domenica 19 dicembre 2010

Se smettessimo di votare

 
Smettere di giocare ad un gioco truccato è il miglior modo per tirarsi fuori da una spirale che conduce verso la classica posizione a 90°. Un dolore sia per la schiena che per qualcos'altro. Un atto rivoluzionario se ci pensate perché, come per altre cose, la vittoria del sistema avviene quando le persone stesse formano un branco in corsa che travolge tutto e tutti (anche chi vorrebbe defilarsi). La forma più oscena di collettivismo. Capite perché si sbandiera sempre la stronzata della "coesione"? Il re è nudo, ma finché non sono le persone (singolarmente) a capirlo e tentano in tutti i modi di immaginarlo vestito, la mandria continuerà a travolgere le eccezioni; mentre i fantocci staranno lì a vedere e ridere di gusto.
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di Frank Chodorov

[Questo saggio è originariamente apparso nel luglio 1945 in un bollettino d'informazione mensile fondato dallo stesso Chodorov, chiamato Analysis. Apparve successivamente come un capitolo del suo libro Out of Step: The Autobiography of an Individualist (1962).]


New York in piena estate è notevolmente più miserabile rispetto a qualsiasi altro posto del mondo — e dovrebbe essere paragonabile al mondo per il modo in cui è stata ridotta dai pianificatori. Il perché i Newyorkesi, altrimenti sani di mente, dovrebbero scegliere di abbrustolire i loro visceri in una campagna politica durante questo periodo dell'anno, è una domanda che viene in mente per la propensione enigmatica degli uomini per l'auto-punizione. E se un tizio sceglie che l'intera cosa gli scivoli addosso, alcuni energumeni socialmente consapevoli sono obbligati a farlo sudare con una lettura sul dovere civico, come per la cittadinanza che mi è stata data.

Per 25 anni il mio abbandono è stato risaputo dai miei amici e più di uno si è impegnato per raddrizzarmi; da queste discussioni venne fuori una solida difesa della mia posizione per il non-voto, cosicché la donna in questione fu ben evitata con abili repliche. Evidenziai, con molti esempi, che sebbene avessimo avuto candidati, piattaforme, partiti e campagne in abbondanza, abbiamo avuto un'equivalente abbondanza di povertà, crimine e guerra. La regolarità con cui la perenne promessa di "bei tempi" è finita in depressione ha suggerito l'incompetenza dei politici negli affari economici. Forse la buona società per cui abbiamo votato si trova da qualche altra parte; perché non provare un altro bivio, quello che conduce verso l'auto-miglioramento individuale, in particolare nell'acquisizione di conoscenza economica? E così via.

C'era una domanda che mi fu posta dalla mia incantevole seccatrice che evasi abilmente, poiché il giorno era afoso e la risposta richiedeva un certo sforzo mentale. La domanda: "Cosa succederebbe se smettessimo di votare?"

Se si è curiosi di cosa possa risultare dal non mangiare, ci si pone la domanda del perché mangiamo. Così il quesito che mi fu posto dalla donna ripropone la ragione del voto. La teoria del governo composto da rappresentanti eletti è quella che questi tizi sono assunti dalla cittadinanza votante per prendersi cura di tutte le questioni riguardanti i loro comuni interessi. Tuttavia è differente da un impiego ordinario poiché il rappresentante non deve attenersi a specifici ordini, ma gli viene data carta bianca per fare ciò che crede desiderabile per il benessere pubblico in alcune o tutte le circostanze; è soggetto inoltre a limitazioni costituzionali. In tutti i problemi riguardanti gli affari pubblici la volontà dell'individuo è trasferita all'agente eletto, la cui responsabilità è commisurata con il potere di cui è investito.

E' questo trasferimento di potere dall'elettore agli agenti eletti che è il punto cruciale dell'ideologia repubblicana. Il trasferimento è pressoché assoluto. Anche le limitazioni costituzionali non sono così difatti, dal momento che possono essere eluse attraverso meccanismi legali nelle mani degli agenti. Eccetto per il fragile processo dell'impeachment, il mandato è irrevocabile. Per l'abuso o il mal utilizzo del mandato, il solo ricorso lasciato ai principali, le persone, è di spodestare gli agenti alla prossima elezione. Ma quando spodestiamo i furfanti, non è vero che, come conseguenza naturale, invitiamo una nuova folla? Il tutto si somma al fatto che scacciando i primi dal potere, le persone mettono le loro vite nelle mani di un gruppo diverso, sulla cui saggezza ed integrità giace il fato della comunità.

Tutto ciò cambierebbe se smettessimo di votare. Tale astinenza sarebbe equivalente ad un avvertimento verso i politici: dal momento che noi come individui abbiamo deciso di badare ai nostri affari, i vostri servizi non sono più necessari. Avendo sostenuto il potere sociale dobbiamo, come individui, sostenere la responsabilità sociale — fornita, ovviamente, dai politici che accettano il loro congedo. Il lavoro di gestire la comunità cadrebbe su tutti noi. Potremmo assumere un esperto per un resoconto sul migliore apparato per la lotta contro gli incendi, o un manager per prendersi cura della pulizia delle strade, o un'ingegnere per costruirci un ponte; ma la decisione finale, in particolare sulla questione di raccogliere i fondi per sostenere i costi, resterebbe nel meeting comunale. Gli specialisti assunti non avrebbero alcuna autorità se non quella necessaria per la prestazione dei loro doveri contrattuali; il potere coercitivo, che è l'essenza dell'autorità politica, sarebbe esercitato, se necessario, solo da tutta la commissione.

C'è una sorta di garanzia per il credo che un migliore ordine sociale sarebbe assicurato quando l'individuo è responsabile per esso e, perciò, responsabile dei suoi bisogni. Non si ha più la legge o i legislatori per coprire i propri peccati di omissione; il bisogno di una buona opinione del vicinato sarà un obbligo sufficiente per il dovere di giurato, niente più inganni nelle bozze di legge e nessun ricorso sarà possibile "all'influenza politica" quando il pericolo per la propria comunità chiama alle armi. Nei propri affari privati l'individuo, ora sovrano, dovrà conciliare il detto del mercato: produci altrimenti non mangi; nessuna legge vi sarà d'aiuto. Nel suo comportamento pubblico si deve essere decenti o soffrire della sentenza dell'ostracismo sociale, senza un ricorso ad un esonero legale. Un cittadino rispettoso della legge sarà trasformato in un uomo che ha rispetto di sé.

Sarebbe caos questo? No, ci sarebbe ordine senza il disturbo da parte della legge.

Ma definiamo la parola caos. Non è disarmonia risultante dall'attrito sociale? Quando facciamo risalire l'attrito sociale alla sua origine, non scopriamo che si dissemina in un sentimento di dolore ingiustificato o ingiustizia? Allora il caos è una condizione sociale da cui scaturisce ingiustizia. Quando qualcuno potrebbe prendere, per legge, ciò che un altro uomo ha prodotto dal suo lavoro, otteniamo ingiustizia nella sua forma più incisiva, poiché la negazione del diritto di un uomo di possedere e godere di ciò che ha prodotto è affine alla negazione della vita. Tuttavia il potere di confiscare la proprietà è il primo business della politica. Vediamo come ciò sia reale nella questione delle tasse; ma la quantità di proprietà confiscata dai monopoli è di gran lunga superiore, il tutto basato sulla legge.

Mentre questa base economica dell'ingiustizia è stata persa nel nostro aggiustamento verso di essa, l'attrito risultante è abbastanza evidente. La maggior parte di noi è povera nonostante il nostro costante sforzo e risaputa abilità di produrre in abbondanza; la sconvenienza è aggravata da un sentimento di disperazione. Ma il dolore più pungente sorge dal pensiero che la ricchezza che vediamo è in qualche modo nostra per diritto di lavoro, ma non è nostra per diritto di legge. Il risentimento, intensificato dallo sconcerto, smuove un'avventata urgenza di fare qualcosa. Chiediamo giustizia; abbiamo attrito. Abbiamo scioperi, crimini, bancarotte e squilibri mentali. Truffiamo i nostri vicini ed ognuno cerca per sé un privilegio legale per vivere sul lavoro dell'altro. Ed abbiamo la guerra. Questa è una condizione di armonia o di caos?

All'inizio della storia del nostro paese c'erano meno leggi ma più ordine, poiché gli affari della comunità erano nelle mani dei cittadini. Sebbene le opere di narrativa possano dare un'impressione differente, è un dato di fatto che c'era meno crimine pro capite di cui occuparsi rispetto a quello che c'è ora quando la legge pervade ogni momento e minuto delle nostre vite. Quello che ha dato all'Occidente la sua fama incivile e senza cultura fu l'elegante teatro dell'intensa vita di comunità. Ognuno era ardentemente interessato all'impiccaggione dei ladri di bestiame; non era fatto nella quiete calcolata di una prigione, con la prontezza di un sistema meccanico. La punizione di un violatore dei dicta municipali doveva essere affare del procuratore municipale, che era rappresentato da tutta la comunità.

Sebbene i cittadini usassero raramente il proprio moschetto per difendere la protezione della propria vita e della proprietà, la sua presenza prometteva una giustizia rapida e positiva da cui nessun cavillo legale offriva una scappatoia e la relativa notizia annunciava la dignità della decenza. Ogni crimine era commesso contro la gente non contro la legge, e perciò la gente faceva molto rumore per i crimini. Erano commessi errori poiché il giudizio umano non è mai infallibile; ma, finché non vennero i politici, non veniva commesso deliberatamente nessuno illecito; finché non arrivò la legge, non esistevano violazioni ed il codice dell'umana decenza manteneva l'ordine.

Così se dovessimo smettere di votare per partiti e candidati, ci riapproprieremo individualmente della responsabilità delle nostre azioni e, di conseguenza, della responsabilità del bene comune. Non ci sarebbe alcun modo di evitare il verdetto del mercato; riceveremo solo in proporzione al nostro contributo. Ogni tentativo di approfittarsi a spese del vicino o della comunità sarebbe celermente scoperto e altrettanto velocemente messo a tacere, poiché la più lieve indulgenza di un'ingiustizia verrebbe riconosciuta da tutti come una minaccia per sé stesso. Dal momento che nessuno avrebbe il potere di imporre condizioni di monopolio, nessuno le otterrebbe. Sarebbe mantenuto l'ordine attraverso le regole dell'esistenza, le naturali leggi dell'economia.

Così è, se i politici permettessero di essere spodestati dalle loro posizioni di potere e di privilegio.

Lo dubito.

Ricordate che la proposta di smettere di votare è fondamentalmente rivoluzionaria; equivale ad un cambiamento di potere da un gruppo ad un altro, che è l'essenza della rivoluzione. Non appena il movimento non-voto acquista velocità, i politici molto sicuramente inizierebbero una controrivoluzione. Sarebbero istituite misure per imporre il voto; sarebbero imposte multe per le violazioni e sentenze di detenzione sarebbero inflitte ai reiteranti.

E' una necessità del potere politico, senza importanza sul come è acquisito, per avere il supporto morale dell'approvazione pubblica ed il suffragio è lo schema più efficiente per registrarlo; notate come Hitler, Mussolini e Stalin insistettero nell'avere le votazioni. In ogni governo di ideologia repubblicana, anche il nostro, solo una frazione della popolazione vota per il candidato vincente, ma quella frazione è quantitativamente impressionante; è questo aspetto di travolgente autorizzazione che lo sostiene nell'esercizio del potere politico. Senza di esso sarebbe perduto.

La propaganda, anche, bombarderebbe questa resistenza passiva allo statalismo; non solo quella divulgata dai politici di tutti i partiti — la coalizione sarebbe tanto unanime quanto spontanea — ma anche quella di maggior efficacia emanata da fonti apparentemente disinteressate. Tutti i monopolisti, tutte le fondazioni di buoni sconto, tutte le istituzioni elemosinanti l'esenzione dalle tasse — in breve, tutti i "rispettabili" — si unirebbero in una difesa urlante dello status quo.

Ci verrebbe detto categoricamente che a meno che non continuassimo a delegare il nostro potere a persone responsabili, sarebbe allora catturato dagli irresponsabili; e ne risulterebbe la tirannia.

Ciò è probabilmente vero, vedendo come sin dall'inizio dei tempi gli uomini hanno cercato di acquisire la proprietà senza lavorare per essa.

La risposta si trova, come sempre, nell'uso giudizioso dell'artiglieria privata. A questo punto vale la pena raccontare una storia, senza dubbio apocrifa. Quando i conquistatori di Napoleone stavano considerando cosa fare con lui, un cowboy Americano pensò che uno di loro sarebbe potuto essere utile in questo nuovo paese e sarebbe dovuto essere invitato a venire da queste parti. La possibilità che un regime Napoleonico potesse essere avviato in America fu escluso dalla figura del rivoluzionario che sottolineava che il moschetto con cui sparava ai conigli poteva anche uccidere i tiranni. Non esiste sostituto alla dignità umana.

Ma il discorso è piuttosto ingannevole alla luce del fatto che ogni elezione è una confisca di potere. Il sistema elettorale è stato definito come una battaglia tra forze opposte, ognuna armata con propositi di benessere pubblico, per garantirsi il potere in modo da mettere in azione queste proposte. Per quel che vale, questa definizione è corretta; ma quando il candidato vincente acquisisce il potere, verso quale fine lo usa (non teoricamente ma praticamente)? Non corre, con un occhio alla prossima campagna e con il denaro dei cittadini, ad accaparrarsi il sostegno di gruppi influenti? Se si rivolge ad un gruppo interessato al monopolio il cui contributo alla campagna è necessario per il suo scopo, o verso un gruppo in cerca di privilegi, o verso un esercito affamato di disoccupati o di veterani, il metodo di catturare e mantenere il potere politico è una pratica standard.

Ciò non è, tuttavia, un atto di accusa del nostro sistema elettorale. E' piuttosto una descrizione del nostro aggiustamento verso la conquista. Tornando agli inizi — sebbene il processo sia ancora in voga, come in Manchuria, o più di recente negli Stati Baltici — quando una banda di filibustieri sviluppò l'appetito per la proprietà delle altre persone vi corsero dietro con forza e vigore. Ripetuti segni di questa natura lasciano le vittime senza fiato, se non senza vita, e senza proprietà. Così, come gli uomini agiscono quando non hanno altra possibilità, stipularono un compromesso. Assunsero una gang di ladri per proteggerli da altre gang, e col tempo il prezzo pagato per tale protezione divenne noto come tassazione. Gli esattori si sistemarono nelle comunità conquistate, possibilmente per rendere le riscossioni certe e regolari, e col passare degli anni una fusione di culture e di sangue resero due classi una nazione. Ma il sistema di tassazione rimase dopo che perse il suo significato originale; gli avvocati ed i professori d'economia, tramite un'abile circonlocuzione, trasformarono il tributo nella "politica fiscale" e la mascherarono con il bene sociale.

Ciononostante l'effetto sociale del sistema era di mantenere la cittadinanza divisa in due gruppi economici: pagatori e riceventi. Quelli che vivevano senza produrre divennero "servi del popolo" e così guadagnarono supporto ideologico. Si radicarono ulteriormente acquisendo alleati con l'esenzione delle tasse; ovvero alcuni del loro gruppo divennero proprietari terrieri, la cui riscossione di rendite rimaneva nei poteri delle forze dell'ordine al soldo della cricca governante, e ad altri venivano garantiti sussidi, tariffe, concessioni esclusive, diritti di brevetto, privilegi di monopolio di una sorta o dell'altra. Questa divisione di vantaggi tra coloro che esercitano il potere e coloro i cui privilegi dipendono da loro, è succintamente descritta dall'espressione "lo Stato nello Stato".

Così quando facciamo risalire alle origini il nostro sistema politico, arriviamo alla conquista. La tradizione, la legge e la consuetudine hanno oscurato la sua vera natura, ma non ha avuto luogo nessuna metamorfosi; le sue zanne ed artigli sono ancora affilate, il suo appetito più vorace che mai. Sotto la luce storica non è un modo di definire la politica come l'arte di catturare il potere; ed il suo scopo attuale, come quello vecchio, è l'economia.

Non c'è alcun dubbio che gli uomini di grandi intenzioni daranno sempre i loro talenti per il benessere comune, senza pensare a nessuna ricompensa se non quella della benevolenza della comunità. Ma fintanto che il nostro sistema di tassazione rimane, fintanto che il mezzo politico per acquisire i beni economici è disponibile, fintanto che si sosterrà lo spirito della conquista; gli uomini cercheranno sempre di soddisfare i loro desideri con il minimo sforzo. E' interessante ragionare sul tipo di campagna ed il tipo di candidato che avremmo se la tassazione fosse abolita e se anche il potere di dispensare privilegi svanisse. Chi concorrerebbe per la carica pubblica se non ci fosse "alcunché in essa"?

Perché un cittadino rispettabile appoggerebbe un'istituzione fondata sul furto? E' questo quello che fa quando vota qualcun altro. Se si afferma che dobbiamo metterci una pietra sopra, cercare di fare pulizia in quell'istituzione in modo che possa essere usata per la manutenzione di un'esistenza ordinata, la realtà è sempre un'altra; uno dopo l'altro abbiamo votato per "governi buoni" e cosa ci ritroviamo? Forse il ragionamento più sciocco, pur tuttavia l'unico invariabilmente avanzato quando questa successione di fallimenti è evidenziata, è che "dobbiamo scegliere il minore dei due mali". Sotto quale obbligo dobbiamo prendere questa decisione? Perché non scansarli entrambi?

Per effettuare la rivoluzione suggerita tutto ciò che è necessario fare è stare lontani dai seggi elettorali. Diversamente da altre rivoluzioni, non richiede organizzazione, non richiede violenza, non richiede guerra, non richiede un leader. Nella quiete della sua coscienza ogni cittadino si impegna con sé stesso, promette a sé stesso, di non dare supporto morale ad una istituzione immorale ed il giorno delle elezioni rimane a casa. Questo è tutto. Ho iniziato la mia rivoluzione 25 anni fa ed il paese non si trova in una condizione peggiore di quella di prima.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


10 commenti:

  1. Se smettessimo di votare per assumerci individualmente la responsabilità delle nostre azioni, realizzeremmo il passaggio da sistema democratico a società libertaria, anarco-capitalista o altro. Per quanto mi riguarda sarebbe un giorno bellissimo, ma temo sia illusorio pensare di vivere quel momento.

    Per quanto mi riguarda, da come stanno le cose oggi, mi direi soddisfatto se abbandonassi questa Terra sapendo che l'opzione libertaria sia conosciuta e presa in considerazione. Ad oggi siamo molto lontani da questa condizione.

    Non so se capita anche a voi. Nella mia cerchia di amicizie-conoscenze, nessuno, nemmeno gli elementi più brillanti, riescono a immaginare un'alternativa alla democrazia. Magari sono pronti a riconoscere che sia un sistema imperfetto (amano gli eufemismi ...), ma si rifiutano di pensare alla possibilità di un'altro modello di amministrazione della società.

    Forse il primo passo (di un lunghissimo cammino) dovrebbe essere proprio questo: riuscire a fare breccia nella cultura ufficiale avanzando l'ipotesi che la democrazia, pur avendo avuto la sua importanza nei secoli scorsi, deve essere superata per arrivare a una più piena e completa realizzazione dell'individuo.

    I libertari hanno gli argomenti per farlo, ma non so bene per quale motivo, rimangono una nicchia numericamente trascurabile.

    Per ritornare all'argomento del post, non votare e incitare gli altri a non farlo, potrebbe essere un gesto che si confonde con un astensionismo da democratico insoddisfatto. Inutile, nella sostanza.

    Per di più, secondo l'ordinamento italiano, i calcoli per stabilire la maggioranza dei voti avviene al netto delle astensioni: questa è una norma liberticida che conferma una volta ancora come la democrazia si regga su regole ipocrite in aperta contraddizione con le scelte dei singoli cittadini.

    Personalmente quando posso suggerisco agli indecisi di usare il loro voto contro il politico in quel momento in carica, ma senza disperderlo: ad esempio, alle ultime regionali in Lombardia votare Lega rappresentava l'opzione più sgradita per il politico in carica, Formigoni.

    Insomma, non rinuncerei a usare il voto per creare caos. Ben sapendo che il mio voto rappresenta un quarantamilionesimo di tutta la torta elettorale.

    Insomma, procederei a piccoli passi, preferendoli alle grandi speranze, magari cercando di creare qualche crepa in quella che ad oggi per troppe persone è una granitica certezza, cioè che la democrazia non abbia alternative.

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  2. Ciao Alberto. Molto interessante la tua riflessione.


    Magari sono pronti a riconoscere che sia un sistema imperfetto (amano gli eufemismi ...), ma si rifiutano di pensare alla possibilità di un'altro modello di amministrazione della società.

    Per questo dobbiamo ringraziare la scuola.


    Forse il primo passo (di un lunghissimo cammino) dovrebbe essere proprio questo: riuscire a fare breccia nella cultura ufficiale avanzando l'ipotesi che la democrazia, pur avendo avuto la sua importanza nei secoli scorsi, deve essere superata per arrivare a una più piena e completa realizzazione dell'individuo.

    Giusto. E ti dirò di più. Secondo me, bisognerebbe instillare il dubbio. Ovvero, la curiosità verso le falle che il sistema democratico si porta dietro (addirittura la pagina di Wikipedia sostiene che la democrazia non sempre è sinonimo di libertà). Il voto, la delega, le tasse, la guerra, la redistribuzione, l'economia; sono tutti tasselli che insieme compongo il mosaico del raggiro. Anch'io un tempo ero un fervido sostenitore del voto e dell'educazione civica, ma passo dopo passo ho iniziato a prestare attenzione verso determinate circostante (perchè troppe persone si lamentavano, ma ogni volta che agivano lo facevano contrariamente a ciò che avevano affermato prima?).

    Il cambiamento, sicuramente, deve partire dal singolo; deve capire da solo (non deve assolutamente essere convinto), deve scoprire dove si consuma il raggiro da sé. Gli si deve mostrare la via, ma è lui che deve imboccarla e superarne gli ostacoi. Solo così uscirà dalla mandria. Come? Col dubbio e con la curiosità, ad esempio (per me è stato così).


    I libertari hanno gli argomenti per farlo, ma non so bene per quale motivo, rimangono una nicchia numericamente trascurabile.

    Sai che può essere anche un fatto di marketing? Ad esempio, in America è largamente diffuso anche perchè si vendono molti gadget riguardo il movimento libertario (cappelli, maglie, tazze, ecc.). Qua da noi gli "eroi" politici sono solo 2. Che tristezza!

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  3. Sì, dici bene. Dobbiamo "ringraziare" la scuola.

    Non mi ritengo affatto un illuminato, ma prima di conoscere (ahimé ancora non a sufficienza) teorie libertarie, la scuola austriaca, l'anarco capitalismo, mi suonava davvero male pensare a un'alternativa alla democrazia.

    Eppure sono sicuro che con una minima apertura di credito, moltissima gente apprezzerebbe molto.

    Sul sito di Rothbardiana è riportata una frase chiave: "Sì, ipocriti liberal, è una guerra culturale!". E' proprio così.

    Serve letteratura, cinema, musica, blog come il tuo e quant'altro.

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  4. Ciao Alberto. Hai usato l'espressione che riassume la situazione nel nostro paese: "mi suonava male". La vittoria della politica in Italia è stata far vedere il mondo circostante solo in bianco o nero (destra/sinistra); le sfumature non esistono e chi le contempla si sente estraneo alla sorte della situazione politica (all'inizio). Esistendo solo determinati schieramenti, solo in loro (cedendo a questo pensiero l'elettore annichilisce l'azione e glorifica il giudizio elettorale) ci può essere una sorta di redenzione della propria condizione.

    E' dura uscire dalla mandria; la difficoltà di prendersi le proprie responsabilità è grande e per molti questo fatto è uno spauracchio. La politica fa leva sulla auto-svalutazione delle persone e della sua "psudo-saggezza"; in essa ci possono essere solo esseri superiori, qualcuno che ha sempre la situazione in pugno. Il culto dell'infallibilità è uno dei dogmi su cui la politica fonda le sue basi e preserva attraverso il gioco dello "scarica barile" (altrimenti se le persone pensassero il contrario, col cazzo che investirebbero in bond :) ).

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  5. Anch'io quando posso cerco di far breccia con amici, conoscenti ecc ecc.

    E' il mio minimo contributo alla "causa".

    E lo faccio con quelli che reputo più brillanti ma non ottengo nulla, non riescono a immaginare qualcosa di alternativo alla "democrazia che conoscono".

    Forse non sono abbastanza brillante io.
    O forse dovrei provarci con quelli che reputo più ottusi.

    Complimenti per il blog, grazie per il tuo lavoro e le interessantissime traduzioni.

    Alfoja

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  6. Ciao Alfoja. Innanzitutto accetto di buon grado il tuo sostegno e ti ringrazio. Per quanto riguarda il tuo discorso invece, posso benissimo capire quello che dici perchè ogni tanto mi cimento anch'io in simili discorsi. Ma più avanza il tempo più non vedo speranza per questo paese; le persone sono così immerse nel sistema che le circonda che ormai sono le guardie di loro stesse. Un muro di gomma. Sono tante le illusioni che ci circondano che è difficile scorgere la realtà.

    Il più delle volte vengo mandato affanculo dai "simpatizzanti della democrazia" quando sottolineo il paradosso della scheda elettorale, la quale dovrebbe (ad esempio) comprendere la voce "spesa pubblica" in cui tutti possano esprimere la volontà sul dove indirizzare i soldi dei contributi. Ma a quanto pare si preferisce continuare col metodo antropologico più diffuso nei primati: tracciare la X (ora anche in voga nelle comunità degli stercorari, per decidere democraticamente il percorso delle palle di merda. Coincidenze dell'evoluzione).

    Nonostante la filosofia sia diventata "voto il meno peggio", ogni volta si scopre che il meno peggio in realtà era peggiore del precedente. Mi viene da dire che manca proprio uno che sia "meno peggio" :)
    Almeno in America hanno Ron Paul, che un minimo di speranza potrebbe anche garantirla.

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  7. Il cambiamento, sicuramente, deve partire dal singolo; deve capire da solo (non deve assolutamente essere convinto), deve scoprire dove si consuma il raggiro da sé.

    Mi sono posto spesso la domanda se sia veramente libertario cercare di convincere qualcuno che la democrazia è solo un'illusione di libertà.
    D'altro canto però non si può solo aspettare che gli altri lo capiscano spontaneamente, non perchè li ritenga troppo stupidi per farlo, ma perchè sono troppo pieni di idee democratiche per riuscire solo a concepire qualcosa di diverso.
    Neanch'io ci arrivai direttamente, la mia esperienza cominciò da molto lontano, dalla religione, quando da piccolo lessi la Bibbia per intero. Può sembrare che non ci siano molti punti in comune ma fu dal non accettare più l'autorità della Chiesa che cominciai a farmi domande riguardo lo Stato e ad informarmi. Quindi arrivai a concepire la mia idea di un Mondo in cui nessuno deleghi la conduzione della propria vita ad altri per non esserne responsabile e sentirsi così sollevato dai propri compiti. In cui, secondo me, non dovrebbero esistere leggi, non scritte. La legge dovrebbe nascere dentro di noi e se davvero, come obiettano alcuni, senza regolamentazioni saremmo capaci di sprofondare nel caos e ucciderci tutti, beh allora forse non ci meritiamo il titolo di Primati.
    Da qui poi approdai alla Scuola austriaca.

    Ma per ritornare al dubbio di inizio commento è proprio per quello che ho spesso abbandonato la discussione al primo accenno di chiusura mentale dell'interlocutore, per non voler forzare il suo ragionamento.
    Dovrei forse insistere? Prendetela come una consulenza =D

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  8. Ciao Anonimo. E' sempre interessante ascoltare il percorso di formazione degli altri, lo si può confrontare col proprio e vedere come da idee diverse si può convergere in quella assoluta di libertà.

    Ti dirò, è frustrante vedere come qualcuno difenda a spada tratta questo sistema, ma ha scoperto che tentare di convincere a tutti i costi qualcuno è controproducente (per entrambe le parti); però a questa regola segue un'eccezione in cui diventa lecito insistere, ovvero quanto il discorso verte sulla "maggioranza che vince sulla minoranza". In questo caso, secondo me, si hanno tutte le carte in regola per spingere il discorso e forzare il blocco dell'interlocutore, poichè tale metodo prevede una violenza su tutti, anche chi vuole essere lasciato in pace.

    Per la serie, se volete il vostro Stato tenetevelo pure e continuate a votare per esso; però lasciate in pace chi si vuole organizzare in maniera diversa.

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  9. Intanto colgo l'occasione per farti i complimenti che ho dimenticato nell'altro commento e che sono doverosi verso chi, come te, cerca di far risvegliare le masse.
    Veramente un gran bel blog.

    In questo caso, secondo me, si hanno tutte le carte in regola per spingere il discorso e forzare il blocco dell'interlocutore, poichè tale metodo prevede una violenza su tutti, anche chi vuole essere lasciato in pace.

    Beh allora forse, come diceva alfoja, non sono abbastanza bravo io a farmi comprendere perchè neanche questo sembravano mandar giù. Ma, per toccare anche solo le basi dell'economia, non riuscivano neanche a credere all'importanza di una valuta sana legata a qualcosa tipo... che ne so... la butto lì a caso... l'oro. Il prezioso metallo è roba vecchia, buona per il medioevo ma non per i nostri giorni. o.O
    Non so neanche come si spiegano questa crisi, forse una forza mistica che ci vuole condannare tutti alla sofferenza. A parte il fatto che ormai la crisi è passata, lo dice anche il TG... O no? xD

    Va bene che sono (anzi, siamo) giovani, quasi tutti sui 21 anni, ma fregarsene così di cose che poi non sono così lontane dalle nostre vite, anzi... Boh...

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  10. Ciao Anonimo. Mi fa piacere che tu apprezzi la giovane Freedonia, non è semplice portarla avanti ma col sostegno tuo e quello degli altri riesco ad alleggerire il lavoro.

    Il tuo discorso è molto importante e come ti ripeto, comprendo la tua frustrazione. Per quanto riguarda l'oro sto preparando un paio di articoli che faranno al caso tuo, tempo qualche giorno e saranno pronti; intanto puoi cercare nel blog altri articoli che parlano dell'oro e troverai tutte le informazioni per debellare questa cazzata Geselliana "l'oro è una reliquia barbara". L'oro è ancora vivo, è dal 2000 che è in ascesa continua...e continuerà a salire.

    Il secondo problema che poi è altrettanto significativo. Vedi, questo appiattimento delle persone è difficile da spiegare; c'è una sorta di relax totale, ci si culla sull'illusione che qualcun'altro risolverà i problemi (sono stati delegati apposta, no?...e giù risate!). Poi però quando l'agiatezza fasulla dello Stato finisce i suoi effetti, le rivolte che avranno luogo per un'altra dose di oppio socialista saranno sempre non proficue, perchè non si capisce cosa bisogna combattere. Per capire l'attuale crisi basterebbe un solo libro e fare in modo che non accada più. Ma si preferisce combattere per il presente e non per il futuro, pascolando per le strade.

    Per esempio, combattiamo Berlusconi? D'accordo. Però poi ci sarebbero persone che al suo posto voterebbero Vendola, il quale, in materia economica, ha le sue stesse idee e ci condannerebbe ancora al baratro (infatti già sta sproloquiando di "turbo-capitalismo", con quei dementi di giornalisti che nemmeno fiatano all'udire simili baggianate). Perchè? Perchè lo Stato può campare solo su basi Keynesiane e socialiste. E la scuola è la fucina di questo pensiero; ed infatti se spulci ancora nel sito troverai due articoli tradotti di John Taylor Gatto e capirai come la scuola abbia imbambolato le masse e tolto la facoltà di ragionare alle persone.

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