martedì 17 maggio 2022

La vera ragione dietro la spinta europea verso un embargo del petrolio russo

 

 

di Tom Luongo

Questa settimana l'Unione Europea dovrebbe annunciare un divieto totale di importazione del petrolio russo. L'Ungheria, nel suo primo vero atto di sfida, minaccia di porre il veto; la Germania, dopo un po' di tira e molla, ha deciso di poter sopravvivere a un simile divieto.

Supponendo che le obiezioni dell'Ungheria alla fine vengano superate, questo sembra l'ennesimo "autogol" energetico. Gli Stati Uniti hanno già emesso questo divieto.

Poiché l'industria europea dipende fortemente dal petrolio e dal gas russi, l'opinione comune è che la Commissione europea sia solo petulante e incompetente.

Sono petulanti? Sì. Incompetenti? Davvero? Ma solo se pensate in termini convenzionali di fare la cosa giusta per la propria gente. Ciò che è chiaro a qualsiasi osservatore serio della politica dell'UE è che non sono interessati a ciò che la loro gente ha da dire o vuole.

La loro è un'agenda che non sopporterà alcuna opposizione, anche a costo di distruggere la propria economia per mettere in ginocchio un rivale.

Detto questo, dubito che ci sarà un "embargo" sul gas naturale, perché non esiste un valido sostituto.

L'Ungheria sta sfruttando la necessità del consenso unanime in seno al Consiglio europeo per bloccare qualsiasi "divieto del gas" in qualsiasi nuovo pacchetto di sanzioni economiche. Ci sono almeno altri tre Paesi che sono felici che l'Ungheria sia disposta a subire l'ira di Bruxelles.

Ma vietare il petrolio russo, d'altra parte, è diverso.

Questo veto è stato predetto dal sottoscritto la mattina dopo che gli ungheresi hanno respinto in modo schiacciante la coalizione anti-Viktor Orban di George Soros e le hanno consegnato una sconfitta vergognosa.

L'Ungheria, invece, ha l'indipendenza energetica da Bruxelles avendo stipulato un contratto diretto con Gazprom per il gas naturale tramite il treno di Turkstream che va in Serbia e Ungheria. Questo dovrebbe fornire un contesto sul motivo per cui l'UE sta cercando di sanzionare la Serbia e tagliare i flussi di quel gasdotto che attraversa il territorio dell'UE in Bulgaria.

Con un'Ungheria fiscalmente, monetariamente (niente euro) ed energeticamente indipendente, ci sono poche ragioni affinché rimanga nell'UE se Bruxelles la tratta come membro di seconda classe. Orban e il suo governo sono stati risoluti nel rifiutarsi di essere coinvolti nel conflitto Russia/Ucraina, sebbene la NATO abbia esercitato una forte pressione.

È quasi come se Orban e gli ungheresi ora sfidassero l'UE a far avanzare le procedure di cui all'Articolo 7 per cacciarli fuori. Il problema è che, se lo facessero, comincerebbe la frattura dell'UE.

Quindi ciò che è più probabile che accada ora è che l'Ungheria userà questo veto per convincere l'UE a fare marcia indietro sulle violazioni dello "stato di diritto" che giustificano il taglio dell'Ungheria dalle distribuzioni di bilancio.

Perché Bruxelles e i suoi sostenitori dietro le quinte vogliono assolutamente questo divieto sul petrolio russo tanto quanto lo vogliono gli Stati Uniti e il Regno Unito? Fa parte della loro strategia a lungo termine per dissanguare la Russia, dopo aver trasformato l'Ucraina in un Afghanistan 2.0.

Ed è nelle differenze tra l'industria petrolifera e l'industria del gas naturale che pensano di poter raggiungere questo obiettivo.


Tubi e popoli

Sia nell'industria petrolifera che in quella del gas, la pressurizzazione di un pozzo è, per la maggior parte, un processo a senso unico: si scava un pozzo e si tira fuori il petrolio e/o il gas. Si procede fino all'esaurimento del pozzo e si sostituisce il naturale decadimento della produzione del pozzo perforandone uno nuovo.

Ma anche se c'è un grande shock della domanda al ribasso, una rarità nell'industria petrolifera, quei pozzi continuano a produrre. Il mercato diviene temporaneamente saturo di petrolio, il prezzo scende e i vecchi pozzi non vengono sostituiti finché non viene ripristinato l'equilibrio tra domanda e offerta.

Le curve dei futures sul petrolio vengono costruite dai trader per anticipare questi effetti sui prezzi e per la normale volatilità della domanda di petrolio, queste curve dovrebbero essere ragionevolmente prevedibili.

Sfortunatamente stiamo vivendo un momento in cui le persone più potenti del mondo (almeno nelle loro menti) stanno cercando di distruggere il mercato petrolifero per i propri scopi e la propria agenda. Stanno lavorando attivamente per rendere volatili i prezzi del petrolio e del gas al punto da distruggere gli investimenti nel settore.

Io li chiamo cricca di Davos. Sono gli oligarchi non eletti, i grandi banchieri, i grandi ereditari e i neocon che ogni anno si riuniscono a Davos, in Svizzera, per decidere sul futuro dell'umanità.

Ed è il loro programma: usano i cambiamenti climatici e le minacce internazionali, come la guerra biologica e il terrorismo, come giustificazioni per un'espansione dello stato di sorveglianza e il loro controllo su tutte le cose, ma soprattutto sul denaro.

L'enorme bacino di risorse naturali della Russia e il suo governo sono completamente di ostacolo. Se la pensate diversamente, allora siete vittime della propaganda della cricca di Davos. Vi esorto a sbarazzarvi della mentalità infantile "buoni/cattivi", alcune tane del bianconiglio sono solo buche, non tane.

Torniamo all'industria petrolifera. Chiudere un pozzo di gas o petrolio è pericoloso perché non vi è alcuna garanzia che possa essere riaperto. I pozzi possono essere danneggiati e il petrolio/gas in essi contenuto può essere perso senza perforarne uno nuovo.

Il gas lo si può "scaricare" bruciando l'eccesso se il deposito è pieno, piuttosto che tappare il pozzo e aspettare che la domanda ritorni. Con il petrolio, invece, non si può farlo. Bisogna conservarlo da qualche parte e la capacità di stoccaggio del petrolio della Russia è già piena, se non traboccante.

L'industria petrolifera in generale non è pronta per lo stoccaggio massiccio a lungo termine a causa di shock di domanda/offerta, perché non ce n'è letteralmente bisogno. Ciò che si espande è la capacità di spostare il petrolio per consumarlo, non conservarlo in grandi serbatoi sperando che qualcuno lo compri.

L'industria ha tutta la capacità inutilizzata di cui ha bisogno per coordinare domanda e offerta entro tolleranze piuttosto strette. Non è una consegna "immediata", ma non è in grado di assorbire uno shock della domanda del 20%.

Ed è qui che l'Occidente pensa di avere una grande leva da usare contro la Russia in questo momento. A detta di tutti, l'Europa è uno dei maggiori clienti petroliferi della Russia, con il porto di Rotterdam che riceveva e raffinava fino a 1,4 milioni di barili al giorno prima della guerra.

Che ci crediate o no, il Washington Post ha scritto un articolo decente in cui spiega dove finiscono le esportazioni russe. Dei circa 7,2 milioni di barili al giorno che la Russia esporta nel mondo, 4,8 milioni vanno in Paesi, la maggior parte dei quali in Europa, che affermano di non volerlo più acquistare da lì.

La mancanza di capacità di stoccaggio non dovrebbe essere un grosso problema se la Russia esportasse la maggior parte del petrolio in Europa via nave, cosa che già fa tra l'altro. Secondo una relazione recente di Transport & Environment, una ONG orientata a convincere l'Europa a rinunciare all'energia russa, l'oleodotto Druzhba fornisce solo il 10% circa del petrolio russo al mercato europeo.

Si tratta di un misero 250.000 barili al giorno. L'embargo USA è più pericoloso per l'economia russa, quando nel 2021, dovendo sostituire i barili sanzionati dal Venezuela dall'ex-presidente Trump, hanno importato una media di 600.000 barili al giorno.

Quelle importazioni hanno iniziato a prosciugarsi nel 2022, ben prima che la Russia invadesse l'Ucraina, quindi considerate come un altro dato che questa guerra tra Occidente e Russia era stata pianificata con largo anticipo rispetto alla data di inizio effettiva alla fine di febbraio.

Il punto è che oggi secondo la stampa generalista la Russia non ha la capacità di stoccaggio per far fronte a un embargo europeo e come tale dovrà tagliare la produzione. Le stime dei tagli alla produzione dalla Russia si aggirano intorno a 1,8 milioni di barili al giorno, mentre l'Occidente spera in 3 milioni.

Simile a quello che fece Trump nel 2018 contro l'Iran, la campagna di sanzioni ha messo nei guai molte compagnie petrolifere, non sapendo cosa avrebbe riservato il futuro e rifiutandosi inoltre di fare affari con la Russia per paura di entrare in conflitto con suddette sanzioni .

Da Shell a Glencore a Trafigura, le offerte petrolifere russe sono diventate sgradite e hanno creato il caos nei loro libri di negoziazione e nell'industria del commercio di materie prime nel suo insieme, come spiegato da Zoltan Pozsar di Credit Suisse il mese scorso.

A causa di questa dislocazione finanziaria in quello che dovrebbe essere un settore noioso e stabile, che commerciava la merce più importante del mondo con la più grande infrastruttura, adesso siamo in preda al caos.

E l'Occidente, seguendo il piano della cricca di Davos, spera in maggiore caos.

La conclusione di Pozsar è stata che tutte queste aziende a un certo punto avranno bisogno di un salvataggio (con la possibile nazionalizzazione) o dovranno fallire.

Allo stesso tempo, intaccherebbero notevolmente le prospettive economiche della Russia. Questo è una specie di piano ordito da una mente malvagia.

Ma se l'obiettivo non è la produzione russa, cosa sta cercando di ottenere l'UE?

Interrompendo le rotte normalmente utilizzate dal petrolio in tutto il mondo, ora c'è una carenza strutturale di navi cisterna per spostare il petrolio richiesto, dal momento che molti di quei barili, più di 2 milioni al giorno, ora devono fare viaggi molto più lunghi.

Invece della corsa da San Pietroburgo a Rotterdam, quelle stesse navi ora, come minimo, devono recarsi in depositi alle Bahamas e ai Caraibi, se non fino alla Cina o all'India, la loro destinazione finale.

Leggete il post di Pozsar per avere un'idea della portata della devastazione.

Si spera che questo shock dell'offerta all'interno del mercato delle petroliere e gli effetti a valle nei costi aggiuntivi ai viaggi creeranno un effetto a cascata all'interno dell'industria petrolifera russa, intaccandone quindi la produzione.

Questo, a sua volta, intaccherà la sua bilancia commerciale positiva che sta "alimentando la macchina da guerra di Putin", oltre a presentare anche l'opportunità per i concorrenti russi di entrare e rubare loro quote di mercato.

Attraverso questo meccanismo e gli sforzi in Occidente per cambiare il consumo di energia dell'Europa, l'effetto a lungo termine è quello di distruggere la capacità della Russia di continuare la guerra, privandola del capitale necessario.


Davos fa rima con Thanos

Gli Stati Uniti sono felici di spingere l'Europa fino a questo punto e molti commentatori sono felici di concludere la conversazione qui: scegliete il vostro epiteto, ma la storia si riassume in "Impero delle bugie", o "Zona A", o come la volete chiamare, che percepisce minacciata la propria egemonia e costringe tutti, in particolare l'Europa, a seguire la sua strategia.

Ma penso che questa descrizione sia più una versione "per la TV" piuttosto che una rappresentazione accurata della realtà.

In primo luogo, tralasciate la struttura degli obiettivi più ampia delle persone dietro questo pasticcio. Piuttosto che essere prigioniere di USA iperbellicosi, le nazioni dell'UE sono partner assolutamente disponibili.

La strategia del Grande Reset della cricca di Davos si basa sulle idiozie che Thomas Malthus inserì nella sua teoria sulla scarsità delle risorse. Il loro è un modello economico che non crede che le persone rispondano agli incentivi, pro e contro, che moderano il loro comportamento. Credono che gli esseri umani siano come un virus che deve essere controllato.

Il Grande Reset può essere ridotto alla tesi del cattivo nei film Marvel, Thanos: dover uccidere metà della vita nell'Universo per rendere le cose "sostenibili".

E il centro di potere di questo tipo di pensiero non è negli Stati Uniti e nell'impero degli Stati Uniti, noi siamo gli ipercapitalisti che fanno crescere il virus nella nostra capsula di Petri dell'individualismo.

No, questo pensiero deriva esattamente dalle critiche europee al capitalismo. Stiamo parlando di una minestra marxista riscaldata e dotata di una nuova patina retorica: sostenibilità, capitalismo degli stakeholder, ambiente, socialità e governance (ESG), scopo condiviso, ecc.

La prova che l'UE è felice della guerra in Ucraina tanto quanto le forze neocon negli Stati Uniti e nel Regno Unito è evidente dalla sua riluttanza a porvi fine attraverso la diplomazia.

Ma gli europei sono quelli che soffriranno di più per questa strategia.


Copioni errati generano politiche errate

Se la leadership dell'UE, sotto il giogo della cricca di Davos, agisse per conto degli europei, non taglierebbe fuori l'Europa dall'energia russa e direbbe agli Stati Uniti e al Regno Unito di andare al diavolo.

Invece tutto ciò che sentiamo è come la Germania possa svezzarsi completamente dall'energia russa entro un anno.

Non importa che questo esito non sia affatto positivo per l'industria tedesca o per il popolo tedesco a lungo termine. L'energia russa è di gran lunga la soluzione più economica per loro, rendendoli il più competitivi possibile.

Invece, dopo aver contribuito a creare la crisi in Ucraina, ora sostengono l'idea che sia un imperativo morale per i tedeschi soffrire e rimanere senza cibo, riscaldamento e altri beni di prima necessità per sconfiggere i malvagi russi.

Negli anni precedenti a questo conflitto avrebbero lavorato per attuare gli Accordi di Minsk, avrebbero revocato le sanzioni economiche alla Russia e sarebbero giunti a un accordo politico sulla Crimea e sul Donbas, lasciando che gli Stati Uniti e il Regno Unito se ne stessero a bordo campo.

L'ex-cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno fatto il contrario: hanno preso in giro Putin fino a quando Macron non sarebbe stato rieletto e la Merkel sarebbe uscita di scena, lasciando a una debole coalizione approvata dalla cricca di Davos la responsabilità del crollo.

L'intensificarsi del commercio tra la Russia e l'UE alla fine avrebbe eclissato qualsiasi animosità bellica e l'insistenza degli Stati Uniti nell'armare l'Ucraina sarebbe diventata politicamente insostenibile, mentre l'Europa avrebbe iniziato un potenziale rinascimento piuttosto che finire in un buco nero economico.

Francia e Germania non avrebbero tradito i propri tentativi di diplomazia.

L'attuale conflitto russo/ucraino serve a uno scopo molto più grande rispetto al quadro semplicistico di incolpare gli Stati Uniti per tutto.

L'idea che l'Europa tema un'invasione russa della Polonia o addirittura della Germania, tanto da rendere necessaria l'espansione della NATO al suo confine nel Donbas, è ridicola. L'esercito russo non è costruito secondo queste linee, né le sue prestazioni in Ucraina dimostrano che è in grado di eseguire un'operazione del genere.

Quello che vediamo adesso è un copione che è stato scritto molto tempo fa: la guerra dell'Occidente contro la Russia è in fase di pianificazione da tempo.

I russi lo capiscono meglio di quanto molti siano disposti ad accettare. La loro leadership, Putin e il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, lo hanno articolato molto chiaramente in ogni fase della guerra fino ad oggi.

Non si fanno illusioni su dove l'Occidente e la cricca di Davos siano disposti a portare questo conflitto, motivo per cui hanno minacciato seriamente di colpire i veri "centri decisionali" che danno alle forze armate ucraine i loro ordini di marcia.

Questi sono avvertimenti diretti non ai nostri politici, ma a noi.

Hanno chiesto una separazione, pacifica, tra Oriente e Occidente, ma questo non fa parte dell'agenda. Come i classici narcisisti con l'ardente bisogno di controllare tutto, la Russia e il resto dell'Asia non potranno allontanarsi dalla cricca di Davos e dai loro leccapiedi eurocrati, perché si sentono i salvatori dell'umanità.

E noi siamo solo, nel migliore dei casi, "l'aiuto" e nel peggiore un inconveniente.

Il grande piano della cricca di Davos è distruggere il vecchio ordine globale per poi "ricostruirlo meglio", dove loro possiedono tutto e voi non possedete niente e vi piacerà... almeno così recita il loro copione.

Ora sono impegnati in questo piano, non importa se funzionerà o meno. E questo è ciò che dobbiamo ricordare in tutte le nostre analisi. I russi e i loro amici in Asia e in tutto il Sud del mondo hanno i mezzi e gli strumenti per vincere? Possibile.

Ma la domanda più grande è se questo conflitto si intensificherà o meno al punto in cui vincere diventerà un concetto irrilevante. Quando vedete un blocco come l'Unione Europea disposto a commettere atti di vandalismo domestico così grandi, e incolpare la vittima della loro aggressività sfrenata, siamo ben oltre il punto si sta lavorando per una soluzione razionale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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