lunedì 23 agosto 2021

La fine di Bretton Woods, Jacques Rueff ed il “peccato monetario dell'Occidente”

 

 

di Lawrence White

Il 15 agosto 2021 è ricorso il 50° anniversario del giorno in cui il presidente Richard Nixon "chiuse la finestra dell'oro", ponendo fine al sistema monetario internazionale di Bretton Woods. È un momento opportuno, quindi, per riconsiderare le incongruenze interne di quel sistema. Come capirono i suoi critici contemporanei, Bretton Woods era destinato a fallire se non fosse stato fondamentalmente riformato ed uno dei suoi principali critici fu l'economista francese Jacques Rueff.


Jacques Rueff

Rueff (1896-1978) è stato il più importante economista liberale classico francese della sua generazione. Da giovane, lavorò sotto Raymond Poincaré alla svalutazione del franco nel 1926. In seguito si occupò di questioni finanziarie per l'ambasciata francese a Londra, dove osservò in prima persona il tentativo fallimentare della Gran Bretagna di riportare in auge il gold standard dopo un periodo di guerra ed inflazione, senza svalutazione dell'oro per eguagliare l'erosione del potere d'acquisto della sterlina rispetto al metallo giallo in tempo di guerra (o una deflazione sufficiente per riportare il potere d'acquisto della sterlina al pari di quello dell'oro). Rueff attribuì la Grande Depressione al fallimento nel ristabilire il gold standard dopo la guerra, infatti un "gold-exchange standard" improvvisato e in continua evoluzione permise di accumulare squilibri fino al crollo di quel sistema finanziario. Non fu il gold standard, ma un gold-exchange standard mal gestito dalle banche centrali che fallì nel periodo tra le due guerre.

Rueff aiutò ad organizzare il Walter Lippmann Symposium, un raduno internazionale di liberali classici a Parigi nel 1938 e discutere il libro di Lippmann del 1937, The Good Society. L'incontro fu visto come un precursore della Mont Pelerin Society, a cui avrebbe successivamente partecipato. Nel 1939 divenne vice governatore della Banca di Francia, ma fu licenziato durante l'occupazione tedesca a causa delle sue origini ebraiche.

Dopo la seconda guerra mondiale, Rueff fu un importante sostenitore del libero scambio mentre ricopriva una serie di posizioni ufficiali nel governo francese, nella Commissione europea del carbone e dell'acciaio e alla Corte europea. Quando il presidente francese Charles DeGaulle tornò al potere nel 1958, nominò Rueff presiedere di una commissione sulle riforme fiscali e monetarie. Il risultante "Piano Rueff" rese il franco francese liberamente convertibile in dollari, ponendo fine ai controlli sui cambi, dopo una considerevole svalutazione. Il piano prevedeva anche riduzioni dei dazi, l'eliminazione dei sussidi alle imprese e il dimezzamento del deficit di bilancio. Nel suo necrologio il New York Times scrisse che Rueff "era meglio conosciuto per il suo programma di riforma del 1958, il quale stabilizzava l'economia francese" all'inizio della Quinta Repubblica di de Gaulle, aggiungendo poi: "Con l'adozione del Piano Rueff, l'economia francese iniziò un periodo di vigorosa espansione commerciale e Rueff ha continuato ad essere premiato negli anni '60 come aspro critico delle politiche monetarie degli Stati Uniti e dei deficit di bilancio".


Le contraddizioni interne di Bretton Woods

Rueff e l'economista americano Robert Triffin furono i due analisti più importanti per identificare i problemi intrinseci del sistema monetario internazionale del dopoguerra stabilito a Bretton Woods. Secondo il sistema, le valute di altre nazioni dovevano mantenere tassi di cambio fissi con il dollaro USA (erano convertibili in dollari USA, ma non direttamente in oro). Il dollaro USA era la "valuta chiave", l'unica direttamente convertibile in oro e rispetto alla quale era detenuta una grande riserva aurea. Il diritto di riscatto, tuttavia, era limitato alle banche centrali estere, aziende e cittadini statunitensi continuavano ad essere legalmente esclusi dal detenere oro monetario. Per ottenerlo bisognava riscattare i dollari, una banca centrale estera doveva essere disposta a rischiare la disapprovazione delle autorità statunitensi in un momento in cui gli Stati Uniti stavano fornendo aiuti Marshall e difesa contro il blocco sovietico.

Rueff vide nel sistema di Bretton Woods, con il dollaro USA la valuta chiave, le stesse debolezze esibite dal gold exchange standard durante il periodo tra le due guerre mondiali, con la sterlina britannica e il dollaro USA che condividevano lo status di valuta chiave. Col gold standard classico ogni banca centrale (o sistema bancario, se come gli Stati Uniti e il Canada non aveva una banca centrale) deteneva le proprie riserve auree. Con Bretton Woods, al contrario, le banche centrali non statunitensi detenevano solo asset denominati in dollari statunitensi rimborsabili in oro (soprattutto titoli del Tesoro statunitensi) come riserve per mantenere un tasso di cambio fisso con il dollaro.

Questo accordo diede agli Stati Uniti quello che il ministro delle finanze francese definì un "privilegio esorbitante". Gli Stati Uniti potevano acquisire beni e servizi dal resto del mondo espandendo l'offerta di dollari, pagando il conto solo in un futuro indefinito. La tentazione si rivelò irresistibile. L'impianto di Bretton Woods non era compatibile con gli incentivi: permetteva al governo degli Stati Uniti di emettere valuta di riserva mondiale, con benefici immediati ma con pochi costi immediati per il perseguimento di una politica monetaria troppo espansiva per mantenere il suo ancoraggio nel lungo periodo. Le banche centrali estere detenevano asset in dollari come riserve e quindi li avrebbero accettati volentieri, almeno fino ad un certo punto (le banche centrali estere non detenevano banconote della Federal Reserve o saldi di conti correnti in dollari; le scambiavano con asset sicuri in dollari che fruttavano interessi). Il flusso di dollari all'estero significava che i sistemi monetari esteri guadagnavano riserve e potevano anche espanderle nominalmente, mentre (in in contrasto con il classico gold standard in base al quale gli Stati Uniti avrebbero perso oro per regolare la propria bilancia dei pagamenti) gli Stati Uniti non avevano bisogno di contrarle. Così il gold exchange standard, nelle parole di Rueff,"compromette la sensibilità e l'efficacia del meccanismo del gold standard" nell'auto-regolamentarsi.

Notare una cosa: fino ad un certo punto. L'immediato dopoguerra fu caratterizzato da lamentele di una "carenza di dollari" in Europa, poiché le banche centrali cercavano di accumulare le riserve di dollari di cui avevano bisogno per ancorarvi le loro valute nazionali. Nel corso del tempo, con il governo degli Stati Uniti che stampava dollari da esportare in Europa in cambio di beni e servizi, le discussioni si spostarono sul problema di un "eccesso di dollari". Le banche centrali europee accumularono più asset denominati in dollari di quanti avrebbero voluto. Come notò in seguito Rueff, gli Stati Uniti potevano persino andare oltre il punto di accumulo volontario, visto che potevano utilizzare la leva politica o diplomatica per scoraggiare le banche centrali estere dal riscattare l'oro. Ma tali discorsi diplomatici non sarebbero stati efficaci per sempre, poiché l'espansione monetaria causò l'accumulo di riserve sempre crescenti di dollari nelle banche centrali europee.

A differenza di Triffin, che preferiva risolvere i problemi del sistema di Bretton Woods con l'ampliamento delle linee di credito del FMI, Rueff raccomandava di eliminare le sue contraddizioni fondamentali sostituendo il gold standard di Bretton Woods con un gold standard internazionale a tutti gli effetti di stampo pre-bellico. Ogni nazione doveva detenere le proprie riserve auree. In questa raccomandazione Rueff era quasi solo, affiancato da un solo economista europeo contemporaneo, Michael Heilperin del Graduate Institute of International Studies di Ginevra. Negli Stati Uniti il giornalista economico Henry Hazlitt criticò Bretton Woods in modo simile a quello di Rueff. I politici internazionali, ovviamente, non abbracciarono l'analisi o le raccomandazioni di Rueff.


Il disfacimento del sistema di Bretton Woods

L'oro venne drenato dal Tesoro degli Stati Uniti durante gli anni '60, quando le banche centrali europee riscattarono alcune delle loro scorte di oro. La riduzione delle riserve auree statunitensi, a sua volta, amplificò ulteriormente i rimborsi: le banche centrali europee avevano compreso il pericolo crescente di una svalutazione del dollaro rispetto all'oro man mano che le riserve auree statunitensi si andavano esaurendo. Una banca centrale che avesse conservato asset in dollari quando sarebbe arrivata la svalutazione, si sarebbe ritrovata col cerino in mano.

Il Fondo Monetario Internazionale cercò di nascondere il problema emettendo "Diritti Speciali di Prelievo" (DSP) da utilizzare come mezzo di settlement internazionale al posto dell'oro, ma i DSP si rivelarono inutili nel fermare il drenaggio dell'oro dal Tesoro degli Stati Uniti. Quando le riserve auree statunitensi scesero a livello critico nell'agosto 1971, invece di frenare la politica monetaria statunitense, Nixon "chiuse la finestra dell'oro", interrompendo l'ultimo legame del sistema monetario internazionale col metallo giallo. Un sistema di settlement scoperto venne approvato nell'accordo Smithsonian del 1971, ma durò meno di 18 mesi prima che il mondo entrasse nell'era moderna delle valute fiat fluttuanti.

Il libro di Rueff del 1971, The Monetary Sin of the West, (pubblicato per la prima volta in francese come Le Péché Monêtaìre de l'Occident) fornisce un quadro nefasto della situazione con il sistema di Bretton Woods durante il suo ultimo decennio. Rueff vedeva gli squilibri accumulati negli anni '60 come simili a quelli che si erano accumulati prima del 1929 e temeva una crisi di dimensioni della Grande Depressione. La crisi che arrivò nel 1971, tuttavia, non fu una crisi di deflazione del debito, ma una crisi di ripudio del debito e di inflazione.

Rueff sostenne acutamente che ci si devono aspettare crisi croniche quando una banca centrale è incaricata di un gold standard. I meccanismi di mercato di un gold standard decentralizzato coordinano l'offerta di denaro con la domanda/offerta meglio di quanto possa o voglia qualsiasi pianificatore monetario centrale: “Non credo, infatti, che le autorità monetarie, per quanto coraggiose e ben informate possano essere, possano effettuare deliberatamente quelle contrazioni nell'offerta di denaro che il meccanismo del gold standard avrebbe generato automaticamente”. In pratica, le autorità hanno ritardato la contrazione, prolungando il boom fino a quando la correzione necessaria non è diventata un grande shock doloroso, mentre un gold standard decentralizzato opera quotidianamente, lentamente e gradualmente per mantenere l'equilibrio attraverso il meccanismo di price-specie flow.

In un articolo del febbraio 1970 su Le Monde, Rueff avvertì che "se le richieste residue di conversione di dollari in valuta estera o oro [...] fossero più di quanto gli Stati Uniti potessero soddisfare", le autorità monetarie americane avrebbero dovuto chiudere la finestra dell'oro. Come nota di accompagnamento, inserita nell'edizione americana del 1972, si legge: "Questo accadde il 15 agosto 1971".

La previsione di Rueff che il sistema di Bretton Woods non sarebbe sopravvissuto nella sua forma allora attuale, perché altri governi nazionali alla fine non sarebbero stati disposti a continuare ad accumulare pile di crediti in dollari, si è dimostrata corretta. D'altra parte Rueff avvertì costantemente che un'altra Grande Depressione incombeva se il sistema non fosse stato prontamente riformato nel modo da lui suggerito; scrisse molte volte di una "catastrofe" nelle sue opere. Dopo il fatto sappiamo che questi avvertimenti erano eccessivamente allarmistici, poiché non prese in considerazione la strategia di uscita proposta da Milton Friedman negli anni '60, anche prima che le riserve auree statunitensi iniziassero ad esaurirsi, vale a dire un passaggio a tassi di cambio fluttuanti combinato con una regola monetaria per limitare l'inflazione una volta che l'oro fosse stato rimosso. Non era necessaria alcuna deflazione.

Naturalmente Friedman ottenne solo la prima metà del suo programma. La fine de jure di Bretton Woods sancì la fine de facto (dalla metà degli anni '60) della politica monetaria da parte della FED vincolata alla rimborsabilità dell'oro. Nessun altro vincolo lo sostituì. La crescita annuale di M2 ha raggiunto le due cifre. Il tasso d'inflazione, già in aumento, seguì: passò a due cifre nel 1974, 1979 e 1980. Come si scoprì, quindi, il gold exchange standard di Bretton Woods terminò con l'espansione monetaria e la Grande Inflazione, non con la contrazione monetaria ed una Grande Depressione. Si potrebbe dire che l'inflazione posticipò la recessione al 1980-82. Anche se è vero che il 1980-82 fu una recessione relativamente grave, non somigliava affatto alla Grande Depressione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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