mercoledì 5 aprile 2023

Altri fronti di guerra

Anche ai più ciechi dovrebbe essere ormai chiaro che l'escalation della guerra tra Russia e Ucraina è stata fomentata a tavolino e continua a essere fomentata a tavolino. Inutile dire che è una manna per l'industria bellica occidentale per ben due motivi: si mandano agli ucraini armi e armamenti vecchi, vetusti e obsoleti, e nel frattempo si producono nuovi gingilli. Gli ucraini, in questo contesto, nonostante tutte le bandierine che sventolano sui profili social e le frasi di rito ripetute come degli ossessi nei programmi televisivi, sono carne da macello... per entrambi i fronti. Come sappiamo bene da Keynes, la produzione di armi da guerra è anticiclica secondo le considerazioni dei pianificatori centrali. Ma al di là di ciò salta all'occhio la volontà di volersi riarmare da parte delle nazioni NATO e ovviamente non si aspettano una guerra contro la Russia, bensì contro il vero obiettivo degli USA: la Cina. Inutile dire che quest'ultima sta mostrando chiari segni di spazientimento a livello geopolitico, fatto denotato dalla più recente visita di Xi a Mosca. Una delle dichiarazioni più forti che ha fatto, infatti, è stata la seguente: “Nessun paese è superiore agli altri, nessun modello di governo è universale e nessun singolo Paese dovrebbe dettare l'ordine internazionale”. A riprova della volontà cinese di costruire un mondo multipolare, oltre ai BRICS, ci sono i recenti patti di pace tra Iran e Arabia Saudita e le mediazioni tra gli arabi affinché ricostruiscano rapporti diplomatici con la Siria. I cinesi, e Xi in particolare, sono consapevoli dello scontro che gli Stati Uniti continuano ad aizzare (in particolar modo la fazione dei neocon) nei loro confronti ed è per questo che continuano a mediare rapporti di pace nel mondo: agli occhi del mondo sono dei pacieri e, qualora costretti, dovranno rispondere a un attacco. I toni comunque si stanno scaldando e il recente caso di Tik Tok ne è la conferma: tra mistificazioni e falsità si vuol far passare l'idea che la Cina stia spiando e/o influenzando gli americani attraverso questa app, quando invece la casa madre (ByteDance) ha sede nelle Cayman e la società sotto di essa e che ha rapporti col governo cinese non ha niente a che fare con Tik Tok International. Proteggere la privacy è sì importante, ma da ogni pianificatore centrale. E come denota questo articolo dell'Ansa, la pazienza dei cinesi si sta esaurendo... se non si è già esaurita.

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di David Stockman

Joe Biden crede davvero d'essere lo zio ricco del mondo. In un incontro con i cosiddetti Nove di Bucarest, ha promesso a queste ex-nazioni del Patto di Varsavia — che in primo luogo non avrebbero mai dovuto essere ammesse alla NATO — un sostegno economico e militare illimitato.

Altri fronti di guerra, se necessario quindi.

Biden ha rassicurato che gli Stati Uniti sono pronti ad accelerare la loro difesa se dovessero subire un'azione offensiva da parte di Mosca. Queste nazioni includono Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia.

Non sono mancate le amplificazioni di questo messaggio, soprattutto da parte del portavoce dell'NSC John Kirby. Mentre passava dal Dipartimento della difesa al Consiglio di sicurezza nazionale si è fermato un attimo alla CNN:

“Questi sono il gruppo di alleati della NATO sul fianco orientale e che sono letteralmente in prima linea nella nostra difesa in questo momento”, ha anticipato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby. 

Ha detto che lo scopo del presidente nell'incontro è “riaffermare il fermo sostegno degli Stati Uniti alla sicurezza di quell'alleanza e all'unità transatlantica”, oltre a quello d'inviare un messaggio a Putin che il suo Paese non può intimidire queste democrazie, alcune delle quali relativamente nuove e fragili.

Bene, vediamo: dov'è documentato che Putin abbia mai minacciato la Bulgaria, o l'Ungheria, o la Slovacchia, o la Lituania, o qualcun altro di quei Paesi? Il leader ungherese si è persino rifiutato di partecipare a questa inutile farsa con Biden.

Dopotutto, cosa potrebbe guadagnare Putin attaccando queste nazioni e occupando quelle che sarebbero popolazioni ostili ed economie danneggiate? Un tremendo drenaggio fiscale sulle sue finanze già assediate sarebbe l'unica certezza.

Il fatto è che Washington è diventata così folle per la guerra contro Putin che non si pone nemmeno queste domande. Invece gli piace fare "ragionamenti" da scuola elementare: se Putin ha attaccato l'Ucraina, allora è certo che i nove domino gialli evidenziati nella mappa qui sotto siano i prossimi a cadere.

No, per niente. L'Ucraina è sui generis. È un miscuglio di storie diverse, etnie e tradizioni religiose che non sono mai state sotto il tetto di un singolo stato.

Inoltre la sua vicinanza alle cose russe è una questione storica inattaccabile. Prima dell'arrivo del regime comunista dopo la prima guerra mondiale, le sue varie regioni erano state per secoli vassalli sotto la tutela della Russia zarista. I confini storicamente tortuosi dell'Ucraina sono stati congelati nella forma attuale dai brutali dettami di Lenin, Stalin e Krusciov.

Durante la lunga storia di queste popolazioni vicine, principalmente slave, le parti orientale e meridionale dell'attuale mappa dell'Ucraina furono popolate e sviluppate da migranti di lingua russa. Alla fine trasformarono le steppe in gran parte vuote e dominate dai pastori nel fiorente distretto minerario e officina industriale della vecchia Russia.

Questa disposizione fu essenzialmente continuata dai commissari comunisti dopo aver consolidato il controllo nel 1922, salvo solo per un arbitrario riassetto amministrativo che trasformò la vecchia "Novorossiya" (Nuova Russia) dell'epoca di Caterina la Grande in uno stato del tutto innaturale e ribattezzato come Unione Sovietica Repubblica socialista dell'Ucraina.

Questi confini artificiali e il miscuglio etnico al loro interno sono stati tenuti insieme sotto la minaccia delle armi dei governanti comunisti locali fino al 1991, quando il flagello del comunismo sovietico è scomparso dalla Terra. E quasi subito dopo le elezioni hanno mostrato che lo stato concepito da Lenin, Stalin e Krusciov non era mai stato costruito per durare; e che il verdetto della nascente democrazia ucraina era che un giorno la secessione sarebbe stata l'unica risposta.

Viktor Yanukovich è stato l'ultimo politico eletto democraticamente prima che Washington prendesse sostanzialmente il controllo del Paese. Per ordine dei governanti de facto dell'Ucraina lungo le rive del Potomac, è stato illegalmente deposto e cacciato dal Paese con il colpo di stato del febbraio 2014.

Inutile dire che Yanukovich è stato il paladino delle popolazioni di lingua russa del Donbass e del bordo meridionale del Mar Nero. Ha corso sia nel 2004 che nel 2010 contro candidati veementemente filoucraini, le cui basi di appoggio erano nelle aree geografiche centrali e occidentali del Paese.

Come mostrato nelle due mappe qui sotto, entrambe le elezioni hanno visto emergere forti divisioni elettorali. A differenza degli Stati Uniti, dove il candidato repubblicano ha ottenuto un risultato del 47% nello stato blu profondo di New York alle ultime elezioni, la divisione dei voti nel nucleo più duro delle rispettive regioni (rosso scuro e blu scuro) è stata superiore al 90/10 in molte località.

Nelle elezioni del 2004 Yanukovich ha perso di poco il conteggio complessivo, anche se ha dominato in modo schiacciante a est e a sud.

Risultati delle elezioni del 2004 in Ucraina

Al contrario, nel 2010 Yanukovich ha ripercorso la stessa dominazionenelle regioni di lingua russa mentre perdeva a ovest. Ma con l'aiuto di consulenti elettorali con sede a Washington (vale a dire, il famigerato Paul Manafort), è riuscito ad accumulare voti incrementali sufficienti per emergere in cima al conteggio nazionale.

Risultati delle elezioni del 2010 in Ucraina

Inutile dire che quando gli sciocchi neocon guidati dalla detestabile Victoria Nuland, nell'entourage dell'allora vicepresidente Joe Biden, hanno fomentato il colpo di stato contro Yanukovich nel febbraio 2014, non avevano idea del tenue equilibrio politico che stavano sconvolgendo.

In breve tempo i seguaci dell'alleato di Hitler durante la seconda guerra mondiale, Stephan Bandera, e che dominavano il governo non eletto e insediato da Washington a Kiev, hanno compiuto due mosse distruttive.

La prima è stata abolire il russo come lingua ufficiale nel Donbass e altrove; la seconda è stata la strage di sindacalisti filo-russi in un edificio a Odessa da parte di sostenitori del governo di Kiev.

Era solo questione di tempo prima che la maggior parte dei territori di colore rosso sulle mappe sopra dichiarassero la propria indipendenza, soprattutto il popolo di quella che era stata la provincia russa della Crimea dopo che Caterina la Grande l'aveva acquistata dagli ottomani nel 1783. Non solo, ma la Crimea ha votato per entrare nella Federazione russa ponendo fine al suo breve soggiorno nello stato ucraino, dono di Krusciov nel 1954 ai teppisti comunisti di Kiev che lo avevano aiutato a prendere il potere dopo la morte di Stalin.

In breve tempo il nuovo governo proto-fascista di Kiev si è mosso per inimicarsi profondamente il suo vicino storico ed ex-feudatario di Mosca, cercando di aderire alla NATO e scatenando una guerra brutale contro le repubbliche separatiste del Donbass. Questo assalto ha finito per uccidere oltre 15.000 civili durante gli otto anni che hanno preceduto l'invasione della Russia nel febbraio 2022.

Inutile dire che Putin non era affatto favorevole a veder piazzare missili nucleari ancora più vicino al proprio confine come non lo fu John Kennedy nell'ottobre 1962. Né avrebbe continuato a tollerare il continuo massacro di russofoni nel Donbass dopo che Kiev aveva scatenato una massiccia campagna di bombardamenti su queste aree assediate una settimana prima dell'invasione del 24 febbraio.

Di conseguenza non si tratta affatto di violazioni di legittimi confini sovrani, né si tratta di un assalto alla nozione ipocrita di “ordine internazionale liberale” che in realtà non è mai esistito e che, invece, è sempre stato una copertura dell'egemonia mondiale di Washington.

Ma le lezioni sono comunque profonde e la storia alla fine porta a risultati distruttivi, sebbene evitabili.

Questo è il caso dell'azione assolutamente sciocca da parte di Washington di aver fatto aderire le ex-nazioni del Patto di Varsavia, e persino le repubbliche sovietiche separatiste, nell'alleanza NATO la cui missione era terminata nel 1991.

Avrebbe dovuto essere smantellata lì per lì. Quando il vecchio mostro sovietico con i suoi 50.000 carri armati e 7.000 testate nucleari è stato smantellato, non c'era più una minaccia a est. Non c'era una "linea del fronte" da difendere.

A quel punto Washington avrebbe dovuto condurre il mondo al disarmo e a un revival della pace duratura che era scomparsa nel 1914.

Ma ora l'impegno di mutua difesa della sezione 5 della NATO nei confronti di queste nazioni equivale a uno stupido ente di beneficenza che il governo federale quasi in bancarotta non può permettersi in ogni caso.

Non c'è assolutamente nulla in esso per il miglioramento della sicurezza nazionale americana e incentivi per i politici di quelle nazioni a protestare contro la Russia piuttosto che cercare un accordo pacifico.

Quando Washington ha iniziato la sua folle campagna per espandere la NATO fino alle porte della Russia nel 1997, c'era un americano che in realtà possedeva più conoscenza, esperienza e capacità analitiche sulla Russia e l'Europa orientale dell'intero Senato degli Stati Uniti che ha ratificato il trattato.

Ci riferiamo all'ambasciatore George F. Kennan. Quest'ultimo è stato il padre intellettuale della politica di contenimento del dopoguerra contro l'Unione Sovietica e ha trascorso decenni nelle ambasciate statunitensi in Europa e in Unione Sovietica, prima di ricoprire un alto grado nel Dipartimento di Stato negli anni cruciali del secondo dopoguerra, quando poi sarebbe nata la Guerra Fredda. Successivamente è entrato a far parte del mondo accademico a Princeton, dove ha prodotto un prodigioso flusso di lavoro accademico sulla politica di sicurezza nazionale, compreso un clamoroso dissenso sulla follia della guerra di LBJ in Vietnam.

Quando nel 1997 scrisse un  articolo sul New York Times riguardo l'espansione iniziale della NATO, che intitolò succintamente "Un errore fatale", il 93enne Kennan aveva decenni e decenni di saggezza al suo attivo come policymaker e storico. E quasi tutto era direttamente pertinente al disordine lasciato dall'improvviso crollo dell'impero sovietico nel 1991.

Kennan non s'è risparmiato sulla questione dell'espansione della NATO:

L'architetto della politica di contenimento della guerra fredda non ha usato mezzi termini nel sostenere che “l'espansione della Nato sarebbe l'errore più fatale nella politica americana nell'intera era post-guerra fredda”. Ha predetto che “avrebbe infiammato le tendenze nazionalistiche, anti-occidentali e militariste nell'opinione russa”, “avrebbe avuto un effetto negativo sullo sviluppo della democrazia russa”, “avrebbe ripristinato l'atmosfera della guerra fredda nelle relazioni est-ovest” e “e avrebbe spinto la politica estera russa in una direzione non di nostro gradimento”.

Una buona parte dei lettori e degli stenografi che compongono i media generalisti di oggi hanno solo una vaga conoscenza di George Kennan e della sua posizione inequivocabile contro l'espansione della NATO. I loro paraocchi sono semplicemente il prodotto di un quarto di secolo di pregiudizi, un processo mediante il quale ciò che una volta era impensabile diventa lo status quo incontrastato.

Il fatto è che una volta che l'Unione Sovietica con i suoi 50.000 carri armati, 40.000 testate nucleari, 5 milioni di uomini sotto le armi e un'economia spaventosamente militarizzata è finita nella pattumiera della storia, non c'era alcuno scopo per la perpetuazione della NATO.

In tal senso la politica di "contenimento" di Kennan aveva raggiunto il suo obiettivo. Il temibile nemico sul fianco orientale dell'Europa era letteralmente scomparso, il che significa che quello che era stato un espediente della Guerra Fredda poteva e doveva essere sciolto. Tra le macerie della smembrata Unione Sovietica non era rimasta alcuna minaccia e nulla da difendere o contenere.

La sepoltura della NATO non è avvenuta e per la ragione immensamente banale che Bill Clinton ha deciso di fare casino nelle posizioni politiche delle cosiddette "Nazioni prigioniere". E rispetto a questa questione a lungo dimenticata, il vostro editore qui ha avuto un posto in prima fila.

Quando andai a lavorare a Capitol Hill per un membro del Congresso repubblicano al culmine della Guerra Fredda nel 1970, il mio primo incarico fu redigere una risoluzione durante la Settimana delle nazioni prigioniere che chiedeva la liberazione di Polonia, Cecoslovacchia, Romania ecc. dal giogo della tirannia sovietica. Tali risoluzioni non avevano nulla a che fare con una linea di politica reale e utile, ovvero quella di lasciare indisturbato il Grande Orso Russo nella sua tana chiamata Patto di Varsavia, ma come questione di politica interna tali risoluzioni erano un invito a nozze per i collegi elettorali dell'Europa orientale negli Stati Uniti.

Dopo che l'Europa orientale fu liberata nel 1991, la dicitura Nazioni prigioniere divenne obsoleta ma l'amministrazione Clinton s'inventò un pratico sostituto a livello di pubbliche relazioni: l'adesione alla NATO per i desolati resti del Patto di Varsavia, un gesto apparentemente innocuo che non aveva altro scopo se non quello di esprimere solidarietà ai collegi elettorali dell'Europea orientale negli USA.

L'allargamento della NATO era il modo in cui i politici di Washington stavano dicendo: siamo ancora con voi!

Infatti, poiché non vi era alcuna ragione plausibile per mantenere un'alleanza di guerra contro un nemico che non esisteva, la NATO è diventata l'equivalente di una sala diplomatica della Legione americana; un luogo in cui i burocrati della Guerra Fredda si sarebbero scambiati storie di guerra e e avrebbero fatto finta di avere ancora qualcosa di utile da fare.

Sfortunatamente non è rimasta così innocua. Il complesso militare-industriale si è presto reso conto che aveva bisogno di un nemico tangibile per giustificare l'approvvigionamento di armi e nuovi sistemi difensivi, senza contare che anche le ex-Nazioni prigioniere costituivano un nuovo mercato per le sue merci.

Quindi le 14 nuove nazioni della NATO hanno formato una sorta di centro commerciale per ulteriori vendite di armi.

Tutto sarebbe potuto essere abbastanza innocuo, a parte due spiacevoli sviluppi. Il primo è stato la designazione della Russia e di Putin come nemico n°1 da parte dei neocon dopo che le loro avventure contro il "terrorismo" in Iraq, Afghanistan e altrove nel Medio Oriente sono andate male pochi anni dopo che il ricordo dell'11 settembre si era affievolito.

La demonizzazione di Putin è diventata particolarmente urgente alla fine del 2013, quando ha sventato il piano dei neocon in Siria. Convincendo Assad a rinunciare alle sue armi chimiche sotto la supervisione internazionale, la causa per la rimozione militare del presidente siriano è svanita rapidamente.

In breve tempo i neocon si sono vendicati fomentando un colpo di stato alle porte di Putin in Ucraina ed era guidato da proto-fascisti selezionati da Washington che detestavano tutto ciò che era russo, comprese le popolazioni e regioni dell'Ucraina che parlano russo.

Non serve un cappello di carta stagnola per riconoscere la cospirazione sulle rive del Potomac e che ha mandato in tilt la fragile politica dello stato artificiale dell'Ucraina, aprendo le porte poi alla catastrofe in corso lì al momento.

Il fatto è che la detestabile famiglia Kagan comprende l'alto clero del sinodo neocon che si è infiltrato nell'establishment della politica estera di entrambe le parti. E si dà il caso che il sommo sacerdote di questo deplorevole sinodo, Robert Kagan, sia sposato con Victoria Nuland, un burocrate e guerrafondaio che ha servito ogni amministrazione dai tempi di Bush junior, e che è stato l'archetipo del colpo di stato di Maidan nel febbraio 2014.

Da quel momento in poi Putin si è trasformato da semplice cattivo nell'incarnazione del male stesso. E le sue azioni razionali dopo il colpo di stato per reclamare le basi navali secolari di Mosca nella Crimea e per offrire soccorso alle popolazioni di lingua russa in pericolo del Donbass, hanno solo aggiunto benzina sul fuoco. La demonizzazione di Putin è diventata così estrema e disancorata dalla realtà che Washington è letteralmente ossessionata da un fantasma della vecchia Unione Sovietica: immagina un nemico feroce e potente sul “fronte orientale” che in realtà non esiste.

Il PIL è una misura della capacità latente di muovere guerra e quello della NATO è 26 volte più grande  di quello della Russia. Allo stesso modo i bilanci per la difesa sono una misura dell'attuale capacità militare e la spesa bellica della NATO è 15 volte maggiore. E questo è qui e ora.

Inoltre l'idea che Putin possa scavalcare i fossati dell'Oceano Atlantico e del Pacifico per invadere le coste americane è a dir poco assurda. Quante portaerei ha rispetto alle 20 americane? Una! E per giunta ha 38 anni!

In parole povere, l'assurdità della guerra per procura di Washington contro la Russia e l'incontro dei cosiddetti Nove di Bucarest è il prodotto di una bussola di politica estera ormai rotta da due decenni di miti e bugie che hanno solamente servito gli interessi dei politici in carriera a Washington e dei loro padroni del Deep State.

Ma torniamo al fatto che George Kennan aveva ragione 26 anni fa e alla verità che nulla è cambiato nel frattempo. In tal contesto cosa farebbe un presidente non rimbambito dalla falsa narrativa dell'ultimo quarto di secolo?

Ecco alcuni possibili punti:

• Organizzare l'esilio di Zelensky in Costa Rica (molto meglio di quanto meriti veramente);

• Accettare un accordo in Ucraina che divida il Paese e consenta ai territori dell'est e del sud, precedentemente noti come Novorossiya (Nuova Russia), di separarsi o ricongiungersi alla Madre Russia;

• Rimuovere i missili della NATO e altre capacità di guerra avanzata dai Paesi dell'ex-Patto di Varsavia, in modo da eliminare la minaccia militare alle porte della Russia;

• Organizzare il rapido smantellamento della NATO dopo che verrà cessata la guerra per procura in Ucraina;

• Riaprire e completare una versione aggiornata dei trattati sulle armi nucleari firmati verso la fine della Guerra Fredda, due dei quali sono stati abrogati da Washington e uno di recente da Mosca;

• Tagliare del 50% il budget per la difesa e guidare il mondo verso un nuovo trattato mondiale per ridurre drasticamente la portata e il costo delle armi convenzionali;

• Provare a ridurre i $2.000 miliardi di deficit annuali della nazione.

Sarebbe un inizio e riporterebbe l'America sulla strada verso una sicurezza nazionale razionale e consentirebbe un futuro mondiale non messo in pericolo dalla minaccia dell'armageddon nucleare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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