martedì 1 settembre 2020

Gli enormi stimoli monetari non argineranno il rallentamento dell'Eurozona

 

 

di Daniel Lacalle

Il bilancio della BCE è salito al 53,9% del PIL europeo a luglio, rispetto al 32% della Federal Reserve e al 33% della Banca d'Inghilterra. Ciò significa un aumento di €1.780 miliardi da inizio anno. Inoltre l'eccesso di liquidità è salito a €2.900 miliardi, un aumento di €1.200 miliardi da gennaio. Oltre a questo stimolo monetario senza precedenti, l'Eurozona ha incluso un 10% del PIL in vari programmi di stimolo fiscale. Niente di tutto ciò ha impedito all'economia di dare segni di rallentamento ad agosto.

Dopo un forte rimbalzo in maggio e giugno, derivante dalla riapertura della maggior parte delle economie, i dati ad alta frequenza compilati da Bloomberg Economics mostrano un evidente rallentamento in luglio e agosto. Tutti gli economisti che seguono l'economia della zona Euro mettono in guardia sul preoccupante indebolimento degli indicatori principali. L'OCSE ha anche pubblicato il suo Leading Indicator Index a luglio, il quale mostra che le economie come la Spagna non stanno solo mostrando segni di crescita più debole, ma di contrazione. L'Italia continua a migliorare, ma ad un ritmo lento, mentre Francia e Germania registrano livelli di crescita in calo.

Il motivo è evidente: tutto lo stimolo mostruoso dell'Eurozona è focalizzato sul perpetuare bilanci pubblici insostenibili e sull'incentivazione del ritorno non economico o delle sovvenzioni. Il Fondo europeo di ripresa è chiaramente finalizzato a promuovere cattedrali nel deserto travestite da progetti verdi, ma ciò che è più preoccupante è che l'accordo green dell'Eurozona include più tasse e misure per prevenire la crescita piuttosto che migliorare la produttività.

Questa lezione avrebbe dovuto essere appresa nel 2009: l'Unione Europea inaugurò il suo imponente piano per la crescita e l'occupazione, oltre l'1,5% del PIL dell'UE, e l'economia non è migliorata, mentre sono stati persi più di 4,5 milioni di posti di lavoro.

Il problema di questi enormi stimoli è che avvantaggiano le parti sbagliate dell'economia: spesa pubblica in diritti e sussidi, enormi deficit e grandi multinazionali che traggono vantaggio dai massicci acquisti di obbligazioni private e iniezioni di liquidità che in passato non hanno avuto problemi ad accedere ai mercati del credito.

Mentre la zona Euro sta aumentando le tasse "green" ai cittadini e promuovendo la spesa sovvenzionata nel "nuovo accordo green", i maggiori beneficiari del programma della BCE di acquisto di obbligazioni societarie sono le grandi aziende automobilistiche, le multinazionali del petrolio e del gas, e le grandi multiutility. La BCE ha acquistato obbligazioni di Shell, Eni, Repsol, OMV, Total, Siemens, Daimler AG, BMW, Volkswagen, Renault, ecc. Nessuna di queste società ha avuto difficoltà ad accedere ai mercati dei capitali o ad emettere debito a tassi bassi, e le loro obbligazioni non potevano essere classificate in alcun modo come a buon mercato considerando i rendimenti e gli spread. La maggior parte di queste società ha stabilito e maturato attività in settori in cui esistevano problemi di sovraccapacità e margini di profitto molto prima della crisi precedente e attuale, quindi non aumenteranno le assunzioni o la spesa in conto capitale sulla scia dello stimolo monetario.

Nel frattempo migliaia di start-up e piccole imprese che non hanno accesso al credito, perché non hanno risorse fisiche, chiudono ogni mese. Il mostruoso sostegno al credito proveniente dal meccanismo di trasmissione della politica monetaria è canalizzato verso stati e multinazionali. È un enorme incentivo a spendere e ad investire male. Gli stati sono felici ad aumentare le spese per il welfare senza un reale ritorno economico e le multinazionali che erano in fase di rallentamento già anni fa sono zombificate dai tassi bassi.

I piani di stimolo della BCE e dell'Eurozona finiscono per diventare enormi sussidi alla bassa produttività con danni collaterali ai settori ad alta produttività sotto forma di tasse più elevate.

Il lettore potrebbe pensare che lo stesso si possa dire degli Stati Uniti e di ciò che fa la Federal Reserve. Sì, in una certa misura. La differenza principale è che il meccanismo di trasmissione della politica monetaria negli Stati Uniti non dipende dal canale delle banche commerciali. Meno del 15% dell'economia reale degli Stati Uniti è finanziata dal settore bancario, grazie a un sistema di credito privato diversificato e flessibile. Nell'Eurozona è più dell'80%, simile al Giappone.

Questo percorso verso la stagnazione a lungo termine dovrebbe servire da promemoria per gli Stati Uniti, ancora una volta: non è consigliabile seguire le politiche della zona Euro. I risultati sono inevitabilmente disastrosi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Nessun commento:

Posta un commento