venerdì 25 gennaio 2019

L'arrivo della crisi del credito





di Alasdair Macleod


Quelli di noi che seguono da vicino il ciclo del credito, non dovrebbero essere sorpresi dall'attuale situazione dei mercati azionari. È qualcosa che sarebbe successo lo stesso.

La crisi sta arrivando e ci si può aspettare che evolva in qualcosa di peggiore nei prossimi mesi. I mercati delle obbligazioni societarie sono nei guai, segnale che è davvero arrivata. È giunto il momento di considerare come si svilupperà la crisi del credito: si tratta di congetture, quindi non possiamo essere precisi, ma possiamo estrapolare dalle basi conosciute e supportare alcune conclusioni importanti.

Avvertimenti di un rallentamento economico stanno persuadendo la FED ad ammorbidire la politica monetaria, un processo messo in moto dai rendimenti dei titoli del Tesoro USA in attenuazione. Tuttavia l'inflazione dei prezzi, che viene temporaneamente soppressa dal calo dei prezzi del petrolio, inizierà probabilmente ad aumentare dal secondo trimestre del 2019. Ciò è dovuto all'eredità della precedente espansione monetaria e alle conseguenze dei dazi di Trump sui prezzi al consumo.

Dopo una breve pausa, indotta principalmente dalla minaccia di un inarrestabile crollo dei prezzi delle azioni, la FED sarà costretta a continuare il processo di rialzo dei tassi d'interesse per contrastare le pressioni inflazionistiche dei prezzi, cosa che porterà all'aumento dell'IPC verso il 4%, probabilmente entro la metà dell'anno. Il recente sconquasso nei mercati delle obbligazioni commerciali e il prosciugamento dei prestiti bancari metteranno in moto una classica fuga per i disinvestimenti. La disoccupazione inizia ad aumentare drasticamente e la fiducia dei consumatori fa retromarcia.

I prezzi delle azioni continuano a scendere, poiché la liquidità viene drenata dai mercati finanziari da investitori preoccupati, ma l'inflazione dei prezzi rimane ostinatamente alta. Di conseguenza i prezzi delle obbligazioni continuano a indebolirsi sulla scia di proprietari esteri di dollari che li vendono sui mercati, aumentando i deficit di bilancio e diminuendo la fiducia degli investitori nel potere d'acquisto futuro del dollaro.

Gli Stati Uniti stanno entrando in una grave recessione, simile al periodo 1930-1933. La differenza è rappresentata da un dollaro fiat scoperto, compresi anche contanti, conti correnti e conti di deposito (attualmente il 67% del PIL rispetto al 36% nel 2007), il quale innescherà un'inversione dell'accumulo di depositi. Il potere d'acquisto del dollaro diminuirà, anche perché oltre $4.000 miliardi di questi depositi sono di proprietà di stranieri.

La buona notizia è che il sistema bancario statunitense è meglio capitalizzato rispetto all'ultima crisi ed è improbabile che venga colto di sorpresa come nella crisi della Lehman. Di conseguenza è probabile che le banche statunitensi agiscano più prontamente e in modo deciso per proteggere il loro capitale, portando l'economia non finanziaria in una recessione più rapida. L'inflazione dei prezzi non diminuirà, perché ciò richiederebbe una contrazione del credito sufficiente a compensare la diminuzione della preferenza per detenere denaro rispetto alle merci. Qualsiasi contrazione del credito sarà scoraggiata dalla FED, cercando di evitare un crollo più profondo.

Il margine di manovra della FED sarà severamente limitato dall'aumento dell'inflazione dei prezzi, che può solo combattere con tassi d'interesse più elevati. Questi ultimi si trasformeranno in una trappola del debito che scatterà per le finanze pubbliche, costringendo la FED ad acquistare titoli del Tesoro USA mediante stimoli monetari. Il prossimo QE sarà giustificato da un deficit di bilancio in rapido aumento che supererà i $1.500+ miliardi e la FED vorrà sopprimere i costi di finanziamento rispetto a quello che il mercato richiederà. Le condizioni economiche saranno definite un grave caso di stagflazione. In realtà gli Stati Uniti saranno intrappolati in una trappola del debito dalla quale la linea di minor resistenza non farà che accelerare l'inflazione monetaria.

Risulterà difficile per i banchieri centrali neo-keynesiani capire la contraddizione (ma solo all'apparenza): un'economia può subire nello stesso momento un crollo e un'escalation dell'inflazione dei prezzi. È, tuttavia, la condizione di tutte le fluttuazioni monetarie e iperinflazioni subite dalle economie con monete fiat scoperte. La scelta sarà quella di riscrivere i libri di testo e possiamo essere certi che i neo-keynesiani si indispettiranno, perché sono intellettualmente incapaci di riformare la politica monetaria esistente in un modo per loro accettabile.

Questi sarebbero i risultati: una crisi continua, in progressivo peggioramento, con un arco temporale che andrebbe dai sei mesi ad un anno, seguita poi da un periodo di ripresa economica. Ma dobbiamo prendere in considerazione anche fattori esterni: c'è un'enorme punto interrogativo in questa analisi per l'economia statunitense e si tratta della politica monetaria statunitense a lungo coordinata con le politiche monetarie di altre importanti banche centrali del mondo.

L'elezione di Trump ha sconvolto questo assetto con l'inatteso stimolo fiscale e lo scempio che sta scatenando nel commercio internazionale. Il risultato è che la FED è scollegata dalle altre principali banche centrali, in particolare la Banca del Giappone e la Banca Centrale Europea. Pertanto, a differenza delle fasi di crisi dei precedenti cicli del credito, l'Eurozona vi entrerà con tassi d'interesse negativi, così come il Giappone, al cui interno ci sono enormi tensioni monetarie e bancarie. Metteremo da parte il Giappone nella nostra ricerca di effetti sistemici ed economici a cascata innescati dal rialzo dei tassi d'interesse della FED, concentrandoci invece sull'Eurozona.



L'Eurozona è irrimediabilmente fallita

È facile concludere che l'UE, e in particolare la zona Euro, sia una bomba finanziaria ad orologeria in attesa di esplodere. La maggior parte dei commenti si è concentrata su problemi apparentemente sistemati, come la Grecia, l'Italia o il salvataggio imminente di Deutsche Bank. Tutto sbagliato. La Banca Centrale Europea e la macchina dell'UE sono abili nell'affrontare problemi di questo tipo, soprattutto perché hanno la faccia tosta di mentire mentre acquistano di tutto. Come disse Mario Draghi, a qualunque costo.

C'è un presupposto affinché tutto questo funzioni. Il denaro deve continuare a fluire nel sistema finanziario più rapidamente di quanto la domanda per esso si espanda, perché la chiave è conservare i valori degli asset. E la BCE ha fatto proprio questo, con tassi di deposito negativi e il suo programma di acquisto di asset da €2.500 miliardi. Tale programma termina questo mese, rendendolo il probabile punto di svolta.

La maggior parte del denaro della BCE è stato speso in titoli di stato: garantire che i governi dell'Eurozona restassero nel sistema euro. In questo modo i politici dissoluti nelle nazioni mediterranee vengono presto dissuasi dal loro desiderio di tornare alle loro vecchie valute. Immaginate solamente i tassi d'interesse che gli italiani dovrebbero pagare in lire per i loro €2.850 miliardi di debito pubblico, data una base imponibile per il settore privato di soli €840 miliardi... appena un terzo del debito pubblico.

Non c'è voluto tanto tempo affinché i politici italiani capissero perché dovessero rimanere nel sistema dell'euro: la BCE avrebbe garantito di mantenere i tassi d'interesse significativamente più bassi di quanto non sarebbero stati altrimenti. Eppure la BCE sta ora rinunciando agli acquisti di asset, quindi non comprerà il debito italiano o altro. La manipolazione del mercato del debito sovrano dell'Eurozona è ad un punto di svolta. La fine di questa fonte di finanziamento per i PIIGS è davvero una questione molto seria.

Un effetto collaterale del QE della BCE è stata la riduzione dei prestiti bancari nella zona Euro al settore privato (visto che i soldi sono finiti praticamente tutti per finanziare i vari debiti pubblici). Ciò è illustrato nel grafico seguente.


In seguito alla crisi della Lehman, le banche sono state costrette ad aumentare i prestiti alle grandi aziende nel settore privato, i cui flussi di cassa avevano preso un brutto colpo. All'inizio del 2012 le cose hanno iniziato ad invertirsi e oggi le attività bancarie non finanziarie totali sono persino inferiori a quelle post-Lehman. La pressione normativa è una delle ragioni di questa tendenza, perché secondo le regole del Comitato di Basilea, il debito pubblico in euro non richiede una ponderazione del rischio, mentre il debito commerciale sì. Il sistema bancario dell'Eurozona si è caricato di debito pubblico a spese dei mutuatari commerciali non finanziari.

Il fatto che le banche non servano il settore privato aiuta a spiegare perché il PIL nominale dell'Eurozona sia rimasto stagnante, calando del 12% nelle sei principali economie dell'Eurozona negli ultimi dieci anni. Nel frattempo M3 dell'Eurozona è aumentato del 39,2%. Con il QE della BCE e l'applicazione del nuovo credito bancario commerciale bypassando l'economia reale, non sorprende se i tassi d'interesse siano ora in linea con quelli degli Stati Uniti, la cui economia è tornata alla piena occupazione sotto forti stimoli fiscali. Il risultato è stato che le banche possono indebitarsi sul mercato LIBOR in euro a tassi negativi, vendere euro per dollari ed investire in buoni del Tesoro degli Stati Uniti per un guadagno compreso tra il 25% e il 30%.

La politica monetaria della BCE è stata quella di ignorare questo arbitraggio sui tassi d'interesse al fine di sostenere una sopravvalutazione eccessiva nell'intera gamma delle obbligazioni denominate in euro. Non può andare avanti per sempre. Fortunatamente per Mario Draghi, la pressione per tirare il freno a mano è diminuita leggermente quando i segnali di un rallentamento economico negli Stati Uniti hanno reso necessario il posticipo di ulteriori rialzi dei tassi d'interesse.



TARGET2

Oltre a tutto ciò, il secondo segnale di pericolo è rappresentato dai massicci squilibri interbancari del TARGET2, i quali non hanno avuto importanza finché tutti credevano non avessero importanza. Questa fiducia è la colla che tiene insieme un gruppo eterogeneo di banche centrali nazionali. Ciò si riduce al mantenimento dei valori degli asset, perché anche se gli asset non sono formalmente designati come garanzie, i loro valori confermano la fiducia nel sistema TARGET2.

Grandi squilibri si sono accumulati tra le banche centrali intraregionali, come mostrato nel nostro prossimo grafico, a partire dal momento della crisi della Lehman.


La Bundesbank tedesca, con poco meno di €900 miliardi, è il creditore per eccellenza, e l'Italia, a poco meno di €490 miliardi, è il debitore per eccellenza. Questi squilibri riflettono l'accumulo di squilibri commerciali tra stati membri e movimenti di capitale non commerciali, i quali riflettono una fuga di capitali. Inoltre gli squilibri si verificano quando la BCE ordina ad una banca centrale regionale di acquistare obbligazioni emesse dal suo governo e dalle entità locali. Ciò rappresenta un deficit TARGET2 di €251 miliardi nei confronti della BCE, e le eccedenze per bilanciare questo deficit sono diffuse tra le varie banche centrali regionali. Ciò va a compensare altri deficit, quindi la Banca d'Italia deve molto più alle altre banche regionali di quanto suggeriscono i suoi €490 miliardi.

La fiducia nel sistema è cruciale per le banche centrali regionali creditrici, principalmente Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Finlandia. Se si verifica un deterioramento generale dei valori delle garanzie dell'Eurozona, gli squilibri TARGET2 inizieranno ad essere importanti per suddetti creditori.



Banche dell'Eurozona

Le banche commerciali dell'Eurozona affrontano una serie di problemi. Il modo migliore per illustrarli è tramite una breve lista:
  • Le azioni delle banche di rilevanza sistemica sono andate male dopo la crisi della Lehman. In Germania, le azioni di Commerzbank e Deutsche Bank sono scese dell'85% dai massimi post-Lehman, Santander in Spagna del 66% e Unicredit in Italia dell'88%. I prezzi delle azioni nel settore bancario sono di solito un barometro affidabile dei rischi sistemici.
  • La funzione principale di una banca dell'Eurozona è sempre stata quella di garantire il finanziamento del debito pubblico della propria nazione. Questo è diventato un problema sistemico particolarmente acuto nei PIIGS.
  • Basilea II e gli imminenti regolamenti di Basilea III non impongono alle banche di assumere un taglio di rischio sul debito pubblico, incoraggiandole quindi a sovrappesare il debito pubblico nei loro bilanci e sottopesare il debito societario. Le banche non servono più il settore privato, se non a malincuore.
  • Le banche dell'Eurozona tendono ad avere un gearing di bilancio superiore rispetto a quello di altre giurisdizioni. Un ribasso relativamente contenuto dei prezzi dei titoli di stato pone alcune di loro a rischio immediato e, se i prezzi delle obbligazioni scendono, saranno le banche più deboli a far cadere tutto il sistema bancario.
  • Le banche dell'Eurozona sono collegate al sistema bancario globale attraverso l'esposizione interbancaria ed i mercati derivati, quindi i rischi sistemici nell'Eurozona sono trasmessi ad altri sistemi bancari.

Questo elenco non è esaustivo, ma si può facilmente capire come in un contesto di calo dei prezzi degli asset e rendimenti in salita dei titoli di stato europei, aumenteranno anche le minacce sistemiche per l'intero sistema bancario. Come nel caso del fallimento di Anstalt nel 1931, una caduta del tassello rappresentato dall'UE può facilmente far cadere il resto del domino.



La stessa BCE è un rischio

Come affermato sopra, la BCE, attraverso i suoi vari programmi di acquisto di asset, ha causato l'accumulo di circa €2.500 miliardi di debiti, per lo più in titoli di stato. Le banche centrali del sistema euro ne hanno ora un totale di €4.640 miliardi. La maggior parte di questo debito è parcheggiata nei bilanci delle BCN, riflesso negli squilibri TARGET2.

Il capitale azionario della BCE è pari a €7.740 miliardi e il suo totale di bilancio è pari a €414 miliardi. Ciò consente un indebitamento sul capitale di base di 53 volte. I titoli detenuti a fini monetari (la parte del debito pubblico acquistata in base ai vari programmi di acquisto di asset riportati a bilancio) sono pari a €231 miliardi (aumenteranno ulteriormente nell'anno corrente). Ciò significa che una diminuzione del valore di questi titoli di appena il 3% cancellerà tutto il capitale della BCE.

Se la BCE vuole evitare una ricapitalizzazione imbarazzante quando, come ormai sembra sicuro, i rendimenti obbligazionari saliranno, deve continuare a manipolare i mercati delle obbligazioni in euro. Pertanto la reintroduzione dei suoi programmi di acquisto di asset per impedire ai rendimenti obbligazionari di salire, rappresenterà l'ultima spiaggia. La trappola del debito in cui si trovano i governi della zona Euro è diventata anche una trappola per la BCE.



Conclusione

Possiamo vedere come la crisi del credito sia stata ora innescata. Succede sempre ad un certo punto e gli inneschi sono stati di natura non monetaria, essendo la combinazione di una reflazione fiscale e l'imposizione di dazi sulle merci importate. L'indebolimento di altre economie sulla scia della guerra commerciale di Trump è un ulteriore fattore che indebolisce le prospettive economiche globali.

Dati questi sviluppi, la FED non ha avuto altra scelta che cercare di normalizzare urgentemente i tassi d'interesse, portando avanti la crisi del credito.

L'inazione da parte della FED avrebbe indubbiamente fatto accelerare l'inflazione dei prezzi, anche tenendo conto dei limiti di un indice dei prezzi al consumo fortemente soppresso. Il rallentamento dell'economia statunitense ha, almeno a breve termine, ridotto i fattori dell'inflazione dei prezzi. Ma come discusso in questo articolo è improbabile che tutto questo duri.

Questi sviluppi monetari sono giunti in un momento in cui due importanti banche centrali, la BCE e la Banca del Giappone, applicano ancora tassi d'interesse negativi. La disparità tra queste politiche e quella della FED, oltre a creare tensioni monetarie, porterà quasi certamente a rivedere le politiche monetarie. Questo mese terminerà il QE nell'Eurozona ed i prezzi delle obbligazioni dovrebbero diminuire in modo significativo. Seguirà sicuramente un aumento del tasso di deposito presso la BCE, ed è difficile vedere come si possa prevenire una crisi sistemica nella regione.

Dalla crisi della Lehman, l'inflazione è stata per lo più imbottigliata nel settore finanziario, mentre è statisticamente soppressa nell'economia produttiva. Tutto ciò sta per cambiare, cosa che porterà i depositi in eccesso delle banche a cambiare destinazione (non più la speculazione finanziaria). Non darà una spinta al consumo, perché i consumatori sono al massimo e la disoccupazione sta aumentando. Indebolirà il potere d'acquisto di una valuta fiat sempre più indesiderata e non voluta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. L'espressione "il peggio è ormai alle spalle" comincia ad assumere dei contorni inquietanti.

    R.G.

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