mercoledì 9 gennaio 2019

Il fallimento del quantitative easing della BCE





di Daniel Lacalle


Il motivo principale per cui il quantitative easing della BCE è fallito? Essere partito da una diagnosi errata del problema della zona Euro, ovvero, un problema legato a domanda e liquidità, non dovuto ad anni di eccessi.

La BCE era sotto un'enorme pressione da parte delle banche commerciali e dei governi affinché attuasse un programma di quantitative easing simile a quello degli Stati Uniti, dimenticando che la zona Euro aveva subito una catena di stimoli statali sin dal 2009 e che il problema della zona Euro non era la liquidità, ma un modello interventista.

Il giorno in cui la BCE ha inaugurato il suo programma di quantitative easing, la liquidità in eccesso era di €125 miliardi. Da allora si è gonfiata fino a €1.800 miliardi.


Dopo "solo" €2.600 miliardi di acquisti e tassi ultra bassi, i dati dell'Eurozona sono atroci. L'indice della zona euro è sceso da 52,7 a novembre a 51,3 a dicembre, ben al di sotto delle previsioni del consenso a 52,8. Ancora più importante, i dati economici francesi sono crollati da 54,2 a novembre a un minimo di 34 mesi a 49,3.

La disoccupazione nella zona Euro, all'8%, è doppia rispetto a quella degli Stati Uniti e di economie comparabili. Il tasso di disoccupazione giovanile rimane al 15%.

La sorpresa economica è precipitata quando il bilancio della BCE ha raggiunto il 41% del PIL (rispetto al 21% della FED).


Più di €900 miliardi di crediti deteriorati rimangono nel sistema bancario, una cifra che rappresenta il 5,1% dei prestiti totali rispetto all'1,5% negli Stati Uniti o in Giappone.

La spesa in deficit è in aumento. Il debito pubblico rispetto al PIL è salito all'86,8%.

Il numero di società zombi, quelle che non possono pagare gli interessi passivi con i profitti operativi, è salito a oltre il 9% di tutte le grandi società quotate, secondo la BRI.

Gli stati sovrani hanno risparmiato circa mille miliardi di euro in spese per interessi, ma hanno speso tutti quei risparmi. Oggi quasi nessun Paese della zona Euro può assorbire un modesto aumento dei tassi d'interesse, e Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Slovenia e altri chiedono di poter fare più deficit per incrementare la spesa pubblica.


A questi rendimenti non esiste una domanda reale sul mercato secondario per le obbligazioni sovrane della zona Euro. Anche al culmine del suo programma di quantitative easing, la Federal Reserve non è mai risultata l'unico acquirente di titoli di stato statunitensi. C'è sempre stato un mercato secondario relativo. Nell'Eurozona la BCE ha sovrastato per sette volte le emissioni obbligazionarie nette degli stati. È molto improbabile che una volta che la BCE farà un passo indietro, un qualche investitore acquisti obbligazioni sovrane della zona Euro a questi rendimenti.


Le stime sulla crescita e sull'inflazione della zona Euro sono state riviste nuovamente a dicembre. La produzione industriale è calata drasticamente.


Trichet, il predecessore di Mario Draghi, aveva abbassato i tassi d'interesse dal 5% all'1% ed iniettato miliardi nell'economia acquistando titoli di stato nel 2011.

In cosa la BCE ha avuto successo?
  • Mantenere vivo l' euro. A proposito, non un piccolo successo. Il rischio di crisi è stato contenuto, ma non eliminato.
  • Sostegno della spesa pubblica grazie ai tassi bassi, a spese dei risparmiatori e dei salari ovviamente.
  • Generare un senso di euforia nei mercati finanziari, con rendimenti elevati ed obbligazioni sovrane in grande spolvero.
  • I salari nella zona Euro sono aumentati al di sotto dell'inflazione da quando è stato inaugurato il QE e nel terzo trimestre del 2018. Infatti l'inflazione bassa è stata il più grande successo non intenzionale della BCE. Sarebbe potuta andare peggio.
  • Il più grande "successo" della BCE è stato il massiccio salvataggio degli stati a spese dei risparmiatori.


Dobbiamo anche convenire che Mario Draghi ha ricordato continuamente agli stati europei che dovevano attuare riforme strutturali, utilizzare il periodo di bassi tassi per ridurre il debito ed aver ripetuto costantemente che la politica monetaria non avrebbe funzionato senza riforme. Nessuno ha ascoltato.

Con una spesa pubblica mediamente superiore al 46% del PIL, un deficit annuale di oltre l'1,7% in media e l'86% di rapporto debito pubblico/PIL, parlare di austerità è come mangiare una tavolata di torte e chiamarla "dieta".

Il carico fiscale in questo periodo è stato aumentato in tutta l'UE (con eccezioni onorevoli, come l'Irlanda) con un cuneo fiscale medio del 45% per i lavoratori e del 40% per le imprese.

Gli Stati Uniti, al culmine della crisi, spendevano il 43% del PIL (l'UE, il 50%) e l'hanno portato al 34%, nonostante il 21% del bilancio nel 2009 fosse dedicato alla difesa.

L'UE è stata una macchina di stimolo keynesiana prima, durante e dopo la crisi.
  1. Un massiccio stimolo nel 2008 per un "piano di crescita e occupazione". Uno stimolo dell'1,5% del PIL per creare "milioni di posti di lavoro in infrastrutture, opere civili, interconnessioni e settori strategici". 4,5 milioni di posti di lavoro sono stati distrutti e il deficit è quasi raddoppiato. Tra il 2001 e il 2008 l'offerta di moneta nella zona Euro è raddoppiata .

  2. Due massicci programmi di riacquisto di obbligazioni sovrane con Trichet come presidente della BCE, tassi di interesse scesi dal 4,25% all'1% dal 2008. Trichet ha acquistato oltre €115 miliardi in obbligazioni sovrane.

  3. Un ulteriore mega stimolo da parte della BCE, in aggiunta ai programmi TLTRO di Draghi, che ha portato i rendimenti delle obbligazioni sovrane ai livelli più bassi della storia e ha acquistato quasi il 20% del debito totale di alcuni grandi stati.

Il problema dell'Unione Europea non è mai stata una mancanza di stimoli, ma un loro eccesso.

Poiché la spesa pubblica e gli investimenti improduttivi si sono moltiplicati, l'eccesso di capacità rimane a livelli del 20% e gli errori dell'interventismo lasciano la zona Eeuro (dopo il più grande esperimento monetario della sua storia) con lo stesso cuneo fiscale e gli stessi ostacoli per i settori produttivi.

La fine del QE della BCE lascia la zona Euro in una posizione più debole di quella del 2011, poiché lo spazio fiscale è stato esaurito e la BCE, con il suo bilancio al 41% del PIL della zona Euro e tassi d'interesse ultra bassi, ha esaurito i suoi strumenti monetari.

La fine del QE non mostra solo il fallimento della politica della BCE, evidenzia anche il fallimento delle politiche economiche degli stati europei.

Gli stati europei dovrebbero attuare riforme orientate alla crescita che riducano le tasse e attraggano capitali. Molti non lo faranno. La maggior parte probabilmente deciderà, ancora una volta, che è necessario spendere di più. Una spirale distruttiva che porta inevitabilmente alla bancarotta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/


3 commenti:

  1. Tutti i principali governi del mondo aumenteranno le loro emissioni obbligazionarie nei prossimi anni, in particolare con il mondo degli investimenti sull'orlo di un'altra crisi del credito. Come se non ce ne fosse già abbastanza! I membri dell'Eurozona sono molto più esposti a queste difficoltà destabilizzanti e le finanze disastrate di Grecia, Italia, Portogallo e Spagna sono ben note, inclusa la Francia. Nel caso specifico dell'Italia, infatti, ci basta guardare alle turbolenze affrontate da Banca Carige e al suo salvataggio pubblico.

    C'è sempre la possibilità che le banche centrali riaprano il rubinetto monetario, ma l'espansione monetaria post-Lehman rischia di frantumare il potere d'acquisto delle loro valute scoperte. L'inflazione dei prezzi non è più una cosa che può essere liquidata con le statistiche annacquate dell'IPC e con l'offerta di una quantità inferiore di prodotto a prezzo pieno. Le persone e le imprese ordinarie rifiuteranno sempre più i livelli di preferenza temporale bassi che non tengono adeguatamente conto dell'inflazione reale dei prezzi. Pertanto è difficile vedere come le banche centrali saranno in grado di sopprimere i tassi d'interesse nel modo in cui sono stati gestiti in passato (anche perché, ricordate, le banche centrali non controllano affatto i tassi d'interesse reali).

    È difficile vedere come i governi possano sfuggire alle trappole del debito quando i tassi d'interesse superano i livelli attualmente ipotizzabili sia dagli investitori che dalle agenzie governative. Ci vorranno, come minimo, sostanziali tagli alla spesa pubblica, soluzione innaturale per stati abituati a disporre di denaro a basso costo. L'effetto di tassi d'interesse più alti peggioreranno le condizioni delle finanze pubbliche

    Gli investitori, che devono affrontare il deterioramento delle prospettive per le finanze pubbliche, eviteranno quindi gli asset finanziarie, passando a cose tangibili. In cima alla lista ci sono oro, argento e criptovalute.

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    1. Lei cita Banca Carige e si accanisce con i soliti PIGS, ma che dire delle disastrate banche tedesche? Il QE della BCE ha fallito, su questo siamo d'accordo, ma siamo sicuri che la vera spada di damocle siano i debiti pubblici a cui lei fa riferimento? Mai sentito parlare di debito corporate? A proposito di risorse mal allocate quali il debito pubblico italiano, che ne dice di QE e tagli fiscali in stile Trump che vengono utilizzati per operazioni di buyback o M&A? E visto che cita la Grecia, quella che non ha avuto scelta se non attuare le famose riforme, le sembra che il loro debito sia in discesa e la loro economia in grande ripresa? Potremmo andare avanti con svariati esempi, non voglio certo difendere il debito pubblico italiano o di qualche altro paese, ma solo puntualizzare che il debito oggi e' un male globale, non un esclusiva italiana. Un ultima cosa, se lo faccia dire da un genovese, se la Carige e' saltata non e' minimamente dipeso dalle disastrate finanze italiane, ma per svariate sofferenze prolungate tutte assolutamente "private"

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    2. Salve Giacomo.

      Dovrebbe controllare meglio i commenti e gli articoli prima di dire al sottoscritto di non aver parlato affatto della Germania, ad esempio, o dell'ingegneria finanziaria oltreoceano.

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