lunedì 15 novembre 2010

Ragionamento e proprietà di sé


Pregevole trattato di Hoppe che, attraverso ragionamenti deduttivi, espone le linee guida del pensiero libertario sulla proprietà privata. Il passaggio in questione è un'estratto dal suo libro The Economics and Ethics of Private Property.
La traduzione non è stata semplice poichè il trattato stesso risulta abbastanza ostico alla prima lettura, data la sua natura filosofica, e necessita di essere riletto più volte per essere compreso appieno. Per qualsiasi chiarimento, suggerimento o nota sul passaggio stesso, potete postare il tutto nei commenti sottostanti. Buona lettura.
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di Hans-Hermann Hoppe

Illustrerò questa teoria generale della proprietà come una serie di regole applicabili per tutti i beni, con lo scopo di aiutare ad evitare tutti i possibili conflitti attraverso principi identici e poi dimostrerò come questa teoria generale è implicata nel principio di non aggressione. Secondo questo principio, una persona può fare con il proprio corpo qualunque cosa voglia fintanto che non aggredisce il corpo di qualcun'altro. Così questa persona può anche fare uso di altri mezzi scarsi, proprio come si possa fare uso del proprio corpo, purchè queste altre cose non siano già state rivendicate da qualcun'altro ma siano ancora in uno stato naturale libero da qualsiasi proprietà.

Non appena le risorse scarse sono visibilmente appropriate — non appena qualcuno "mescola il proprio lavoro" con esse, come John Locke si espresse[1], e ci sono tracce oggettive di ciò — allora la proprietà (il diritto del controllo esclusivo), può solo essere acquisita da un trasferimento contrattuale dei titoli proprietari da un precedente ad un successivo possessore ed ogni tentativo di delimitare unilateralmente questo esclusivo controllo dei precedenti possessori o di qualsiasi trasformazione non richiesta delle caratteristiche fisiche dei mezzi scarsi in questione è, in rigida analogia con le aggressioni contro i corpi delle altre persone, un'azione ingiustificabile.[2]

La compatibilità di questo principio con quello di non aggressione può essere dimostrato attraverso un argomentum a contrario. Primo, dovrebbe essere notato che se nessuno avesse il diritto di acquisire e controllare nulla eccetto il suo stesso corpo (una regola che passerebbe il formale test dell'universalizzazione), allora tutti cesseremo di esistere ed il problema della giustificazione degli enunciati normativi semplicemente non esisterebbe. L'esistenza di questo problema è solo possibile perchè noi siamo vivi, e la nostra esistenza è legata al fatto che noi non accettiamo, difatti non possiamo, una norma che bandisca la proprietà di altri beni scarsi insieme a quella del corpo fisico. Da qui, il diritto di acquisire simili beni deve essere considerato come esistente.

Ora, se ciò è così e se qualcuno non ha il diritto di acquisire simili diritti di controllo esclusivo su cose date dalla natura ed inutilizzate attraverso il proprio lavoro (facendo qualcosa con cose con le quali nessun'altro ha mai provato a fare) e se altre persone hanno il diritto di disconoscere il possesso di qualcuno rivendicando cose su cui non avevano lavorato o messo in qualche particolare uso in precedenza, allora ciò è possibile solo se qualcuno può acquisire i titoli di proprietà non tramite il lavoro (per esempio, stabilendo qualche connessine oggettiva-intersoggettiva-controllabile tra una particolare persona ed una particolare risorsa), ma semplicemente attraverso una dichiarazione verbale, per decreto.[3]

Tuttavia la posizione dei titoli di proprietà acquisiti attraverso una dichiarazione è incompatibile con il sopracitato principio di non aggressione riguardo i corpi. A causa di una cosa, se qualcuno potesse di fatto appropriarsi della proprietà per decreto, ciò implicherebbe che sarebbe anche possibile per qualcuno dichiarare semplicemente il corpo di un'altra persona come di sua proprietà. In termini più chiari, ciò andrebbe in conflitto con la regola del principio di non aggressione, che fa una precisa distinzione tra il corpo di qualcuno e quello di un'altra persona.

Inoltre questa distinzione può solo essere fatta in un modo lampante e non ambiguo perchè per i corpi, come per nient'altro, la separazione tra "mio e tuo" non è basata sulle dichiarazioni verbali, ma sull'azione. L'osservazione è basata su una particolare risorsa scarsa che infatti — verificabile ed osservabile da tutti perchè gli indicatori oggettivi per questo esistono — è stata resa espressione e materializzazione della volontà di qualcuno oppure, come potrebbe essere il caso, della volontà di qualcun'altro.

Più importante, dire che la proprietà possa essere acquisita non attraverso l'azione ma attraverso una dichiarazione coinvolgerebbe un'ovvia e pratica contraddizione, perchè nessuno potrebbe dire e dichiarare ciò a meno che il suo diritto di controllo esclusivo sul suo corpo come suo strumento per dire qualsiasi cosa era infatti presupposto, nonostante ciò che è stato praticamente detto.

Come ho suggerito prima, questa difesa della proprietà privata è essenzialmente anche quella di Murray Rothbard. Nonostante la sua precedente fedeltà nella tradizione dei diritti naturali, Rothbard, in ciò che io considero il suo argomento principale nella difesa dell'etica della proprietà privata, non solo sceglie essenzialmente lo stesso punto di partenza — il ragionamento — ma da anche una giustificazione tramite un ragionamento a priori quasi identico a quello appena sviluppato. Per provare ciò non posso fare cosa migliore che citarlo:
"Ora qualsiasi persona che partecipa in ogni sorta di discussione, inclusa quella sui valori, è, in virtù della partecipazione, vivo ed affermante la vita. Poichè se fosse realmente l'opposto della vita, non avrebbe nessun diritto nel continuare ad essere vivo. Quindi il presunto opposto alla vita la sta realmente affermando nel processo della discussione e perciò la preservazione ed il proseguimento della vita di qualcuno acquista la levatura di un'incontestabile assioma".[4]

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Finora è stato dimostrato che il diritto dell'appropriazione originaria tramite le azioni è compatibile ed implica il principio di non aggressione come il necessario e logico presupposto del ragionamento. Indirettamente, ovviamente, è stato anche dimostrato che ogni regola che specifica diritti differenti non può essere giustificata. Prima di entrare in un'analisi più dettagliata sul perchè qualsiasi alternativa etica è indifendibile, osserviamo una discussione che getterebbe una luce addizionale sull'importanza di alcune delle condizioni sulla teoria della proprietà libertaria — alcuni commenti su ciò che è implicato e su ciò che non è implicato nel calssificare queste ultime norme.

Nell'affrontare questo argomento non si dovrebbe sostenere di aver ricavato un "dovrebbe" da un "è". Infatti ci si può puntualmente sottoscrivere alla visione quasi generalmente accetata che l'abisso tra "dovrebbe" ed "è" è logicamente incolmabile.[5] Piuttosto, classificare le regole della teoria libertaria della proprietà in questo modo è un problema puramente cognitivo. Non si segue più una classificazione dell'etica libertaria come "onesta" o "leale" per cui qualcuno debba agire seguendo questa, piuttosto si segue un concetto di validità o verità per cui qualcuno dovrebbe sempre lottare.

Dire ciò non preclude anche la possibilità alle persone di proporre o anche imporre regole che sono incompatibili con questo principio. In verità la situazione riguardo alle norme è molto simile a quella in altre discipline di ricerca scientifica. Il fatto, per esempio, che certe dichiarazioni empiriche sono giustificate o giustificabili ed altre non lo sono, non implica che ognuno difende solo le dichiarazioni oggettive e valide.

Al contrario le persone possono sbagliarsi, anche intenzionalmente. Ma la distinzione tra l'oggettivo ed il soggettivo, tra il vero ed il falso, non perde di nessuna importanza a causa di ciò. Invece le persone che farebbero così dovrebbero essere classificate sia come non informate o intenzionalmente bugiarde.

Il caso è simile riguardo alle norme. Ovviamente ci sono persone, parecchie di loro, che non propagano o impongono norme che possono essere classificate come valide secondo il significato di giustificazione che ho dato sopra. Tuttavia la distinzione tra le norme giustificabili e non giustificabili non si dissolve a causa di ciò, proprio come tra la dichiarazione oggettiva e soggettiva non si disintegra a causa dell'esistenza di persone non informate o bugiarde.

Piuttosto, e di conseguenza, quelle persone che propagherebbero ed imporrebbero norme differenti e non valide dovrebbero essere di nuovo classificate come disoneste o non informate, in quanto qualcuno ha reso loro chiaro che la loro proposta o imposizione di una norma alternativa non può e mai sarà giustificabile in un ragionamento.

Sarebbe più giustificato fare ciò in un caso morale rispetto ad uno empirico, dal momento che la validità del principio di non aggressione e del principio dell'appropriazione originale attraverso l'azione come suo corollario necessario e logico, deve essere considerata come anche più basilare rispetto a qualsiasi tipo di dichiarazione vera o valida. Poichè ciò che è valido o vero, deve essere definito come qualcosa al di sopra di cui chiunque — agendo secondo questo principio — possa possibilmente concordare. Come ho mostrato, almeno l'implicita accettazione di queste regole è il necessario pre-requisito per essere in grado di essere vivi e di argomentare.

Allora perchè le altre teorie non libertarie sulla proprietà falliscono nell'essere giustificate? Primo, dovrebbe essere notato, come diverrà chiaro tra breve, che tutte le alternative praticate al libertarismo e la maggior parte delle morali proposte teoricamente non libertarie non passerebbero nemmeno la prima universalizzazione formale e fallirebbero solo per questo fatto!

Tutte queste versioni contengono norme entro la loro struttura di regole legali che hanno la forma di: "alcune persone lo fanno ed alcune persone non lo fanno". Tuttavia tali regole che specificano differenti diritti od obblighi per diverse classi di persone, non hanno possibilità di essere accettate come imparziali da ogni potenziale partecipante in un'argomento per semplici ragioni formali.

A meno che la distinzione fatta tra le diverse classi di persone sia tale che è accetata da entrambe le parti come fondata nella natura delle cose, tali regole non sarebbero accetate perchè implicherebbero semplicemente che ad un gruppo fossero conferiti privilegi a spese di discriminazioni complementari verso l'altro gruppo. Alcune persone, sia quelle a cui è permesso fare qualcosa sia a quelle a cui non è permesso, non sarebbero in grado di concordare che queste fossero regole imparziali.[6]

Dal momento che la maggior parte delle proposte etiche alternative, praticate e predicate, devono basarsi sull'imposizione di regole come "alcune persone hanno l'obbligo di pagare le tasse ed altre hanno il diritto di consumarle" oppure "alcune persone sanno ciò che è bene per te ed è permesso loro di aiutarvi a prendere queste presunte benedizioni anche se non si vogliono, ma a voi non è permesso sapere ciò è bene per loro ed aiutarli di conseguenza", oppure "alcune persone hanno il diritto di determinare chi ha troppo di qualcosa e chi ha troppo poco, ed altre hanno l'obbligo di accettare ciò", oppure anche più chiaramente "l'industria informatica deve pagare per finanziare i contadini, gli impiegati per i disoccupati, quelli senza figli per quelli con i figli", oppure viceversa. Possono tutte essere scartate come reali candidate alla richiesta di essere valide teorie noramtive in quanto norme di proprietà, perchè tutte indicano dalla loro formulazione che non sono universalizzabili.

Che c'è di sbagliato in un'etica non libertaria se è risoluta e contiene di fatto una teoria formulata che include eslusivamente norme universalizzabili del tipo "a nessuno è permesso" oppure "tutti possono"? Anche così la validità di tali proposte non potrebbe avere nessuna speranza di essere provata — non a causa di ragioni formali, ma a causa delle loro caratteristiche materiali. Infatti, mentre le alternative che possono essere confutate facilmente in quanto la loro pretesa di validità morale su basi semplici e formali può essere almeno praticata, l'applicazione di quelle versioni più sofisticate che passerebbero il test dell'universalizzazione si dimostrerebbero un'errore fatale per ragioni materiali: anche se uno ci provasse, semplicemente non potrebbero essere attuate.

Ci sono due caratteristiche collegate alla teoria della proprietà libertaria, dove almeno una di queste entra in conflitto con ogni teoria alternativa. Secondo l'etica libertaria la prima di tali caratteristiche è che l'aggressione è definita come un'invasione dell'integrità fisica della proprietà delle altre persone.[7] Ci sono tentativi popolari per definirla come un'invasione dei valori o dell'integrità fisica della proprietà di altre persone. Il conservatorismo, per esempio, mira a preservare una distribuzione data di ricchezza e di valori, e tenta di mantenere sotto controllo quelle forze che possono cambiare lo status quo tramite il controllo dei prezzi, le regolamentazioni ed il controllo dei comportamenti. Chiaramente, in modo da fare ciò, i diritti di proprietà per il valore delle cose devono essere considerati giustificabili, ed un'invasione di valori, mutatis mutandis, dovrebbe essere classificata come un'ingiustificabile aggressione.

Non solo il conservatorismo usa quest'idea di proprietà ed aggressione; anche il socialismo redistributivo. I diritti di proprietà per i valori devono essere considerati legittimi quando il socialismo redistributivo mi permette, per esempio, di chiedere un risarcimento dalle persone le cui possibilità o opportunità hanno effetti negativi sulle mie. La stessa cosa è vera quando il risarcimento è richiesto per violenza "strutturale" o psicologica.[8] Per essere in grado di richiedere simile risarcimento, ciò che qualcuno deve aver fatto, cioè aver colpito le mie opportunità, la mia integrità psichica, o il mio sentimento di ciò che mi era dovuto, dovrebbe essere classificato come un'atto di aggressione.

Perchè quest'idea di proteggere il valore della proprietà è ingiustificabile? Primo, mentre ogni persona, almeno in linea di principio, può avere pieno controllo sul se o no le sue azioni causino il cambiamento delle caratteristiche fisiche di qualcosa e quindi può anche avere pieno controllo sul se o no queste azioni siano giustificabili, il controllo sul se o no le azioni di qualcuno possano avere effetti sul valore della proprietà di qualcun'altro non dipende dalla persona che agisce, ma piuttosto da altre persone e dalle loro valutazioni soggettive. Così nessuno può determinare in base ai cambiamenti previsti nell'economia se le sue azioni sarebbero qualificate come giustificabili oppure ingiustificabili.

Uno dovrebbe dapprima interrogare tutta la popolazione per assicurarsi che le azioni pianificate da qualcuno non cambierebbero le valutazioni di un'altra persona riguardo la sua stessa proprietà. Anche dopo nessuno potrebbe agire a meno che un'accordo universale sia raggiunto su chi si presume debba fare cosa con cosa, ed in che punto nel tempo.

Chiaramente, a causa di tutti i problemi pratici coinvolti ognuno sarebbe morto e nessuno potrebbe argomentare più, bè prima che un'accordo possa essere raggiunto.[9] Anche più decisamente, questa posizione riguardo la proprietà e l'aggressione non potrebbe nemmeno essere efficacemente argomentata perchè parlare in favore di qualsiasi norma implica che ci sia un conflitto sull'uso di alcune risorse scarse; altrimenti non ci sarebbe semplicemente nessuna necessità di discutere.

Tuttavia in modo da argomentare che c'è una via d'uscita da simili conflitti, deve essere presupposto che le azioni devono essere permesse prima di qualsiasi accordo o disaccordo perchè se non lo fossero non si potrebbe nemmeno argomentare così. Se si può fare ciò (e, in quanto esiste una posizione intellettuale argomentata, si deve assumere che la posizione sotto scrutinio è possibile), allora è solo possibile a causa dell'esistenza di limiti oggettivi di proprietà — limiti che chiunque può riconoscere da solo senza avere dapprima concordato con qualcun'altro riguardo il suo sistema di valori e valutazioni.

Anche tale etica che protegge i valori, nonostante ciò che dica, deve difatti presupporre l'esistenza di limiti di proprietà oggettivi piuttosto che limiti determinati da valutazioni soggettive, se solo vuole mantenere in vita ogni persona in modo che possa fare le sue proposte morali.

Anche l'idea di proteggere i valori invece che l'integrità fisica fallisce per una ragione secondaria collegata. Evidentemente i valori di qualcuno, per esempio sul mercato del lavoro o matrimoniale, possono essere, e difatti lo sono, influenzati dall'integrità fisica di altre persone o dal grado d'integrità fisica. Così se si volessero proteggere i valori della proprietà, si dovrebbe avere il permesso di aggredire fisicamente le altre persone.

Tuttavia è solo a causa del fatto che i limi di una persona — cioè i limiti della proprietà di una persona nel suo stesso corpo come suo dominio di controllo esclusivo, a cui non è permesso ad un'altra persona attraversarli a meno che egli non desideri divenire un'aggressore — sono limiti fisici (intersoggettivamente accertati, e non solo limiti soggettivi preferiti), che ognuno può concordare indipendentemente su qualsiasi cosa (ed accordo vuol dire accordo tra unità indipendenti che prendono decisioni!).

Solo perchè i limiti protetti della proprietà sono oggettivi (per esempio, stabiliti, riconoscibili e fissati precedentemente qualsiasi accordo convenzionale), ci può essere un ragionamento e possibilmente un'accordo tra unità indipendenti che prendono decisioni. Nessuno può discutere in favore di un sistema che definisce i limiti della proprietà in base a termini soggettivi e valutativi, semplicemente perchè per essere in grado di dire ciò si presuppone che, contrariamente a ciò che dice la teoria, si debba essere difatti un'unità fisicamente indipendente.

La situazione non è meno disperata per le proposte etiche alternative di quando ci si rivolge alla seconda caratteristica essenziale delle regole della teoria libertaria sulla proprietà. Le norme basilari del libertarismo sono caratterizzate non solo dal fatto che la proprietà e l'aggressione sono definite in termini fisici; non è di minore importanza che la proprietà sia definita come privata, proprietà personalizzata, e che il significato originale dell'appropriazione, il che implica chiaramente il fare una distinzione tra prima e dopo, sia stato specificato.

E' con questa caratteristica aggiuntiva che le etiche alternative e non libertarie entrano in conflitto. Invece di riconoscere l'importanza vitale della distinzione prima-dopo nella decisione tra conflitti nelle pretese di proprietà, vengono proposte norme che in effetti asseriscono che la priorità è irrilevante per prendere tale decisione e che coloro che sono venuti dopo hanno tanto diritto di possedimento quanto coloro che sono venuti per primi.

Chiaramente questa idea è coinvolta quando il socialismo reditsributivo fa pagare ai naturali possessori di ricchezza e/o ai loro eredi una tassa cosicché gli sfortunati successori possono partecipare alla sua consumazione. E' anche coinvolta quando il prorietario di una risorsa naturale è forzato a ridurne (o aumentarne) il suo sfruttamento nell'interesse dei posteri. Entrambe le volte ha solo senso fare ciò quando si presume che la persona che abbia accumulato ricchezza prima, oppure abbia usato la risorsa naturale prima, abbia di conseguenza commesso un'aggressione contro alcuni successori. Se non hanno fatto nulla di male, allora i successori non dovrebbero avere simili pretese contro di loro.[10]

Cosa non va con questa idea dello scaricare la distinzione prima-dopo come moralmente irrilevante? Primo, se i successori o coloro che verranno dopo (quelli che non hanno fatto qualcosa con i beni scarsi) hanno difatti tanti diritti per loro quanto i predecessori o coloro che sono venuti prima (quelli che hanno fatto qualcosa con i beni scarsi), allora a nessuno sarebbe permesso di fare niente con qualsiasi cosa, come se qualcuno dovesse avere tutti i consensi dei successori prima di fare ciò che egli vuole.

Difatti come i posteri includerebbero i figli dei figli di qualcuno — le persone che vengono così lontano nel tempo che qualcuno non possa dire niente a loro — a richiedere un sistema legale che non faccia uso della distinzione prima-dopo come parte della propria teoria della proprietà è semplicemente assurdo, perchè implica l'invocazione della morte ma deve presupporre la vita affinchè si possa chiedere qualcosa.

Né noi, né i nostri progenitori, né la nostra progenie potrebbe sopravvivere o sopravviverà e dirà o discuterà di qualsiasi cosa se si segue questa regola. Al fine di discutere di qualsiasi cosa per ogni persona — passata, presente, futura — deve essere possibile sopravvivere, ora. Nessuno può aspettare e sospendere l'azione finchè ognuno di una indeterminata classe di successori cambia opinione e concorda su cosa qualcuno voglia fare.

Piuttosto, pertanto che una persona si trovaa da sola, deve essere in grado di agire, usare, produrre e consumare beni subito, prima di qualsiasi accordo con persone che sono semplicemente non in giro (e forse mai lo saranno). Pertanto una persona che si trova in compagnia di altri e si trova in conflitto su come usare una risorsa scarsa data, deve essere abile a risolvere il problema in un punto definito nel tempo con un numero definito di persone, piuttosto che aspettare periodi di tempo non specificati con un numero non specificato di persone.

Per sopravvivere, quindi, il che è un prerequisito per discutere in favore o contro qualcosa, i diritti di proprietà non possono essere concepiti come infiniti e non specifici riguardo il numero di persone coinvolte. Piuttosto devono essere considerati come aventi origine attraverso azioni in definiti punti nel tempo per determinate azioni individuali.[11]

Inoltre l'idea di abbandonare la distinzione prima-dopo sarebbe semplicemente incompatibile con il principio di non aggressione come fondamento pratico del ragionamento. Discutere e possibilmente concordare con qualcuno (solo sul fatto che c'è disaccordo), vuol dire riconoscere per qualcuno il precedente diritto di controllo esclusivo sul proprio corpo. Altrimenti sarebbe impossibile per chiunque dire qualsiasi cosa in un definito punto nel tempo e per qualcun altro essere in grado di replicare, poichè né la prima né la seconda persona che parla non sarebbero più un'unità indipendente che prende decisioni.

Eliminare la distinzione prima-dopo, quindi, è equivalente ad eliminare la possibilità di disicutere e raggiungere un'accordo.

Tuttavia, se qualcuno non potrebbe discutere poichè non ci sarebbe possibilità di discussione senza che il precedente controllo di ogni persona sul proprio corpo venga riconosciuto ed accettato come giusto, un'etica successiva che non fa questa distinzione non potrebbe mai essere concordata da nessuno. Dicendo semplicemente che potrebbe esserlo implicherebbe una contraddizione, poichè se qualcuno fosse in grado di dire ciò si ipotizzerebbe l'esistenza di qualcuno per un'unità indipendente che prende decisioni in un definito punto nel tempo.

Da qui uno è forzato a concludere che l'etica libertaria non solo può essere giustificata e giustificata attraverso un ragionamento a priori, ma che nessuna etica alternativa può essere difesa dialetticamente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] John Locke, Two Treatises on Government, ed. Peter Laslett (Cambridge: Cambridge University Press, 1970), esp. vol. II, V.


[2] Sul principio di non aggressione ed il princio originale di appropriazione vedi anche Rothbard, For A New Liberty, cap. 2; idem, The Ethics of Liberty, cap. 6–8.


[3] Questa è la posizione di Jean-Jacuqes Rousseau quando ci chiede di resistere ai tentativi di appropriazione privata di risorse date dalla natura, per esempio, recintandole. Dice nel suo famoso detto: "Prestate attenzione nell'ascoltare questo impostore, siete rovinati se per una volta dimenticate che i frutti della terra appartengano a tutti noi e la terra stessa a nessuno" ("Discorso sull'Origine e la Base dell'Ineguaglianza nell'Umanità" nel The Social Contract and Discourses di Jean-Jacques Rousseau, ed. G.D.H. Cole [New York: 1950], p. 235). Tuttavia dire ciò è solo possibile se si presuppone che le pretese di proprietà possono essere giustificate per decreto. In che altro modo potrebbero "tutti" (anche coloro che non hanno fatto nulla con le risorse in questione) o "nessuno" (nemmeno coloro che ne hanno fatto uso) possedere qualcosa a meno che le pretese di proprietà fossero basate solamente su decreto?


[4] Rothbard, The Ethics of Liberty, p. 32; sul metodo del ragionamento a priori impiegato nel discorso di cui sopra vedi anche, idem, Individualism and the Philosophy of the Social Sciences (San Francisco: Cato Institute, 1979); Hans-Hermann Hoppe, Kritik der kausalwissenschaftlichen sozialforschung. Untersuchungen zur Grundlegung von Soziologie und Ökonomie (Opladen: Westdeutscher Verlag 1983); idem, "E' Possibile la Ricerca Basata sui Principi Causalità Scientifica nelle Scienze Sociali?" Ratio (1983); supra cap. 7; idem, A Theory of Socialism and Capitalism, chap. 6.


[5] Sul problema del derivare "dovrebbe" da "è" vedi W.D. Hudson, ed., The Is-Ought Question (London: Macmillan 1969).


[6] Vedi Rothbard, The Ethics of Liberty, p. 45.


[7] Sull'importanza della definizione di aggressione intesa come aggressione fisica vedi anche Rothbard, ibid., cap. 8–9; idem, "Legge, Diritti di Prorietà ed Inquinamento dell'Aria", Cato Journal (Spring, 1982). Scarica il PDF


[8] Sull'idea della violenza strutturale come distinzione della violenza fisica vedi Dieter Senghass, ed., Imperialismus und strukturelle Gewalt (Frankfurt/M.: Suhrkamp, 1972). L'idea di definire l'aggressione come un'invasione di valori sottolinea anche entrambe le teorie di giustizia di John Rawls e Robert Nozick, nonostante possa essere apparsa in modo differente ad altri commentatori. Come Rawls potrebbe pensare al suo cosidetto principio della differenza ("Ineguaglianze sociali ed economiche devono essere concordate cosicché possano essere ragionevolmente considerate a vantaggio o beneficio di tutti — inclusi i più svantaggiati", John Rawls, A Theory of Justice [Cambridge, Mass.: Harvard University Press 1971], pp. 60–83, 75ff.) come giustificato, a meno che egli creda che semplicemente aumentando la ricchezza di un suo parente una persona più fortunata commeta un'aggressione ed una meno fortunata abbia poi una valida pretesa contro la più fortunata solo perchè la posizione precedente del parente è stata danneggiata in termini di valori?! E come può Robert Nozick considerarlo giustificato per una "agenzia di protezione dominante" che rende fuorilegge i concorrenti, a prescindere da cosa le loro azioni abbiano creato? (Robert Nozick, Anarchy, State, and Utopia [New York: Basic Books, 1974], pp. 55f.) Oppure come potrebbe credere che sia moralmente corretto bandire scambi cosidetti non produttivi, per esempio, scambi dove una parte starebbe meglio se l'altra non esistesse per niente o almeno non vi avesse nulla a che fare (come, per esempio, nel caso di un ricattato ed un ricattatore), a prescindere se o no tale scambio coinvolgeva un'invasione fisica di qualsiasi tipo (ibid., pp. 83–86) a meno che egli pensava che esistesse il diritto di avere l'integrità dei valori di qualcuno (piuttosto che la sua integrità fisica) preservata? Per una devastante critica della teoria di Nozick nel particolare vedi Rothbard, The Ethics of Liberty, cap. 29; sul fallace uso dell'analisi della curva d'indifferenza, impiegata sia da Rawls che da Nozick, idem, Toward a Reconstruction of Utility and Welfare Economics (New York: Center for Libertarian Studies, Occasional Paper Series, No. 3, 1977).


[9] Vedi anche Rothbard, The Ethics of Liberty, p. 46.


[10] Per un maldestro tentativo filosofico di giustificare l'etica di qualcuno che viene dopo vedi James P. Sterba, The Demands of Justice (Notre Dame, Ind.: Notre Dame University Press, 1980), esp. pp. 58ff., 137ff.; sull'assurdità di tale etica vedi Rothbard, Man, Economy, and State, p. 427.


[11] Dovrebbe esse notato qui che solo se i diritti di proprietà sono concettualizzati come diritti di proprietà privata originati nel tempo, diviene quindi possibile fare contratti. Abbastanza chiaramente i contratti sono accordi tra unità numerabili fisicamente indipendenti che sono basati sul riconoscimento reciproco delle richieste di ognuna delle parti per cose acquisite in precedenza l'accordo stesso e che poi riguarda il trasferimento dei titoli della proprietà per definire le cose da un possessore precedente ad uno successivo. Niente di ciò potrebbe plausibilmente esistere nel modello di un'etica del successore!


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