è che Rothbard rigettava i brevetti, ma permetteva i diritti d'autore. Huebert rende chiaro che ciò semplifica eccessivamente quello che Rothbard dice:
"Rothbard pensava che il diritto d'autore poteva essere giustificato se fosse il prodotto di un contratto. Per esempio, quando Smith vende a Jones un libro, Smith lo marchia con "diritto d'autore", poi Jones riceve solamente da Smith il diritto di fare ed usare quel libro, ma non il diritto di copiarlo [...] perchè una persona non può trasferire nessun'altro diritto rispetto a quelli che possiede, qualsiasi terza parte che in seguito prende i llibro da Jones sarebbe soggetta alla stessa restrizione che affronta Jones [...] Rothbard giustificava i brevetti su una base simile. Se Smith vende a Jones un nuovo tipo di aspirapolvere e lo marchia "brevettato" (oppure come Rothbard avrebbe detto "con diritto d'autore"), questo dice a Jones che lui sta solo ricevendo il diritto all'oggetto fisico, non il diritto a farne copie". (pp. 205-206)


Qualcuno che ha indipendentemente inventato l'aspirapolvere, sarebbe immune dalla sfera del brevetto.

L'obiezione standard alla posizione di Rothbard è che simili contratti possono legare solo le persone che sono parte in essi. Se trovi un libro protetto da diritti d'autore che qualcuno ha scartato, sei libero di copiarlo a tuo piacimento; non hai stipulato nessun accordo per non fare ciò. E' a causa di ciò, penso, che Huebert dice: "Murray Rothbard iniziò ad intaccare l'idea della proprietà delle idee, ma si aggrappava ancora ad alcune parti di essa". (p. 205)

Questo è un'eccellente punto (Robert Nozick fu uno tra i primi a sollevarlo), ma è un'obiezione alla visione di Rpthbard? In Man, Economy and State Rothbard dice:
"I diritti d'autore [...] hanno la loro base nella prosecuzione di un furto implicito. Il querelante deve provare che l'imputato ha rubato la precedente creazione riproducendola e vendendola egli stesso in violazione del suo o del contratto di qualcun'altro con il venditore originale". (MES, p.745)


Ciò suggerisce che qualcuno che non è parte del contratto sarebbe libero di copiare la creazione a suo piacimento. Il punto su terze parti sarebbe una conseguenza quindi della visione di Rothbard, non un'obiezione ad essa.

Il sostegno di Rothbard alla proprietà delle idee si dissolverebbe quindi. Qualche volta Rothbard non illustrò pienamente le conseguenze delle sue stesse frasi, come i lettori di The Ethics of Liberty non mancheranno di notare. Ma il passaggio che ho citato pone le basi per un nuovo pensiero sulla proprietà delle idee.

Il libro di Huebert merita un'accurato studio da chiunque interessato al libertarismo.[2]


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] L'espressione Stato come "guardiano notturno" viene da Ferdinand Lassalle, non da Nozick. Quest'ultimo non credeva che solo il governo potesse fornire i servizi che Huebert menziona.


[2] Ho notato un piccolo errore; Algernon Sidney era uno scrittore inglese del diciassettesimo secolo, non del diciottesimo (p. 139).


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2 commenti:

  1. è disponibile in italiano?

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  2. Ciao Anonimo, purtroppo non credo sia disponibile in italiano. Ma puoi ripiegare su un libro che non è da meno ed affronta sostanzialmente gli stessi temi presentati nel libro di Huebert. Qui trovi la versione in .doc.

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