venerdì 16 novembre 2018

Il ciclo del credito è ad un punto di svolta





di Alasdair Macleod


Siamo sul punto di entrare in un'era di tassi d'interesse alti, quindi i mercati si comporteranno in modo diverso rispetto ai primi anni '80. Ci sono somiglianze con l'era post-Bretton Woods degli anni '70 affinché possiamo ricavare una qualche indicazione su come i mercati possano evolvere nel futuro prossimo.


Il grafico qui sopra dice molto. A metà ottobre il rendimento del decennale USA ha aperto nuovi orizzonti per questo ciclo del credito. L'evoluzione delle principali medie mobili nella sequenza rialzista (poiché rendimenti più elevati significano prezzi delle obbligazioni nettamente inferiori) è un esempio da manuale. Lo slancio sottostante sembra così potente che un rapido aumento fino al 3.5% e oltre sembra essere una certezza. Il ciclo del credito, passando da un periodo di finanziamenti a tassi ridicoli a maggiori costi per suddetti, è chiaramente ad un punto di svolta.

Nel mondo della moneta fiat, tutto prende la sua valutazione dai titoli del Tesoro USA. Per le azioni è teoricamente il bond a lungo termine, il quale sta correndo verso rendimenti più elevati. Dopo aver ignorato questo fatto, l'indice S & P500 di recente ha raggiunto nuovi massimi. È stata una cavalcata fantastica per titoli azionari che sembra sempre più certo sperimenteranno un brusco risveglio. È probabile che l'attuale rallentamento dei corsi azionari sia l'inizio di una nuova tendenza al ribasso in tutti gli asset finanziari.

Ad un certo punto, e questo è il motivo per cui il break-out dei rendimenti obbligazionari è importante, ci troveremo ad affrontare uno shock nelle valutazioni che indebolirà la relazione tra asset e debito. Questo è sempre stato un evento periodico, con le banche centrali che hanno intrapreso qualsiasi azione necessaria per salvare le grandi banche commerciali. Quando arriva la crisi, abbassano i tassi d'interesse per sostenere le valutazioni degli asset, sostenendo i mercati dei titoli di stato e in ultima analisi le azioni. Tutto ciò ha lo scopo di salvare le banche, consentire ai governi di finanziare i loro deficit ed incoraggiare la ripresa stimolando l'espansione del credito bancario, cosa che l'ultima volta è stata sostenuta dal quantitative easing. I salvataggi delle banche centrali sono riusciti ogni volta fino a questo momento, anche perché tutti noi vogliamo che funzionino.

È sensazione diffusa che una nuova crisi non specificata sia in agguato sulla scia degli ultimi segnali di instabilità finanziaria o debolezza economica. Che si tratti dell'Italia, del debito della Cina, del rallentamento della crescita dell'offerta di moneta, o di un appiattimento della curva dei rendimenti, sono stati tutti identificati come fattori scatenanti. Anche se fino a sei mesi fa i pessimisti sembravano convinti che l'economia americana fosse in stallo, quando invece s'è dimostrata robusta.

In generale, le banche centrali sono abili nel disinnescare i singoli problemi, ma c'è una difficoltà che le banche centrali non riescono a gestire: il ciclo del credito che esse stesse creano attraverso le loro precedenti azioni inflazionistiche.

È stato scritto abbastanza su questo argomento grazie alla teoria Austriaca del ciclo economico (che per ragioni di precisione dovrebbe essere ribattezzata teoria del ciclo del credito). Invece i banchieri centrali sono keynesiani e ritengono che le strutture di capitale siano fisse e che le interazioni tra i tassi d'interesse e l'allocazione del capitale possano essere tranquillamente ignorate.

La prova di questo errore si riscontra nel ciclo del credito descritto dalla Scuola Austriaca, il quale una volta avviato è impossibile da controllare. Porta inesorabilmente ad un boom temporaneo seguito da una crisi del credito. Come ho concluso in un articolo pubblicato in precedenza: "Saremo fortunati se la prossima crisi del credito, tenendo conto di tutto ciò, non arriverà prima della fine dell'anno".

Continuo ad attenermi a questa scala temporale. Questo articolo aggiorna quello sopraccitato ed è una tesi su come evolverà probabilmente la fase di crisi del ciclo del credito. Prenderemo in considerazione tutto ciò dall'inizio dell'ampio mercato ribassista negli asset finanziari, il quale conduce a perturbazioni economiche. Si confronta bene con la situazione di fondo delle finanze globali degli anni '70, iniziata con una crisi del dollaro e finita con la morte del sistema di Bretton Woods nel 1971. I prezzi delle materie prime, in particolare il petrolio, sono aumentati vertiginosamente, il che sembra riaccadere ancora oggi. È importante sottolineare che allora si era concluso il contesto favorevole dei tassi d'interesse della metà degli anni '60, sostituito da tassi d'interesse ufficiali a due cifre ed una crescente perdita di fiducia nelle valute fiat scoperte

Ci sono abbastanza allitterazioni e rime tra allora e ora per formare la base di una tesi su ciò che ci aspetta.



L'era dei tassi d'interesse bassi è finita

Dall'inizio di questo secolo ci sono state due crisi creditizie, 2001/02 e 2008/09. Si sono verificate in un contesto di tassi decrescenti a lungo termine. Il totale mondiale tra debito statale, non finanziario e dei consumatori è aumentato da $64,000 miliardi nel 2000 a $105,000 miliardi nel 2008. Oggi è probabilmente circa $186,000 miliardi, esclusi il debito del settore finanziario e del sistema bancario ombra.[1] Il tasso di crescita del debito non finanziario è simile alla crescita del PIL nominale globale, cosa che riflette semplicemente la crescita dell'offerta di moneta applicata all'economia non finanziaria. E con il calo dei tassi d'interesse a lungo termine, si è espanso notevolmente.

La relazione costante tra debito e PIL ci dice che l'altezza della montagna del debito è come ci si potrebbe aspettare in questa situazione inflazionistica. Pertanto non è la dimensione complessiva del debito che scatenerà la crisi, né il costo del suo servizio è il problema immediato, perché gran parte di esso è costituito da interessi fissi con un po' di tempo prima che scadano, ed un mutuatario saggio avrebbe utilizzato tassi d'interesse bassi o addirittura a zero per rifinanziarsi in scadenze più lunghe.

Per il settore commerciale le questioni più importanti sono di gran lunga il costo marginale del capitale circolante e le ipotesi sui tassi d'interesse a sostegno dei piani aziendali. Anche se una società ha una liquidità netta, fisserà un limite di rendimento per un ritorno sul suo capitale. Questi calcoli vengono ora rivisti in base a tassi d'interesse più elevati, rendendo gli investimenti precedenti meno redditizi. Per il momento un'azienda potrebbe decidere di stare più calma piuttosto che inficiare gli impegni precedenti. Ma anche i prezzi, quell'importante fattore di input per la produzione, stanno aumentando, distruggendo progressivamente i suddetti margini.

Poiché i tassi d'interesse ed i rendimenti obbligazionari aumenteranno ulteriormente ed i mercati azionari scenderanno, le imprese che vedono indebolirsi le precedenti ipotesi di profitto sono costrette a rivedere nuovamente i loro piani aziendali. Le banche percepiranno l'oscillazione dell'umore e, a loro volta, diventeranno prudenti nel mercato dei prestiti. Le banche centrali nelle loro indagini scopriranno che l'atmosfera aziendale si sta deteriorando, ma si troveranno di fronte ad un dilemma: l'inflazione dei prezzi sta aumentando ad un ritmo accelerato e se ciò avrà ripercussioni troppo presto si peggiorerà la situazione generale. Commetteranno lo stesso errore che la FED ha commesso nel 1927? Quell'anno l'economia sembrava entrare in una leggera recessione, e la FED abbassò i tassi d'interesse per sostenere una rapida crescita. Poi il mercato azionario si surriscaldò e andò in crash nel 1929.

La tentazione per le banche centrali di aspettare e vedere deve essere forte. Non ci sono dubbi che in questo ciclo i rendimenti dei titoli statunitensi stanno segnalando una significativa accelerazione del mercato obbligazionario. È una caratteristica dei principali mercati obbligazionari: il sentimento di inadempienza iniziale, in base al quale gli investitori accettano quanto viene detto dalle banche centrali e dalle agenzie governative, viene sostituito da un crescente scetticismo. E se c'è un problema sottovalutato che potrebbe indurre gli investitori a ripensarci, è la condizione reale dell'economia. Fondamentale è il deflatore dei prezzi, utilizzato per aggiustare il PIL nominale, i salari e le pensioni all'inflazione dei prezzi. Diventando scettici, gli investitori obbligazionari non saranno più soddisfatti dei rendimenti che riflettono un ritorno reale basso o addirittura negativo. Invece cominceranno ad aspettarsi un risarcimento per la perdita del potere d'acquisto del loro capitale, e faranno le loro valutazioni in merito.

Questo è il motivo per cui i rendimenti sui bond del Tesoro USA stanno aumentando e sembrano destinati ad aumentare ulteriormente. E questo è il punto cruciale: gli Stati Uniti hanno tassi d'interesse bassi, ma non più un'economia con tassi d'interesse bassi. Con l'accelerazione dell'aumento dei prezzi di beni e servizi, sospinto dai persistenti deficit fiscali e dagli stimoli monetari, è probabile che gli investitori mettano in discussione i dati ufficiali sull'inflazione, attualmente considerati corretti.

I dati grezzi consistenti in un paniere di beni fissi come misura di un tenore di vita costante, differiscono sostanzialmente dall'IPC. Quest'ultimo è diventato un indice basato su un paniere di beni e servizi che cambia continuamente, riflettendo la sostituzione, la diminuzione della qualità e l'edonica. Questo è il motivo per cui l'IPC sottovaluta in modo significativo il tasso d'inflazione dei prezzi, mentre un indice di vita standard e costante mostra già un'inflazione annualizzata dei prezzi più vicina al 10%, un'approssimazione che si è protratta per diversi anni.

Se il sentimento degli investitori si trasforma in questa realtà, l'era dei tassi d'interesse super bassi che tutti diamo per scontata sarà finita. Questo è un pericolo molto reale. Sarà sostituito da tassi e rendimenti obbligazionari che sembravano appropriati oltre quarant'anni fa. Durante la fine degli anni '60 e '70 i tassi d'interesse iniziarono ad aumentare man mano che gli squilibri valutari si normalizzarono, con il conseguente abbandono dell'accordo di Bretton Woods del dopoguerra. Oggi le valute non hanno nemmeno la foglia di fico rappresentata dall'oro, ma gli squilibri valutari sono una caratteristica comune.



I fattori che possono scatenare una crisi del credito

Finora abbiamo riassunto la teoria dietro lo sviluppo di un importante mercato ribassista piuttosto che di una crisi del credito. Invece di una crisi del credito immediata e sistemica, un mercato ribassista degli asset finanziari potrebbe progredire considerevolmente prima che si sviluppi una crisi sistemica. In tal caso, ci si può aspettare che l'inflazione dei prezzi, eredità degli ultimi dieci anni di politica monetaria eccessivamente allentata, cresca verso il 15% in termini di panieri fissi. I tentativi di manipolare il paniere in continua evoluzione dell'IPC saranno quindi accolti con lo stesso scetticismo che oggi viene riservato a quello argentino ed a quello venezuelano, e l'IPC sarà sempre più considerato come una copertura dell'inflazione dei prezzi.

In questo nuovo contesto di mercato guidato da un crescente scetticismo, le banche centrali non riusciranno a rialzare i tassi d'interesse tanto da tenere il passo con la spinta del mercato verso l'aumento delle preferenze temporali che deriva da un aumento dell'inflazione dei prezzi. [La preferenza temporale è la valutazione di mercato tra il possesso futuro rispetto al possesso presente.] Le aste di debito statale sfoggeranno tassi progressivamente superiori alle attese.

I commentatori del mercato sono monetaristi, i quali ritengono che l'economia dipende sempre più dall'inflazione monetaria e creditizia. Questo è ciò che è accaduto nel Regno Unito tra il maggio 1972 e la fine del dicembre 1974, quando l'indice azionario FT-30 perse il 75% del suo valore ed i rendimenti dei Gilt a lunga scadenza erano saliti dal 9% al 16.3%. L'inflazione dei prezzi al dettaglio era passata dal 2.5% nel 1967 al 24% nel 1975.

Nel novembre 1973 il Regno Unito soffrì per una crisi delle proprietà commerciali ed una crisi bancaria. Le società immobiliari quotate in borsa, precedentemente considerate come coperture d'investimento contro l'aumento dell'inflazione dei prezzi, crollarono improvvisamente dopo che la Banca d'Inghilterra fu costretta a rialzare il tasso di riferimento per vendere il debito pubblico. L'ultima goccia fu una crisi petrolifera in seguito alla guerra dello Yom Kippur. Diciotto mesi dopo che le azioni avevano raggiunto il picco, si materializzò all'improvviso una crisi sistemica. Mentre una nuova crisi del credito si sta già sviluppando oggi, sulla base di questo precedente esempio non possiamo escludere la possibilità che una crisi sistemica venga posticipata fino a quando il mercato orso e l'aumento dei tassi d'interesse non saranno progrediti da un po' di tempo.

Tuttavia, affinché la crisi sistemica venga posticipata, è necessario che sia posticipato anche un deterioramento del sentiment aziendale sulla scia di tassi d'interesse più elevati. Questo sembra meno probabile oggi, dato l'accento posto dalle banche centrali sull'effetto ricchezza dei tassi d'interesse soppressi. Inoltre il debito dei consumatori non esisteva nel Regno Unito del 1972 e il finanziamento ipotecario era razionato. Oggi è probabile che tassi d'interesse più alti abbiano un impatto più immediato sul comportamento dei consumatori.

Anche senza una crisi sistemica iniziale innescata dall'aumento dei rendimenti obbligazionari, possiamo concludere che un mercato ribassista negli asset finanziari rischia di indebolire inizialmente le aziende che vendono prodotti ai consumatori e di peggiorare molto rapidamente. Ne seguirà sicuramente una crisi incentrata sul valore decrescente delle garanzie detenute nelle banche e un aumento dei prestiti totali.

Prendiamo adesso in considerazione il principale rischio sistemico che potrebbe trasformare un mercato orso in un crash più immediato.



L'UE è desincronizzata

La politica monetaria della BCE ha fatto scomparire il costo del finanziamento per i governi dell'Eurozona, con tassi d'interesse negativi sui depositi.

La BCE sta ancora gonfiando la massa monetaria attraverso il suo programma di acquisti obbligazionari, anche se dovrebbe cessare a dicembre. Gli acquisti di asset, per un totale di oltre €2,500 miliardi, hanno tenuto sotto controllo i rendimenti dei titoli di stato ed il finanziamento del deficit pubblico per gli stati mediterranei. È importante sottolineare che il rendimento del bond tedesco a 2 anni è ancora -0.56% ede il rendimento del titolo decennale tedesco è solo dello 0.54%.

I differenziali di rendimento, con EUR LIBOR a 3 mesi a -0.36%, stanno guidando un carry trade in base al quale le banche e gli hedge fund aumentano i prestiti in euro per acquistare buoni del Tesoro USA, attualmente con un rendimento del 2.2%. È probabilmente il trade più redditizio nei mercati finanziari, che con un rapporto di leva del 10X dà un rendimento annualizzato del capitale superiore al 25%, senza alcun rischio di prezzo. Esiste un rischio nelle valute, ma con la BCE riluttante ad aumentare i tassi, vi è stato anche un profitto sul Forex.

Questo trade ha spinto l'euro in basso rispetto al dollaro. Ciò è avvenuto perché la BCE sta chiudendo un occhio sull'economia dell'Eurozona, mentre manipola i mercati obbligazionari per favorire il finanziamento dei governi europei attraverso il debito pubblico. Non c'è dubbio che la BCE sarà presto costretta a cambiare marcia, permettendo ai tassi d'interesse in euro di salire a livelli più normali e determinati dai mercati.

L'eventuale normalizzazione dei tassi d'interesse è stata anticipata dalla BCE. Uno degli scopi dei suoi programmi di acquisto di asset è stato quello di offrire alle grandi banche commerciali l'opportunità di ridurre la loro esposizione al debito pubblico. Ciò è avvenuto in una certa misura, ma i pericoli di una spiralizzazione distruttiva e di rendimenti obbligazionari crescenti che spazzano via il capitale di base delle banche, sono ancora molto maggiori di quanto non fossero al momento della crisi bancaria dell'Eurozona del 2011. Ciò alimenta le attuali preoccupazioni secondo cui un aumento dei rendimenti dei titoli italiani può destabilizzare le banche italiane e altre istituzioni finanziarie ad esse collegate.

Se la BCE accetterà la realtà che la politica monetaria dovrà normalizzarsi rapidamente, dovrà trovare un modo per proteggere le banche fortemente esposte all'aumento dei rendimenti del debito pubblico, abbandonando il suo sostegno ai governi spendaccioni. In un contesto di tassi d'interesse bassi apparentemente perpetui, la BCE ha dimostrato inventiva nel voler raggiungere tale obiettivo. Ma è una sfida molto più difficile da vincere quando le tendenze dei tassi d'interesse sono in rialzo.

Maggiore è il ritardo, maggiore è il problema; ma è probabile che la BCE segua un approccio attendista, tollerando un tasso di cambio più basso per l'euro. Man mano che i mercati globali si allontaneranno dall'attuale contesto di tassi d'interesse bassi, questa posizione diventerà rapidamente insostenibile. Nel migliore dei casi, sembrerà che la BCE possa solo ritardare di pochi mesi una crisi bancaria sistemica nell'Eurozona.



Rischi nelle valute

Finora abbiamo affrontato lo sviluppo teorico di un mercato orso globale alimentato dalla fine dei tassi d'interesse bassi e dalle relative conseguenze. Abbiamo esaminato le divergenze nei tassi d'interesse tra i mercati obbligazionari dell'Eurozona e degli Stati Uniti, le quali hanno portato ad uno sbalzo speculativo in dollari. Ci si può aspettare che tutte le valute fiat cadano vittima dei rendimenti obbligazionari in salita, e sulla scia di ciò un cambiamento fondamentale nel sentimento degli investitori. All'interno di queste difficoltà generali, ci sono inevitabili cambiamenti radicali nei rapporti di prezzo tra le maggiori valute fiat.

Un retaggio della crisi della Lehman è l'espansione monetaria senza precedenti all'interno del sistema finanziario globale. Questo fatto sta portando a flussi destabilizzanti, in particolare nel carry trade tra l'euro e il dollaro come descritto in precedenza. Allo stesso tempo, sono aumentati i flussi degli investimenti in asset in dollari, con il portafoglio estero di asset statunitensi raddoppiato a $18,412 miliardi tra il 2009 ed il giugno 2017. I saldi di cassa di proprietà straniera sono aumentati a $4,217 miliardi, per un totale di $22,629 miliardi. Questa cifra è significativamente superiore al PIL USA.

A partire dal giugno 2017 è probabile che queste cifre siano state ulteriormente, gonfiate da entità non statunitensi che sfruttano i differenziali dei tassi d'interesse, nonché dall'aumento dei valori azionari. Inoltre anche le banche e gli hedge fund statunitensi hanno creato la domanda di dollari attraverso il carry trade, il quale alla fine sarà interamente liquidato. Gli investitori giapponesi hanno acquistato dollari per acquistare azioni, con $500 miliardi a giugno 2017, e, data la salita dell'indice S&P500, sono certi di possedere di più oggi. Saranno probabilmente i primi venditori di azioni e dollari statunitensi, fenomeno già evidenziato dal rafforzamento dello yen nei confronti del dollaro negli ultimi giorni.

Pertanto possiamo aspettarci che lo yen si rafforzi ulteriormente, mentre l'euro calerà. Dato l'elevato livello di ponderazione attribuito all'euro, il TWI del dollaro dovrebbe aumentare leggermente, nonostante il rafforzamento dello yen. Il grafico qui sotto illustra la posizione corrente.




Cina

C'è un punto interrogativo sulle azioni finanziarie della Cina: userà l'attuale rally del dollaro per scaricare alcune delle sue riserve in dollari? Sarebbe certamente in linea con la sua politica di deprezzamento, e dato che gli americani sono aggressivi sul fronte dazi, potrebbe essere una risposta adeguata. Ma ha già venduto dollari per comprare yuan e di conseguenza ha prosciugato la liquidità di yuan dai mercati offshore. Questo è un passo indietro per la Cina, perché la liquidità è necessaria affinché lo yuan possa essere ampiamente accettato come mezzo di scambio negli accordi commerciali internazionali.

La Cina si ritrova con troppi dollari ed una grossa quantità di titoli del Tesoro USA senza mercato. La maggior parte della sua posizione può essere utilizzata solo a fini strategici, e finora è stata riluttante ad agire in questo modo. Invece la Cina si è accontentata di rimanere sulla difensiva, contenta di sapere che alla fine di questa storia vincerà. Ma col presidente Trump l'America ha intensificato la guerra commerciale, spostandosi sempre più lontano da un compromesso e senza mostrare alcun segno di voler trovare un accordo. Gli ottimisti sperano ancora che quest'aggressione cambierà dopo le elezioni di medio termine all'inizio di novembre, ma l'amministrazione Trump crede alla propria retorica.

Il problema per la Cina è che la sua politica estera è sempre più in contrasto con i suoi obiettivi interni. Vuole darsi una mossa e ciò comporta l'indirizzamento delle risorse per lo sviluppo delle infrastrutture non solo in Cina, ma negli altri Paesi lungo le due vie della seta. Sta inoltre costruendo relazioni commerciali e cooperative con l'Africa, il Medio Oriente e l'America Latina. In breve, vuole fare le scarpe all'America come potenza economica globale dominante.

Gli acquisti previsti di materiali industriali da parte della Cina nei prossimi anni non hanno precedenti e nel medio termine sono destinati a far salire i prezzi delle materie prime e dell'energia. Il boom dei prezzi delle materie prime, che ha avuto un effetto così significativo negli anni '70, è destinato a ripetersi negli anni a venire.

La Cina non può permettersi di aspettare troppo a lungo nel suo piano di sviluppo programmato. Sotto queste pressioni, il cambiamento delle sorti dell'America, con l'aumentare dei tassi d'interesse e l'arrivo di un mercato orso nel mondo finanziario, può solo portare ad una rivalutazione della politica cinese nei confronti dell'America e del dollaro. Una cosa sembra certa, e cioè avrà fine la riapplicazione delle eccedenze di dollari per finanziare il deficit del governo degli Stati Uniti, mettendo ulteriori pressioni sulle finanze dell'America e forse sul dollaro stesso.

Il dollaro uscirà sicuramente indebolito dal suo ruolo sempre minore nel commercio internazionale. Finora i commentatori economici l'hanno liquidato come un fattore insignificante, prevedendo che si tratti di uno sviluppo solo a lunghissimo termine. Ma mentre l'ambiente dei tassi d'interesse cambierà e il governo degli Stati Uniti si troverà ad affrontare difficoltà di finanziamento, il calo del potere d'acquisto del dollaro accelererà. Ci saranno troppi dollari per il loro uso.

La Cina ha già posto le basi per un cambiamento radicale nelle prospettive del dollaro. Dal 1983 la Cina compra oro in quantità abnormi e dal 2002 ha permesso ed incoraggiato anche i suoi cittadini a farlo. La Cina potrebbe ora abbandonare il dollaro e lasciare che il prezzo dell'oro aumenti, compensando le perdite nell'export verso l'America con l'aumento della ricchezza personale dei suoi cittadini.

La Russia, l'altro avversario della guerra fredda odierna, ha fatto passi significativi per proteggersi da una crisi del dollaro, avendo venduto quasi tutti i suoi bond del Tesoro USA e acquistato riserve auree con il ricavato.

In breve, non dovremmo lasciarci ingannarei dalle guerre commerciali e dalla narrativa generalista occidentale secondo cui la Cina è una bolla in procinto di esplodere. Se gli americani si rifiutano di cercare un accordo lavorativo ragionevole con i cinesi, questi ultimi hanno sia i mezzi sia un incentivo ad indebolire il dollaro.



Commodity e oro

L'aggressività dell'America con i dazi e l'effetto sullo yuan stanno indubbiamente mettendo alla prova la pazienza della Cina, ma non ancora da provocare una reazione netta. L'obiettivo della Cina è quello di modernizzare e migliorare la propria infrastruttura e quella dell'intero continente asiatico.

Come abbiamo già notato, la Cina deve acquisire notevoli quantità di materie prime e pagarle in dollari, anche se potrebbero essere pagate in yuan. Quindi è sempre più nel suo interesse vedere lo yuan salire rispetto al dollaro, un risultato che può gestire. Ciò significa prezzi delle materie prime ancora in aumento in termini di dollari, sommati ai quali i dazi di Trump aumenteranno il tasso d'inflazione interna degli Stati Uniti. Pertanto, quando il dollaro perderà il sostegno del carry trade di oggi, l'economia americana rischierà un'accelerazione dell'inflazione dei prezzi, aggravata da una caduta della sua valuta e dall'aumento dei prezzi delle materie prime.

Anche i prezzi del petrolio stanno aumentando, essendo quasi triplicati sin dal 2016. Non siamo ancora in inverno nell'emisfero settentrionale e la domanda sembra destinata ad aumentare. Gli aumenti dei prezzi del petrolio sono stati anche una forza dominante negli anni '70. La lezione di quell'epoca è che gli stati attraverso i loro sistemi bancari hanno tentato di compensare gli effetti dei più alti prezzi dell'energia espandendo la massa monetaria. È difficile sostenere che sarà diverso questa volta. In momenti come questi, l'oro si comporta bene. Se esiste un'ampia stabilità dei prezzi, tende ad essere nel rapporto tra oro e prezzi delle materie prime.

C'è un mito comune secondo cui i tassi d'interesse più alti fanno male all'oro, perché l'aumento dei pagamenti degli interessi sui depositi bancari è visto come un costo d'opportunità crescente per gli investitori in oro. L'errore è considerare l'oro come un investimento, quando è in realtà denaro. In quanto tale, l'oro fisico si deve mettere a confronto col denaro fisico. In ogni caso, con l'oro si può guadagnare interesse se lo si presta, come dimostrato dai tassi di leasing dell'oro nei mercati dei capitali.

Gli anni settanta hanno anche fornito indiscutibili prove del fatto che i prezzi dell'oro sono indipendenti dai tassi d'interesse. Il prezzo in dollari dell'oro alla fine degli anni '60 era ancorato a $35 l'oncia e il tasso dei Fed Funds era al 5%. All'inizio del 1980 l'oro aveva raggiunto il picco a $850 e il FFR era aumentato al 19%. L'evidenza è chiara: le variazioni dei tassi d'interesse non sono correlate alle variazioni del prezzo dell'oro.

La chiave per capire il prezzo dell'oro è comprendere che l'oro è denaro e la sua desiderabilità rispetto ai dollari fiat è decisa da persone e imprese che li valutano.

In fondo, gli stati lo sanno ed è per questo che detengono riserve e cercano di manipolare sia il prezzo che l'opinione pubblica. È per questo che l'oro è diventato un campo di battaglia nella geopolitica tra America e Asia. Ma man mano che i mercati scoprono gli effetti distruttivi dell'aumento dei tassi d'interesse sulle principali economie ed i rischi sistemici che li accompagnano, il prezzo dell'oro misurato in denaro fiat è destinato a salire. Questo è il risultato che i media generalisti riferiranno, quando invece è più preciso dire che è il potere d'acquisto delle valute fiat che scende, misurato in oro.

Per la persona comune la soluzione oggi sembra essere la stessa di oltre quarant'anni fa. Al suo meglio, è aumentato oltre ventiquattro volte. Ammettendo le rime della storia piuttosto che le ripetizioni, la migliore conservazione del capitale è probabilmente solo una forma di denaro: l'oro fisico.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] McKinsey Global Institute Briefing Note: September 2018. La cifra attuale è una stima dell'Institute of International Finance per il primo trimestre 2018. L'IIF stima anche che il debito del settore finanziario è a $61,000 miliardi.

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1 commento:

  1. Lungo, composito, complesso, articolato: va letto più volte, ma ne vale la pena.

    R.G.

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