martedì 3 marzo 2020

Chi ha votato pro-Brexit non è “irrazionale” come crede chi la pensa diversamente





di Ryan McMaken


Chris Johns sull'Irish Times è sgomento per tutto il supporto che vede nei confronti della Brexit. È seccato dal fatto che molti a favore stiano andando contro i propri interessi economici, almeno secondo la sua opinione.

Johns osserva, ad esempio, che la Brexit potrebbe avere un impatto significativo sulla produzione britannica e potrebbe essere problematica per la crescita del reddito e le entrate fiscali. Rassegnato alla Brexit come dato di fatto, però, suggerisce di provare a rendere la transizione il più indolore possibile, ma insiste: "La Gran Bretagna ne uscirà più povera o molto più povera". Ma è troppo tardi per evitare i danni: "Abbiamo cercato di avvisare la gente dei pericoli della Brexit, ma è andata avanti e l'ha supportata comunque. Quindi adesso starà peggio."

A Johns manca una bella porzione di tematiche economiche avanzate dai sostenitori della Brexit.

Al momento anche i dati economici suggeriscono che gli inglesi stiano meglio oggi, ma il gioco della Brexit per molti è sempre stato uno in cui i sostenitori ritengono che l'indipendenza politica porterà guadagni economici nel lungo termine, anche se ci saranno problemi nel breve termine. Ciò non prova che i sostenitori stiano agendo contro i propri interessi economici, o che non capiscano le realtà economiche. Mostra semplicemente che le loro previsioni sul futuro sono diverse da quelle di Johns.

Ma l'incomprensione di quest'ultimo va ben oltre. Il motivo principale per cui presume che le persone staranno peggio è la sua mancata comprensione del processo di calcolo di costi e benefici. Una volta che andiamo oltre le nozioni di "homo economicus", ci rendiamo conto che i benefici della Brexit possono essere molteplici e non possono essere tracciati da alcun ufficio statale e non compaiono in alcun dato statistico. Ad economisti ed esperti che limitano i loro calcoli a statistiche misurabili, manca un grosso pezzo di come gli esseri umani misurano e valorizzano il mondo che li circonda.



Non possiamo apporre un numero sul costo di opportunità dell'adesione all'UE

Sono state elaborate statistiche ufficiali per tenere traccia degli eventi identificabili e numerabili, questo è il motivo per cui numeri come "tassi di disoccupazione" e "redditi mediani" costituiscono la spina dorsale delle statistiche dei governi. Possono essere identificati e conteggiati con relativa facilità sulla base di sondaggi o dell'osservazione diretta. Ma questi numeri sono a malapena utili quando si tratta di misurare il mondo reale.

Gran parte della preoccupazione per l'abbandono dell'UE si è concentrata su questioni che sono difficili da quantificare, come i regolamenti governativi e le opportunità perse. Come si quantifica esattamente un nuovo regolamento sulle imprese britanniche emesso dai burocrati dell'UE? Una singola azienda potrebbe essere in grado di rischiare un'ipotesi, ma i dati aggregati sono molto meno affidabili e molto meno calcolabili con precisione.

Ancora più difficile da conteggiare è il costo di opportunità dell'adesione all'UE. Come osservato da alcuni critici, ad esempio, l'adesione all'UE ha limitato la capacità del Regno Unito di espandere gli scambi al di fuori del blocco europeo. Non c'è modo di mettere un numero su quanto queste opportunità perse possano essere costate alle famiglie britanniche. Certamente alcuni ricercatori c'hanno provato, ma finiamo per discutere dell'accuratezza e della pertinenza della ricerca. In definitiva, c'è bisogno del giudizio di ogni singola persona per valutare se l'adesione all'UE "valga o meno".



Il “profitto psicologico” di lasciare l'UE

Altre cose sono ancora più difficili da quantificare delle opportunità perse: i benefici immateriali dell'uscita dall'UE.

Ad esempio, un elettore pro-Brexit potrebbe sostenere che le leggi britanniche dovrebbero essere decise in Gran Bretagna, anche se ciò significa pagare dazi più elevati. Pertanto l'indipendenza politica sarebbe più preziosa della vendita di merci in Francia a dazi inferiori. Ovviamente, non c'è modo di determinare esattamente quanti benefici produca "l'indipendenza politica" per una persona, ma il valore è reale.

Ora siamo nel regno del "profitto psicologico", quel profitto che una persona percepisce nella propria mente operando una certa azione o in presenza di un certo stato di cose. Il problema con i profitti psicologici è che non sono quantificabili come lo sono i profitti in denaro. Come ha sottolineato l'economista Ludwig von Mises, i profitti e le perdite sono "qualità psicologiche e non riducibili a qualsiasi descrizione interpersonale in termini quantitativi". Inoltre Mises osservava che i "fenomeni psicologici" da cui derivano queste valutazioni implicano "magnitudini incalcolabili". Anche se una persona apprezza la Brexit più del commercio con dazi bassi, è impossibile stabilire quanto di più.

Un problema contabile simile si presenta con la questione dell'immigrazione. Alcuni elettori sostengono la Brexit perché sperano che ridurrà l'immigrazione. In questo caso, alcuni hanno concluso che i loro profitti psicologici saranno migliori qualora circondati da persone di lingua e cultura simili.

Di fronte all'idea che maggiori controlli sul lavoro dei migranti potrebbero aumentare il costo della vita, alcuni potrebbero tuttavia concludere che la perdita psicologica derivante dall'immigrazione superi i benefici monetari della manodopera a basso costo.

Tutto ciò dovrebbe illustrare che quando parliamo della decisione di un elettore di sostenere una determinata linea di politica, non stiamo impiegando una scienza esatta. Sostenendo politiche che potrebbero in definitiva portare a prezzi più alti o dazi più elevati, non si sta necessariamente cadendo vittime dell'analfabetismo economico. Si sta semplicemente prendendo una posizione che, nella propria mente, qualcosa che non può essere misurato in libbre ha più valore di qualcosa che può essere misurato in libbre. È un processo di calcolo razionale, solo che è un calcolo impossibile da quantificare.

Alcuni economisti trovano questo genere di cose piuttosto fastidioso. Johns, ad esempio, si lamenta del fatto che la "guerra culturale" dietro la Brexit abbia portato ad "un danno collaterale accettabile". Intende dire che gli elettori hanno abbandonato quello che considera un pensiero economico valido a favore di "benefici" che non possono essere conteggiati. Nella mente di esperti come Johns, le persone sono "irrazionali" se scelgono una politica che potrebbe ridurre il loro reddito misurato in dollari o sterline.



Il vero problema: la maggioranza impone politiche sulla minoranza

I critici della Brexit come Johns farebbero bene ad ammettere che i loro avversari non sono analfabeti economici e gente irrazionale. Ma anche se siamo tutti d'accordo sul fatto che persone diverse calcolano i benefici economici nei loro modi non misurabili, non abbiamo risolto i nostri problemi politici.

Politiche come la Brexit saranno sempre problemi finché le persone che esprimeranno giudizi di valore diversi saranno costrette a vivere sotto un governo comune. Abbiamo un problema perché la maggioranza può imporre una politica alla minoranza perdente.

Nel caso della Brexit, ad esempio, quasi metà della popolazione sembra essere indifferente all'adesione all'UE, o attivamente a sostegno di essa. E proprio come i dati statistici non possono dirci se i sostenitori della Brexit hanno "ragione", non possono nemmeno esprimere un giudizio sui sostenitori dell'UE. A molti di quest'ultimi piace il fatto che l'UE imponga normative ambientali a tutti gli stati membri, che l'adesione all'UE aumenti l'immigrazione per motivi estranei ai fattori economici e alcuni ritengono di trarre beneficio emotivo da un'Europa politicamente unita.

Ciò non significa che questa minoranza di elettori dovrebbe essere costretta a lasciare l'UE perché lo afferma il 51% della popolazione.

L'ideologia alla base della democrazia non offre risposta a questo problema. Abbiamo una situazione in cui circa la metà della popolazione crede di trarre profitto (psicologicamente o meno) da una certa linea di politica, ma circa la metà della popolazione ritiene di trarre profitto dalla linea di politica opposta. Questo problema peggiora ulteriormente se ridotto a livello regionale. La maggior parte dei residenti in Scozia, ad esempio, si oppone alla Brexit ed ora che quest'ultima è una realtà parecchi scozzesi sostengono l'indipendenza. Sembrerebbe violare le nozioni di base della giustizia insistere sul fatto che la Scozia sia tenuta a rispettare per sempre i dettami della maggioranza inglese.



Ora i separatisti scozzesi sono quelli “irrazionali”

Nonostante siano stati informati su quanto fossero economicamente inetti a sostenere la Brexit, alcuni stanno ora rivolgendo gli stessi argomenti agli scozzesi. Questo sedicente esperto, per esempio, potrebbe anche dire "guardate quei folli degli scozzesi, vogliono tagliarsi fuori dal loro miglior partner commerciale (Inghilterra)!" Nella mente di coloro che si oppongono all'indipendenza, i dettami del buon senso economico significano che la Scozia dovrebbe rimanere nel Regno Unito. Ma gli esperti anti-indipendenza potrebbero commettere lo stesso errore degli esperti anti-Brexit. Potrebbe essere che gli scozzesi pro-indipendenza ritengano di trarre maggiori benefici dall'indipendenza piuttosto che dall'unità, anche se le statistiche ufficiali dicono diversamente. Se molti scozzesi credono veramente in questo, sarà molto difficile convincerli del contrario, indipendentemente da quanti studi economici vengono stilati.

Alla fine rimane sempre un problema politico che non può essere risolto insistendo sul fatto che tutte le persone intelligenti concordano con noi perché i nostri fogli di calcolo e contatori di fagioli ci dicono quale posizione politica è "migliore".

Nulla di tutto ciò dovrebbe suggerire che l'economia sia sbagliata. Sì, i dazi bassi sono migliori di quelli alti. Sì, gli imprenditori dovrebbero essere liberi di assumere lavoratori indipendentemente dal loro Paese di provenienza. Sì, le normative statali sulle imprese sono un onere distruttivo, che siano imposte da Londra o da Bruxelles. Ma il dibattito sulla Brexit non riguardava se i dazi alti siano migliori di quelli bassi, bensì chi dovesse decidere sui dazi, e dove e come. Si trattava di questioni ben al di là del fatto che un ulteriore 1% di crescita potesse o meno essere escluso dal PIL nel trimestre successivo. Molti hanno cercato di trasformare la Brexit in un semplice dibattito sulla politica economica, ma l'economia come immaginata dagli statistici non è mai stata sufficiente per capire come le persone abbiano calcolato il valore di lasciare l'UE.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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