martedì 31 agosto 2021

Dalla trappola malthusiana a quella keynesiana: l'economia inglese dal 1810 al 2019

 

 

di Neema Parvini

Da quando Irving Fisher e John Maynard Keynes scrissero negli anni '30, ci sono state due ortodossie prevalenti nell'economia tradizionale:

  1. La deflazione è un vero e proprio flagello[1];
  2. La crescita economica alimentata dai consumatori deve essere la nostra massima priorità economica.[2]

In questo articolo, utilizzando i dati macroeconomici inglesi del XIX, XX e XXI secolo, nonché il ragionamento prasseologico, cercherò di confutarle mostrando che la crescita è avvenuta a spese del risparmio nazionale netto, cosa che non è sostenibile nel lungo periodo.

In primo luogo, sulla deflazione, se studiamo la seguente tabella che mostra i prezzi medi del grano e del pane rispetto ai salari medi e alla popolazione totale per il 1800,[3] possiamo vedere immediatamente che i prezzi medi sono diminuiti all'aumentare dei salari e della popolazione. L'affermazione secondo cui la deflazione è sempre una cosa negativa non spiega quindi l'intero diciannovesimo secolo, specialmente dopo il 1846, quando l'eroe del laissez-faire Richard Cobden alla fine persuase Sir Robert Peel ad abrogare le Corn Laws dopo un decennio di attivismo politico e agitazioni.

Questa serie di cifre non solo dissipa i miti sulla deflazione spacciati dagli anni '30, ma anche i miti dei protezionisti dei primi anni '800, che si erano opposti alla Legge di Say e si erano espressi a favore del mantenimento delle Corn Laws.[4] Thomas Malthus — l'eroe economico di Keynes — sosteneva che i salari sono indissolubilmente legati al prezzo del grano. David Ricardo lo seguì basando la sua argomentazione su una serie contorta di ipotesi tra cui la sua teoria differenziale della rendita e l'omogeneità dei saggi salariali.[5] La teoria sula salario che dipende dal grano falsa, cosa che può essere mostrata empiricamente e usando il metodo prasseologico.

William D. Grampp l'ha dimostrato empiricamente dividendo il salario medio annuale per i prezzi medi del grano, ottenendo il "salario in grano" dal 1815 al 1846.[6] Se Malthus e Ricardo avessero avuto ragione, il "salario in grano" sarebbe stato abbastanza costante per periodi di quindici o vent'anni, ma questo non si osserva perché fluttuano selvaggiamente. In alcuni anni, il grano è fino al 36,1% più alto dei salari (1817), e in altri anni fino al 44,2% in meno (1835). Tuttavia questa tesi non può essere sconfessata dall'empirismo. Come osserva lo stesso Grampp, i sostenitori di Ricardo come Mark Blaug misero in dubbio la validità dei dati. Tuttavia il ricardiano dall'occhio d'aquila potrebbe scegliere un intervallo di vent'anni, diciamo dal 1816 al 1836, e fare la media dei "salari in grano" per trovare solo una differenza di +0,6% tra salario e grano, e solo un -0,5% di differenza per l'intero periodo. Anche se questo non mostra la coerenza di anno in anno, potrebbero pensare che dimostri che i prezzi comunque oscillano in media intorno al loro "tasso naturale". Giochi di statistica come questo possono sempre fuorviare, quindi dobbiamo esporre l'errore nel ragionamento sottostante.

Il contemporaneo di Ricardo, Nassau William Senior, puntò il dito sul problema: "Il grano non diventa caro perché una porzione viene coltivata con una grande spesa, ma una porzione viene coltivata con una grande spesa perché è già diventato caro".[7] Qui Senior sembra anticipare Carl Menger nel riconoscere che il valore di un bene è determinato dalle preferenze dei consumatori e che l'investimento di capitale nella produzione di quel bene è un riconoscimento di questo fatto. I costi dei fattori di produzione sono determinati con il prezzo finale del bene di consumo già in mente.[8] Infatti, come disse Ludwig von Mises, il calcolo economico è reso possibile solo da questa struttura dei prezzi.[9] I singoli imprenditori-capitalisti valutano le condizioni prevalenti del mercato e decidono di destinare le loro risorse alla coltivazione del grano o alla creazione di una miniera di carbone, o all'apertura di una fabbrica per la produzione di tessuti, o forse di una ferriera. Anticipano la domanda futura del mercato per questo o quel bene e quindi investono in capitale e lavoro di conseguenza, ad un costo ed a fronte di probabili rendimenti futuri. Se hanno ragione, realizzeranno un profitto, altrimenti subiranno perdite e alla fine saranno costretti a chiudere la loro impresa. Questa ovvia realtà della vita ottocentesca (anzi, della vita in ogni momento in cui i mercati possono operare) era completamente ignorata da Ricardo, il quale "lascia totalmente fuori l'imprenditore".[10] Un imprenditore in questo periodo, John Bennet Lawes, sviluppò un nuovo prodotto fertilizzante che portò ad un aumento del 37% della resa di grano per acro nel 1840, il che non solo lo rese ricco, ma si tradusse anche in un aumento di quasi il 29% dei rendimenti medi per gli agricoltori.[11] Questa cecità per quanto riguardava l'innovazione nel pensiero economico impedì a Ricardo, nonostante la sua lettura di Jean-Baptiste Say, di vedere come le diverse parti di un'economia potessero influenzarsi a vicenda.

Un esempio di questo difetto nel pensiero ricardiano è che la rendita non è determinata solo dalla qualità della terra, ma dai molti fattori che ne influenzano la domanda, compresa la sua posizione e connettività: "Le ferrovie hanno influito sulla rendita aprendo mercati lontani agli agricoltori e abbassando il costo degli input agricoli come sementi, fertilizzanti, macchinari e carbone man mano che i costi di trasporto diminuivano".[12] Anche il ruolo degli investimenti in capitale fisso scompare come fattore nella teoria di Ricardo. Come ha osservato George Stigler: "Ricardo presume [...] che tutto il capitale in agricoltura sia capitale circolante".[13] Ad esempio, un'innovazione tecnologica nel 1870 fu il "tackle", un trattore e aratro a vapore che aumentò notevolmente la produttività. Come con tutta l'automazione, tali aggeggi ridussero la necessità di manodopera aumentando la produzione. Costavano circa £645, prezzo che per la maggior parte dei fittavoli (e dei loro proprietari) avrebbe richiesto risparmi ed investimenti: quei primi utenti avrebbero goduto di un vantaggio competitivo rispetto a coloro che non potevano investire. L'analisi statica di Ricardo non poteva prevedere gli effetti di questo tipo di cambiamenti che alla fine ruppero la trappola malthusiana. Nel 2019 l'agricoltura rappresentava circa lo 0,59% dell'economia del Regno Unito e l'1,6% della sua forza lavoro, fornendo al contempo il 50% dell'approvvigionamento alimentare.[14] Né Malthus, né Ricardo avevano previsto un progresso tecnologico a questo livello. La trappola malthusiana, quindi, è scardinata.

Tuttavia, non ci siamo ancora liberati dalla trappola keynesiana, successore spirituale di Malthus. Nella tabella qui sotto,[15] ho compilato varie statistiche decennali per l'economia del Regno Unito dal 1840 ai giorni nostri.

PIL = media decennale in miliardi di sterline del 2015; Popolazione = media decennale in milioni di persone; PILP = Prodotto Interno Lordo Privato, PIL meno Consumo Pubblico[16]

Diverse cose dovrebbero diventare evidenti ormai. Nel 1800, nonostante la crescita sostenuta della popolazione e la crescita economica misurata dal PILP, il risparmio pubblico e privato combinato riuscì costantemente a rimanere al di sopra dell'8,7% e ben oltre il 10% nella maggior parte dei decenni fino al 1910. Le generazioni vittoriane durante questo periodo mantennero una politica economica lungimirante: lasciare il Paese in uno stato finanziariamente più sicuro di quello in cui erano nati. A volte questo significava sacrificare una certa crescita economica a breve termine per la sostenibilità a lungo termine, in altre parole, posticipare i consumi per produrre risparmi nazionali netti, denaro che sarebbe stato utilizzato per gli investimenti di capitale necessari per produrre il prossimo ciclo di innovazione e crescita. Si trattava di un orientamento che anteponeva il futuro dei propri figli al proprio consumo presente. Era una politica che induceva una bassa preferenza temporale. Tale era la loro prudenza fiscale che anche il disastro della prima guerra mondiale, che influenzò negativamente la crescita reale, non ridusse i risparmi a meno del 7,18% per l'intero decennio. Tuttavia, poiché le politiche interventiste avevano messo radici negli anni della depressione dopo la guerra, i risparmi si ridussero negli anni '20 e '30. La catastrofe della seconda guerra mondiale vide un drastico calo fino al 3,5% nei risparmi nazionali. Quello che vediamo nel periodo dal 1910 al 1950 è l'abietto sperpero di ottant'anni di accumulo di capitale. Nel periodo postbellico che ne seguì, possiamo vedere che, nonostante un breve ritorno al risparmio in stile ottocentesco negli anni '60, il risparmio nazionale da allora è in totale caduta libera. Tanto che negli anni 2010 era solo appena sopra lo zero. Uno sguardo ai due grafici seguenti dovrebbe rendere questo punto molto più esplicito.

Il primo grafico mostra il consumo pubblico in percentuale del PIL, invece il secondo mostra il risparmio nazionale netto in percentuale del PIL. La crescita economica dagli anni '50 agli anni 2010 può sembrare sulla carta più impressionante di quella del diciannovesimo secolo, anche quando si utilizza il PIL al posto del PILP, ma ciò maschera il fatto che questa crescita è una specie di corsa a vuoto. Infatti le politiche economiche di quel periodo hanno ribaltato il mantra di quelle nel periodo vittoriano: si è sacrificata la sostenibilità a lungo termine per la crescita a breve termine. Si è sostituito il consumo posticipato per produrre un risparmio nazionale netto con il consumo presente ed a scapito di qualsiasi risparmio. Si tratta di un orientamento che antepone il nostro consumo presente al futuro dei nostri figli. È una politica che induce un'elevata preferenza temporale. Si tratta di una policy che, alla luce dei dati di cui sopra, così come i tassi d'interesse negativi in ​​tutta Europa,[17] sta sicuramente raggiungendo il capolinea.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Irving Fisher, "The Debt-Deflation Theory of Great Depression", Econometrica 1, n. 4 (ottobre 1933): 337-57.

[2] John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, and Money (London: Macmillan, 1936).

[3] BR Mitchell, British Historical Statistics (1988; Cambridge: Cambridge University Press, 2011), pp. 756–57, 769–70, 165, 452–53, 9. Si noti che i prezzi del pane sono nella media di Londra.

[4] Si veda William D. Grampp, The Manchester School of Economics (Oxford: Oxford University Press, 1960); Thomas Sowell, Say's Law: An Historical Analysis (Princeton, NJ: Princeton University Press, 1972), pp. 115-41; WH Hutt, A Rehabilitation of Say's Law (Athens: Ohio University Press, 1974), pp. 24-25.

[5] David Ricardo, "On the Principles of Political Economy and Taxation" (1817), in The Works and Correspondence of David Ricardo, ed. Piero Sraffa, 11 voll. (1951; Indianapolis, IN: Liberty Fund, 2004), vol. 1, in particolare pp. 95-109.

[6] Grampp, The Manchester School of Economics, p. 32.

[7] Nassau William Senior, "Report — On the State of Agriculture", Quarterly Review 25, n. 2 (luglio 1821): 476.

[8] Carl Menger, Principles of Economics, trad. James Dingwell e Bert F. Hoselitz (1871; Auburn, AL: Mises Institute, 2007), pp. 149-74.

[9] Ludwig von Mises, Socialism: An Economic and Sociological Analysis (1922; Mansfield Centre, CT: Martino Publishing, 2012), pp. 114-22.

[10] Murray N. Rothbard, An Austrian Perspective on the History of Economic Thought , 2 voll. (1995; Auburn, AL: Mises Institute, 2006), vol 2: Classical Economics, p. 86.

[11] Mitchell, British Hitorical Statistics, pp. 756–57, 195

[12] Stephen John Pam, Essex Agriculture: Responses to Economic Change, 1850–1914 , PhD diss (London: London School of Economics, 2004), p. 43.

[13] George Stigler, Production and Distribution Theories: The Formative Period (New York: Macmillan, 1941), p. 285.

[14] "Food Statistics in Your Pocket 2017 — Global and UK Supply", Department for Environment, Food and Rural Affairs (9 ottobre 2018), disponibile all'indirizzo: https://www.gov.uk/government/publications/food-statistics-pocketbook -2017/food-statistics-in-your-pocket-2017-global-and-uk-supply

[15] Dati adattati da Bank of England, "A Millennium of Economic Data" (2016), disponibili all'indirizzo: https://www.bankofengland.co.uk/-/media/boe/files/statistics/research-datasets/a-millennium -of-macroeconomic-data-for-the-uk.xlsx

[16] Si veda Robert Higgs, "Government Bloat is Not Growth: Real Gross Domestic Private Product, 2000–2011", Mises Wire (20 dicembre 2012), disponibile all'indirizzo: https://mises.org/library/government-bloat-not- crescita-prodotto-privato-lordo-reale-2000%E2%80%932011

[17] Thorsten Polleit, "Il rinnovato attacco della BCE al libero mercato", Francesco Simoncelli's Freedonia (23 luglio 2019), disponibile all'indirizzo: https://www.francescosimoncelli.com/2019/07/il-rinnovato-attacco-della-bce-al.html

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