lunedì 16 maggio 2022

La FED non sta risolvendo nessun problema

 

 

di David Stockman

Il rendimento del decennale USA ha superato la soglia del 3%, quindi potreste pensare che questo sia un segno che un minimo di razionalità stia tornando sui pezzi obbligazionari.

Invece non è così. Questo perché l'inflazione sta salendo ancora più velocemente dei tassi d'interesse, il che significa che i rendimenti reali sullo strumento chiave per l'intero sistema finanziario stanno ancora scendendo in territorio negativo. Pertanto, a fine marzo il tasso aggiustato all'inflazione è sceso a -6,4% e nonostante l'aumento dei rendimenti nominali da allora si è mantenuto vicino al -6%.

Ecco il punto: negli ultimi 40 anni la FED ha spinto costantemente al ribasso i rendimenti reali, anche durante la stampa di denaro del 2009-2019, ciononostante il rendimento reale è entrato in territorio negativo solo episodicamente e marginalmente.

Ma dopo che la FED ha rilasciato ogni freno nel marzo 2020 e ha iniziato ad acquistare $120 miliardi al mese di debito pubblico, il fondo delle obbligazioni non ha avuto fine. I rendimenti reali sono precipitati in un territorio mai visitato prima, il che significa che, a meno che l'inflazione non crolli improvvisamente e drasticamente, la FED è ancora dietro la curva.

Il fatto è che non vi è alcuna possibilità di stabilizzare l'inflazione se i rendimenti reali rimangono impantanati in territorio negativo. Tuttavia, se il rendimento nominale del decennale USA dovesse salire al 5-7%, e quindi entrare marginalmente nel territorio del rendimento reale positivo, ci sarebbe una carneficina a Wall Street come mai prima d'ora.

Rendimento aggiustato all'inflazione del decennale USA, 1982-2022

Tra i molti settori che sarebbero colpiti c'è il business non finanziario. Il debito totale in tal settore ora è  di $18.540 miliardi. Si tratta di un aumento dell'83% rispetto al già gravoso livello di $10.140 miliardi alla vigilia della crisi finanziaria nel quarto trimestre del 2007 ed è 6 volte superiore al livello di $3.100 miliardi che prevaleva quando Alan Greenspan prese il timone della FED a metà del 1987.

Ancora più importante, l'onere del debito relativo al valore aggiunto lordo del settore delle attività non agricole è aumentato inesorabilmente negli ultimi cinque decenni. Vale a dire, il business americano ha sfruttato alla grande la leva finanziaria.

Debito aziendale non agricolo in % del valore aggiunto aziendale lordo:

• 1970: 64%

• 1987: 82%

• 2000: 83%

• 2007: 92%

• 2019: 99%

• 2021: 102%

In una parola, il settore aziendale (corporativo e non corporativo) straborda di leva finanziaria come mai prima d'ora. Di conseguenza, quando i tassi d'interesse sul debito raddoppieranno e triplicheranno durante l'imminente lotta della FED contro l'inflazione, l'impatto su profitti, flussi di cassa e investimenti sarà fortemente negativo.

Leva finanziaria delle attività non finanziarie: debito rispetto al valore aggiunto lordo, 1970-1921

Né dovrebbe essere scontata la possibilità di aumenti dei tassi d'interesse nell'ordine delle doppie cifre. Questo perché, secondo la recente conferma della FED, stiamo entrando in un sistema politico totalmente nuovo. Entro pochi mesi la FED scaricherà mensilmente $95 miliardi in obbligazioni, praticamente l'opposto dei $120 miliardi al mese che avevano prevalso dopo marzo 2020.

Allo stesso tempo, il fabbisogno di finanziamenti a livello federale rimarrà ingente perché il disavanzo strutturale è diventato profondamente radicato. Anche dopo i $3.100 miliardi e $2.800 miliardi di deficit consecutivi nell'esercizio 2020-2021, l'inchiostro rosso sta a malapena diminuendo mentre la spesa per il Covid diminuisce.

Pertanto, per il periodo annuale terminato a marzo, il deficit federale è stato di $1.600 miliardi e non vediamo alcun segno che suggerisca una sua riduzione.

Infatti il Tesoro degli Stati Uniti si trova in una situazione da Comma-22 quando si tratta d'imminenti requisiti di prestito. Questo perché i costi del servizio del debito saranno molto più elevati con l'aumento dei tassi d'interesse, mentre la crescita dei ricavi aumenterà lentamente rispetto ai livelli attuali, poiché il tightening della FED farà dapprima fermare l'economia e poi la manderà in recessione.

Ad esempio, l'attuale proiezione degli interessi passivi netti per l'esercizio 2022 ammonta a $415 miliardi, il che rappresenta un rendimento implicito di appena l'1,75% sulla media di $23.900 miliardi di debito pubblico durante l'ultimo anno fiscale. Ma quando il debito del Tesoro USA viene rinnovato, in particolare quello a scadenza annuale e biennale, il costo medio aumenta notevolmente.

Entro l'esercizio 2024 tale aumento potrebbe facilmente essere di 200 punti base, il che significa un costo medio ponderato del servizio del debito del 3,75% su $26.000 miliardi di debito pubblico previsto. A sua volta, ciò implica $975 miliardi d'interessi passivi netti annuali, o più del doppio dell'attuale stima.

Allo stesso modo, l'OMB prevede una crescita dei ricavi del 4,6% il prossimo anno (2023) e un calo dell'esborso del -1,0%. Entrambe le affermazioni sono ridicole, specialmente se la spesa diminuirà durante il periodo che precede le elezioni presidenziali più difficili dei tempi moderni.

In breve, è probabile che lo zio Sam inonderà i mercati delle obbligazioni con almeno $2.000 miliardi all'anno in nuovi titoli di debito nel prossimo periodo, anche se la FED scaricherà altri $1.200 miliardi a ritmo annuale, mentre ridurrà il suo bilancio come annunciato di recente.

A ciò si aggiunge il ritorno dei bond vigilantes, una rinascita del "crowding out" mentre i mercati obbligazionari lotteranno per finanziare $3.200 miliardi di titoli di debito pubblico all'anno senza l'aiuto della stampante monetaria della FED. In tale contesto, ovviamente, saranno i mutuatari di Main Street che riceveranno la parte del bastone.

Naturalmente i permabull, sempre pronti ad acquistare azioni qualunque sia l'annuncio della FED, sono impegnati a inventare nuove illusioni per convincersi dell'impossibile: la FED progetterà un "atterraggio morbido".

Neanche tra un milione di anni!

Questo perché un misero tasso di 75 punti base sui Fed funds ora, e 225 punti base entro la fine dell'anno, non ridurrà l'inflazione complessiva che sta spingendo al 9,0%. E soprattutto quando la domanda si sta raffreddando solo lentamente, mentre un'intera pressione inflazionistica si sta ancora accumulando nelle condutture di materie prime, PPI e servizi.

Ad esempio, l'IPC ha sperimentato una tregua temporanea dall'aumento dei costi degli immobili, i quali rappresentano il 25% del peso nell'indice principale e il 40% nella versione meno cibo ed energia. Di recente, nell'aprile 2021, il tasso annuo era sceso al 2,0% per l'OER (affitto equivalente al proprietario) e all'1,8% per l'indice degli affittuari diretti.

Ma questi numeri sono già rispettivamente al 4,5% e al 4,4%, mentre è piuttosto certo che l'escalation futura tenderà a superare i picchi del 2007 e del 2001.

Variazione annua dell'IPC per OER e affitto dell'immobile primario, 2001-2022

Infatti l'indice degli affitti unifamiliari Core Logic è salito del 12-14% nel mese di febbraio e sta puntando ancora al rialzo. E questi aumenti sono stati coerenti in tutte le fasce di prezzo.

Inoltre il tasso di escalation lascia poco all'immaginazione. Il grafico seguente confronta l'aumento annuale di febbraio 2022 con quello di febbraio 2021 per i 20 principali mercati. Nel caso di alcune aree metropolitane gli incrementi sono stati astronomici.

Variazione del tasso di aumento annuo, febbraio 2021 rispetto a febbraio 2022:

• Miami: 3,2% contro 39,5%

• Orlando: 2,0% contro 22,2%

• Phoenix: 11,0% contro 18,9%

• San Diego: 5,2% contro 17,1%

• Las Vegas: 7,7% contro 16,9%

• Austin: 6,0% contro 14,5%

• Boston: -8,0% contro +14,0%

Allo stesso modo, in tutta una serie di settori c'è uno tsunami d'inflazione in arrivo attraverso l'indice dei prezzi alla produzione. Ecco gli aumenti annui di marzo, i quali sono fuori scala rispetto ai tassi di aumento più contenuti che hanno prevalso tra il 2012 e il 2019:

• IPP servizi di trasporto: +20,9%

• IPP materiali e componenti per la produzione: +19,7%

• IPP servizi edili: +16,2%

• IPP magazzino e Stoccaggio: +12,7%

• IPP servizi di riparazione e manutenzione: +5,2%

Aumenti annui nei componenti dell'indice dei prezzi alla produzione

Infine gli indici dei prezzi delle materie prime non lasciano nulla all'immaginazione. Il grafico qui sotto mostra la marea inflazionistica annua che sta fluendo nell'economia più ampia.

Alla fine si farà strada attraverso i prezzi alla produzione e nell'IPC principale, anche se saranno i prezzi delle materie prime a raggiungere il picco, data la continua interruzione nei centri di energia, cibo e metalli sul Mar Nero.

Variazione anno dopo anno nell'indice dei prezzi delle materie prime:

• Energia: +137%

• Cibo: +28%

• Metalli: +28%

Variazione annua dei prezzi delle materie prime

Quindi, sì, la FED ha effettuato un aumento di 50 punti base nel tasso sui fondi federali, ma questo è a malapena un acconto su ciò che servirà per riavvolgere l'inflazione dilagante ora in corso.

I bond vigilantes sono davvero sulla via del ritorno, anche se Wall Street ha ancora la testa sepolta nella sabbia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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