mercoledì 30 dicembre 2020

Il decimale dopo la virgola che ha fatto saltare in aria il mondo

 

 

di Jeffrey Tucker

Qual è stata la base del panico che ha portato le luci ad oscurarsi sulla civiltà? La data più importante potrebbe essere l'11 marzo 2020. È allora che il Congresso è caduto in un panico ingiustificato e ha acconsentito ad un lockdown su richiesta degli "esperti". I governatori statali li hanno seguiti uno per uno, con poche eccezioni, e il resto del mondo si è unito alla frenesia.

A febbraio le persone desideravano ardentemente sapere la risposta a quanto segue: questo "nuovo virus" ha punti in comune con l'influenza, i raffreddori stagionali ed altri patogeni prevedibili e gestibili? O è qualcosa di completamente diverso, senza precedenti nelle nostre vite, terrificante e universalmente mortale?

Fondamentale in suddetta fase sono stati i messaggi concernenti la salute pubblica. Nelle precedenti pandemie dal 1918 in poi, il messaggio centrale era mantenere la calma, andare dal medico se si accusavano determinati sintomi, evitare di infettare deliberatamente gli altri, fidarsi dei sistemi in atto e mantenere la società funzionante. Questo è stato a lungo considerato un messaggio di salute pubblica responsabile, ed è stato praticamente il punto in cui siamo rimasti per la maggior parte di gennaio e febbraio, quando gli "esperti", indipendentemente dalle loro prospettive politiche, hanno mantenuto sobrietà e razionalità.

Qualcosa è cambiato radicalmente questa volta. S'è fomentato il panico, attingendo ad una paura primordiale nei confronti della malattia. La realtà della pandemia, a quanto pare, era familiare. La gravità del suo impatto ha colpito principalmente gli anziani e gli infermi, con il 40% dei decessi riconducibili a strutture di assistenza a lungo termine e un'età media della morte quasi uguale alla durata media della vita. Ha seguito un modello stagionale di diffusione fino al suo equilibrio endemico.

L'unico fattore differente è stato il messaggio, universalmente strutturato per creare frenesia pubblica, dall'urgenza del 28 febbraio sul New York Times di "tornare al medioevo" all'ultima richiesta su Salon di farci prendere dal panico ancora di più.

La mia sensazione di rovina imminente è iniziata il 6 marzo con la cancellazione di South by Southwest ad Austin, in Texas, un'azione compiuta dal sindaco senza ascoltare nessun altro e completamente senza precedenti. Ne ho scritto l'8 marzo. Quattro giorni dopo, il presidente Trump ha pronunciato un discorso a livello nazionale che si è concluso con un annuncio scioccante che tutti i voli dall'Europa sarebbero stati fermati, anche se il virus era qui sin da gennaio. Il giorno successivo, il 13 marzo, l'amministrazione ha emesso quello che equivaleva ad un piano di chiusura per la nazione.

A questa sequenza temporale, tuttavia, manca un passaggio cruciale.

Dobbiamo essere grati a Ronald B. Brown della Waterloo University per il suo straordinario documento in Disaster Medicine and Public Health Preparedness (Vol 14, No. 3): “Public Health Lessons Learned From Biases in Coronavirus Mortality Overestimation”. È stato pubblicato anche sul sito web del National Institutes of Health con data del 12 agosto. La tesi del nostro autore era che la reazione eccessiva ed i lockdown senza precedenti sono iniziati con quello che era un miscuglio terminologico che, a sua volta, ha portato ad un punto decimale di errore in una relazione del National Institutes of Health.

Era un errore apparentemente piccolo, ma ha fornito la base su cui Anthony Fauci ha testimoniato al Comitato per la supervisione e la riforma della Camera sulla gravità del nuovo virus.

Ecco il video in questione. Mentre guardate, noterete l'apparente precisione dei dati che in realtà maschera un enorme problema: l'enorme differenza tra il tasso di mortalità dell'infezione, il tasso di mortalità dei casi ed il tasso di mortalità complessivo. Non c'era menzione alcuna dei tassi di guarigione. Nessuna persona presente ha respinto le sue affermazioni. Nella bufera di dati, è emersa una sola affermazione che ha terrorizzato tutti: "È 10 volte più letale dell'influenza stagionale".

A parte questa previsione, il suo comportamento era: questo è un virus completamente nuovo, molto mortale ed ingestibile senza misure estreme. Il messaggio implicito di Fauci al Congresso e al popolo americano era: fatevi prendere dal panico.

Da notare il linguaggio confuso: fa riferimento al "tasso di mortalità" senza specificare cosa intende, getta nella mischia un 3% e poi parla di "casi" senza sintomi. In tutto questo pasticcio di apparente scienza, Fauci rivendicava ciò che in realtà non poteva sapere, fondendo due distinti set di dati ed estrapolando un appiglio che gli permettesse di avanzare un'affermazione completamente non supportata che ovviamente si è rivelata falsa. Due anni fa 61.000 americani di tutte le età morirono di influenza. Se si imputava erroneamente un "tasso di mortalità" dello 0,1% e lo si traslava alle infezioni da Covid, si avevano almeno 800.000 morti solo per Covid (non "con" come il CDC classifica oggi le morti, cosa che da sola rappresenta un grande cambiamento). Questa era una previsione spaventosa in quel frangente; sembrava aggiungere peso alle stime dell'Imperial College di Londra di quei 2,2 milioni di morti che ci sarebbero stati senza lockdown. Questa testimonianza ha portato un'intera generazione di legislatori a credere che nessuna delle misure mediche tradizionali avrebbe funzionato. "Non c'è paragone con l'influenza o qualsiasi malattia respiratoria", solo questo ha giustificato un'emergenza nazionale che richiedeva la fine del nostro modo di vivere.

Il problema è che l'affermazione era basata su un errore terminologico che alimentava un errore matematico di base. Come spiega Brown:

Il bias di campionamento nei calcoli di mortalità del coronavirus ha portato ad una sovrastima della mortalità 10 volte maggiore l'11 marzo 2020, testimonianza di fronte al Congresso degli Stati Uniti. Questo bias è stato seguito da un bias di informazione dovuto all'errata classificazione di un IFR dell'influenza stagionale come CFR, evidente in un editoriale di NEJM.org. Le prove dell'OMS hanno confermato che il CFR approssimativo del coronavirus non è generalmente superiore a quello dell'influenza stagionale. All'inizio di maggio 2020, i livelli di mortalità COVID-19 erano notevolmente inferiori alle sovrastime previste, un risultato che la popolazione ha attribuito alle misure di mitigazione per contenere la diffusione del nuovo virus.

Seguiamo Brown mentre guida il lettore per fargli capire le differenze cruciali tra IFR e CFR. L'IFR, da campioni in tutta la popolazione, "include infezioni non diagnosticate, asintomatiche e lievi". Per calcolare l'IFR medio nella popolazione, si fanno campioni randomizzati per giudicare la sua prevalenza. I risultati sono i casi, ciò che chiamavamo persone "malate", ma si estendono anche a persone che si limitano ad avere tracce del virus morto ma non corrono il pericolo di trasmetterlo o di subire conseguenze gravi. I casi, d'altra parte, "si basano esclusivamente su gruppi relativamente più piccoli di casi diagnosticati da moderatamente a gravemente malati all'inizio di un'epidemia". Il CFR è un gruppo più piccolo. Brown ci fornisce il grafico seguente per mostrare come l'epidemiologia abbia a lungo considerato la differenza.

Basandovi solo su questo grafico, potete capire perché diventa fondamentale mantenere questi termini ben distinti. Il CFR è più alto; l'IFR è inferiore; il tasso di mortalità grezzo è ancora più basso. Il CFR misura la gravità; l'IFR misura la prevalenza. Questi sono i due problemi generali che è necessario conoscere per valutare se e in che misura un'epidemia di virus sia lieve, moderata, o grave. Ciò è importante a causa della realtà a lungo osservata dei virus respiratori: c'è un compromesso tra le forze. Più il virus è grave, più velocemente si esaurisce. Più è mite (e “intelligente”), più può diffondersi. Mescolare gravità e prevalenza significa confondere tutte le categorie importanti che gli specialisti in malattie infettive utilizzano per valutare l'impatto sociale di un nuovo virus.

Inoltre, se si uvole confrontare la gravità di una pandemia, bisogna confrontare le mele con le mele, il che significa come minimo che dobbiamo stare attenti a distinguere le mele dalle arance e dalle pere. Questo è esattamente ciò che i primi messaggi sul coronavirus non hanno fatto.

I casi non sono morti; ancora più cruciale, i casi in senso tradizionale significano che le persone sono effettivamente malate, non che sono risultate positive al test PCR. Aggiungendo ulteriore confusione, oggi la maggior parte delle fonti di dati sul Covid utilizza il termine "casi" per identificare qualsiasi test positivo, con o senza sintomi, quando la parola corretta sarebbe "infezioni". Inoltre il test PCR stesso presenta i suoi problemi. Come osserva Brown: "Un grave limite del test RT-PCR è che il rilevamento degli acidi nucleici non è in grado di determinare la differenza tra virus infettivi e non infettivi". L'uso diffuso del test PCR ha dato il proprio contributo ad offuscare tutte queste distinzioni cruciali.

Consideriamo ora uno straordinario articolo sul New England Journal of Medicine, apparso in data 28 febbraio, con Anthony Fauci come co-autore. L'importanza del pezzo sta nel fatto che si afferma che il Covid e l'influenza sono simili in gravità. "Le conseguenze cliniche complessive del Covid-19 potrebbero in definitiva essere più simili a quelle di una grave influenza stagionale (che ha un tasso di mortalità per caso di circa lo 0,1%), o di un'influenza pandemica (simili a quelle del 1957 e del 1968) piuttosto che di una malattia simile a SARS o MERS, che invece hanno avuto tassi di mortalità tra il 9-10% e il 36%".

Ciò che conta qui non è la previsione in quanto tale, ma il passaggio da infezione a caso: l'influenza ha "un tasso di mortalità per caso di circa lo 0,1%". Questo non era corretto nemmeno al momento in cui è stato scritto. Potete chiamarlo errore di stampa, o sciatteria o addirittura svista. Indipendentemente da ciò, anche l'Organizzazione mondiale della sanità aveva identificato la cifra dello 0,1% come tasso di mortalità per infezione. Se si presume un caso confermato sintomatico per ogni 10 infezioni (o ciò che ora viene chiamato in modo confuso "casi cumulativi"), l'errore potrebbe essere un decimale errato. L'articolo di Fauci contraddiceva direttamente l'OMS e andava contro tutto ciò che già allora si sapeva. Ma la sua affermazione riguardo il CFR sull'influenza è precisamente ciò che lo ha portato a sostenere di fronte al Congresso che il Covid sarebbe stato devastante.

Brown spiega inoltre:

Poiché la campagna per mitigare la trasmissione del coronavirus è stata implementata da marzo a maggio 2020, i totali attesi di mortalità da coronavirus negli Stati Uniti sono apparsi molto inferiori rispetto alla sovrastima riportata nella testimonianza di fronte al Congresso dell'11 marzo. Rispetto alla stagione più recente di influenza grave (H3N2) nel 2017-2018, con 80.000 decessi negli Stati Uniti segnalati dai funzionari del CDC, i totali di mortalità per coronavirus negli Stati Uniti avevano appena raggiunto gli 80.000 il 9 maggio 2020. A quel punto, rispetto all'influenza del 2017-2018, era chiaro che il totale della mortalità da coronavirus per la stagione non sarebbe stato neanche lontanamente vicino agli 800.000 decessi desunti dalla sovrastima riportata al Congresso. Anche dopo aver aggiustato l'effetto delle misure di mitigazione che potrebbero aver rallentato il tasso di trasmissione del coronavirus, sembra improbabile che così tante morti siano state completamente eliminate da un intervento non farmaceutico come il distanziamento sociale, che era inteso solo a contenere la trasmissione di infezioni, non sopprimere le infezioni e la mortalità correlati. Sempre all'inizio di maggio 2020, un sondaggio dello Stato di New York su 1.269 pazienti COVID-19 ricoverati in 113 ospedali ha rilevato che la maggior parte dei pazienti aveva seguito gli ordini di ricovero in loco per 6 settimane, il che ha sollevato sospetti sull'efficacia del distanziamento sociale.

Al momento della stesura di questo articolo, le morti "con" Covid hanno superato le 300.000 unità, meno della metà di quelle annunciate di fronte al Congresso l'11 marzo; sempre a condizione che queste morti non siano state classificate erroneamente. Tuttavia il 24 marzo il CDC ha fatto un annuncio di enorme importanza: avrebbe calcolato la mortalità da coronavirus includendo le morti "probabili" nel codice della classificazione internazionale delle malattie (ICD).

Questo è diventato un invito ad una classificazione errata. Le persone che in precedenza sarebbero state classificate come affette da malattie cardiache o altre comorbilità, sono state classificate come Covid. E c'era/c'è anche un incentivo finanziario a farlo. Per questo motivo, quando il CDC ha annunciato che "per il 6% dei decessi, il Covid-19 era l'unica causa menzionata", è stato uno shock per le persone. Ciò significa che il 94% dei decessi attribuiti al Covid erano associati a comorbidità che hanno impedito al sistema immunitario di combattere il virus.

Dopo la testimonianza di Fauci dell'11 marzo, in cui ha unito IFR e CFR, i media nazionali sono letteralmente impazziti. Il seguente articolo, ad esempio, è saltato fuori da Business Insider a giugno: “Il tasso di mortalità del coronavirus negli Stati Uniti è quasi 50 volte superiore a quello dell'influenza. Guardate come si confronta per fascia di età". Se guardate attentamente i grafici, potete vedere qualcosa di strano: hanno calcolato l'IFR per l'influenza contro il CFR del Covid. Ciò ha generato necessariamente una sovrastima per le morti di Covid. I numeri sono sballati e non hanno nulla a che fare con la realtà.

Facciamo un salto in avanti dai giorni della testimonianza ad un mese dopo, quando il panico su vasta scala aveva già colpito gli Stati Uniti. Parlando in una conferenza stampa alla Casa Bianca, Fauci ha affermato qualcosa che andava ben oltre la fantasia: ha detto che il rigore e il "distanziamento sociale" non potevano e non sarebbero stati allentati fino a quando non ci sarebbe stato "nessun nuovo caso, nessun decesso". Una cosa del genere è accaduta solo una volta nella storia dei virus: il vaiolo. Dai primi esperimenti con l'inoculazione all'eradicazione finale sono stati necessari circa 250 anni. Eppure qui abbiamo Fauci che spiega che la vita non avrebbe potuto essere normale e funzionare di nuovo fino a quando questo virus, relativamente mite per il 95% della popolazione, non fosse stato completamente sradicato dal pianeta!

E ora abbiamo il vaccino e molte domande rimangono senza risposta, come perché la popolazione non vulnerabile preferirebbe iniettarselo per ottenere l'esposizione necessaria invece di passare per l'immunità acquisita naturalmente. Fare una domanda così basilare è praticamente un tabù, anche se i legislatori e altre istituzioni stanno pensando di renderlo obbligatorio. Anche così, però, molti dei sostenitori del lockdown dicono che non ci permetterà di tornare alla normalità, di toglierci le mascherine, di andare al cinema o di viaggiare di nuovo. Questa è precisamente la convinzione che ci si potrebbe aspettare da una folla che ha partecipato a quello che John Iaonnidis ha definito un "fiasco epocale" e sta cercando disperatamente di tirarsi fuori dalla perdita di credibilità scientifica.

Se Brown ha ragione sul fatto che il panico è riconducibile ad un lapsus da parte di Fauci, o forse anche ad una deliberata "bugia bianca" per ingannare il pubblico affinché accettasse l'inaccettabile, non importa. Il problema che dobbiamo affrontare ora è un enorme groviglio di terminologie tale che le "infezioni" che potrebbero includere fino al 90% di falsi positivi (secondo il NYT) sono chiamate casi, mentre la condizione una volta distinta che indicava effettivamente l'essere malati non ha più un significato preciso. La cacofonia della confusione statistica qui sconvolge davvero la mente.

Nel bel mezzo di tutto questo, lo stesso CDC ha finalmente aggiornato le proprie stime sul tasso di mortalità per infezione del Covid-19. Il CDC ha tenuto saggiamente conto dell'enorme stratificazione demografica degli esiti gravi. Non esiste un tasso che si applica all'intera popolazione o ad un individuo in particolare. Esistono solo stime precedenti dei risultati.

  • 0,003% per 0-19 anni
  • 0,02% per 20-49 anni
  • 0,5% per 50-69 anni
  • 5,4% per 70+ anni

Capovolgete i dati per vederli in base al tasso di sopravvivenza per età:

  • 99,997% per 0-19 anni
  • 99,98% per 20-49 anni
  • 99,5% per 50-69 anni
  • 94,6% per 70+ anni

John Ioannidis riassume la disparità per età con il seguente IFR per le persone di età inferiore ai 70 anni: 0,05%. Questa conclusione è stata sottoposta a revisione e pubblicata dall'Organizzazione mondiale della sanità.

Come si confronta con l'influenza? Non lo sappiamo per certo. Come ha scritto il giornalista scientifico Shin Jie Yong: "Non sembrano esserci dati sull'IFR specifico per età riguardo l'influenza stagionale". Ciò significa che la testimonianza di Fauci dell'11 marzo, in cui ha predetto che il Covid sarebbe stato dieci volte peggiore dell'influenza, non può essere né confermata né negata in base ai gravi esiti specifici per età.

Tuttavia possiamo raccogliere i dati sulla base degli anni di vita persa, prendendo in considerazione la visione a lungo termine del corso futuro delle vite esistenti. JusttheFacts riporta:

Se alla fine ci saranno 500.000 morti per Covid-19 [in futuro] negli Stati Uniti, o più del doppio di una proiezione prominente, la malattia deruberà circa 6,8 milioni di anni di vita a tutti gli americani che erano vivi all'inizio del 2020.

Al contrario:

  • l'influenza deruberà loro circa 35 milioni di anni. 
  • i suicidi li deruberanno di 132 milioni di anni. 
  • gli incidenti li deruberanno di 409 milioni di anni.

Poiché i tamponi sono aumentati notevolmente in tutta la popolazione, il tasso di mortalità per infezione stimato diminuirà ulteriormente. Così possiamo osservare un grafico di "casi" (in realtà tamponi positivi) in tutto il mondo e confrontarlo con i risultati gravi, in modo da vedere qualcosa di importante che dovrebbe far dubitare ogni persona sul perché si sia deciso di chiudere il mondo e distruggere miliardi di vite.

Un'altra statistica che vale la pena ripetere è il un tasso di guarigione vicino al 99,9%. Immaginate come sarebbe stato diverso il mondo se Fauci lo avesse detto al Congresso in quel fatidico giorno dell'11 marzo... O se Fauci avesse rivelato che l'età media delle morti da Covid è quasi uguale alla durata media della vita... Le persone potrebbero chiedersi molti perché...

Tutti questi errori e categorizzazioni comportano il pericolo di creare un'illusione di controllo. I virus non hanno all'interno piccoli ingranaggi da cui si possono estrarre i dati fin qui menzionati. Gli esseri umani li raccolgono e li creano, e nessuno di essi (IFR, CFR, tassi di infezione, tassi di mortalità, tassi di sopravvivenza) appartiene infallibilmente ad un singolo individuo. La nostra risposta ad un virus dipende dalla nostra salute, età, immunità, memoria dei linfociti T e da mille altri fattori che nessun politico controlla. 

Quello che sappiamo è che una confusione terminologica, un punto decimale fuori posto, un errore di una sola parola nella descrizione dei dati e una quantità enorme di presunzioni arroganti su come controllare un virus hanno messo in moto una serie di eventi che hanno trasformato il nostro grande e prospero Paese in un disastro di confusione, demoralizzazione, servizi medici annullati, attività chiuse, arte e istruzione distrutte e lunghe file solo per comprare il pane. Coloro che sono pro-lockdow e hanno avallato questo spaventoso disastro, le persone che hanno trasformato la nostra fiducia in tradimento e in una bufera di sciocchezze statistiche, devono guardare alla scienza e ai dati per quello che davvero sono e dicono.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Nessun commento:

Posta un commento