venerdì 4 settembre 2020

Una crisi sistemica inaspettata è praticamente sicura

 

 

di Alasdair Macleod

Le flessioni nell'espansione del credito bancario portano sempre a problemi sistemici. Siamo sull'orlo di una recessione e a causa del focus di tutti sul coronavirus è praticamente inaspettata.

Possiamo ora identificare il 23 marzo come la data in cui i mercati hanno smesso di preoccuparsi della deflazione e si sono resi conto che l'inflazione monetaria è la vera preoccupazione. Quel giorno la FED ha promesso uno stimolo monetario illimitato sia per i consumatori che per le imprese, e il dollaro ha iniziato a scendere.

Le banche commerciali di tutto il mondo sono massicciamente indebitate e la loro esposizione a crediti inesigibili e una crisi bancaria ciclica è ora certa. In questo articolo guarderemo alle banche di rilevanza sistemica globale (G-SIB) come proxy per tutte le banche commerciali e identificheremo quelle più a rischio.


Introduzione

In questi mercati adir poco bizzarri, l'elefante nella stanza è il rischio sistemico, visibile a tutti ma semplicemente ignorato. Ciò è in parte dovuto ai governi e alle banche centrali, così come ai loro epigoni nel settore degli investimenti e nei media generalisti, che pensano che i nostri problemi economici siano solo una questione di Covid-19. In altre parole, quando l'epidemia sarà finita, tornerà la normalità. Ma il Covid-19 ha agito come una distrazione: ci ha distratti dalle conseguenze della guerra commerciale di Trump con la Cina e dalle tensioni di liquidità emerse a New York lo scorso settembre quando il tasso repo è salito al 10%.

Le tensioni di liquidità e la grave flessione dei mercati azionari all'inizio di quest'anno sono state sepolte da uno tsunami di stampa monetaria. I problemi di liquidità a seguito della crisi dei pronti contro termine dello scorso settembre e l'indice S&P 500 che è crollato di un terzo tra il 19 febbraio e il 23 marzo, sono stati un chiaro segnale che il ciclo pluriennale di espansione del credito bancario aveva già raggiunto il picco. Dall'ultima crisi del credito nel 2008, le banche hanno recuperato la fiducia nei prestiti e ampliato il credito bancario, una classica fase espansiva.

Se sottraiamo M1 a M2, otteniamo un'approssimazione della crescita del credito bancario e questo ci dice due cose: è leggermente raddoppiato nella fase espansiva e dall'inizio di giugno, nonostante l'iniezione senza precedenti di base monetaria nel sistema bancario da parte della FED, il credito bancario è ora in fase di stallo.

Stiamo entrando quindi in una fase di contrazione del credito, con alcune banche molto importanti pericolosamente indebitate. Questo è normale prima di una crisi del credito, ma mai nella misura in cui stiamo vivendo oggi. E grazie al Covid-19, questo pericolo è universalmente ignorato.


Perché le capitalizzazioni di mercato delle banche sono importanti 

Non solo alcune delle banche di importanza sistemica globale (G-SIB) hanno un'elevata leva finanziaria sui loro bilanci, ma nella maggior parte dei casi i mercati azionari valutano le loro azioni ad una frazione del loro valore contabile di bilancio, in contrasto con le valutazioni scandalosamente alte per i titoli non finanziari nella più grave recessione economica mai vista in tempo di pace. Sarebbe ragionevole aspettarsi un nuovo mercato rialzista per le azioni che includa il settore bancario, ma non è così.

La Tabella 1 di seguito illustra il punto mostrando il livello di indebitamento e le valutazioni del mercato azionario per tutti i G-SIB in modo da attribuire un multiplo alle attività di bilancio e alla capitalizzazione di mercato, classificandoli dal più pericoloso al meno pericoloso. Le uniche banche nell'elenco con capitalizzazioni di mercato superiori al patrimonio netto (rapporto prezzo/valore contabile superiore ad uno) sono le banche nordamericane, il che potrebbe spiegare perché la criticità della leva finanziaria non è riconosciuta come un problema sistemico nei mercati finanziari statunitensi.

Le tre più alte sono le banche dell'Eurozona: ricordate che queste sono solo i G-SIB, ci saranno molte banche commerciali grandi e piccole altamente indebitate che non sono in questa lista.

Avere un valore del patrimonio netto inferiore al 20% rispetto al valore contabile, che è l'umiliazione subita dalla banca francese, Société Générale, dovrebbe inviare segnali di avvertimento alle autorità di regolamentazione bancaria francesi. Ma insistono nel guardare solo al rapporto tra attivi e patrimonio di bilancio, che per Soc Gen è ancora uno sbalorditivo 21,4 volte. A differenza dei regolatori, gli investitori sembrano pensare che questa banca sia in bancarotta, il prezzo delle sue azioni vale poco più di un'opzione call sulla sua sopravvivenza. Per essere chiari, l'effetto di ogni euro di nuove sofferenze dichiarate da questa banca è amplificato 118,8 volte in dolore per gli azionisti. Vale la pena dedicare un momento per descrivere le implicazioni e capire quanto poco ci vorrebbe per mandare in bancarotta la banca.

È un problema che colpisce particolarmente le banche dell'Eurozona. A Francoforte un semplice starnuto potrebbe destabilizzare Deutsche Bank; in Francia i regolatori respingono i livelli di gearing sul bilancio e le quotazioni azionarie con un'alzata di spalle. L'indebitamento di bilancio di Société Générale è 21,4 volte, quello di Credit Agricole è 28,1 volte (il più alto di tutti i G-SIB) e BNP è 20,1 volte. E l'esperienza ci dice che i numeri riportati dalle banche sono rafforzati dalla manipolazione del sistema di regolamentazione, motivo per cui quando una banca fallisce il risultato la realtà è sempre peggiore di quanto i numeri suggerirebbero.

Le grandi banche non operano in silos nazionali, visto che eseguono attività di finanza commerciale, negoziazione in valuta estera e derivati, prestiti in valute estere e hanno anche filiali e operazioni sussidiarie all'estero. L'idea che una crisi nell'Eurozona, o in Cina per esempio, possa essere contenuta entro i confini nazionali è un pio desiderio. Con l'eccezione di Wells Fargo, i G-SIB statunitensi ne escono meglio di quelli in altre giurisdizioni, ma ciò non li salverà da una crisi sistemica originata altrove.

Sebbene possiamo indicare la fine del ciclo del credito, non c'è dubbio che il Covid-19 abbia accelerato i tempi. Stiamo ora assistendo ai primi effetti dei lockdown sul PIL, e senza dubbio le loro successive revisioni li renderanno peggiori. La narrativa ufficiale prevede una ripresa a V, e in effetti la spesa pubblica è aumentata con quel risultato in mente. È stato riferito che noi, la popolazione in generale, abbiamo risparmiato durante i lockdown e che riprenderemo a spendere normalmente una volta superato il Covid-19. Tutto ciò che le aziende in fallimento devono fare è resistere e, come disse il famoso presidente Reagan, aspettare che qualcuno bussi alla porta: "Vengo a nome del governo e sono qui per aiutare".

Ma c'è una verità che continua ad essere ignorata: sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito un 80% dei dipendenti arriva a stento alla fine del mese. Coloro la cui spesa è diminuita e su cui si basa una ripresa della spesa stessa sono per lo più i pensionati, ed è improbabile che possano fare una grande differenza.

Gli stati hanno introdotto piani di emergenza: il governo degli Stati Uniti sta distribuendo denaro dai proverbiali elicotteri e la Gran Bretagna ha un piano di permessi e dilazioni fiscali. Ma fanno poco per alleviare le preoccupazioni dei banchieri commerciali altamente indebitati, i quali affrontano la prospettiva di un aumento vertiginoso dei crediti inesigibili. I valori degli attivi nei bilanci bancari rispetto ai rapporti di capitalizzazione di mercato suggeriscono che il sistema bancario non può far fronte a ciò che ci aspetta.

Anche i governi degli Stati Uniti e del Regno Unito hanno implementato o annunciato programmi per aiutare i datori di lavoro, e senza dubbio sono pronti ad intensificarne il sostegno, in particolare per coloro che impiegano un gran numero di lavoratori. Ma queste misure non possono cambiare il fatto che molte aziende e individui devono affrontare il fallimento. Le banche lo sanno e poiché le loro azioni per proteggersi dai crediti inesigibili nell'economia non finanziaria sono limitate per paura di peggiorare le cose, le loro azioni nell'economia finanziaria diventeranno importanti.

Il dilemma è questo: in qualità di banchiere riterreste che gli asset finanziari continueranno a crescere di valore, in modo che aumentandovi l'esposizione potreste essere in grado di uscire dai guai espandendo gli asset finanziari, oppure diverreste avversi al rischio nella speranza di liberare spazio di bilancio per gestire i crediti inesigibili nell'economia reale?

Le banche centrali stanno facendo il tifo per la prima soluzione, ma tra i loro oneri commerciali sembra prevalere la seconda. E con i livelli di gearing così come sono, chi può biasimarle.

Non solo molti G-SIB hanno ridotto o chiuso le loro attività di investment banking a seguito del fallimento della Lehman, ma la loro recente esperienza nei mercati dei derivati su oro e argento le incoraggerà a ridurre i loro portafogli nei confronti di un'ampia gamma di altri asset finanziari. Non possiamo ancora sapere se questo avrà un impatto sui mercati azionari, ma è probabile che l'effetto iniziale possa spingere i prezzi al rialzo poiché la liquidità di market making si deteriora prima che i cacciatori di trend smettano di inseguirli. Data la forza degli indici azionari statunitensi, questo è esattamente ciò a cui stiamo assistendo.

 

La direzione dei prezzi delle azioni è importante

Essendo burocrati che si attengono alle loro regole, i regolatori bancari ignorano i valori di mercato che tutti sappiamo contano nel mondo reale. Ma anche il modo in cui si evolvono i valori nel mercato è fondamentale e con i mercati azionari in crescita le azioni delle banche sono importanti, perché in ciò risiedono sicuramente i guai.

All'inizio di quest'anno, verso la metà di febbraio, i mercati hanno preso sul serio le implicazioni deflazionistiche del Covid-19. L'indice ponderato per il commercio del dollaro è salito in un baleno, mentre i prezzi delle azioni bancarie sono scesi quando le implicazioni di una deflazione del credito bancario hanno cominciato ad infestare le menti degli investitori. Al Comex l'open interest dell'oro è precipitato dai livelli record e il rapporto oro/argento è salito oltre 120. L'indice S&P 500 è crollato da 3386 il 19 febbraio a 2237 il 23 marzo, scendendo di un terzo. Il 23 marzo è stato anche il giorno in cui la Federal Reserve ha annunciato che avrebbe fornito senza esitazione tutto il sostegno monetario necessario all'economia statunitense, trasformando i timori di deflazione in inflazione certa.

Ciò ha segnato il punto di svolta per tutti i mercati finanziari: l'indice ponderato per il commercio del dollaro ha raggiunto il picco e ha iniziato a scendere. L'indice S&P 500 ha iniziato una nuova corsa al rialzo ed è tornato a nuovi massimi questa settimana. Il prezzo spot dell'oro ha iniziato a vedere premi alla vendita, il rapporto oro/argento ha iniziato a scendere rapidamente e il prezzo del rame è salito notevolmente. Anche il petrolio è tornato a salire, sebbene fosse sceso ad aprile a causa di fattori tecnici.

Alcuni di questi effetti sono mostrati nel Grafico 2. Il fattore comune è stata la flessione del dollaro, che riflette il passaggio da timori deflazionistici ad aspettative d'inflazione monetaria. Il dollaro ha perso il suo status di rifugio sicuro per la deflazione ed è stato persino venduto per altre valute, in particolare l'euro. Allo stesso tempo, ogni copertura contro il dollaro, dalle azioni alle materie prime e persino Bitcoin, ha iniziato a salire. Dal punto di vista finanziario questo è stato il momento in cui la marea è cambiata e se le banche fossero state solide, i prezzi delle loro azioni avrebbero dovuto aderire alla tendenza al rialzo. Pertanto, tutto ciò che dobbiamo fare è guardare a coloro che sono in difficoltà nell'abbandonare i loro minimi ed identificare i G-SIB che molto probabilmente finiranno in guai seri.

Nell'Eurozona i due protagonisti sono Société Générale e Banco Santander. I loro grafici risalgono al 23 marzo, il giorno in cui i mercati azionari sono decollati, e sono mostrati nel Grafico 3.

Il 17 febbraio Société Générale ha raggiunto €31,93 prima di crollare a €11,77 il 15 maggio. E come mostra il grafico, è come un pugile a terra che tenta di rialzarsi. Insieme ad un rapporto tra asset e capitalizzazione di mercato di ben 118,8 volte, la capacità di questa banca di sopravvivere al minimo segno di destabilizzazione è alquanto dubbia.

Neanche la debolezza di Santander è una sorpresa. Con un rapporto patrimonio/capitalizzazione di mercato di 48,8 volte, è pericolosamente geared, ma non tanto quanto altre G-SIB dell'Eurozona, come Deutsche Bank a 79,5 volte. Tuttavia gli investitori l'hanno venduta da €3,955 il 12 febbraio a €1,8232 il 19 maggio. Inutile sottolineare che questa banca è considerata condannata dai mercati.

In questa analisi limitiamo il nostro commento a quelle banche che dopo marzo hanno visto una pessima performance. Questo non significa necessariamente che le altre banche siano al sicuro. Deutsche Bank, ad esempio, veniva trattata a meno di €5 a marzo e ha registrato un rally a €8,25, una teorica ripresa in linea con i mercati azionari; ciononostante il 14 febbraio era già crollata da €10,19, fino a dimezzarsi. Inoltre, prima della crisi della Lehman, le azioni avevano raggiunto i €91,625. Anche Commerzbank, non nell'elenco dei G-SIB, è afflitta dallo stesso destino: dopo essere risalita dal minimo di €3,05 del 19 marzo ai €4,873 attuali. Ma il prezzo delle sue azioni era di oltre €300 a marzo 2007 e il suo rapporto tra patrimonio/capitalizzazione di mercato è 76 volte, simile a quello di Deutsche Bank. Queste due grandi banche sono al tappeto e potrebbero crollare alla minima spinta.

Ci sono due banche britanniche con una performance simile, prossime ai minimi dell'anno. Con un rapporto patrimonio/capitalizzazione di mercato di 63,8 volte, Barclays supera le altre banche britanniche come Standard Chartered e HSBC che hanno sofferto maggiormente sui mercati sin dal 23 marzo.

HSBC ha raggiunto il picco di £791,70 nel gennaio 2018, scendendo a £584,50 il 9 febbraio, e da lì ha continuato il suo declino. Con un price to book del 51% è ancora valutata meglio di molti altri G-SIB. Il problema evidente di HSBC è il collegamento con la Cina e le sanzioni contro Hong Kong. Con il rapporto asset totali/patrimonio netto di 14,8 volte, HSBC è alla pari con Standard Chartered, ma con il price to book di Standard Chartered al 23,9% e HSBC al 51,1%, la prima è più vulnerabile. Tuttavia le questioni geopolitiche peseranno su HSBC e quindi è tutt'altro che sicura.

Questo ci porta alla nostra ultima categoria: la Cina. Tutti e quattro i prezzi delle azioni delle G-SIB cinesi sono crollati, avendo inizialmente goduto del rally post-23 marzo. E vale la pena notare che anche lo Shanghai Composite Index è salito il 23 marzo, da 2660 a 3320 questa settimana. Queste grandi banche, controllate dal governo cinesi, avrebbero dovuto conservare il loro rally invece di calare. Il Grafico 5 mostra che tutti si trovano ai minimi o giù di lì. E queste banche sono le più sicure in Cina, essendo organi dello stato.

A seguito dell'allentamento del lockdown cinese, l'indice composito di Shanghai ha fatto registrare un forte rally, con gli investitori retail che si sono precipitati nelle azioni. Le autorità hanno incoraggiato un ritorno alla normalità, con il China Securities Journal che in un editoriale in prima pagina parlava di un mercato rialzista sano e dell'effetto ricchezza dovuto all'aumento dei prezzi delle azioni sostenuto da un'economia in miglioramento. Inizialmente ne hanno beneficiato le azioni delle banche, che hanno raggiunto il picco il 7 luglio. Il mercato più ampio ha raggiunto il massimo due giorni dopo ed è sceso solo del 3,5% dal suo massimo precedente. Malgrado ciò i prezzi delle azioni di queste grandi banche sono tutti scesi.

I regolatori cinesi hanno ripulito le attività bancarie ombra e riformato il mercato dei prodotti di gestione patrimoniale (WMP), a cui le banche sono esposte per un equivalente stimato di $3.300 miliardi. Non solo questa è stata un'attività commerciale di immensa importanza per loro, ma le banche hanno fornito garanzie esplicite e implicite agli investitori che sottoscrivevano la proprietà dei WMP. Secondo una nota di Moody's pubblicata il 7 agosto, le garanzie implicite ammontano a oltre la metà di questi WMP.

Il problema per il regolatore bancario è che le banche si assumono il rischio di variazioni dei valori degli asset sottostanti invece degli investitori. Hanno cercato di cambiare quella che è diventata una questione sistemica di grande importanza. Era questo ciò che voleva dire la raccomandazione "ufficiale" agli investitori di comprare azioni, dato che prima del rally del mercato azionario le garanzie implicite ai possessori di WMP minacciavano di indebolire le banche e avevano bisogno di un po' di respiro?

Probabilmente non sapremo mai la verità, ma di recente le autorità di regolamentazione hanno deciso di prorogare di un anno la scadenza per il trasferimento del rischio dalle banche ai proprietari di WMP. Il segnale proveniente dalla performance delle azioni delle banche cinesi nelle ultime settimane, in particolare se confrontata con la performance del resto dei mercati azionari cinesi, è che la percezione del rischio per gli azionisti bancari è diventata notevolmente elevata.

Poi c'è la geopolitica. I flussi di investimenti interni attraverso il collegamento Hong Kong-Shanghai sono stati bloccati dalle sanzioni statunitensi. Come notato sopra, è probabile che le banche come HSBC saranno le prossime prese di mira dall'amministrazione statunitense, estendendo così il rischio sistemico al sistema bancario cinese nel suo complesso attraverso le loro relazioni.

L'ultima banca con un prezzo delle azioni vicino ai minimi è Wells Fargo, come mostrato nel Grafico 6.

A gennaio le azioni di Wells Fargo erano trattate a $54, da allora e il 23 marzo si sono dimezzate, quando tutto è cambiato nel mondo della finanza. Forse un confronto sfortunato, ma la performance successiva di WFC fa eco a quella di Société Générale mostrata nel Grafico 3, che, come abbiamo notato sopra, è come un pugile a terra che ha difficoltà a rialzarsi. Tra i G-SIB nordamericani si distingue con il maggiore sconto sul valore contabile, dandogli una leva finanziaria totale rispetto alla capitalizzazione di mercato di 18,6 volte. Il suo rapporto di bilancio rispetto al patrimonio netto è di appena 10,4 volte, rispetto a quello di JPM Chase a 10,3. Indubbiamente le autorità di regolamentazione delle banche statunitensi non vedono alcun problema qui, anche se i mercati ci stanno raccontando un'altra storia.

In conclusione, attraverso il nostro approccio di mercato abbiamo identificato alcuni dei probabili punti deboli nel sistema bancario globale: altri esisteranno in banche non presenti nella lista G-SIB di cui Commerzbank citata è un esempio. La scoperta a sorpresa è la minaccia sistemica delle grandi banche cinesi combinate con due G-SIB britannici che operano a Hong Kong e in estremo Oriente. Se il Deep State degli Stati Uniti vede il sistema finanziario cinese degno di un ulteriore attacco, potrebbe essere responsabile del collasso del sistema bancario globale.

I salvataggi da parte dello stato sarebbero il risultato più ottimistico in un mondo che li ha approvati senza riserve. Qualsiasi giurisdizione che percorra la strada del bail-in probabilmente peggiorerà le cose, spostando il fallimento sulle spalle dei detentori di obbligazioni bancarie e dei grandi depositanti, creando corse disordinate agli sportelli su altre banche ritenute a rischio. La nostra ipotesi è che quando uno qualsiasi di questi domino cade, verrà salvato dalle autorità competenti, senza esitazione.


Le conseguenze di un fallimento di un GSIB

Se un G-SIB va in bancarotta, allora è logico supporre che anche altre banche minori andranno in bancarotta. Ogni stato che ha un fallimento G-SIB deve quindi essere preparato fin dall'inizio a sottoscrivere il suo intero sistema bancario. Molto probabilmente si trasformerà in un problema più ampio, con il risultato che il sistema bancario globale cadrà nelle mani dei relativi governi.

Le implicazioni inflazionistiche possono essere solo ipotizzate, almeno inizialmente. Il modo in cui la crisi influisce sulle prospettive economiche e indebolisce gli asset finanziari alimenterà queste ipotesi. Ma quando le banche sono di proprietà e controllate dallo stato, l'impedimento del ciclo del credito ad input inflazionistici sarà sostituito dalla direzione dei banchieri centrali e dei ministri del Tesoro. L'inflazione monetaria globale per compensare un crollo incalzante diventerà senza precedenti.

L'effetto di una crisi bancaria sugli asset finanziari è un'analisi ancora da fare. Abbiamo visto come il 23 marzo sia diventato il punto di svolta per i mercati. È stato anche il momento in cui il tempo ha iniziato a ticchettare per una crisi definitiva del mercato e delle valute fiat. Una conseguenza è stata l'inizio della debolezza del dollaro, che probabilmente persisterà. È probabile che i flussi esteri in uscita dal dollaro e dagli asset denominati in dollari continuino, o addirittura accelerino. Con gli stranieri che sono sempre più venditori netti di asset finanziari statunitensi, non solo il tasso di cambio per il dollaro continuerà a soffrire, ma con il disinvestimento estero sarà sempre più difficile per la FED mantenere gonfia la bolla degli asset finanziari.

Il fatto che la FED finirà per finanziare il governo degli Stati Uniti attraverso intermediari sotto il controllo del governo stesso spazzerà via la foglia di fico riguardo il finanziamento non inflazionistico attraverso il QE. L'inflazione monetaria sarà messa a nudo per quello che è, richiedendo una rivalutazione dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA. In breve, con un dollaro in indebolimento, la FED rischia di perdere il controllo sui mercati dei titoli di stato e quindi anche sui prezzi di altri asset finanziari.

Il successo della FED nel ridurre gradualmente i costi di finanziamento per il Tesoro degli Stati Uniti si è basato sulla sua incontrastata supremazia sui mercati: quello che dice la FED, si fa. A seguito dell'ormai imminente crisi bancaria, è probabile che questa fiducia venga gravemente danneggiata e le azioni della FED verranno messe in discussione da un numero crescente di scettici. Minaccia di essere una replica dei problemi affrontati dalla Banca d'Inghilterra all'inizio degli anni '70, quando quasi tutte le azioni intraprese non riuscivano a convincere i mercati. Tra il 1972 e il 1975 l'indice FT30 scese del 73%, nel novembre 1973 scoppiò una crisi bancaria, l'inflazione dei prezzi salì alle stelle e nel 1976 l'FMI fu chiamato a salvare la Gran Bretagna.

Possiamo solo concludere che una crisi sistemica, che porterà a fallimenti bancari diffusi e al loro inglobamento da parte del settore pubblico, sarà vista dall'opinione pubblica e dagli investitori come un fallimento delle politiche monetarie neo-keynesiane. Una crisi bancaria più grave della crisi Lehman del 2008-2009 rappresenterebbe un trampolino di lancio verso una più ampia crisi degli asset finanziari, portando ad una crescente perdita di potere d'acquisto per il dollaro, le cui fortune sono ora strettamente legate alla fiducia che il deficit di bilancio degli Stati Uniti continuerà ad essere finanziato. E dal destino del dollaro dipende il futuro di tutte le altre valute fiat ad esso legate.

 

[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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