mercoledì 16 marzo 2022

La terra dove è morta la storia

 

 

di David Stockman

Alla luce delle notizie grottescamente unilaterali sulla guerra ucraina da parte dei media generalisti, possiamo dire che l'America è diventata la terra in cui è morta la storia.

Dalla copertura giornalistica di CNN e NBC, ad esempio, si potrebbe pensare che i confini dell'Ucraina erano stati concordati da tutti per eoni; che il governo di Kiev non abbia fatto assolutamente nulla per suscitare sospetto e rabbia russi; e che lo zio Sam, la NATO e l'Unione Europea abbiano svolazzato per i quartieri ai confini della Russia semplicemente facendo il tifo per la democrazia e distribuendo disinteressatamente aiuti economici e biscotti ai popoli ucraini che soffrono da tempo.

Beh no. L'esplosione della guerra in Ucraina di oggi non si sarebbe assolutamente verificata se non per il violento colpo di stato del febbraio 2014 che rovesciò il presidente filo-russo democraticamente eletto dell'Ucraina; e quel colpo di stato fu finanziato, organizzato e coreografato dai neocon con sede a Washington, dai ficcanaso e dai mercanti di armi che altrimenti non avrebbero avuto motivo di esistere nel mondo post-sovietico.

Inoltre, esaminando i modelli di voto delle elezioni presidenziali ucraine del 2010, possiamo vedere esattamente come l'intervento di Washington a sostegno del golpe di Maidan abbia minato sin da allora un governo stabile a Kiev e relazioni amichevoli con lo storico vicino e sovrano dell'Ucraina: la Russia. Questo perché mentre le elezioni del 2010 riflettevano le nette divisioni dell'elettorato ucraino (vedi mappa sotto), hanno comunque prodotto un governo ragionevolmente accettabile per la maggior parte dell'elettorato ed uno che ha continuato a lavorare per nuovi accordi con entrambi i vicini: UE ad ovest dell'Ucraina e la Russia ad est.

Alla fine, quel tollerabile equilibrio di governo è stato bruscamente ed unilateralmente cancellato da un atto di Washington, specialmente quando poi ha abbracciato e riconosciuto un governo ad hoc ed anti-russo che proveniva dall'estrema destra dello spettro politico/etnico.

L'effetto è stato quello di avviare Kiev verso un massiccio aiuto economico e militare da parte degli Stati Uniti, dell'UE e dell'adesione alla NATO, cosa che era destinata a produrre la reazione negativa della Russia di cui l'ambasciatore George Kennan aveva avvertito due decenni prima.

Per quanto riguarda gli aiuti, l'Ucraina ha ricevuto solo un'assistenza minore dall'ovest prima del 2014, ma da allora ha superato i $15 miliardi. Ciò includeva quasi $3 miliardi di aiuti militari dagli Stati Uniti, $6 miliardi di aiuti economici e allo sviluppo da donatori occidentali, $3 miliardi di finanziamenti sovvenzionati dalla ex-Im Bank degli Stati Uniti e $3 miliardi da altri aiuti umanitari. L'effetto è stato quello di trasformare l'Ucraina in un rione di Washington, fatto palesemente ovvio per Mosca.

Per quanto riguarda l'effetto shock negativo del colpo di stato di Maidan sulla governance e sulla politica estera ucraine, la mappa qui sotto vi dice tutto ciò che dovete sapere. Le parti blu scuro della mappa all'estremo oriente (Donbas) indicano un voto dell'80%+ per Viktor Janukovich nelle elezioni del 2010. Al contrario, le aree rosa scuro ad ovest hanno votato per l'80% o più per la nazionalista ucraina Yulie Tymoshenko. Vale a dire, l'inclinazione nell'elettorato ucraino era così estrema da far sembrare l'attuale divisione stato rosso/stato blu dell'America a malapena degna di nota in confronto.

La somma degli sbilanciamenti pro-Janukovych ad est ed a sud (Donbas e Crimea) totalizzò 12,48 milioni di voti ed il 48,95% del totale, mentre la somma degli estremisti al centro e ad ovest (vecchia Galizia orientale) ammontava a 11,59 milioni di voti ed il 45,47% del totale.

Detto diversamente, è difficile immaginare un elettorato più diviso su base regionale/etnica/linguistica, ma che abbia comunque prodotto un margine di vittoria abbastanza decisivo (3,6 punti percentuali) per Janukovych, tanto da essere accettato da tutti i partiti. Ciò è diventato particolarmente chiaro quando Tymoshenko, che era il primo ministro in carica, ha ritirato la sua sfida elettorale poche settimane dopo il ballottaggio nel febbraio 2010. A quel punto la Russia non aveva affatto problemi con il governo di Kiev, perché essenzialmente il "Partito delle Regioni" era basato sulle parti filo-russe (aree blu) dell'elettorato ucraino.

Nel corso degli anni successivi l'Ucraina ha tentato di migliorare le sue circostanze eseguendo una sorta di compromesso tra l'Unione Europea e la Russia per quanto riguardava gli aiuti e gli accordi commerciali.

Ed anche i suoi leader avrebbero potuto farlo: l'Ucraina era diventata un pozzo nero di corruzione finanziaria in cui una manciata di oligarchi aveva derubato il Paese. Di conseguenza il suo PIL reale nel 2013 era sceso a $600 miliardi ($ costanti del 2017), una contrazione del 33% rispetto al livello del 1990.

Di conseguenza l'amministrazione Janukovych avviò nel marzo 2012 un accordo di associazione con l'Unione Europea che doveva fornire vantaggi commerciali ed un pacchetto di aiuti da parte del FMI. Tuttavia i leader dell'UE insistettero sul fatto che nessun accordo poteva essere ratificato a meno che l'Ucraina non avesse affrontato le preoccupazioni per un "forte deterioramento della democrazia e dello stato di diritto", inclusa l'incarcerazione di Yulia Tymoshenko nel 2011. Per rispondere a queste preoccupazioni, infatti, il presidente Janukovich esortò il parlamento ad adottare leggi in modo che l'Ucraina soddisfacesse i criteri dell'UE.

Ma è stato il prestito di $4 miliardi da parte del FMI che si è rivelata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Secondo l'allora primo ministro Mykola Azarov “le condizioni estremamente dure” del prestito del FMI includevano ingenti tagli al budget ed un aumento del 40% delle bollette del gas. Quelle si rivelarono colline troppo alte per essere scalate da tutte le fazioni all'interno del sistema politico frazionato dell'Ucraina.

Di conseguenza le richieste del FMI diventarono l'argomento decisivo dietro la decisione del governo ucraino di sospendere i preparativi per la firma dell'accordo di associazione con l'UE. Invece Kiev passò rapidamente ada un accordo con la Russia nell'autunno del 2013, disposta ad offrire $15 miliardi di prestiti senza le dure condizioni preliminari del FMI. Inoltre Mosca offrì all'Ucraina uno sconto sui grandi acquisti di gas dalla Russia.

A quel punto l'Ucraina aveva superato il suo margine finanziario e l'anno successivo avrebbe dovuto far fronte ad un divario di finanziamenti esterni da $17 miliardi, quasi il livello delle riserve monetarie della banca centrale.

Il resto è storia, come dicono. I neocon di Washington non avevano intenzione di accettare un'inclinazione verso la Russia, a nessun costo. Così entrarono in azione portando tutti gli strumenti dell'Impero: la CIA, il Dipartimento di Stato, la NED, le ONG e gli oligarchi ucraini favoriti, in modo da far fallire l'accordo con la Russia e rimuovere Janukovych.

In una successiva intervista con un giornalista statunitense, infatti, l'oligarca miliardario ucraino e leader dell'opposizione, Petro Porochenko (divenuto poi presidente), disse abbastanza chiaramente che il piano era di sovvertire la costituzione della nazione ed insediare un governo non eletto ed anti-russo che avrebbe stracciato l'accordo con Mosca:

Fin dall'inizio sono stato uno degli organizzatori di Maidan. Il mio canale televisivo, Canale 5, ha svolto un ruolo estremamente importante [...]. L'11 dicembre, quando abbiamo avuto l'assistente del Segretario di Stato americano, Victoria Nuland, e la diplomatica dell'UE, Catherine Ashton, a Kiev, durante la notte si è iniziato a prendere d'assalto Maidan.

Non si dovrebbe mai dimenticare, quindi, che il colpo di stato che ha rovesciato il governo costituzionalmente eletto a Kiev è stato un'impresa di Washington da $5 miliardi. Non si sarebbe mai realizzato come un golpe di successo senza le mani pesanti del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti insieme alle suddette armi dell'impero.

Inutile dire che l'annullamento delle elezioni di un Paese, sostenuto dal bastone della potenza militare della NATO e dalla carota di miliardi di un consorzio Washington/UE/FMI, è un'ingerenza ingiustificata, ma non ovviamente secondo l'ipocrisia insensata della politica estera di Washington.

Infatti, come disse all'epoca alla CNN l'ex-presidente Obama, Washington si stava solo occupando della sua "nazione". Aveva incoraggiato l'ennesimo "sboccio di democrazia" ed a tal fine aveva: 

[...] mediato un accordo per la transizione del potere in Ucraina.

Mediato un corno!

Questa è stata una palese ed imperdonabile violazione del cosiddetto "diritto internazionale", perché ha servito gli obiettivi di potere dei neocon a Washington e ha tenuto in gioco l'ormai obsoleto apparato di politica estera degli Stati Uniti, per non parlare di un nuovo cliente per la vendita di armi.

Non importa se il massiccio sostegno politico e finanziario di Washington alla rivolta di Maidan nelle strade di Kiev, e poi il riconoscimento quasi istantaneo del conseguente colpo di stato come governo ufficiale dell'Ucraina, sia stato un attacco frontale alla sovranità della nazione.

Il defunto e spregevole senatore John McCain è persino andato a Kiev per mostrare solidarietà agli attivisti di Maidan. McCain cenò con i leader dell'opposizione, compresi i membri del partito di estrema destra Svoboda ed in seguito apparse sul palco in piazza Maidan durante una manifestazione di massa

Lì rimase spalla a spalla con il leader di Svoboda, Oleh Tyahnybok, che non fece mistero delle sue convinzioni filo-naziste.

Ma le azioni di McCain sono state un modello di moderazione diplomatica rispetto alla condotta di Victoria Nuland, l'assistente del Segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici, che, tra l'altro, è tornata nella stessa posizione nell'amministrazione Biden, alimentando le stesse politiche neocon di guerra.

Con l'aggravarsi della crisi politica ucraina, la Nuland ed i suoi subordinati divennero più sfacciati nel favorire i manifestanti anti-Yanukovich. Nuland evidenziò in un discorso alla Fondazione USA-Ucraina nel dicembre 2013, di essersi recata in Ucraina tre volte nelle settimane successive all'inizio delle manifestazioni. Visitando Maidan il 5 dicembre, distribuì biscotti ai manifestanti ed espresse sostegno alla loro causa.

La condotta di Washington non solo costituiva un'ingerenza, ma rasentava il ruolo di burattinaio. Ad un certo punto l'ambasciatore statunitense Pyatt menzionò la complessa dinamica tra i tre principali leader dell'opposizione: Arseniy Yatsenyuk, Oleh Tyahnybok e Vitali Klitschko

Sia Pyatt che la Nuland volevano tenere Tyahnybok e Klitschko fuori da un governo ad interim. Nel primo caso erano preoccupati per i suoi legami estremisti; nel secondo, sembravano volere che aspettasse e facesse un'offerta per la carica a lungo termine.

La Nuland affermò quindi che “non credo che Klitsch dovrebbe entrare nel governo. Non credo sia necessario”. Aggiunse poi che ciò di cui Yatseniuk aveva bisogno erano “Klitsch e Tyanhybok all'esterno”.

I due diplomatici erano anche pronti ad intensificare il già ampio coinvolgimento degli Stati Uniti nelle turbolenze politiche dell'Ucraina chiamando addirittura il Pezzo Grosso.

Pyatt dichiarò senza mezzi termini che:

Vogliamo cercare di convincere qualcuno con una personalità internazionale a venire qui e ad aiutarci in questa cosa [la transizione politica].

La Nuland aveva chiaramente in mente il vicepresidente Joe Biden. Notando che il consigliere per la sicurezza nazionale del vicepresidente era in contatto diretto con lei, la Nuland riferì che gli aveva detto:

Probabilmente domani, quindi Biden è disposto a venire.

Vale a dire, Victoria Nuland non aveva semplicemente detto ad alcuni agenti sotto copertura di acquistare annunci sui social media ucraini, come è stata accusata di aver fatto la Russia durante le elezioni americane del 2016. Al contrario, scelse il successore di Yanokovich e l'intero gabinetto!

E lo sappiamo da una telefonata hackerata tra la Nuland e l'ambasciatore degli Stati Uniti a Kiev. Discutendo su chi avrebbe dovuto guidare il governo insediato da Washington, la Nuland chiarì chi sarebbe stato il successivo primo ministro e con chi avrebbe dovuto parlare per un consiglio:

Nuland: Penso che Yats (Arseniy Yatseniuk) sia il tipo che ha l'esperienza economica, l'esperienza di governo. [...] quello di cui ha bisogno sono Klitsch e Tyahnybok all'esterno. Ha bisogno di parlare con loro  quattro volte a settimana, lo sai.

Com'è quindi accaduto, i leader del golpe hanno seguito alla lettera il consiglio della Nuland, insediando "Yats" in veste di nuovo primo ministro; ma assegnò anche quattro posti di governo su undici a rabbiosi cripto-nazisti anti-russi.

Infatti al centro del golpe c'erano le organizzazioni ucraine chiamate Svoboda (partito nazionalsocialista dell'Ucraina) e Right Sector. Il loro eroe nazionale era un certo Stepan Bandera, un collaboratore di Hitler che guidò l'eliminazione di migliaia di polacchi, ebrei ed altre minoranze mentre all'inizio degli anni quaranta la Wehrmacht nazista si faceva strada attraverso l'Ucraina verso Stalingrado.

Un altro fondatore e leader di Svoboda, Andriy Parubiy, ricevette un portafoglio che includeva il Ministero della Difesa, le Forze armate, le forze dell'ordine, la sicurezza nazionale e l'intelligence. Non c'è da sorprendersi che il Cremlino fosse allarmato da questi sviluppi e che le popolazioni di lingua russa della Crimea e del Donbas (le aree blu sulla mappa elettorale sopra) temessero una pulizia etnica guidata dal nuovo governo nazionalista ucraino a Kiev, data la sanguinosa storia della Seconda Guerra Mondiale.

In ogni caso, ecco com'è la vera "ingerenza" straniera ed è esattamente ciò che Washington ha fatto più e più volte.

La verità della questione è che la Washington Imperiale sta ora raccogliendo la tempesta visto che nel corso dei decenni ha seminato vento sotto forma di massiccia interferenza nella politica interna e nel processo di governo dei Paesi di tutto il mondo, di cui il colpo di stato ucraino è solo l'ultimo nodo a giungere al pettine.

Contrariamente alla magniloquenza, allo sciovinismo ed allo stridulo moralismo che fluisce da Washington e dai media generalisti, l'America non aveva assolutamente alcun interesse per la sicurezza nazionale nel battibecco tra Putin ed il colpo di stato che incostituzionalmente ha conquistato Kiev nel febbraio 2014.

Come tutto ciò che è stato esaminato sopra, la fonte dell'attuale ululato di calamità sulla Russia è lo stato di guerra: l'esistenza di un vasto apparato di manovre militari, diplomatiche ed economiche che è sempre in agguato per missioni e mandati e che può mobilitare una massiccia campagna di propaganda alla minima eccitazione.

L'assurdità post-1991 di rafforzare la NATO ed estenderla all'Europa orientale, invece di liquidarla dopo aver raggiunto la "missione compiuta", è solo l'ennesima manifestazione del suo impatto nefasto ed il motivo per cui il mondo è ora in preda alla guerra ed alle voci di guerra.

In verità, l'espansione della NATO è la causa alla base della paranoia di Putin sui suoi confini e sui suoi vicini, e non è sicuramente infondata. Dopotutto, eventuali aiuti russi ad un governo messicano ostile, compresi gli agenti paramilitari altrimenti noti come cartelli della droga, produrrebbero lo stesso risultato, no?

È lo stato di guerra che ha determinato che l'America avesse bisogno di un'alleanza militare con Slovenia, Slovacchia, Bulgaria, Romania, Montenegro e ora il mini-stato della Macedonia!

Quindi il clamore per l'azione contro la Russia proveniente da Washington e dai suoi media addestrati non è nemmeno una risposta semi-razionale ai fatti; è solo un altro spasmo distruttivo dello stato di guerra della nazione e della sua macchina di ingerenza diplomatica, guerra economica ed intervento militare.

Al momento della fine dell'Unione Sovietica, la NATO aveva 16 nazioni membri vincolate dall'obbligo dell'articolo 5 di difesa reciproca, ma quando l'Unione Sovietica e l'Armata Rossa morirono, non c'era più nulla da cui difendersi. La NATO avrebbe dovuto dichiarare "missione compiuta" e dissolversi.

Invece è diventata un martello pneumatico per le politiche dell'Impero americano, espandendosi a 30 nazioni, molte delle quali alle porte della Russia.

Tuttavia se la vostra percezione non è distorta dalla propaganda di Washington, la domanda è ovvia: in che modo la sicurezza e la protezione dei cittadini di Lincoln NE o Springfield MA ci guadagnavano con l'annessione di eserciti minuscoli come quello della Lettonia (6.000), della Croazia (14.500), dell'Estonia (6.400), della Slovenia (7.300), o del Montenegro (1.950)?

L'espansione della NATO dopo il 1991 è così assurda come questione di sicurezza nazionale che la sua vera funzione di foglia di fico per la politica imperiale americana era abbastanza palese. Nessuna di queste piccole nazioni avrebbe avuto importanza per la sicurezza degli Stati Uniti, anche se avessero deciso di avere un rapporto più intimo con la Russia, volontariamente o meno.

George H. W. Bush ed il suo Segretario di Stato, James Baker, avevano ragione nel 1989 quando promisero a Gorbaciov che gli allora 16 membri della NATO non si sarebbero espansi "di un solo centimetro" verso est in cambio della sua adesione alla riunificazione della Germania e della fine effettiva del Patto di Varsavia.

Ma invece di dichiarare la vittoria della guerra fredda e smantellare il suo apparato una volta che i 50.000 carri armati sovietici sul fronte centrale furono effettivamente fusi per essere demoliti, accadde praticamente il contrario: la NATO è stata estesa a 30 Paesi, compreso lo stato del Montenegro che ha una dimensione militare la metà delle forze di polizia di Filadelfia.

Nel contesto di questa incessante ed inutile espansione della NATO fino ai confini del rimpicciolito stato russo, Washington non solo ha sponsorizzato e finanziato il rovesciamento del governo costituzionalmente eletto dell'Ucraina nel febbraio 2014, ma una volta scatenata una devastante guerra civile, ha inesorabilmente bloccato per sette anni consecutivi l'ovvia alternativa allo spargimento di sangue che aveva causato 10.000 vittime tra civili e militari, anche prima dell'inizio dell'attuale guerra.

Vale a dire, l'Ucraina avrebbe potuto essere divisa con autonomia per le province di lingua russa del Donbas, o addirittura con l'adesione allo stato russo da cui essenzialmente queste comunità avevano avuto origine.

Dopotutto, il Paese artificiale della Cecoslovacchia, creato per un capriccio politico a Versailles nel 1919, è stato pacificamente e senza conseguenze divisa nelle sue nazioni separate ceca e slovacca anni fa. Lo stesso vale per la Jugoslavia, una federazione poliglotta che ora è stata divisa in sette nazioni.

In quest'ultimo caso, la spartizione era in parte dovuta ai bombardieri americani che separarono con la forza il Kosovo dal suo genitore serbo. E anche allora, questa partizione sanzionata da Washington finì nelle mani di una mafia criminale in Kosovo che fa sembrare Putin un santo al confronto.

Ma il punto è che non c'è alcuna minaccia per l'America nell'Europa orientale, a meno che il Montenegro, la Slovenia o la Lettonia non diventino la rotta d'invasione di Putin per effettuare l'occupazione russa di Germania, Francia, Benelux ed Inghilterra.

E questo è semplicemente stupido!

Eppure, a parte questo scenario assolutamente inverosimile ed economicamente e militarmente impossibile, non c'è alcun motivo per cui gli Stati Uniti abbiano un patto di mutua difesa con nessuno dei nuovi e, se è per questo, vecchi membri della NATO.

E questo ci porta alla foglia di fico più ridicola di tutte: l'affermazione palesemente fasulla che le azioni (difensive) della Russia in Crimea e nel Donbas (Ucraina orientale) all'epoca del colpo di stato nel 2014 dimostrano che si tratta di un espansionismo aggressivo. Ma su questo punto coloro ebbri della propaganda imperiale di Washington sono completamente ciechi.

Come abbiamo ampliato altrove, Sebastopoli in Crimea è stato il porto di partenza della flotta navale russa sotto zar e commissari allo stesso modo ed è stato acquistato dagli ottomani per soldi da Caterina la Grande nel 1783. È il sito di uno dei più grandi eventi patriottici, la sconfitta degli invasori inglesi nel 1854 resa famosa dalla carica della brigata leggera di Tennyson, ed è per l'80% di lingua russa.

Dopo 171 anni come parte integrante della madrepatria russa, tecnicamente divenne parte dell'Ucraina solo durante una mescolanza ispirata da Krusciov nel 1954.

Il fatto è che solo  il 10% della popolazione della Crimea parla ucraino ed è stato il colpo di stato nelle strade di Kiev nel febbraio 2014 da parte di nazionalisti ucraini e proto-fascisti estremisti anti-russi che ha causato il panico tra i russofoni in Crimea. Inutile dire che anche Mosca si allarmò per lo stato della sua storica base navale, per la quale ha ancora un contratto di locazione fino al 2040.

In una parola, l'83% degli aventi diritto della Crimea votò ed il 97% approvò l'annullamento del citato editto del 1954 del Presidium sovietico ed il ricongiungimento alla madre Russia durante il referendum del marzo 2014. Non c'è assolutamente alcuna prova che l'80% della Crimea, che ha così votato per troncare la sua affiliazione storicamente di breve durata con l'Ucraina, sia stato minacciato o costretto da Mosca.

Infatti ciò che in realtà temevano erano gli editti contro la lingua e la cultura russa emersi da Kiev all'indomani del rovesciamento del governo legalmente eletto, golpe finanziato e sostenuto da Washington. Ed esattamente la stessa cosa era vera per le popolazioni di lingua russa nel Donbas.

Dopotutto, la brava gente di quel cuore industriale dell'ex-Unione Sovietica era sempre stata parte integrante delle sue industrie siderurgiche, chimiche e di munizioni; i loro nonni erano stati messi lì da Stalin, perché la maggior parte degli ucraini nativi non avevano aderito al suo sanguinoso dominio.

Allo stesso modo, i trapianti russi di Stalin negli anni '30 hanno odiato i collaboratori nazionalisti ucraini, i quali imperversavano nelle loro città, fattorie, fabbriche e case nel Donbas fianco a fianco con la Wehrmacht di Hitler sulla strada per Stalingrado.

Quindi la terribile verità è questa: a causa del colpo di stato palesemente sciocco e sconsiderato di Washington nel febbraio 2014, i nipoti e le nipoti dell'esercito industriale di Stalin nel Donbas dovevano essere governati dai nipoti e dalle nipoti dei collaboratori di Hitler a Kiev, indipendentemente dal fatto che piacesse o no.

Ma lo ripetiamo, e per una buona ragione: non si possono spendere $550 miliardi in più per un budget per la sicurezza nazionale che non dovrebbe superare i $200 miliardi nelle circostanze odierne. Bisogna quindi inventare missioni, mandati e minacce che sono semplicemente stupide distorsioni (come la presunta "occupazione" russa della Crimea), o palesi bugie (come le presunte armi di distruzione di massa di Saddam).

Infatti bisogna inventare, nutrire e far rispettare una narrativa universale basata su proposizioni completamente non plausibili e non valide, come il meme "nazione indispensabile" e l'affermazione che la pace e la stabilità globali dipendono dalla "leadership" di Washington.

Non c'è uno scherzo più crudele di questo?

La carneficina ed il genocidio inflitti da Washington in Vietnam sono stati un caso di "leadership americana" e di rendere il mondo più pacifico o stabile?

Le due guerre contro l'Iraq hanno portato a qualcosa se non distruggere la tenue pace di Saddam tra sunniti, sciiti e curdi, aprendo così le porte dell'inferno e le sanguinose furie dell'ISIS?

I miliardi che Washington ha incanalato illegalmente nelle forze ribelli e jihadiste in Siria hanno fatto qualcosa se non distruggere il Paese, creare milioni di rifugiati e costringere Assad a chiedere aiuto ad Iran, Russia e Hezbollah?

In una parola, le narrazioni della Washington imperiale e le istanze dei suoi interventi specifici si basano allo stesso modo su basi logore e non plausibili; ed il più delle volte consistono in invenzioni e affermazioni arroganti che sono un insulto all'intelligenza di chiunque presti anche una scarsa attenzione ai fatti.

Washington non si preoccupa più dei fatti, della logica, della verità e soprattutto della storia. Al tempo della guerra di Bush ed alle armi di distruzione di massa di Saddam, Karl Rove spiegò il Nuovo Credo dell'Impero:

Non è più così che funziona davvero il mondo. Ora siamo un impero e quando agiamo  creiamo la nostra realtà. E mentre state studiando tale realtà, giudiziosamente, come  sicuramente farete, agiremo di nuovo creando altre nuove realtà, che studierete anche voi, ed è così che le cose andranno ogni volta. Siamo gli attori della storia... e voi, tutti voi, dovrete solamente studiare quello che facciamo.

Ecco qua. E Rove non è un scribacchino accademico che inventa una razionalizzazione per l'egemonia globale americana. Al contrario, è una creatura della cosiddetta palude e che guida il racket della Beltway e la fiducia strategica del cervello dell'establishment repubblicano.

Inutile dire che Washington continua a creare la propria “realtà” quasi ogni settimana. Oggi non ci sarebbe guerra in Ucraina se non ci fossero state le macchinazioni di Washington nel febbraio 2014, ma quel pezzo di storia ora è una “realtà” che è stata lasciata indietro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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