giovedì 4 luglio 2019

La FED non ha altra scelta: tornerà a tassi d'interesse ultra bassi

Anni di tassi ultra bassi e negativi non hanno fatto nulla per migliorare la qualità del credito. Invece hanno permesso ai mutuatari zombie di sopravvivere più a lungo e le banche europee sono ancora afflitte da elevate quantità di NPL. Non è solo Deutsche Bank: otto tra le grandi banche europee hanno triplicato il loro patrimonio, ma valgono meno di JP Morgan. Le banche italiane sono pesantemente esposte al debito italiano e non è affatto una cosa positiva. Anche altri nomi come BBVA e Santander hanno avuto il buon senso di cercare guadagni fuori dall'Europa, ma sono stati fustigati dalle loro affiliazioni messicane. I tassi artificialmente bassi incoraggiano un cattivo comportamento, come le grandi aziende che affogano nel debito per aumentare i riacquisti di azioni con il debito, il che aumenta i bonus dei dirigenti ma non costruisce nuove fabbriche o infrastrutture. Il risultato finale è un mercato più distorto che si basa su tassi sempre più bassi per alimentare le bolle. A breve termine, è fantastico; a lungo termine, è un disastro. Col passare del tempo le distorsioni aumentano creando così la necessità di interventi sempre più grandi per superare la necessità di una correzione. Ora siamo al culmine di una gigantesca bolla che i banchieri centrali hanno alimentato dopo il panico del 2008-2009. Questa volta hanno aggiunto circa $22,000 miliardi di stimoli monetari e fiscali, per non parlare dei tassi di prestito reali negativi. Ciò ha prodotto la ripresa più debole di sempre e ha mandato al macero tutti gli indicatori chiave, i rapporti tradizionali e il ritorno ordinato ad un'economia "normalizzata".
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di Thorsten Polleit


L'attuale boom è fortemente costruito sul credito facile. Questo perché nell'attuale sistema monetario fiat le banche centrali, in stretta cooperazione con le banche commerciali, aumentano la quantità di denaro concedendo prestiti, i quali non sono sostenuti da "risparmi reali". L'aumento artificiale dell'offerta di credito spinge al ribasso i tassi d'interesse del mercato; cioè, al di sotto dei livelli che sarebbero prevalsi se non ci fosse stato un aumento artificiale dell'offerta di credito bancario.

Di conseguenza il risparmio diminuisce, i consumi aumentano e gli investimenti decollano: ha inizio un "boom". Tuttavia un tale boom non può durare a lungo, perché la sua continuazione si basa sul presupposto che venga immesso nel sistema sempre più credito, a tassi d'interesse sempre più bassi. Gli ultimi dieci anni forniscono un buon esempio: l'abbassamento dei tassi d'interesse e l'espansione monetaria della FED nella crisi finanziaria ed economica 2008/2009, hanno aiutato il settore bancario a tornare alla sua attività: sfornare sempre più credito.


Man mano che il credito è fluito, i prezzi delle azioni e delle abitazioni hanno ripreso a salire. La FED è riuscita a rigonfiare "l'inflazione dei prezzi degli asset". Nel dicembre 2015 i responsabili della politica monetaria a Washington DC hanno deciso di invertire la rotta, iniziando a rialzare i tassi d'interesse. Fino al dicembre 2018 la FED ha riportato il Federal Funds rate in una fascia compresa tra il 2,25 e il 2,5%. E poi?

La FED di recente ha detto di volersi prendere una pausa per quanto riguarda le ulteriori decisioni sui tassi d'interesse. I mercati finanziari hanno il loro punto di vista: sembrano aspettarsi che il ciclo di rialzi sia già finito e che la banca centrale prima o poi abbasserà ancora una volta i tassi d'interesse. La probabilità che questa aspettativa si rivelerà corretta è piuttosto alta: poiché la FED desidera mantenere il boom, non ha altra scelta che tornare ad una politica di soppressione dei tassi d'interesse.



L'ottimismo vola

I mercati finanziari sono ottimisti sul fatto che la FED riuscirà ad impedire che il boom si trasformi in un bust. Infatti se la banca centrale mantiene il coperchio sui tassi d'interesse di mercato, il boom potrebbe andare avanti un po' più a lungo, poiché in genere ci vuole un rialzo dei tassi d'interesse di mercato e/o una restrizione del credito per far capitolare il boom. In questo contesto non sorprende se gli investitori siano diventati piuttosto indifferenti al fatto che qualcosa possa andare storto.

Ma il boom attuale è fonte di problemi: se il tasso d'interesse di mercato viene soppresso artificialmente, le persone risparmiano meno e consumano di più rispetto ad una situazione in cui il tasso d'interesse di mercato non sia stato abbassato artificialmente. Inoltre le imprese investono in progetti che non sarebbero stati intrapresi se il tasso d'interesse del mercato non fosse stato manipolato al ribasso. In altre parole: il tasso d'interesse di mercato abbassato artificialmente conduce ad una struttura produttiva e occupazionale insostenibile.

Un boom può durare più a lungo di quanto la gente si aspetti. Se, ad esempio, le imprese ottengono aumenti di produttività, migliorerà la sostenibilità del debito dell'economia generale e il boom avrà vita più lunga. Una condizione necessaria per il boom è che il tasso d'interesse venga spinto a livelli sempre più bassi, e il credito e il denaro continuino a fluire nel sistema. La logica conclusione di tale politica monetaria è una situazione in cui il tasso d'interesse di mercato venga sostanzialmente spinto a zero. Cosa succederebbe?



Verso tassi d'interesse a zero

Un semplice esempio potrebbe aiutare a rispondere alla domanda. Supponiamo che ci sia una società quotata in borsa e che abbia un rendimento sul capitale del 5% annuo per i successivi 20 anni. Se acquistate una sua azione per $100, il vostro ritorno sull'investimento sarà del 5% annuo. Se l'acquistate per $50 (proprio quando c'è panico nel mercato), il vostro ritorno sull'investimento sarà più alto, in questo caso 8.7% annuo. Il messaggio di questi numeri dovrebbe essere abbastanza ovvio: più basso è il prezzo d'acquisto, più alto è il ritorno sull'investimento.


Supponiamo che il tasso d'interesse di mercato sia del 5% annuo e che le vostre azioni siano trattate a $100, e supponiamo inoltre che i mercati finanziari si aspettino un calo del tasso d'interesse di mercato, ad esempio, attorno al 3% annuo. In questo caso il prezzo delle azioni della società salirà a $146,91 (a parità di altre condizioni). Questo aumento di prezzo vi darebbe un guadagno vicino al 47%. Tuttavia chiunque acquisti l'azione ad un prezzo già elevato guadagnerebbe solo il 3% annuo negli anni a venire.

Cosa succederebbe se gli agenti di mercato si aspettassero che il tasso d'interesse scendesse ulteriormente, per esempio, allo 0,10%? Il prezzo delle azioni salirebbe ulteriormente, raggiungendo $260,08, ottenendo così un ulteriore guadagno una tantum del 77,03% [(260,08 / 146,91-1) * 100]. Una volta che il prezzo delle azioni è salito a quel livello, qualsiasi investitore che acquisti il ​​titolo guadagnerà appena lo 0,10% annuo per i restanti 20 anni.

La ZIRP trascina tutti i rendimenti nell'economia verso il basso, ad un livello artificialmente soppresso. Questo processo si manifesta come un aumento dei prezzi degli asset; non solo per i prezzi delle azioni, ma anche per i prezzi delle obbligazioni statali e societarie, degli immobili, dei terreni e delle materie prime. Tuttavia la storia non finisce qui...



Una politica monetaria rovinosa

Se i tassi d'interesse ed i rendimenti toccano il fondo, le persone hanno scarsi incentivi per risparmiare e gli investitori sono poco incentivati ​​ad investire. I consumi aumentano a scapito del risparmio, così come il consumo di capitale, che sarà esaurito e non sostituito. Potrebbe volerci un po' prima che le persone scoprano che la ZIRP non porta prosperità ma è molto dannosa, persino rovinosa, per la prosperità futura.

Una volta che gli investitori si renderanno conto che l'economia sta perdendo forza, i prezzi elevati degli asset, in precedenza sospinti da un tasso d'interesse estremamente basso, scenderanno bruscamente. Nel caso delle azioni, ad esempio, le aspettative sugli utili vengono ridotte al minimo e si insinua una correzione al ribasso dei prezzi. In generale, i prezzi in calo degli asset colpiranno i bilanci dei consumatori e delle imprese. Le loro posizioni azionarie e il loro standard creditizio si deterioreranno. Verranno a galla gli investimenti improduttivi ed il boom si tramuterà infine in bust.

La lezione da imparare è questa: abbassare sempre di più il tasso d'interesse non è la soluzione ai problemi causati da una politica di tassi d'interesse bassi. A breve termine potrebbe sembrare promettente, ma è una strada verso la distruzione economica. Più a lungo verrà fatto sopravvivere il boom artificiale, maggiore sarà la crisi che ne conseguirà, come gli economisti della Scuola Austriaca hanno sempre sottolineato in modo molto dettagliato:
È solo quando l'espansione del credito bancario deve fermarsi, o rallentare bruscamente, o perché le banche stanno diventando traballanti, o perché la popolazione sta diventando irrequieta per la continua inflazione, che la realtà finalmente scaccia via l'illusione. Non appena l'espansione del credito si arresta, i nodi vengono al pettine e gli inevitabili riaggiustamenti devono liquidare gli investimenti improduttivi e reindirizzare l'economia verso la produzione di beni di consumo. E, naturalmente, quanto più a lungo si farà andare avanti il boom, tanto maggiori saranno gli investimenti improduttivi che devono essere liquidati, e tanto più strazianti saranno i riadattamenti da effettuare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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