venerdì 24 dicembre 2021

Tassi d'interesse, offerta di denaro e PIL

 

 

di Alasdair Macleod

Che il mondo sia sull'orlo di un precipizio economico sta diventando sempre più evidente ormai. E diventando più permanente che transitoria, l'inflazione dei prezzi porterà quasi sicuramente ad un aumento dei tassi d'interesse. Seguiranno naturalmente l'aumento dei rendimenti obbligazionari, il calo dei mercati azionari e le insolvenze innescate dal debito.

Secondo gli economisti mainstream, un potenziale mix di deflazione ed aumento dei prezzi è contraddittorio, non dovrebbe verificarsi contemporaneamente, e quindi non può essere spiegato. Eppure questa è la prospettiva che ora devono affrontare. Gli errori nella loro mancanza di giudizio economico sono peggiorati dal momento in cui le banche centrali hanno iniziato a manipolare le loro valute per raggiungere obiettivi economici e successivamente per respingere le prove del loro fallimento. È stato un processo cumulativo per la Federal Reserve e la Banca d'Inghilterra dagli anni '20, che solo ora può concludersi con un fallimento definitivo.

La negazione della teoria economica ragionata, incarnata dalla preferenza per i risultati guidati dallo stato rispetto al libero mercato, ha portato a questo precipizio. Questo articolo spiega alcuni degli errori chiave della teoria economica e monetaria che hanno portato il mondo fino a questo punto, principalmente le relazioni tra tassi d'interesse, offerta di denaro e PIL.


Introduzione

Dopo la prima guerra mondiale le banche centrali non solo hanno agito come prestatori di ultima istanza, ruolo che la Bank of England ed i suoi imitatori avevano praticato nei decenni precedenti, ma hanno sempre più cercato di gestire gli esiti economici. Il pioniere fu la Germania prebellica che prese la teoria statale del denaro di Georg Knapp come giustificazione per il socialismo prussiano, finendo con il crollo del marco negli anni del dopoguerra. Ma la genesi delle politiche monetarie odierne ha le sue fondamenta nell'allora neo-costituita Federal Reserve Bank, presieduta da Benjamin Strong, la quale negli anni '20 collaborò con Norman Montague della Banca d'Inghilterra, che invece stava lottando per contenere il declino della Gran Bretagna dopo la prima guerra mondiale.

Sul fronte interno, Strong era un sostenitore dell'espansione monetaria, una politica che alimentò i ruggenti anni Venti, l'eccessiva speculazione culminata nel crollo di Wall Street e la grave depressione che ne seguì. Pensereste che l'esperienza di quei tempi avrebbe indotto i banchieri centrali a riflettere e considerare le cause del fallimento, forse rendendosi conto che erano le precedenti politiche inflazionistiche di Strong ad essere responsabili della depressione. Peccato che conclusero che erano i mercati, non le loro politiche, ad essere in errore. Anzi, conclusero che i loro rimedi per la depressione non erano stati imposti con sufficiente vigore.

Avendo più simpatia per Knapp e per gli storicisti prussiani che per il libero mercato, la FED e la Banca d'Inghilterra continuarono a perseguire politiche interventiste tra le due guerre mondiali. Un intero corpo di lavoro intellettuale crebbe per sostenere le loro supposizioni, declassando e infine respingendo le politiche basate sul denaro sano ed onesto. Alla London School of Economics Keynes trionfò su Hayek, il quale infine rinunciò a criticare Keynes.

Negli anni '70, quando l'inflazione dei prezzi minacciava di sfuggire al controllo, l'economia mainstream si era trasformata in keynesismo, il quale sarebbe stato poi screditato e sostituito dal monetarismo di Milton Friedman. I monetaristi diedero nuova vita all'equazione dello scambio di David Ricardo, spiegando perché l'espansione della valuta e del credito porta all'aumento dei prezzi al consumo. Ma i monetaristi erano troppo meccanicistici nel loro approccio, non comprendendo l'importanza della soggettività del potere d'acquisto di una valuta nelle mani della popolazione. Inoltre Friedman credeva nella gestione dell'inflazione piuttosto che nel fermarla. Entrambe le parti del dibattito economico erano quindi smascherate da argomentazioni teoriche infondate o incomplete, dalle quali avrebbe inevitabilmente trionfato il partito che esprimeva le convinzioni più adatte agli obiettivi statalisti.

Dagli anni '80 la deriva del neo-keynesismo ha portato ad una crescente soppressione del libero mercato da parte degli stati e delle loro banche centrali. Dalla convinzione originale che il settore privato avrebbe bisogno di una mano di volta in volta attraverso la spesa in deficit, le linee di politica si sono evolute verso un intervento ed una regolamentazione a tempo pieno. Oggi lo stato crede che non ci si possa fidare degli attori del settore privato senza un fermo controllo statale; questo è quanto di più lontano ci possa essere dalla realtà.

L'ironia in tutto questo è che lo stato dipende dagli attori del settore privato per le sue entrate. E come fonte di reddito, ora hanno i loro limiti. Dopo aver aumentato le tasse fino al punto da diminuire i guadagni, aver gravato su tutti con la spesa pubblica e la burocrazia asfissiante, e dopo aver strappato all'oca tutte le sue penne, la svalutazione monetaria è ora una fonte di finanziamento permanente e crescente per gli stati moderni.

Questo è lo sfondo che, consciamente o inconsciamente, spinge sia gli obiettivi monetari che le convinzioni economiche a giustificarli. I politici si sono scavati una fossa profonda e sanno solo che devono continuare a scavare.

Questo articolo spiega gli errori centrali di un incombente disastro monetario ed economico: l'uso dei tassi d'interesse come mezzo per controllare l'inflazione, la cecità nella svalutazione a morte di una valuta e la dipendenza da una statistica che in termini economici è priva di significato, ovvero il PIL.


Credenze errate sul ruolo dei tassi d'interesse

I banchieri centrali e l'intera comunità degli investitori ritengono che il rapporto tra prezzi e denaro sia governato dai tassi d'interesse. In altre parole, per contenere l'inflazione, con cui l'establishment intende aumenti dell'indice dei prezzi al consumo, la manipolazione dei tassi d'interesse è la chiave. Per le prove empiriche si fa spesso riferimento a Paul Volcker, quando in qualità di presidente della FED lasciò salire i tassi d'interesse a livelli senza precedenti per uccidere l'inflazione e impedirne l'ulteriore accelerazione.

Ma l'evidenza empirica da sola è insufficiente: è necessaria un'analisi adeguata. La storia di Volcker ignora l'effettiva relazione tra i tassi d'interesse e la quantità di denaro, che è mostrata nel seguente grafico.

Le aspettative di un continuo aumento dei prezzi sono state soppresse all'inizio degli anni '80 da quasi un 20% dei tassi sui fondi federali. Ma l'offerta di denaro ha continuato ad espandersi senza sosta, salendo tra le altre cose anche per far fronte a maggiori pagamenti degli interessi.

Nella misura in cui l'aumento delle quantità di denaro e credito ha rappresentato un fatto permanente, la linea di politica riguardo i tassi d'interesse è stato un miserabile fallimento. Questo fallimento non è stato riconosciuto all'epoca, quando l'attenzione, come lo è oggi, era sulle conseguenze per i prezzi. Ma la misurazione dei prezzi come indicazione dell'inflazione è soggettiva quando lo statistico compila le statistiche. E quando il costo dell'indicizzazione ha minacciato di destabilizzare le finanze pubbliche, sono stati applicati metodi di soppressione statistica agli aumenti dell'indice dei prezzi al consumo.

Ma l'evidenza dal grafico qui sopra solleva altre importanti domande. I pianificatori monetari centrali dovrebbero attenersi alla gestione dei tassi d'interesse come metodo principale di controllo dell'inflazione? Poiché i tassi d'interesse non sono correlati alla quantità di denaro e credito significa che i tassi d'interesse non rappresentano il prezzo del credito? Questa mancanza di correlazione fa presagire un fallimento della linea di politica?

Rispondere a queste domande è ora una priorità. L'inflazione dei prezzi sta aumentando in un momento in cui le economie in tutte le principali giurisdizioni sono in stallo. Indubbiamente la risposta sarà quella di far salire i tassi d'interesse, per quanto con riluttanza, pur rimanendo liberi di espandere le quantità di valuta e credito per sostenere l'attività economica, la spesa pubblica e per risolvere i fallimenti sistemici.

Ma come ho postulato in un articolo sulla condizione dell'Eurozona, anche un modesto rialzo dei tassi d'interesse porterà quasi sicuramente ad una sostanziale contrazione del mercato dei pronti contro termine, cosa che si rifletterebbe in un crollo del credito bancario in un sistema bancario pieno di crediti inesigibili nascosti e in cui le banche, dalle grandi alle piccole, hanno rapporti attivi/patrimoniali totali di oltre venti volte. La BCE è intrappolata. Gli Stati Uniti dovranno affrontare una crisi diversa, per cui il rialzo dei tassi d'interesse indebolirà i valori degli asset finanziari su cui la FED ha fatto affidamento per mantenere intatta la fiducia economica. Destabilizzerà pesantemente le finanze del governo federale e le società zombi, sovraccariche di debiti improduttivi, andranno in bancarotta, portando a livelli di disoccupazione da depressione.

In sintesi, siamo passati dagli anni di Volcker e oggi la situazione debitoria complessiva, diventata ipersensibile ai rialzi dei tassi d'interesse, è più grave che mai. La soluzione, dove le banche centrali stampano senza dover far salire i tassi d'interesse e senza far crollare le loro valute, è un'illusione, soprattutto quando si comprende correttamente il ruolo dei tassi d'interesse. Per capire perché, dobbiamo rispondere alla domanda posta nel grafico qui sopra: la non correlazione tra i tassi d'interesse e le quantità di valuta e credito. Solo dopo possiamo veramente vedere la portata degli errori che guidano le politiche monetarie contemporanee.


I tassi d'interesse riflettono il tempo, non i costi

Se c'è una ragione per cui lo stato fallirà sempre nelle sue politiche monetarie, è l'incapacità della mente burocratica di incorporare il tempo nel suo processo decisionale. Nell'economia di mercato produttiva, che è poco più di un nome per intendere le azioni collettive degli individui che effettuano transazioni e delle loro imprese, il tempo è cruciale. Un produttore incorpora il tempo nei suoi calcoli di profitto ed un consumatore nei suoi bisogni e desideri, sia che desideri qualcosa immediatamente o sia disposto a posticipare il suo acquisto. E poiché il denaro è il collegamento tra guadagni, spese, risparmi ed investimenti, anche il tempo è essenziale. È questo fatto inconfutabile che porta a preferire il possedimento del denaro prima piuttosto che dopo; e se un essere umano deve separarsene temporaneamente affinché gli venga restituito in seguito, si aspetterà un risarcimento per la perdita del suo uso.

Fondamentalmente questo è ciò che rappresentano i tassi d'interesse nell'economia di mercato. È il fattore di preferenza temporale, impostato tra gli esseri umani che effettuano transazioni, che valuta il possesso futuro meno del possesso presente. Alla pura preferenza temporale si aggiunge un elemento di rischio di controparte: quando gli esseri umani che effettuano transazioni prevedono un calo del potere d'acquisto prima che il denaro dovuto venga restituito.

L'obiettivo comune del sistema bancario centrale per un'inflazione dei prezzi al 2% implica che la compensazione degli interessi, affinché includa la preferenza temporale ed il deprezzamento monetario, suggerisce un'assenza di rischio di controparte per un tasso d'interesse minimo del 3%. Ma già i prezzi in dollari stanno salendo del 6,2%, quindi dovremmo vedere tassi d'interesse annui superiori al 7%. Anche quel 6,2% è pesantemente falsificato, quindi forse dovrebbe essere un minimo del 10% o anche di più. Vedete il seguente grafico e pensate alle implicazioni sulla preferenza temporale se John Williams di Shadowstats.com ha ragione nella sua analisi dell'inflazione dei prezzi al consumo, che secondo lui si avvicina al 15%.

E poi c'è il rischio di controparte: la possibilità che gli interessi non vengano pagati. Senza fare affidamento sulle statistiche ufficiali, o di chiunque altro, è ovvio che il divario tra i tassi d'interesse ufficialmente imposti e la realtà del mercato è probabilmente maggiore di quanto non sia mai stata.

Non possiamo sapere quale dovrebbe essere la compensazione degli interessi per la separazione temporanea dal denaro; questa è una questione per le transazioni individuali. Ma mantenere i tassi d'interesse soppressi a zero sta inibendo l'impiego di capitale per scopi produttivi, finanziati da risparmi genuini. Non dovremmo essere sorpresi da questo sviluppo, perché sostituire i risparmiatori con lo stato come fonte di capitale d'investimento era l'obiettivo finale di Keynes espresso nelle Note Conclusive della sua Teoria Generale, quando faceva riferimento alla cosiddetta eutanasia del redditiero. Ma ciò significa che lo stato deve essere in grado di valutare i termini dell'offerta di capitale, giudicare a chi deve essere fornito e poi per fornirlo; richiede un giudizio in assenza di calcolo economico incorporante il tempo, quest'ultimo che, come si è detto, è del tutto al di fuori della contemplazione burocratica.

Ora diamo un'occhiata alla situazione senza la pianificazione monetaria dello stato. In un libero mercato con una moneta sana ed onesta, dopo aver identificato una possibile opportunità, un'impresa può calcolare i suoi costi previsti e, dalla sua conoscenza dei prezzi di mercato, può stimare il costo degli interessi che è disposta a pagare per sfruttare la redditività del progetto. Se un investimento proposto è ritenuto redditizio, l'azienda deve quindi essere pronta ad aumentare il tasso d'interesse in misura sufficiente per invogliare i consumatori a posticipare parte della loro spesa immediata. È questa domanda di capitale che determina il tasso d'interesse nel contesto della preferenza temporale richiesta dai potenziali risparmiatori per attrarre il capitale necessario. Ed i fattori di mercato assicurano anche che sia generalmente destinato al suo uso più produttivo.

I critici della teoria della preferenza temporale potrebbero dire che le imprese considerano l'interesse solo come un costo, e che come costo ha senso dare allo stato un ruolo attivo affinché mantenga il tasso il più basso possibile in modo da stimolare l'attività economica. Ma tutto ciò ignora il fatto che anche gli uomini d'affari considerano l'interesse come un riferimento rispetto al quale valutare la redditività. Anche se non prende in prestito per finanziare un progetto di produzione, un imprenditore misurerà comunque il rendimento anticipato del suo capitale rispetto alla preferenza temporale che può ottenere cedendo i suoi fondi ad altri mutuatari.

È quindi relativamente semplice comprendere il ruolo del risparmio per l'approvvigionamento di capitale in un libero mercato. L'errore commesso da Keynes è stato quello di considerare gli interessi come usura, addebitati dai risparmiatori in modo che possano godersi una vita agiata vivendo dei propri risparmi. Ignorò la scomoda verità che non possederlo rende il denaro meno prezioso. Quella di Keynes era una convinzione che favoriva le sue teorie sull'intervento statale.

Ma se si considerano i tentativi dello stato di manipolare i tassi d'interesse e garantire che il capitale sia messo a disposizione delle imprese redditizie che non lo sprecheranno, finiamo inevitabilmente in problemi insormontabili. Le agenzie statali non sono attrezzate per effettuare un calcolo economico in accordo coi mercati, che come abbiamo visto è fondamentale per la determinazione del tasso. Rispetto alle economie gestite lungo linee di libero mercato, le politiche degli stati che utilizzano l'inflazione monetaria e la manipolazione dei tassi d'interesse hanno dimostrato di essere fallimentari.

Con il potere d'acquisto delle valute fiat che ora diminuisce ad un ritmo accelerato, la riluttanza dei responsabili delle politiche monetarie a lasciar salire i tassi scaturisce dalla trappola del debito in cui sono finiti. Le banche centrali si sono spinte troppo oltre per tornare sui propri passi. Il loro dilemma comincia ad essere notato dall'homo economicus, che decide collettivamente i valori relativi tra valute e beni di consumo. Poiché il potere d'acquisto di una valuta è indebolito da una maggiore preferenza per il possesso di beni, i mercati alla fine forzeranno la mano dei banchieri centrali. Fino ad allora la soppressione dei tassi d'interesse garantirà che il potere d'acquisto delle valute fiat continuerà a diminuire ad un ritmo crescente, misurato rispetto alle materie prime, ai prezzi degli input alla produzione, ai costi del lavoro e della logistica, ai prezzi alla produzione e infine ai prezzi al consumo.

Mettendo da parte il problema non correlato delle interruzioni logistiche, la produzione sarà limitata a causa delle pressioni sui prezzi alla produzione; ci saranno carenze di beni essenziali, anche in relazione al calo della domanda dei consumatori. Quando un'economia entra in questo stallo delle condizioni economiche, i tentativi dello stato di stimolare la domanda in calo con un'ulteriore inflazione monetaria non faranno altro che peggiorare ulteriormente la situazione, con i mercati che richiederanno sconti ancora più elevati per il valore futuro del denaro, essendo la preferenza temporale riflessa in compensazione del tasso d'interesse.

In vista di questi sviluppi, dovremmo aspettarci che i prezzi degli asset finanziari inizino ad anticipare la prospettiva di un continuo rialzo dei tassi d'interesse e dei rendimenti obbligazionari. Il calo dei valori degli asset finanziari indebolirà la garanzia fondamentale per i sistemi bancari. Nell'Eurozona c'è il timore aggiuntivo che i mercati dei pronti contro termine, ritenuti superiori a €10.000 miliardi – più grandi dei bilanci combinati della BCE e delle banche centrali nazionali – si contrarranno seriamente a fronte di tassi d'interesse positivi. Questo mercato dei pronti contro termine è diventato gonfio a causa della ZIRP, il che significa che una banca può trasferire crediti di dubbia qualità nel sistema euro senza alcun costo.

Sebbene la tendenza del credito bancario a contrarsi sarà comune a tutti i sistemi bancari, ciò potrebbe portare ad una crisi bancaria dapprima nell'Eurozona, dove le banche sono anche spaventosamente sovraindebitate.

Una crisi sistemica, che si combina con una trappola del debito in cui sono finiti stati ed imprese sovraindebitati, è ora diventata il risultato certo della soppressione dei tassi d'interesse. L'errore è stato confondere la preferenza temporale con il prezzo del credito. È un errore antico tanto quanto le religioni che vietavano l'usura. Avendo commesso l'errore e credendo che l'interesse sia il salario dell'usuraio peccatore, e che quindi possa e debba essere soppresso o bandito, ora non c'è scampo alle conseguenze. Quando gli attori di mercato reagiscono sempre più alla soppressione dei tassi d'interesse cedendo valuta fiat, le banche centrali puntano i piedi rifiutando inizialmente di accettare questa realtà. Se l'accettassero sin da subito, stati, imprese e consumatori indebitati diventerebbero insolventi come una questione di politica ufficiale. E man mano che gli attori economici iniziano a comprendere la differenza tra il denaro e le valute fiat, la fuga da queste ultime aumenterà sicuramente. Questo sta già iniziando a riflettersi nelle valutazioni delle criptovalute.

Per quanto riguarda i tassi d'interesse, le banche centrali sono in trappola. Ma è importante capire che consentire ai tassi d'interesse di salire affinché riflettano la preferenza temporale, non è la stessa cosa che fermare l'inflazione. Non vi è alcuna garanzia che, da soli, tassi d'interesse sufficientemente elevati stabilizzeranno il potere d'acquisto delle valute. Al limite, temporaneamente.


Il problema dell'inflazione

Ora che abbiamo contestualizzato i tassi d'interesse, possiamo affrontare il problema dell'inflazione. Negli anni '20 l'economia iniziò ad allontanarsi dalle teorie classiche sulla quantità del denaro e del libero mercato sotto la crescente influenza delle dottrine marxiste. Il socialismo comunista dei sovietici stava guadagnando terreno, visto semplicisticamente come l'unica alternativa al socialismo fascista europeo. Il socialismo di sinistra ha rafforzato gli argomenti a favore dell'intervento statale nell'economia e dell'uso del denaro per ulteriori obiettivi socialisti. La successiva evoluzione delle politiche monetarie è stata quella di rimuovere tutto vincoli su come viene distribuito dallo stato. E oggi i politici hanno dissociato completamente l'inflazione dei prezzi dall'aumento delle quantità di valuta e credito.

Le recenti dichiarazioni del FOMC non menzionano affatto la quantità di denaro in circolazione, limitandosi a commentare gli obiettivi per i prezzi e la politica dei tassi d'interesse. Né vengono mai menzionati i cambiamenti nel potere d'acquisto del dollaro. Non si parla mai del trasferimento di ricchezza dall'economia produttiva allo stato attraverso la svalutazione monetaria: si sostiene invece che la politica monetaria sia uno stimolo necessario. È come se la malattia fosse diventata nient'altro che un'eruzione cutanea e non dovuta ad una condizione sottostante. Ma anche l'evidenza empirica mostra chiaramente il legame tra l'aumento delle quantità di denaro in circolazione e un calo del suo potere d'acquisto.

La conoscenza della matematica elementare va nella stessa direzione. A parità di altre condizioni, se aumentate la quantità di qualcosa, l'utilità di ciascuna unità diminuisce proporzionalmente a suddetto aumento. Pertanto se scegliete di seguire il corso illustrato nel seguente grafico, potete aspettarvi che il potere d'acquisto della vostra valuta diminuisca in modo significativo – motivo per cui i prezzi salgono se misurati in una valuta in calo.

Dal punto di vista dello stato, emettere denaro è come scuotere le olive da un ulivo e non aspettarsi alcuna conseguenza. La popolazione è tenuta in uno stato di ignoranza. Ulteriore offuscamento deriva dal fatto che la nuova valuta e credito sono indistinguibili dalla valuta esistente. Descrivere la valuta fiat come denaro è un'ulteriore cortina fumogena.

Ci vuole tempo prima che nuova valuta e credito entrino nell'economia mentre vengono spesi. Se la popolazione fosse consapevole dell'effetto del trasferimento di ricchezza – dove lo stato, le grandi banche, le grandi imprese, i ricchi ed i clientes ottengono il possesso iniziale di nuova valuta e credito, mentre i risparmiatori, i pensionati, i poveri e coloro a con redditi bassi e fissi perdono – questo sistema disonesto crollerebbe sotto i colpi di una rivoluzione. Ma così com'è, e se la storia dell'inflazione monetaria è la nostra guida, i perdenti lo scopriranno solo troppo tardi per salvarsi.

La perdita di credibilità pubblica per una moneta è la sua campana a morto. A quel punto la matematica della quantità non conta più: se la popolazione decide di sbarazzarsi di tutta la sua liquidità monetaria mentre ha ancora potere d'acquisto, preferendo invece possedere beni, la valuta perderà completamente il suo valore. È anche un voto sulla credibilità di chi la emette, di solito una banca centrale o un dipartimento del Tesoro. E con la scomparsa della moneta, anche le entrate fiscali diventano inutili.

La situazione è facile da risolvere. Il primo passo è smettere di emettere valuta e credito, ma gli stati sono sempre riluttanti ad adottare questa soluzione. Promuovere i tassi d'interesse come meccanismo per controllare l'inflazione è fondamentalmente una cortina fumogena che ha l'effetto di continuare a promulgare il finanziamento inflazionistico a beneficio dello stato.


Errata interpretazione statistica del PIL e dell'inflazione monetaria

Gli economisti matematici si affidano alle statistiche per guidare la politica monetaria ed economica senza rendersi conto dei bias di conferma e delle tautologie coinvolte. Un esempio dei primi è già rimarcato in questo articolo in relazione alla misurazione dei prezzi, la quale dal 1980 è stata oggetto di modifiche per ridurre i costi di indicizzazione (pubblicamente ammesso la prima volta che l'indice dei prezzi al consumo è stato rivisto nei primi anni '80). Oggi le cifre dell'IPC sono accettate come un vero riflesso del potere d'acquisto di una valuta. L'inganno ha permesso all'inflazione monetaria di raggiungere un livello più alto di quanto altrimenti sarebbe stato tollerato.

Probabilmente la tautologia più pericolosa che porta ad un bias di conferma è la negazione della vera relazione tra il prodotto interno lordo e l'aumento della quantità di denaro ed il seguente grafico illustra una correlazione estremamente netta tra i due. La linea grigia, che mostra la differenza nei loro tassi di aumento, mostra solo una piccola divergenza per la maggior parte del tempo.

Ci sono state solo due variazioni notevoli in questa correlazione. Nella grande crisi finanziaria di tredici anni fa, c'è stato un lieve rallentamento del ritmo di crescita di M3, influenzato dal calo del credito bancario durante la crisi crisi. Più di recente l'economia è uscita dai lockdown dove il PIL per l'anno fiscale 2020 (fino a settembre) è andato in stallo, mentre si è verificata una sostanziale accelerazione della crescita di M3, a riflesso della deliberata spesa in deficit e quantitative easing. E la correlazione ora è ripresa.

I tempi di non correlazione si spiegano con variazioni temporanee del tasso di risparmio che crescendo rinvia una quota maggiore della spesa totale dei consumatori, impattando quindi sul PIL.

Teoricamente il PIL è il totale delle vendite finali di tutti i nuovi beni e servizi, i quali sono distintivi in ​​quanto a differenza degli asset finanziari non sono soggetti a valutazione. Tutti i prodotti di consumo hanno un'utilità limitata, estinguendo il loro valore di acquisto. Ai fini delle statistiche sul PIL, i beni di seconda mano sono già stati pagati e incorporati nel PIL in una data precedente; se il prodotto è un servizio, il suo valore si estingue completamente una volta che è stato fornito.

Il PIL registra quindi la spesa diretta dei consumatori; cattura anche gli aumenti dei risparmi, ma con un intervallo di tempo variabile a seconda di come tali risparmi vengono ridistribuiti. Quando depositati in banca, supportano la sua attività di prestito. I risparmi destinati alle emissioni obbligazionarie e azionarie vengono spesi.

In alternativa, se un risparmiatore sceglie di acquistare un asset finanziario sui mercati secondari, il venditore intasca i proventi, alcuni dei quali possono essere spesi e altri reinvestiti. I risparmi netti che fluiscono nei mercati secondari sono ritardati nel loro impatto sul PIL, il che è particolarmente vero durante i mercati rialzisti che comportano una crescente partecipazione pubblica.

L'effetto dei lockdown ha ridotto la spesa diretta dei consumatori e aumentato i saldi in contanti ed i depositi, registrati come consumo posticipato (risparmio) in un momento in cui un sostanziale stimolo monetario rappresentava gran parte della deviazione dalla correlazione tra M3 e PIL.

Inoltre il Tesoro degli Stati Uniti ha colto l'opportunità di un aumento del risparmio pubblico per finanziare il proprio deficit. Ciò ha ritirato temporaneamente gran parte dell'aumento di M3 dalla circolazione pubblica, aumentando il saldo del suo conto generale presso la FED: da meno di $400 miliardi nel marzo 2020 a $1.817 miliardi solo quattro mesi dopo. Tale aumento di $1.400 miliardi ha rappresentato una parte significativa del calo di $3.700 miliardi nella linea grigia sul grafico qui sopra. La spesa successiva del saldo del conto generale attraverso la spesa pubblica ed il welfare state ha invertito l'effetto iniziale, rafforzando la statistica del PIL e consentendogli di riflettere la precedente espansione monetaria.

Per riassumere, se si aumenta la quantità di valuta e credito in circolazione e si consentono eventuali cambiamenti nei percorsi tortuosi tra la sua emissione e la distribuzione finale, è possibile approssimare l'aumento del PIL nominale.

Un momento di ulteriore riflessione conferma che deve essere così, perché in un'economia dove la quantità di denaro e credito non cambia, indipendentemente dal fatto che l'attività economica cambi in bene o in male, il PIL totale non può cambiare. È irrilevante se la valuta e il credito esistenti vengano utilizzati nelle modifiche tra l'allocazione del consumo o capitale finanziato dai risparmi e dai depositi bancari; così come sono irrilevanti i cambiamenti nei modelli di spesa per le importazioni, purché i pagamenti con l'estero si saldino. Pertanto gli aumenti nella statistica del PIL possono riflettere solo aumenti nelle quantità di denaro e credito.

Le uniche eccezioni a questa regola sono i cambiamenti nel livello della valuta accumulata, i cambiamenti nel livello degli acquisti di beni usati rispetto ai nuovi ed i cambiamenti nei livelli delle attività non registrate ed esentate, la maggior parte delle quali sono fattori temporanei.

A parte queste eccezioni, possiamo aspettarci che le variazioni del PIL vengano seguite da vicino dalle variazioni nella quantità di denaro. Ciò è confermato nel grafico qui sopra, anche nella misura in cui la rapida espansione di M3 durante i lockdown si è successivamente riflessa pienamente nell'aumento del PIL. Certo, c'è stata una variazione considerevolmente maggiore nelle statistiche trimestrali, ma si sono compensate a vicenda su base annua.

Il bias di conferma, per cui sulla base di una ripresa del PIL i pianificatori monetari centrali affermano che l'attività economica è stata salvata dai loro stimoli monetari, è chiaramente una tautologia statistica. Ed a causa della loro ignoranza, anche l'industria della gestione degli investimenti, guidata dagli economisti matematici, ha creduto a suddetta illusione. Non si chiedono perché quando l'economia statunitense si è effettivamente fermata per gran parte degli anni prima del 2020/2021, il PIL a malapena l'abbia riflesso.


Le conseguenze degli errori della politica monetaria

Questo articolo si è concentrato su due gravi errori alla base della politica monetaria: il ruolo dei tassi d'interesse e la convinzione che l'aumento del PIL significhi qualcosa di diverso dall'inflazione monetaria. È vero che questi non sono gli unici errori che guidano la politica monetaria: associata alla fallacia del tasso d'interesse c'è la convinzione che l'inflazione dei prezzi possa essere gestita manipolando i tassi d'interesse, un errore nascosto quando la politica fallisce sopprimendo le prove, come mostra il grafico sopra sull'IPC rispetto alla versione di Shadowstats.com spogliata dagli abbellimenti statistici.

Il risultato è che quasi tutti sono stati indotti a credere che aggiustamenti dei tassi d'interesse di appena uno o due per cento saranno sufficienti per far fronte all'“inflazione”, erroneamente definita come aumento dei prezzi.

Invece la definizione ufficiale di inflazione è la conseguenza degli aumenti senza precedenti delle quantità di valute e credito. E non è limitato a poche giurisdizioni: l'espansione monetaria è comune alle politiche di tutte le principali banche centrali, pertanto i poteri d'acquisto del dollaro, dell'euro, della sterlina, dello yen e dello yuan sono coordinati, tutti in calo. Inoltre, con il dollaro che funge da standard monetario per tutte le altre banche centrali, sono scoraggiate le deviazioni verso politiche monetarie meno inflazionistiche di quelle della FED.

Misurare le conseguenze degli errori attraverso le variazioni dei tassi di cambio è quindi simile a scommettere su quale pietra affonderà più velocemente se gettata nel bacino delle valute fiat. Il calo del potere d'acquisto diventerà la componente dominante della preferenza temporale. Qualsiasi analisi spassionata indica che aumenti del tasso di sconto futuro per le valute fiat non si rifletteranno su tassi d'interesse di pochi punti percentuali, ma sostanzialmente di più.

Tuttavia c'è una comprensione crescente, ma finora generalmente incoerente, che non tutto vada bene nel mondo delle valute fiat, incarnata dall'ascesa delle criptovalute. I Bitcoiner, ad esempio, sono molto avanti nella comprensione di sta succedendo alle valute fiat rispetto alle generazioni precedenti.

Il peso dell'eccesso di valuta, alimentato da iniezioni di nuovo denaro depositato nelle istituzioni d'investimento da parte della FED, della Banca d'Inghilterra, della BCE e della Banca del Giappone, ha portato i valori degli asset finanziari a livelli inauditi. L'esposizione al rischio di questi ultimi di fronte all'inevitabile fallimento della politica monetaria è più acuta negli asset denominati in dollari; infatti i rialzi dei tassi d'interesse saranno l'araldo del prossimo mercato ribassista. E sarà nell'affrontare quest'ultimo punto che i banchieri centrali dovranno pagare dazio l'errata convinzione di poter continuare ad emettere nuova valuta e sostenere i valori degli asset finanziari.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


2 commenti:

  1. C'è ancora chi fa fatica a comprendere come il mercato azionario sia diventato una bisca clandestina di azzardo morale. Vi racconterò quindi la storia di Cathy Wood, sperando sia la chiave di lettura che manca. È stata per molto tempo nel mondo della tecnologia, nel 1998 co-fondò Tupelo Capital nel 1998 e solo dopo due anni andò a gambe all'aria con una perdita dell'84% in nove mesi. Senza nemmeno fermarsi a riprendere fiato, ottenne un lavoro come amministratore di un fondo presso Alliance Bernstein. Nel 2008 era sotto del 46%. Quindi è passata alla creazione di ARK Invest. Dove prese i soldi? Chi investirebbe con un perdente due volte? Ebbene il capitale arrivò da Bill Hwang, un altro che è finito agli onori della cronaca ultimamente, dopo che il suo Archegos Capital ha perso $20 miliardi in 10 giorni. All'epoca anche Hwang doveva cambiare aria, il suo Tiger Asia Management patteggiò dopo che la SEC lo accusò di insider trading. Era il 2012. Due anni dopo gli fu vietato di trattare a Hong Kong e nello stesso anno mise le sue fiches su ARK Invest.

    Avanti veloce fino ad oggi dove la Wood è scesa del 40% dal picco di febbraio, anche prima che la FED abbia minimamente toccato i tassi. Ciò che contraddistingue la Wood non è il suo record di perdite in un quarto di secolo, bensì il fatto che ha perso la testa. Ecco le ultime da ARK.

    Che problema hanno risolto quindi? Hanno fatto sparire i germi? Non abbiamo più bisogno di lavorare? O temere la morte? I tecnici fanno progressi tecnici, ma per far soldi veri, bisogna fornire beni e servizi reali per cui le persone reali pagheranno. Da dove verranno quelle persone reali? Da dove verranno i loro soldi? Con un po' di fortuna, il PIL degli Stati Uniti ammonterà a circa $25.000 miliardi nel 2030 (presumendo una crescita annua del 2% e nessuna recessione). Se la Wood avesse ragione, ciò farebbe valere da soli questi innovatori tecnologici otto volte il PIL. Inutile dire che questo non accadrà. Anche ai massimi di oggi, il mercato azionario vale solo il doppio del PIL ed è un record assoluto. È molto più probabile che ARK affondi nella prossima correzione rispetto ad un rally dei titoli tecnologici all'800% del PIL.

    Un tempo la gente andava al manicomio per divertirsi. Ora i matti sono in mostra 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

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  2. Sebbene il blog Freedonia sia ogni giorno (o quasi) in prima linea per diffondere i principi di un'economia sana ed onesta, c'è ancora una grossa sacca di ignoranza economica. Soprattutto quanto i media generalisti trattano temi come l'inflazione dei prezzi e la sua recente ascesa. È un cane che si morde la coda, incapaci (o volutamente tali) di collocare in modo giusto l'origine degli squilibri che a cascata si diffondono nell'ambiente economico. Non riescono ad individuare causa/effetto; non hanno un metodo d'indagine chiaro e coerente.

    Col mio libro, La fine delle fallacie economiche, uscito lo scorso dicembre, è possibile colmare queste lacune. Non racconta una storia, bensì fornisce le chiavi di lettura per stimolare l'indipendenza di pensiero. Ecco perché, nonostante sia uscito l'anno scorso, è un vademecum sempreverde di economia utile in ogni occasione. Inutile dire che se avete bisogno di qualcosa di originale e utile da regalare, questo manoscritto fa al caso vostro. E' dalla diffusione di libri come La fine delle fallacie economiche che dipende quel lumicino di speranza da tenere sempre acceso, per poter riprendere un domani la strada della libertà e della prosperità, anche in Paesi socialmente ed economicamente devastati come questo qua.

    Un augurio di Buon Natale a tutti voi cari lettori e lettrici di Freedonia.

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