lunedì 21 gennaio 2019

I malanni delle valute fiat





di Alasdair Macleod


Il crollo della lira turca ha dominato i titoli dei giornali ad agosto, inoltre questa ed altre valute dei mercati emergenti sono in difficoltà a causa del prosciugamento della liquidità in dollari. Ci sono tanti che scommettono contro queste valute deboli, così come sulle materie prime e sull'oro.

Senza dubbio il Dilemma di Triffin sta dominando i pensieri di questi speculatori, suggerendo loro che la domanda di dollari come valuta di riserva mondiale possa essere infinita. Questo articolo sottolinea che le entità finanziarie estere già possiedono la maggior parte dell'eccesso di liquidità creato sin dall'espansione monetaria del dollaro nel post-Lehman. Certo, è improbabile che la proprietà dei dollari sia equamente distribuita tra banche corrispondenti che rappresentano tutte le nazioni estere, ma questo non è un motivo per dire che i dollari non sono posseduti da stranieri e neanche dobbiamo dimenticare che i dollari sono disponibili nelle borse estere. Né dobbiamo dimenticare che il motivo dell'enorme quantità di derivati sulle valute ($75.000 miliardi solo per il dollaro) è che la domanda futura di dollari è già significativamente coperta.

No, la ragione per cui certe valute dei mercati emergenti stanno perdendo potere d'acquisto è colpa dei singoli governi e delle loro banche centrali, che non sembrano rendersi conto che le loro valute fiat sono valutate esclusivamente sulla fiducia, sia dalla loro stessa gente che dalle borse estere. E come dovremmo sapere, la fiducia non è qualcosa con cui si può giocare.

Inoltre quei commenti che raffigurano una Cina in difficoltà a causa dei dazi e di un dollaro forte, non colgono il segno. La geopolitica è importante. Gli occasionali successi dell'America nell'attaccare il rublo e lo yuan sono solo vittorie transitorie, non sta vincendo la guerra tra valute contro la Cina e la Russia. La Cina non devia dai suoi obiettivi strategici per diventare, in collaborazione con la Russia, la superpotenza eurasiatica, oltre l'egemonia americana.

Questo articolo guarda oltre il rally a breve termine del dollaro, alimentato prevalentemente da denaro alla ricerca di una prospettiva più equilibrata.



Le valute che crollano non sono una novità

Le valute che crollano sono un argomento ampiamente discusso. Fino a poco tempo fa, era solo il Venezuela, una volta sostenuto da luminari come il professor Stiglitz. Ora il rial iraniano, la lira turca e il rublo russo hanno iniziato a soffrire, principalmente a causa della salita del dollaro e delle sanzioni commerciali, innescando una perdita di fiducia internazionale nelle loro valute. Persino lo yuan cinese, sicuramente la valuta più manipolata, è in calo del 9% rispetto al picco raggiunto ad aprile.

Con circa 180 valute supportate dalla sola fiducia di coloro che le emettono, ci saranno sempre vincitori e vinti, con più perdenti che vincitori se misurati rispetto ad un rafforzamento del dollaro. Indubbiamente la politica monetaria ha molto a che fare con questo esito, con la FED che ha aperto la strada al tightening e molte altre banche centrali l'hanno seguita a malincuore.

Per illustrare quanto sia cambiato l'ambiente monetario negli ultimi mesi, val la pena di prendere in considerazione la Fiat Money Quantity, che è essenzialmente la somma del denaro in circolazione (principalmente contanti, conti correnti e depositi) più le riserve bancarie (depositi bancari commerciali) sul bilancio della FED.


Il grafico qui sopra mostra che lo scorso giugno la FMQ aveva cominciato a contrarsi, poiché le riserve in deposito presso la FED avevano iniziato a scendere e la crescita dei depositi bancari si era arrestata. Il grafico mostra anche che la FMQ è ancora $5.800 miliardi sopra il suo percorso di crescita pre-crisi. Nonostante ciò, il leggero rialzo del Fed Funds Rate, abbinato alla contrazione delle riserve bancarie, sta spingendo i commentatori a preoccuparsi di una crisi di liquidità globale.

Dal momento che il dollaro non è supportato altro che dalla fiducia, non c'è alcuna correlazione tra i tassi d'interesse più elevati e il tasso d'espansione monetaria. I commentatori dovrebbero quindi cercare altrove per la prova dell'illiquidità.

La contrazione delle riserve bancarie sul bilancio della FED coinvolge denaro non in circolazione, quindi ci si potrebbe chiedere se la loro contrazione limiti il credito bancario. La risposta deve essere "No", perché quando le riserve ammontavano a meno di $10 miliardi nel 2007-08, non c'era alcun problema con l'espansione del credito bancario. È vero, ci sono state delle modifiche alle regole volte a ridurre il livello massimo di indebitamento per i bilanci bancari, ma a poco meno di $2,000 miliardi di riserve bancarie, non siamo neanche lontanamente vicini a quell'altezza.



I proprietari esteri di dollari non possono essere ignorati

Si pensa che adesso ci sia una carenza di dollari a livello mondiale. Prima di attribuire il crollo delle valute dei mercati emergenti alla politica monetaria della FED, dovremmo prenderci la briga di stabilire chi detiene effettivamente la liquidità in dollari, almeno al margine. Non vi è alcun dubbio che vi sia un'ampia liquidità, come dimostra la FMQ, ma è vero che gli stranieri sono affamati di dollari?

Ci sono due componenti che dovrebbero attirare l'attenzione di un analista. In primo luogo, il divario di $5.800 miliardi tra l'attuale FMQ e il suo percorso di crescita di lungo periodo, include $1.950 miliardi di riserve bancarie sul bilancio della FED.[1] Questa è la cifra che la FED sta cercando di "normalizzare"; in altre parole, ridurla verso il livello pre-crisi, a poche decine di miliardi.

L'ultima cifra che abbiamo a disposizione riguardo la proprietà estera di liquidità in dollari è del 1° luglio 2017, quando le riserve bancarie presso la FED erano $2,330 miliardi. A quel tempo, il denaro di proprietà estera nel sistema bancario americano era di $4.217 miliardi.[2] Pertanto la somma delle riserve bancarie e dei depositi bancari in dollari di proprietà estera ammontava a $6.550 miliardi e la FMQ era di $6.330 miliardi al di sopra della sua tendenza di lungo periodo. In altre parole, oltre al denaro non in circolazione e parcheggiato presso la FED, la differenza tra il livello della FMQ e dove sarebbe stata senza la crisi del 2007/08 sarebbe interamente dovuta alla liquidità in dollari in mani straniere.

Da allora la bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti si è deteriorata di altri $570 miliardi, aggiungendo altri $500 miliardi alla proprietà di dollari in mani straniere. Pertanto possiamo ancora supporre che l'eccesso di liquidità post-Lehman nelle banche commerciali sia interamente dovuto alla proprietà in mani straniere. I dati ufficiali mettono in una nuova luce l'ipotesi che l'eruzione dei problemi nelle valute dei mercati emergenti sia dovuta unicamente al tightening della FED.

Il livello di possesso estero di dollari è, ovviamente, solo un fattore nelle valutazioni prospettiche. Il possesso di asset esteri da parte di residenti e società statunitensi è un altro fattore, ma i loro investimenti liquidi in valute estere non superano le poche centinaia di miliardi di dollari e sembrano essere principalmente coperti attraverso derivati.[3] Inoltre va notato che gli squilibri commerciali sono il fattore più importante alla base degli squilibri monetari transfrontalieri, fortemente sfavorevoli al dollaro USA.



Il problema del dollaro è il governo, non le imprese

Dalla nostra analisi è chiaro che non c'è carenza di dollari in mani straniere. Inoltre, quando si tratta di accordi commerciali, per quei mutuatari commerciali credibili non vi è alcun problema ad accedervi ed effettuare scambi esteri. La decisione se prestare loro dollari o meno è nelle mani delle banche corrispondenti, non in quelle dei colossi di Wall Street. I problemi che affliggono Paesi come la Turchia sono interamente causati dai loro governi, i loro prestiti irresponsabili, e hanno poco a che fare con la scarsità di dollari.

Il fatto è che le economie moderne, che hanno rifiutato il sound money, hanno dato ai governi carta bianca per gozzovigliare in finanziamenti inflazionistici. Peccato per la popolazione turca. Dopo decenni di inflazione annua quasi al 100%, il 1° gennaio 2005 la banca centrale della Turchia ha tolto sei zeri dalla lira, creando una nuova lira del valore di $0.74. Oggi vale solo $0.15, avendo perso quasi la metà del suo potere d'acquisto solo quest'anno. È irrilevante per il turco medio se l'America stia giocando duro con la Turchia sui dazi. Le invocazioni di Erdogan a vendere dollari ed oro per comprare la lira, non bastano. Sa che le sue lire sono potenzialmente inutili e dovrebbe liberarsene il più rapidamente possibile.

Infatti la perdita di fiducia nelle valute scoperte è la più grande minaccia alla loro credibilità, un fatto che quasi tutti i governi e le loro banche centrali sono riluttanti ad accettare. I banchieri centrali hanno tutti una formazione in economia matematica, che non lascia spazio alla soggettività nella valutazione delle valute, quindi quando la loro valuta viene rifiutata ne restano sempre sorpresi.

Il fallimento di tutte le valute fiat è probabilmente inevitabile. Tuttavia l'emergere di questi problemi oggi richiama i ricordi della crisi asiatica alla fine degli anni novanta. Gli operatori commerciali di tali Paesi avevano costruito capacità industriali con dollari presi in prestito e yen giapponesi in un momento in cui l'assicurazione mediante i derivati era meno sviluppata. I mutuatari di oggi in tutto il mondo non sono esposti ai rischi monetari nella stessa misura di allora. Questo non si può dire dei governi stessi, che quasi senza eccezioni hanno aumentato il loro indebitamento dall'ultima crisi del credito, ed è qui che si trova il problema.



Attenzione ai cinesi ed ai russi

Due valute che hanno sofferto negli scambi esteri sono lo yuan cinese e il rublo russo. In quest'ultimo caso, la Russia si sta emancipando dal dollaro e dal sistema bancario occidentale, che per un Paese che è il più grande fornitore di energia globale significa sfidare lo status  quo commerciale a livello mondiale del dollaro.

Nel frattempo lo yuan cinese è sceso di quasi il 9% rispetto al dollaro sin da metà aprile, nonostante le riserve in valuta estera per oltre $3.000 miliardi, perlopiù dollari. La Cina è di gran lunga il più grande creditore nei confronti degli Stati Uniti. Avrebbe potuto facilmente difendere la sua valuta, ma se lo avesse fatto, avrebbe probabilmente destabilizzato il dollaro.

Immaginate, per un momento, se la Cina vendesse $200 miliardi dalle sue riserve. Non dovrebbe comprare solo yuan, potrebbe comprare euro o yen. La ridistribuzione del suo portafoglio di valute estere ha comunque senso. Tuttavia il messaggio geopolitico di qualsiasi azione del genere sarebbe potenzialmente catastrofico per le finanze del governo degli Stati Uniti, in un momento in cui il deficit di bilancio è in aumento. Quindi, perché la Cina ha scelto di lasciare declinare la sua valuta?

La Cina sta probabilmente riflettendo su una serie di considerazioni. Il maggiore generale Qiao Liang, lo stratega dell'esercito popolare di liberazione, ha informato la leadership cinese di come gli americani abbiano usato il dollaro come arma nel 2015. Ha raccontato come gli americani abbiano usato una politica di rafforzamento del dollaro per indebolire le valute dei loro avversari, che è quello che sembra stia accadendo oggi. Finora non sono riusciti ad indebolire la Cina, nonostante abbiano provato a farlo in diverse occasioni.

Secondo Qiao Liang, la Cina ha finora evitato il confronto con gli Stati Uniti. Indubbiamente questa continua ad essere la strategia della Cina, il che spiega il suo rifiuto ad essere provocata da azioni aggressive basate sulle politiche commerciali. C'è una speranza che il problema si risolva con un compromesso. Nel frattempo lo scopo cinese è quello di consentire l'indebolimento dello yuan nei confronti del dollaro, con la consapevolezza che il presidente Trump desidera un dollaro più debole per aiutare gli esportatori americani a diventare più competitivi e che uno yuan più debole possa compensare i dazi sulle aziende cinesi.

Mentre ci sono problemi significativi con l'analisi di Qiao Liang, è utile per intuire il pensiero della leadership cinese. L'America ha già messo in crisi una potenziale zona di libero scambio del nord-est asiatico con il Giappone e la Corea del Sud; tale zona sarebbe stata una minaccia in termini di dimensioni per l'America e l'UE, e ci sarebbero state tre valute globali: il dollaro, l'euro e lo yuan. Pertanto la leadership cinese non solo considera le azioni americane indirizzate alla Cina, ma anche ai suoi futuri partner negli accordi di libero scambio.

È per questo motivo che la Cina ha deciso qualche tempo fa di espandersi in Eurasia, dove gli americani hanno poca influenza politica. Lo scopo cinese non è resistere e combattere nel Pacifico, ma spostarsi verso ovest.

I cinesi si faranno trovare preparati nel caso in cui non riescano a trovare un compromesso. In ogni caso, la Cina potrebbe intensificare i suoi piani di espansione verso ovest, continuando a prestare sostegno ai suoi partner asiatici e forse anche ad alcuni dei suoi altri interessi globali. Questo supporto è sempre più probabile che implichi il dispiegamento del suo baule da guerra in dollari. La Cina è probabilmente il maggiore creditore straniero del sistema bancario statunitense, oltre alla sua proprietà di titoli del Tesoro USA. È sempre stato nel suo stile implementare queste risorse senza far crollare i mercati, ma esse sono ora necessarie altrove.

La Cina ha già fornito all'Iran un'ancora di salvezza, permettendogli di vendere petrolio in cambio di yuan, il quale può essere scambiato in oro a sua volta attraverso i mercati dei futures. La Turchia è anche un partner importante nel progetto cinese della via della seta, la quale  dà accesso al Mediterraneo. Sia la Turchia che l'Iran sono stati indotti dall'America a diventare stati-clienti della Cina. L'America con le sue azioni li ha già persi.

La Russia è il secondo maggiore esportatore di petrolio al mondo, con oltre l'11% del totale mondiale, e il più grande esportatore di gas naturale. Si è deliberatamente tagliata fuori dal dollaro vendendo le sue riserve per oro fisico. Ha stabilito il proprio sistema di settlement bancario, alternativo allo SWIFT. Non ci sono dubbi, queste sono misure significative.

Il desiderio di liberarsi dal dollaro è comprensibile, ma è probabile che voltare le spalle alla moneta più importante al mondo avrà implicazioni profonde per lo status futuro del dollaro. Probabilmente ci spiega perché l'America stia usando ogni scusa per destabilizzare le finanze della Russia.

Le vendite di energia in Europa possono essere pagate in euro e le vendite in Asia possono essere pagate in yuan e in rubli. Ma il messaggio secondario sembra essere questo: la Russia pare credere davvero che possa vincere la guerra finanziaria contro l'America, forse con il tacito appoggio della Cina. Se questo è il caso, il dollaro perderà rapidamente la sua forza egemonica e si distruggerà da solo. Per proteggersi da questo risultato inevitabile, deve imparare a fare a meno del dollaro e proteggere la propria valuta con l'oro.



Conclusione

Per ora il presidente Trump sta sommergendo di difficoltà monetarie i suoi nemici mediante politiche commerciali aggressive e sanzioni. È un trucco che è stato utilizzato dalle varie amministrazioni americane. I cinesi sono particolarmente diffidenti nei confronti di una guerra tra valute condotta contro il loro yuan ed è improbabile che aumentino le tensioni inutilmente. Stanno giocando e vincendo una partita più grande.

Le azioni del presidente Trump sul commercio, che sembrano riscuotere successo a breve termine, stanno allontanando i Paesi dalla sua sfera di influenza. Alla fine ciò si rivelerà controproducente. Gli speculatori che si fidano di Trump e delle politiche di normalizzazione della FED stanno spingendo al rialzo il dollaro, senza rendersi conto che gli stranieri, lungi dal soffrire di una carenza di dollari, possiedono già tutta la liquidità in eccesso creata sin dalla crisi Lehman. Questa situazione porterà alla rovina del dollaro.

Pertanto il dollaro sta salendo solo in base a considerazioni di breve termine, guidate dai flussi speculativi. Una volta che questi si attenueranno, torneranno in auge le prospettive a lungo termine per il dollaro, compreso un deficit crescente nella bilancia commerciale e un deficit crescente di bilancio, livelli record di proprietà estera di dollari ed aumento dei prezzi alimentato da una combinazione di espansione monetaria precedente e tasse extra (dazi).

E se ciò non bastasse, l'erosione della sua egemonia accoppiata con le future richieste della Cina per il capitale infrastrutturale sembra destinata a condurre ad una ridistribuzione del capitale a scapito del dollaro. Non c'è da meravigliarsi se la Cina e la Russia abbiano deciso di rivolgersi al mercato dell'oro fisico.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Per semplicità sto ignorando i reverse repo della FED, i quali riducono temporaneamente le riserve bancarie. Se inclusi, al primo giugno 2017 aggiungevano ulteriori $245 miliardi e $505 miliardi alla fine di suddetto mese.

[2] Si veda US Portfolio Holdings of Foreign Securities, pubblicato dalla New York Fed, Exhibit 19T. Il denaro posseduto dagli stranieri è nell'ultima colonna della tabella e rappresenta cifre corrispondenti a possedimenti bancari esteri.

[3] Si veda il Treasury Bulletin on Foreign Currency Positions, pubblicato dal Bureau of the Fiscal Service. C'è un'esposizione netta alla sterlina di circa $125 miliardi, la quale riflette presumibilmente il bilancio totale di banche americane e delle loro filiali nei mercati di Londra. L'esposizione netta a CAD, CHF, JPY e EUR è quasi interamente coperta da derivati.

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4 commenti:

  1. Computer Models to Investors: Short Everything

    La bolla "Dotcom" è spesso considerata come un evento unico causato da eccessi speculativi, legato a nomi di società tecnologiche (Enron, WorldCom, Global Crossing, ecc.) la cui forte espansione era figlia di imbrogli finanziari che alla fine portarono all'approvazione del Sarbanes-Oxley Act.

    Tuttavia non possiamo guardare solo all'evento in sé, ma dobbiamo tornare indietro per capirne le basi. Dopo la recessione del 1991, la Federal Reserve soppresse drasticamente i tassi d'interesse per stimolare la crescita economica. Oltre a ciò anche il ​​cambio di regole che permise ai fondi pensione di possedere azioni e l'abrogazione del Glass-Steagall.

    Le principali banche potevano quindi utilizzare il loro enorme bilancio per impegnarsi nel settore dell'investment banking, del market making e del trading proprietario. I mercati esplosero mentre il denaro inondava i mercati finanziari. Poiché non c'erano abbastanza accordi "legittimi" per soddisfare la domanda ed i banchieri di Wall Street venivano pagati per la produzione in serie di "accordi con la clientela", Wall Street generò qualsiasi tipo di accordo e titolo che potesse nonostante il rischio per gli investitori.

    Non passò molto tempo prima che la Federal Reserve, preoccupata per la prospettiva di un aumento dell'inflazione e di un'economia surriscaldata, iniziò a lasciar salire i tassi. Quando la politica monetaria divenne più ristretta, il costo del capitale aumentò e l'economia rallentò. Non passò molto tempo prima che il sistema crollasse sulle sue contraddizioni.

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  2. Carissimo Dott. Simoncelli, buonasera.
    Quindi se ho capito bene il dollaro dovrebbe implodere su se stesso.
    A tal proposito avrebbe un periodo di riferimento negli anni a verire, 2020, 2025 o 2030?
    Grazie molte per la Sua cortese risposta.
    Aldo

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    1. Salve Aldo.

      Come spesso ricordato su queste pagine esiste una relazione del CBO degli Stati Uniti in cui si annuncia candidamente che lo zio Sam entro il 2033 sarà in grado di pagare solo i 3/4 delle pensioni. Ma stiamo parlando di una proiezione ufficiale, poiché invece possiamo farne ufficiosa che porta la bancarotta del sistema pensionistico molto più vicino a noi, soprattutto sulla scia del gigantesco tsunami monetario partorito dalla FED sin dal post-Lehman. Alla fine del 3 ° trimestre dello scorso anno, il deficit di finanziamento dei piani pensionistici statunitensi (pubblici e privati) era pari a -$6.180 miliardi. Stiamo parlando di circa il 30% del PIL degli USA.

      Il proliferare di questi deficit è stato facilitato dalla ZIRP della FED di questi ultimi anni, la quale gonfiato il valore presente degli obblighi futuri. L'unico modo in cui i gestori dei fondi pensione avevano la possibilità di soddisfare le ipotesi di rendimento del 7% in un mondo pieno di asset "privi di rischio" che rendevano l'1%, era di affondare le mani nella melma degli asset più rischiosi, i quali ora stanno esplodendo.

      I soldi non sono stati messi da parte e il denaro che è stato messo da parte non è stato investito bene. Il risultato è ovvio: sta arrivando un Grande Default, ma nessuno vuole pensarci. I politici in carica oggi sanno che non saranno in carica quando arriverà il Default. I pensionati pensano che verranno pagati ed i politici non dicono loro altrimenti. Un compito assolutamente facile mentire a chi non vuol vedere o non si interessa della materia.

      E il ciclo di "rialzo" dei tassi da parte della FED non è affatto la cura per questa situazione, perché nel mezzo di declassamenti vari i costi di finanziamento aumenteranno e non basterà più il fatidico 7% per soddisfare i termini d'investimento annuali. Si dovrà pensare poi a recuperare. Senza parlare poi delle passività non finanziate presenti da $200.000 miliardi...

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    2. E tutto questo solo negli Usa.
      Altrove, vedi Europa con le banche a pezzi, ci sarà da ridere pari se non di più.
      Nel frattempo le stime della crescita mondiale vengono riviste un po' ovunque al ribasso.

      Non dovrebbe mancare molto.

      R.G.

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