lunedì 6 dicembre 2021

La futilità di una politica monetaria

 

 

di Alasdair Macleod

Solo ora sta diventando chiaro al pubblico degli investitori che il potere d'acquisto delle valute fiat sta diminuendo ad un ritmo accelerato. Non c'è dubbio che il recente annuncio, secondo cui l'IPC USA è salito al 6,2% rispetto all'obiettivo di vecchia data del 2%, ha rappresentato un campanello d'allarme per i mercati.

Insieme alle altre principali banche centrali, è probabile che la reazione della FED sia quella di raddoppiare gli sforzi per sopprimere ancor di più i tassi d'interesse, in modo da mantenere bassi i rendimenti obbligazionari ed intatte le valutazioni delle azioni. L'alternativa porterà ad un grave shock finanziario, economico e monetario.

Questo articolo introduce il lettore ad alcuni degli errori di base dietro le valute fiat. Infatti spiega perché sono sbagliate le idee che i pianificatori monetari centrali hanno sui tassi d'interesse e come le banche centrali siano diventate prestatrici anticicliche, sostituendo la creazione di credito delle banche commerciali alle attività non finanziarie.

La base monetaria viene utilizzata dalle principali banche centrali nel vano tentativo di sostenere le finanze pubbliche e l'attività economica. Le conseguenze per la svalutazione monetaria saranno probabilmente più immediate e profonde dell'espansione ciclica del credito bancario.


Introduzione

Sta diventando chiaro che c'è stato un accordo non ufficiale tra la FED, la Bank of England, la BCE e probabilmente la Bank of Japan per non rialzare i tassi d'interesse. Lo confermano dichiarazioni notevolmente simili delle prime tre nei giorni scorsi. Quando, come dice il cliché, tutti cantano la stessa canzone, coloro che guardano hanno ragione a sospettare che stiano raddoppiando i loro sforzi per continuare a manipolare i mercati finanziari.

Che questi pianificatori monetari centrali siano all'oscuro di come funzionano denaro ed economia è un pensiero poco chiaro ai molti. Si presume che i cosiddetti esperti sappiano cosa stiano facendo, ma per quasi un secolo le università hanno promosso credenze stataliste nei loro corsi di economia, escludendo la teoria ragionata, cosa che ha portato alla situazione attuale. Tutto è iniziato con il movimento chartalista di Georg Knapp in Germania prima della prima guerra mondiale e poi è decollato con la Teoria Generale di Keynes pubblicata nel 1936. L'essenza di ciò sono stati i tentativi dello stato di disumanizzare l'economia: trasformare gli attori economici, cioè io e voi, in componenti prevedibili in un'economia matematica.

Il famigerato fallimento delle economie di comando dell'Unione Sovietica e della Cina maoista testimonia l'inutilità di queste politiche. Ma mentre i capitalisti occidentali si sentivano giustificati dal fallimento del comunismo, non riuscivano a capire le somiglianze di quest'ultimo con le loro politiche economiche. Perché la verità è che le economie occidentali erano e rimangono altamente socialiste, con le relazioni tra gli individui che effettuano transazioni sempre più ostacolate dagli stati. Il trionfo del capitalismo sul comunismo è stato breve, poco più di un gioco di potere, un'opportunità per l'Alleanza occidentale di spostare le sue basi missilistiche nell'Europa orientale appena liberata.

La propaganda secondo cui la funzione primaria dello stato è quella di controllare l'attività umana è stata così pervasiva ed efficace che non è più messa in discussione. Il capitalismo, nel senso che le imprese esistono per il profitto, è unanimemente dichiarato un male necessario e tollerato con riluttanza. Questo è anche creduto da coloro che sono indicati dai media come gli stessi agenti del capitalismo: i leader delle grandi imprese, i banchieri ed i magnati del petrolio. Essi aderiscono ad una nuova forma di filosofia marxista e partecipano alle riunioni per pianificare un mondo migliore: il loro mondo. La conferenza COP26 di Glasgow ne è l'ultima manifestazione, con i partecipanti apparentemente inconsapevoli che viaggiare su 118 jet privati ​​non è coerente con le loro credenziali ecologiche dichiarate.

La fonte di questa presunzione è l'ignoranza economica. Le università hanno prodotto studenti molto intelligenti che non sanno altro che matematica e statistica e pensano che questo li renda economisti. Ignorano le proprie esperienze di vita in campi come la divisione del lavoro, promuovendo invece la macroeconomia, principalmente un'invenzione keynesiana. La sua origine è nata dalla negazione della Legge di Say da parte di Keynes, una definizione ferrea della divisione del lavoro e del ruolo del mezzo di scambio:

La Legge di Say, ovvero che il prezzo aggregato della domanda della produzione nel suo insieme è uguale al prezzo aggregato dell'offerta per tutti i volumi di produzione, è equivalente alla proposizione secondo cui non esiste alcun ostacolo alla piena occupazione. Se, tuttavia, questa non è la vera Legge relativa alle funzioni di domanda e offerta aggregata, c'è un capitolo di vitale importanza della teoria economica che resta da scrivere e senza il quale tutte le discussioni riguardanti il ​​volume dell'occupazione aggregata sono inutili.

Respingendo nella prima frase una proposizione senza adeguata spiegazione (i pochi paragrafi che la precedono sono irrilevanti), nella seconda frase Keynes propone la sua nuova scienza, la macroeconomia, la quale diventa poi oggetto della sua Teoria Generale. Egli segna la separazione formale tra l'economia classica del libero mercato come scienza sociale e la nuova macroeconomia matematica statalista mascherata da scienza naturale.

Ma la proposizione di Keynes è preceduta da una congiunzione condizionale, supposizione per la quale non ci sono prove. Al contrario, l'evidenza è chiara: siamo specializzati nel nostro lavoro per massimizzare la nostra produzione che poi scambiamo con tutte le altre cose che soddisfano i nostri bisogni e desideri, ed il ruolo del denaro è quello di rendere le transazioni in questione il più efficienti possibile. E chiunque non sia impiegato e non abbia risparmi a cui attingere deve essere sostenuto da qualcun altro.

Le poche parole che seguono il condizionale "se" di Keynes sono la molla principale che alimenta il socialismo moderno e la convinzione degli statalisti e dei super-ricchi allo stesso modo che il loro contributo nei campi dell'economia e del denaro sia per il bene comune. Di conseguenza l'establishment ignora le somiglianze tra la nuova economia e la megalomania di Karl Marx.

Dati i motivi e le convinzioni stataliste prevalenti nei corridoi del potere, non sorprende che la politica monetaria sia gravemente imperfetta. E quando, come accade ora, c'è collusione tra le principali banche centrali per mantenere i tassi d'interesse fortemente repressi, dovremmo come minimo sospettare che non tutto vada bene e che tutto potrebbe essere in procinto di disfarsi.


Errori sui tassi d'interesse da parte del sistema bancario centrale

Gli statalisti hanno a lungo creduto che i tassi d'interesse siano usura imposta ai mutuatari da ricchi risparmiatori. Identificando i risparmiatori come la parte avida ed i mutuatari come le vittime, hanno costruito un caso morale per sopprimere i tassi d'interesse.

Nel perseguire il loro caso morale, gli statalisti hanno ignorato la realtà considerando il tasso d'interesse come il costo del denaro. Un prestatore che rinuncia all'utilità del mezzo di scambio è giustificato perché si aspetta un risarcimento per la perdita di quel possesso. Quando ad un prestatore viene promesso l'accesso istantaneo al proprio denaro, il risarcimento diventa un rimborso adeguato del rischio, costituito dalla somma dei rischi monetari e di controparte. Al giorno d'oggi il denaro è stato sostituito con una valuta di riserva, quindi un creditore penserà spesso al rischio di cambio come alla differenza tra il dollaro e quello della sua valuta nazionale.

Quando un prestatore rinuncia al possesso di denaro per un periodo definito, viene introdotto un ulteriore elemento di preferenza temporale che lo compensa per la perdita del possesso in base al tempo concordato con il mutuatario. Pertanto la condizione normale per le curve dei rendimenti tracciate su base temporale è positiva, con le scadenze più lunghe che generano interessi maggiori rispetto a quelle più brevi.

Un mutuatario è tenuto a vedere gli interessi in modo diverso. Per un imprenditore è il costo per ottenere capitale finanziario da investire in un progetto. Deve eseguire un calcolo economico che coinvolga tutti i suoi costi previsti, dall'investimento di capitale iniziale fino alla produzione finale, che con la sua stima del valore della produzione finale gli consente di calcolare un margine di profitto. Potrebbe affinare i suoi calcoli man mano che il progetto procede, il che potrebbe portarlo ad abbandonarlo e potrebbe avere difficoltà a rimborsare il creditore. Un prestatore deve anche tenere conto di questi rischi impliciti nei suoi calcoli di quale compenso chiedere. E quando un agente, o un organizzatore finanziario, agisce per conto del prestatore, quell'agente effettuerà questi calcoli per suo conto.

Questi sono i fattori fondamentali che determinano i tassi d'interesse in presenza di libero mercato e denaro sano ed onesto. C'è un'ulteriore considerazione: sono i creditori o i mutuatari che prendono l'iniziativa nella definizione dei tassi d'interesse? I finanziatori, come ipotizzava Keynes, cercano di ottenere il massimo rendimento dal loro capitale, costringendo i mutuatari a pagare inutilmente, oppure i mutuatari alzano i tassi d'interesse per attrarre il capitale necessario e procedere con un progetto imprenditoriale? Chi influenza il tasso?

La prova del libero mercato, prima che le banche centrali gestissero o imponessero loro politiche sui tassi d'interesse, viene fornita dal Paradosso di Gibson. Il seguente grafico copre il periodo dall'introduzione della sovrana d'oro da parte di Lord Liverpool come moneta circolante fino allo scoppio della prima guerra mondiale, quando il gold standard venne abbandonato. Mette a confronto l'indice dei prezzi all'ingrosso con il rendimento delle azioni Consol, i titoli di stato senza data che forniscono una pura indicazione di rendimento senza la distorsione dei fattori di scadenza.

Una stima dei valori finali della produzione è necessaria affinché un mutuatario stimi nei suoi calcoli quanto interesse può permettersi affinché un investimento sia redditizio. Garantendo un elevato grado di stabilità dei prezzi, la solidità monetaria a sostegno della moneta in circolazione consente di effettuare tale calcolo. Questo spiega perché i tassi d'interesse di libero mercato hanno seguito i prezzi all'ingrosso sotto il gold standard e sono rimasti correlati.

Ci furono periodi di moderata volatilità dei prezzi, ma questi erano principalmente dovuti al ciclo di espansione del credito bancario che portò alla circolazione di valuta extra, seguito da periodiche crisi bancarie e contrazioni del credito all'incirca ogni dieci anni. Ma la stabilità complessiva dei prezzi fornita dal gold standard permise comunque alle aziende di continuare a fare i propri calcoli nel modo più preciso possibile.

All'inizio dell'era del gold standard, le considerazioni interne ebbero un impatto maggiore sui prezzi all'ingrosso piuttosto che in seguito; ciò lo ritroviamo in una relativa instabilità dei prezzi tra il 1820 e il 1850 rispetto ai periodi successivi. Nella seconda metà del diciannovesimo secolo i vantaggi combinati del libero scambio (l'accordo di libero scambio Cobden-Chevalier anglo-francese fu firmato nel 1860), l'adozione del gold standard da parte delle controparti commerciali britanniche e la crescente proprietà di monete d'oro da parte della popolazione in generale portarono ad una maggiore stabilità dei prezzi.

L'importanza della diffusione del gold standard è sottolineata dall'evidenza statistica nelle Tabelle 5 e 6 del libro di Timothy Green, il quale mostra come le monete d'oro in circolazione aumentarono notevolmente tra il 1873 e il 1895. Il totale coniato in tutto il mondo tra queste date fu di 5.809 tonnellate, di cui la produzione combinata di sovrane australiane e britanniche fu di 1.395 tonnellate, il 24% del totale mondiale. Sin dal 1817 l'ammontare britannico e australiano si aggiunsero alla produzione di monete, i quali rappresentano ulteriori 1.500 tonnellate per un totale di quasi 2.900 tonnellate, l'equivalente di 396 milioni di sovrane. Alcune di queste monete vennero ritirate per essere coniate di nuovo e, quindi, in suddetta cifra c'è un doppio conteggio.

Al contrario, le principali banche centrali e dipartimenti del Tesoro del governo di Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Russia e Stati Uniti detenevano solo 2.013 tonnellate nel 1895, un quarto della quantità coniata in monete circolanti nei precedenti ventidue anni. Queste statistiche mostrano che le monete d'oro in circolazione costituivano una quantità significativa delle quantità combinate di denaro e misure più ampie dell'offerta di denaro, fornendo stabilità dei prezzi a livello internazionale in un momento di rapida industrializzazione globale e progresso tecnologico.

In contrasto con la correlazione tra prezzi e oneri finanziari all'ingrosso, il seguente grafico mostra la relazione tra il tasso d'inflazione dei prezzi e gli oneri finanziari all'ingrosso. Non c'è correlazione tra i due. Questo ci suggerisce che l'assunto sostenuto dai banchieri centrali, secondo cui l'inflazione (con cui intendono le variazioni del livello generale dei prezzi) può essere gestita manipolando i tassi d'interesse, è errato.

Questa era l'essenza del Paradosso di Gibson, il quale mostrava chiaramente che era vero il contrario di ciò che si aspettavano gli economisti statalisti, nessuno dei quali era in grado di risolvere il Paradosso. Per quanto ne so, non è mai stato trattato dalla Scuola Austriaca, che probabilmente ne è stata generalmente all'oscuro, e porta il nome di Gibson solo perché gli venne affibbiato da Keynes che poi lo ignorò. Una ricerca in tutti gli scritti di Ludwig von Mises non darà alcun risultato su Gibson e gli unici due riferimenti dovuti a Thomas Tooke riguardano solo il suo coinvolgimento con la scuola bancaria.


Obiettivi della politica monetaria

Dopo aver esaminato il ruolo dei tassi d'interesse, possiamo ora rivolgere la nostra attenzione alle conseguenze delle politiche delle banche centrali. Risolvendo il Paradosso di Gibson abbiamo un punto di partenza: la consapevolezza che i tentativi di gestire il tasso d'inflazione attraverso la manipolazione dei tassi d'interesse sono fallimentari. Ma la manipolazione dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali ha un'altra motivazione: ridurre il costo del prestito a spese dei risparmiatori.

Sopprimendo i tassi d'interesse, le banche centrali hanno apportato diversi cambiamenti distruttivi al commercio e all'economia per quanto riguarda il denaro e il credito. Espandendo i loro bilanci da un minimo che rifletteva principalmente la valuta circolante e le riserve richieste per le banche commerciali prima della crisi Lehman, la somma dei bilanci della FED, della BCE, della BoE e della BoJ è salita di oltre sei volte: da $4.000 miliardi a $25.400 miliardi. La FED ha espanso il proprio di circa dieci volte, la BCE di quasi cinque volte, la BoJ di oltre sei volte e la BoE di quasi sette volte.

Infatti le banche centrali hanno assunto il ruolo delle banche commerciali per quanto riguarda l'espansione del credito, diretta alle rispettive economie con una differenza importante: l'espansione del credito da parte del sistema bancario centrale è anticiclica rispetto al credito delle banche commerciali ed è diretta principalmente a finanziare la spesa pubblica anziché la produzione industriale. L'obiettivo dichiarato è sostenere la crescita dell'economia in generale, ma essendo anticiclica previene le recessioni salutari e sostiene i disavanzi pubblici. Le banche commerciali hanno riorientato la loro espansione del credito verso l'acquisto di titoli di stato, ritenuti il ​​rischio di prestito più basso, e finanziamento di attività puramente finanziarie. Ad esempio, il modulo H8 della FED che registra attivi e passivi delle banche commerciali negli Stati Uniti, mostra che i prestiti commerciali e industriali (riga 10) sono diminuiti ogni trimestre sin dal 3° trimestre del 2020.

In una certa misura, il calo dei prestiti commerciali riflette la delocalizzazione della produzione. Un ottimista punterebbe il dito al miglioramento dei flussi di cassa come elemento sostituente del finanziamento del debito, senza contare che l'espansione del credito bancario non include i cambiamenti nel livello del finanziamento obbligazionario. Questi elementi strutturali sono un fatto, ma non possono spiegare adeguatamente perché il credito ai produttori si stia contraendo in un momento in cui la domanda dei consumatori supera l'offerta di prodotti. La risposta logica è che, lungi dal migliorare le prospettive economiche, esse si sono deteriorate in termini di rischio di prestito. Le cifre del PIL sono quindi una guida inaffidabile riguardo le condizioni economiche, poiché il PIL viene indirettamente gonfiato dall'espansione dei bilanci delle banche centrali.

Il finanziamento anticiclico dell'intera economia in tutte le principali giurisdizioni è una descrizione adeguata per le azioni attuali delle banche centrali. Non ci vuole un genio per dedurre che senza l'espansione del credito del sistema bancario centrale, tutte queste grandi economie sarebbero sprofondate. Ciò è particolarmente vero per gli Stati Uniti, il Regno Unito e l'UE, mentre il totale del bilancio della BoJ, a differenza degli altri, è diminuito nell'ultimo anno. Pertanto, mentre le attuali condizioni economiche persistono, possiamo aspettarci una continua espansione dei bilanci delle banche centrali senza alcun reale beneficio economico.

Ma la politica monetaria non può mai essere di natura commerciale. Non è compito di un organo burocratico che risponde solo allo stato esprimere giudizi sui prestiti commerciali. Le banche centrali che agiscono come prestatori anticiclici, un ruolo che richiede il giudizio di imprenditori in cerca di profitto, non possono fornire un risultato economico positivo. Mentre il ciclo di espansione del credito delle banche commerciali aveva i suoi mali, almeno coinvolgeva istituzioni capaci di giudizio commerciale. Ora, invece, sono state emarginate.

La politica monetaria è ora instradata verso una bancarotta incombente. Senza un cambiamento nella politica monetaria, l'unico risultato sarà un'ulteriore accelerazione dell'inflazione della quantità di denaro. E come abbiamo visto nel primo grafico, le conseguenze per i prezzi erano limitate dal gold standard, ma ora non esiste una tale limitazione e l'effetto negli ultimi tempi è mostrato nel grafico seguente.

Questo non può essere annullato e la svalutazione monetaria può solo accelerare a meno che i politici non abbiano il coraggio di affrontare le conseguenze: un atto deliberato per sciogliere tutte le distorsioni fermando le stampanti monetarie, cosa che farà crollare le loro rispettive economie.

Ciò è tanto probabile quanto una collisione della Luna con Marte prima che la situazione si deteriori al punto in cui i banchieri centrali saranno spinti a considerare di sostenere le valute fiat con un gold standard. Nel frattempo, avventurandosi nel mondo dell'espansione monetaria anticiclica sfrenata, le banche centrali si sono addentrate in un territorio pericoloso. Continuare a sopprimere i tassi d'interesse è ora un impegno più grande che mai, ma è probabile che le conseguenze per il potere d'acquisto delle valute fiat si manifestino molto prima di quanto generalmente previsto.


Anche le prospettive economiche si deterioreranno rapidamente

Oltre all'incapacità dei banchieri centrali di esprimere giudizi commerciali, le loro azioni allontanano ulteriormente le rispettive economie dal progresso economico. Si prevede che il rapporto tra valute, credito e imprese del settore privato si deteriorerà più rapidamente da qui in poi, man mano che riemergeranno i fattori di preferenza temporale. La relazione tra prezzi ed oneri finanziari in un'economia solida illustrata dal Paradosso di Gibson è stata distrutta dalla svalutazione del denaro fiat. Per troppo tempo l'attività economica è stata dominata da investimenti sbagliati alimentati da una diffusa aspettativa di profitti derivanti, però, dalla soppressione dei tassi d'interesse più che da una produzione realmente redditizia. Questa situazione è ora destinata ad essere sostituita da investimenti sbagliati derivanti dalle aspettative di un aumento dei prezzi. Può essere fermata solo lasciando che il libero mercato imposti i tassi d'interesse, ma nessun uomo d'affari nelle economie più importanti crede più nella libera impresa; crede solo nei profitti derivanti dalla speculazione, la cui radice è la svalutazione monetaria. Sono tutti dipendenti dalla soppressione dei tassi d'interesse e dall'aumento dei prezzi come meccanismi per arricchirsi.

Mentre i banchieri centrali persistono nel credere nello stimolo monetario, le conseguenze sono in realtà orribilmente distruttive.

• La soppressione dei tassi d'interesse ha incoraggiato le imprese ad accendere prestiti per progetti che altrimenti non sarebbero stati ritenuti redditizi. Quando le banche centrali saranno successivamente costrette a lasciar salire i tassi d'interesse in risposta all'aumento dei prezzi, questi progetti crolleranno o verranno salvati dallo stato. Ad ogni ciclo del credito questo onere si accumula.

• La soppressione dei tassi d'interesse trasferisce ricchezza dai risparmiatori ai mutuatari. Di conseguenza i risparmiatori riducono i loro risparmi a favore del consumo immediato, mentre i mutuatari approfittano della soppressione dei tassi d'interesse per beneficiare dell'effetto di trasferimento di ricchezza. Una bassa propensione al risparmio è associata ad una tendenza all'inflazione dei prezzi al consumo e ad una maggiore instabilità dei tassi d'interesse.

• L'aumento del denaro circolante è di maggior beneficio per coloro che lo ricevono prima che abbia fatto aumentare i prezzi a causa dell'aumento della sua quantità. Coloro che ne beneficiano maggiormente sono chi lo emette, lo stato e le banche autorizzate. Quando la valuta extra viene spesa, fa salire i prezzi, a scapito dei successivi destinatari. Le persone che perdono di più sono quelle lontane dai centri finanziari e quelle a reddito fisso, come i pensionati e coloro con un basso salario.

• Poiché le soglie fiscali non sono aggiustate agli effetti dell'inflazione, quest'ultima aumenta il carico fiscale sull'economia produttiva, riducendone la capacità di prosperare.

• La giustificazione keynesiana per il finanziamento inflazionistico è quella di stimolare l'economia. Fa leva sul fatto che gli attori economici non sono consapevoli dell'aumento della quantità di valuta e del relativo effetto sul potere d'acquisto. Invece l'aumento dei prezzi di beni e servizi di uso quotidiano viene attribuito all'aumento della domanda, dando l'illusione di migliori condizioni commerciali. Una volta che la maggiore quantità di denaro viene completamente assorbita dalla circolazione generale, l'effetto passa e si inverte addirittura, e sono necessari ulteriori stimoli per perpetuare l'effetto iniziale. Ma più questo trucco viene utilizzato, più ampiamente vengono comprese le conseguenze e meno efficace diventa.

• Più uno stato usa l'inflazione monetaria per finanziare la sua spesa, più è difficile controllarla. Gli aspetti pratici costringono i politici a continuare con il finanziamento inflazionistico, aumentando l'onere sulla produzione del settore privato. Gli interessi di uno stato e dei suoi elettori divergono, poiché il primo è sempre alla disperata ricerca dei benefici della svalutazione monetaria (es. trasferimento di ricchezza) a scapito del progresso economico.

• A meno che non venga in qualche modo fermato, il crollo di una valuta fiat distrugge l'attività economica, portando ad una diffusa indigenza e ribellione politica. Queste sono le condizioni che aprono le porte all'instabilità politica, alle dittature e all'estremismo.

Il primo test per stabilire se una delle principali banche centrali vedrà la luce e affronterà il problema dell'inflazione si svolgerà nei prossimi mesi man mano che aumenteranno le prove del calo del potere d'acquisto per le valute fiat. Di recente la FED ha assaporato uno shock con l'indice dei prezzi al consumo in rialzo del 6,2% contro le aspettative del 5,8% ed un obiettivo obbligatorio del 2%. Le sue affermazioni secondo cui l'inflazione è "transitoria" sono ogni giorno che passa sempre più assurde.

I gestori degli investimenti devono ancora contestare il punto di vista della FED, ma è probabile che sia solo una questione di settimane prima che i rendimenti sui titoli di stato inizino a riflettere la svalutazione monetaria. Spinti dalle teorie macroeconomiche, i gestori degli investimenti nei mercati obbligazionari tenderanno a pensare all'inflazione in termini di rendimenti reali piuttosto che nominali. Lo shock di un IPC in aumento al 6,2% aggiusta il rendimento attuale dei decennali USA dall'1,6% a -4,6%. Più gestori di fondi effettueranno questo calcolo, maggiore sarà la minaccia per i prezzi delle obbligazioni.

Un aumento dei rendimenti obbligazionari e la prospettiva di più alti in arrivo inizieranno ad indebolire le valutazioni del mercato azionario che da tempo è diventato il punto di riferimento per mantenere viva la fiducia economica. Per la FED, la BoE e la BoJ questo è stato particolarmente importante ed è la ratio alla base del quantitative easing.

Questo ci porta al Rubicone: di fronte alla perdita di potere d'acquisto di una valuta fiat, evidenziata da un livello generale dei prezzi sempre più elevato, una o più delle maggiori banche centrali abbandoneranno quella che è diventata una politica monetaria insostenibile?

In alternativa, continueranno tutti ad unire gli sforzi per sopprimere i tassi d'interesse ed accelerare l'espansione monetaria attraverso un aumento del QE per sostenere mercati finanziari e finanze pubbliche?

La prima che si defilerà metterà fine a tutti gli sforzi di espansione anticiclica per sostenere i mercati e l'illusione che tutto vada bene; metterà anche fine al controllo del sistema bancario centrale sui mercati e consentirà a questi ultimi di riaffermarsi sulle condizioni per il commercio interno e internazionale. Esporrà al voto del mercato le finanze statali, portando a quella crisi di finanziamenti che le banche centrali hanno cercato di prevenire per decenni.

Scegliere invece la seconda alternativa comporterà che le banche centrali coordinino apertamente il loro attacco ai mercati, un tentativo aperto di dominio continuo. In tal caso dovremmo aspettarci ulteriori misure, come un accordo monetario per garantire una stabilità continuativa reciproca e maggiori accordi di swap; dovremmo inoltre aspettarci repressioni in altri ambiti, come il tetto sui prezzi dell'energia e sui prezzi di altri beni ritenuti politicamente sensibili.

Questi sono tutti sintomi di un fallimento definitivo dello stato, ne abbiamo visti tanti nel corso della storia. La decisione di scegliere se affrontare la realtà o continuare a negarla è una scelta se la crisi incombente arriverà prima o dopo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. continueranno a calciare il barattolo, fino a che possono facendo affondare tutte le economie.
    non c'e' soluzione lo diceva Mises e loro sceglieranno la distruzione delle valute.

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