venerdì 16 giugno 2023

L'inesorabilità della Legge dei rendimenti decrescenti

 

 

di Francesco Simoncelli

Per migliorare il mondo serve denaro. Quando lo si possiede, gli sforzi saranno più o meno fruttosi. Ma quando non se ne ha la disponibilità e si deve cambiare il mondo ricorrendo al credito, cosa succede? John Maynard Keynes rivoluzionò la professione economica agli inizi del XX secolo. Egli, più di chiunque altro, la trasformò da rifugio per osservatori e filosofi a falange per uomini d’azione. Eppure, la grande intuizione di Keynes, come tutte le indicazioni utili dell’economia, era basata su una storia con una morale.

Si narra, nel Libro della Genesi, che il Faraone ebbe un sogno. Stava in piedi vicino al fiume. Da esso uscirono prima 7 vacche grasse e poi 7 vacche magre che mangiarono quelle grasse. Un sogno simile coinvolgeva le spighe di grano, dove quelle buone venivano divorate da quelle sottili. Il Faraone ne rimase turbato. I suoi interpreti dei sogni erano perplessi. Così, gli inviarono l’Ebreo che si diceva fosse bravo in questo genere di cose: Giuseppe. Il Faraone descrisse quello che era successo nei suoi sogni. Senza batter ciglio, Giuseppe gliene chiarì il significato. Le 7 vacche grasse e le spighe di grano buone rappresentavano anni favorevoli, con raccolti abbondanti. Le 7 vacche magre e le spighe di grano sottili simboleggiavano anni di carestia. A Giuseppe non fu richiesto un parere, ma questi dispensò, comunque, un consiglio: il Faraone avrebbe dovuto mettere in atto una politica economica anticiclica: tassare il 20% della produzione nel corso degli anni dell’abbondanza, così da trovarsi del grano da vendere quando la carestia si sarebbe abbattuta. La Genesi (41, 53-57) ci racconta quel che accadde dopo:

Poi finirono i sette anni di abbondanza nel paese d’Egitto e cominciarono i sette anni di carestia, come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in tutti i paesi, ma in tutto l’Egitto c’era il pane. Poi tutto il paese d’Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Allora il faraone disse a tutti gli Egiziani: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà». La carestia dominava su tutta la terra. Allora Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e vendette il grano agli Egiziani, mentre la carestia si aggravava in Egitto. E da tutti i paesi venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché la carestia infieriva su tutta la terra.

Si potrebbe desumerne che gli investitori privati avrebbero svolto un lavoro più efficiente, a scopo di lucro, comprando grano a prezzi bassi quando i raccolti traboccavano dai magazzini, al fine di rivenderlo a prezzi elevati quando questi scarseggiavano. Keynes avanzò, invece, la semplice idea secondo la quale gli stati dovrebbero agire come il Faraone: conducendo politiche fiscali e monetarie anticicliche. Negli anni dell’abbondanza, dovrebbero immagazzinare eccedenze; in quelli di magra, dovrebbero aprire le porte dei granai, consentendo alla gente di sfamarsi. Questo punto sembra abbastanza ragionevole, fintantoché non si riesce ad appurare che gli stati non gestiscono avanzi, ma solo deficit. L'Italia, ad esempio, non ha un avanzo di bilancio da tempo immemore ormai. Anziché immagazzinare grano negli anni di vacche grasse, i pianificatori centrali l’hanno trangugiato fino all’ultima spiga e ora che arrivano gli anni di carestia, non dispongono di un chicco di grano.

Disavanzo pubblico di bilancio italiano

Questa potrebbe essere la fine della storia, ma purtroppo non lo è. Gli economisti sostengono che i pianificatori centrali possono imbastire una politica faraonica persino con i loro cesti vuoti. Come? Prendendo in prestito i soldi e, in casi estremi, stampandoli. Probabilmente mi starete anticipando, cari lettori. Vi starete chiedendo se ciò poteva essere immaginato nell’Antico Egitto: il Faraone avrebbe potuto risparmiare il costo di stoccaggio del grano semplicemente prendendolo in prestito qualora ne avesse avuto bisogno?

Innanzitutto, c’è solo un determinato quantitativo di grano disponibile. Prenderlo in prestito da coloro che ne hanno ancora un po’ non aiuta. Nella migliore delle ipotesi, si sposta da un luogo all’altro; nella peggiore, viene fatto sparire il “seme” per la coltura dell’anno successivo. Non potendone disporre, il prossimo raccolto sarà più scarso, conducendo persino più persone alla fame. Né il Faraone avrebbe potuto risolvere il problema della fame distribuendo segatura e fingere che fosse pane integrale. Doveva essere commestibile. Quest’ultimo aspetto trova attinenza anche alla stampa di denaro. Come il pane a base di segatura del Faraone, la cartamoneta è un derivato del legno. Si tratta di un tipo di denaro che cresce letteralmente sugli alberi; ma è inutile. Così come la segatura non ha alcun contenuto nutritivo, la cartamoneta non presenta contropartite in risorse reali a sua copertura.

Tuttavia gli economisti hanno sviluppato teorie elaborate e prove matematiche che permettono loro di credere a ciò che per tutti gli altri è manifestamente inammissibile. Il governo può essere già profondamente indebitato, eppure può indebitarsi ancor di più nel corso degli anni di vacche magre — affermano gli economisti “neo-keynesiani” — al fine di compensare la contrazione nel settore privato. Inoltre le banche centrali possono rendere più agevole ai consumatori la sottoscrizione di nuovi prestiti. Gli stimoli fiscali e monetari forniscono la tanto necessaria “domanda” a un’economia in recessione. Sembra quasi convincente. E il trucco ha funzionato abbastanza bene dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino al 2007. Ogni crisi economica è stata affrontata ricorrendo a maggior credito facile, inducendo le persone a perseverare nella pratica dell’indebitamento sconsiderato. Il punto di diminuzione dell’utilità marginale del debito è stato raggiunto molti anni fa. Alla fine degli anni ’40 e ’50, era necessario circa $1.40 in credito extra per produrre un dollaro in più di PIL. Verso la metà degli anni ’90, ci volevano $3 di credito per ogni dollaro di produzione aggiuntiva. Una decina d’anni più tardi, l’ammontare di credito aggiuntivo per consentire un dollaro di produzione supplementare ha superato i $5, per poi andare fuori scala. Nel 2007 è giunto il calo. La produzione ha iniziato a contrarsi a un ritmo tale che ulteriori input di credito — indifferentemente dalle dimensioni — si sono risolti in una effettiva stagnazione della produzione aggiuntiva.

C'è un gap di circa il 20% nel rapporto tra spesa pubblica italiana e relative entrate. Nonostante lo scenario roseo che viene paventato da qui al 2028, tale gap viene riempito con debito il cui totale ora ammonta a quasi €3000 miliardi. Stiamo parlando di circa €200 miliardi che vengono "pagati" sotto forma d'inflazione dei prezzi al consumo. E quale idiota vorrebbe risparmiare denaro e poi prestarlo al governo italiano a un tasso inferiore a quello dell'inflazione? Ma è quello che molti sono stati costretti a fare per più di un intero decennio. E anche adesso, dopo più di un anno di chiacchiere su un "ritorno alla normalità", il tasso di riferimento aggiustato all'inflazione è 3,5% al di sotto dell'IPC. Quest'ultimo punto è importante, perché i costi delle distorsioni economiche diventano incalcolabili. Il prezzo del denaro è l'informazione più importante dell'intero sistema e se viene deformato e manipolato artificialmente/arbitrariamente tutto l'ambiente economico comincia a deformarsi e cadere a pezzi.

Rapporto tra spesa pubblica italiana ed entrate

Il risultato è un calo dell'investimento reale di cui l'economia ha bisogno. La produzione cala, la produttività cala e la crescita/prosperità reali scompaiono. Aggiustati all'inflazione, i salari reali sono al palo da tempo immemore. Rispetto agli anni '70, il lavoratore medio impiega il triplo del tempo sul posto di lavoro per acquistare una casa media. Cosa c'è di sbagliato nel capitalismo? La risposta è molto semplice: niente. Il capitalismo fa del suo meglio, anche nei gulag sovietici esisteva il capitalismo, poiché i prigionieri si scambiavano cibo e vestiti. Ovunque si trovino, le persone cercano di produrre cose che vogliono gli altri e di commerciare con loro per le cose che vogliono.

I tassi d'interesse fasulli manipolati dal sistema bancario centrale non hanno fermato il capitalismo, né il debito pubblico (quasi tutto sperperato in guerre, assistenzialismo e progetti improduttivi), ma hanno reso molto più difficile per le persone ottenere ciò che volevano veramente.


PROTEGGERE LA RICCHEZZA REALE

Bisogna dare prima di avere. La ricchezza reale deriva dal fornire qualcosa — beni e servizi — agli altri. Tutte le persone oneste fanno così, sia che vendano il loro tempo o prestino la loro proprietà. Un investitore ha un bene (denaro) che altre persone possono utilizzare. Lo presta a interesse o partecipa ai profitti. Questi ultimi sono la differenza tra il tempo e le risorse che servono per fornire un bene o un servizio e quanto vale sul mercato aperto una volta che è pronto per la vendita. Il profitto è la misura con cui gli imprenditori si arricchiscono e anche la misura con cui la società stessa si arricchisce. L'oro o Bitcoin sono semplicemente una forma di "denaro", una delle forme migliori, ma anch'esse non hanno valore... di per sé. Ce l'hanno solo in quanto possono essere trasformati in beni e servizi e consumati, o utilizzati per produrre più ricchezza. Warren Buffett ha ragione: stare seduti sull'oro è di per sé un esercizio inutile; non rende nulla.

Ma c'è un tempo per tutto... anche per gli esercizi inutili. C'è un tempo per seminare, un tempo per raccogliere e un tempo per non fare nulla. I mercati si muovono secondo schemi lunghi e ampi. Le azioni non sempre salgono, a volte scendono per lunghi periodi di tempo. Dopo il 1929, ad esempio, ci vollero 25 anni prima che si riprendessero; dopo il 1966 i loro prezzi (aggiustati all'inflazione) impiegarono 30 anni prima di riprendersi; e ora, da gennaio 2022, la tendenza primaria è di nuovo al ribasso. I prezzi delle azioni salgono e scendono, in termini nominali, ma l'unico modo per sapere se state guadagnando ricchezza o la state perdendo è guardare i prezzi in termini di oro. In questo modo potere vedere più chiaramente (ma non perfettamente) cosa sta succedendo.

Nel 1966 l'indice Dow Jones raggiunse un massimo importante: ci volevano 25 once d'oro per comprare tutte le sue 30 azioni e quindi il rapporto Dow/Gold scese. Un investitore sapeva perfettamente che le aziende producevano ancora profitti, sapeva anche che se voleva aggiungere ricchezza reale, sarebbe rimasto fedele alle imprese che producevano ricchezza reale, cioè alle imprese che producevano profitti. E sapeva che l'oro era inerte e senza vita... un "investimento" sterile. Quell'anno le azioni erano costose, in termini di oro sarebbero scese di valore per i successivi 16 anni (fino al 1982) e non si sarebbero riprese fino al 1996. Quindi, a parte i dividendi, non aveva senso detenere azioni (e certamente non azioni che non pagavano alcun dividendo) durante tale periodo.

Ma se aveste fatto cash out dalle azioni nel 1966, avreste ottenuto fino a 27 once d'oro. Sapendo che i soldi veri si fanno fornendo beni e servizi reali, avreste dovuto tenere d'occhio il Dow e quando il rapporto Dow/Gold scese al minimo storico nel 1980, avreste avuto l'occasione di una vita. Quindi se aveste colto l'opportunità di scambiare le vostre monete d'oro a 5 once per azione Dow nel 1978, avreste potuto godervi il grande mercato rialzista che ne seguì fino al 1999, quando avreste potuto scambiare di nuovo le azioni del Dow per 40 once d'oro. E qui vediamo il potere di un mercato rialzista delle azioni, società che creano ricchezza reale e il trend primario. La vostra ricchezza reale, misurata in once d'oro, sarebbe salita di ben 20 volte dal 1966 al 1999 (o di 8 volte, se aveste seguito la regola di trading più cosnervativa Dow/Gold).

Proviamo quindi a condensare questo divagare in alcuni punti chiave.

  1. L'oro è denaro reale. Misurare la vostra ricchezza in once d'oro è più affidabile che farlo in denaro fiat.
  2. Ma l'oro è sterile; tenerlo per sempre non vi porta da nessuna parte; la vostra ricchezza non cresce.
  3. Le azioni, che rappresentano la proprietà di società a scopo di lucro, sono il modo per fare soldi.
  4. Ma nemmeno tenere semplicemente azioni non aumenterà la vostra ricchezza. Misurate in oro, salgono e scendono; oggi non hanno più valore di quanto lo avessero 98 anni fa.
  5. Nel tempo tutto ciò che si guadagna dalle azioni, in generale, è ciò che si ottiene dai dividendi.
  6. Si può fare di meglio, almeno in teoria, se si comprano azioni quando sono convenienti (utilizzando il rapporto Dow/Gold come parametro) e le si vende quando sono costose. Detenere oro durante i periodi in cui il trend primario delle azioni è al ribasso.


I BRICS TENTANO IL SORPASSO NELLA “RACE TO THE BOTTOM”

Il campanello d'allarme non suona solo per gli individui, anche le nazioni del mondo sono consapevoli del fatto che esiste questa deriva e stanno cercando di prendere contromisure. Per loro, inutile dirlo, è più difficile visto che "prosperano" grazie alla pianificazione centrale e sottomettersi alla Legge dei rendimenti decrescenti significherebbe infrangere la Legge di Parkinson applicata alla burocrazia. È una classica situazione da Comma 22. Di conseguenza l'unico percorso che rimane è quello di trarre vantaggio dal declino altrui, una race to the bottom potremmo definirla dove chi vince piuttosto che ottenere un trofeo ottiene il default. Attualmente, quindi, le varie nazioni del mondo si stanno concentrando ad approfittarsi delle sciagure altrui per mostrarsi al mondo come porto (relativamente) più sicuro rispetto agli altri. È questo lo scenario che fa da sfondo alla guerra economica tra i Paesi BRICS e gli Stati Uniti, in particolar modo. “BRICS” è l'acronimo di 5 dei più grandi Paesi emergenti: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Comprendono circa il 42% della popolazione mondiale e il 32% del prodotto interno lordo. Inoltre diversi altri Paesi aderiranno a tale alleanza in futuro, tra cui Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Turchia, Tailandia e Indonesia.

Negli ultimi anni, con l'aumento del 40% dell'offerta di denaro statunitense che ha portato alla più alta inflazione degli ultimi quarant'anni e l'aumento del debito pubblico degli Stati Uniti (oltre a $200.000+ miliardi di passività non finanziate per previdenza sociale, Medicare e altri obblighi sociali), i BRICS hanno colto l'occasione per avvantaggiarsi rispetto agli USA. In particolare hanno avviato diverse iniziative come la New Development Bank per elargire prestiti nel campo dello sviluppo delle infrastrutture, un Contingent Reserve Arrangement per proteggersi dalle pressioni sui cambi e un sistema di pagamento come alternativa al Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT). Stanno anche lavorando a un asset di riserva basato su un paniere di valute dei Paesi BRICS in modo da competere con i diritti speciali di prelievo (DSP) del Fondo monetario internazionale. I DSP si basano su un paniere di valute fiat (dollaro, euro, sterlina, yen e yuan cinese) ma non sono una valuta a livello ufficiale, possono essere creati dal nulla e venduti in cambio di valute nazionali se il FMI dice ai Paesi di acquistarli.

Le banche centrali di tutto il mondo stanno già iniziando a diversificare le loro riserve passando dal dollaro allo yuan e ad altre valute. Dopo che la Russia ha invaso l'Ucraina, gli Stati Uniti l'hanno bandita dal sistema del dollaro. Tuttavia la Russia è il più grande fornitore di petrolio alla Cina, quindi entrambi i Paesi hanno iniziato a commerciare in yuan anziché in dollari. Ultimamente l'India ha pagato la maggior parte del petrolio russo in valute diverse dal dollaro e il Brasile e la Cina hanno concordato di condurre tutti gli scambi futuri nelle proprie valute. La compagnia petrolifera francese TotalEnergies ha di recente completato il suo primo acquisto di gas naturale liquefatto dalla Cina utilizzando lo yuan. Come risultato di questi e altri sforzi, la percentuale delle riserve monetarie mondiali in dollari è scesa dal 73% nel 2001 al 58% attuale. Per non parlare poi delle obbligazioni denominate in dollari.

È improbabile, però, che i Paesi BRICS possano rappresentare un serio grattacapo per il dollaro se il loro unico guanto di sfida sarà solo l'ennesima valuta fiat che possono creare dal nulla. Gli Stati Uniti hanno il mercato dei titoli di stato più grande e più sicuro, nessun controllo sui capitali e una reputazione per l'applicazione dello stato di diritto. Al contrario i Paesi BRICS sono poco affidabili per quanto riguarda  il rispetto delle leggi o per avere valute forti. Ancora più importante, le entità non statunitensi hanno $12.000 miliardi di debito denominato in dollari che devono ripagare con tale valuta, quindi abbandonarla sarebbe incredibilmente difficile e costoso... a meno che non creino una valuta coperta da materie prime.

I Paesi BRICS hanno riserve auree per un totale di 5.352 tonnellate, il che li rende il secondo più grande proprietario di oro dopo gli Stati Uniti, che ne hanno 8.133 tonnellate. La Cina, in particolare, ha quadruplicato le sue riserve auree negli ultimi vent'anni.

Riserve auree cinesi

I Paesi BRICS stanno esplorando la possibilità di valute ancorate all'oro. Ad esempio, a marzo dell'anno scorso la Russia ha annunciato che avrebbe collegato il rublo all'oro a cinquemila rubli al grammo e avrebbe richiesto il pagamento per le sue esportazioni in rubli. Più di recente abbiamo scoperto che la Russia e l'Iran stanno lavorando a una "stablecoin" coperta dall'oro per competere con il dollaro.

Se i BRICS avranno successo e gli Stati Uniti non cambieranno le loro politiche per concentrarsi su un dollaro più forte, meno spese e pace invece che sulla guerra, è possibile che il biglietto verde perda lentamente il suo status di "valuta di riserva". Ciò danneggerebbe gli standard di vita degli Stati Uniti e porterebbe a una riduzione del potere del governo degli Stati Uniti, simile all'indebolimento del Regno Unito dopo la seconda guerra mondiale. Tutti gli imperi della storia sono falliti e gli Stati Uniti non saranno probabilmente un'eccezione, se i BRICS riusciranno a creare una valuta forte e di successo per competere con il dollaro.

In definitiva, fino a quando il denaro non verrà restituito al libero mercato in modo che non possa essere manipolato dagli stati e dalle agenzie a essi collegate, continueremo a sperimentare i problemi economici che hanno afflitto l'umanità da quando la pianificazione centrale ha iniziato a intromettersi negli affari monetari. Come scrisse Rothbard nel suo libro, What Has Government Done To Our Money?:

[...] l'ingerenza dello stato con il denaro non solo ha portato nel mondo una tirannia indicibile, ma ha anche portato il caos. Ha frammentato il mercato mondiale pacifico e produttivo e l'ha ridotto in mille pezzi, con il commercio e gli investimenti ostacolati da una miriade di restrizioni, controlli, dazi, guai monetari, ecc. Ha contribuito a provocare guerre trasformando un mondo di rapporti pacifici in una giungla di blocchi monetari in perenne guerra. In breve, la coercizione, nel denaro come in altre questioni, non porta ordine bensì conflitto e caos.


CONCLUSIONE

Il debito è diventato un peso importante nelle economie di Stati Uniti, Europa e Giappone. Gli inibisce le opportunità di risparmio, spesa e investimenti volti a creare nuova ricchezza. Perché? Semplice: le risorse che avrebbero potuto essere impiegate nella costruzione del futuro sono già state rivendicate dal passato. È stato contratto del debito, ora deve essere ripagato. Analogamente, è come se il Faraone avesse già preso in prestito il grano necessario, sottraendo quello da piantare, utile alla raccolta dell’anno successivo. Una volta consumato, non può essere preso in prestito. È andato.

Quando si devono restituire soldi spesi con la carta di credito, i beni consumati nemmeno esistono più: hamburger mangiati un mese fa; abiti che andavano di moda la scorsa estate; settimane bianche dell’inverno scorso. Il fardello del passato sulle spalle rende più difficoltoso adoperarsi per il futuro. I passi si fanno più pesanti; la vita si addensa. Si è costretti a utilizzare il tempo di domani per recuperare il tempo preso in prestito ieri. Se bisogna restituire una somma pari al reddito annuale, per esempio, a un tasso di interesse del 5%, si dovrà dedicare più di un giorno lavorativo su 20 solo per ripagare gli interessi sul debito. Dico “più di” perché per pagare gli interessi occorre attingere al reddito al netto della tassazione. Con un’imposizione fiscale del 25% (per semplicità) sarà necessario lavorare circa un giorno ogni due settimane per chiudere in pareggio. I lettori possono valutare l’entità del problema attuale realizzando che il debito totale italiano supera il 200% del PIL. Al 5% d'interessi, tralasciando le tasse, il debitore deve lavorare quasi un giorno alla settimana solo per pagare il consumo passato.

Viene spontaneo parlare di “troppo” quando si descrive una persona che ha consumato, a credito, tanti hamburger o fatto tante vacanze. Questa può anche essere nella condizione di contrarre ulteriori prestiti aggiuntivi e mangiare più hamburger, ciononostante non è mai una buona idea. A un certo punto l’indebitamento si dimostra più nocivo che benefico. Succede quando si intravede il rovescio della medaglia. L’utilità marginale del debito è abbastanza alta quando lo si utilizza per costruire un business o un ponte, ma declina bruscamente non appena si inizia a impiegarlo per la spesa di tutti i giorni.

Un investimento produce un flusso di entrate — un risultato che giustifica e ripaga l’investimento. Con un po’ di fortuna, l’investitore recupera abbastanza soldi da ripagare il prestito — con gli interessi — finendo per assicurarsi persino denaro extra. Quest’ultimo rappresenta la “crescita” reale — nuova ricchezza che non esisteva prima. D’altro canto, non v’è flusso di entrate nei pagamenti della Previdenza Sociale, aerei da combattimento, ultime mode o negli oggetti di consumo. Il denaro viene speso, usato, consumato. Anche se tutti questi beni soddisfano bisogni, foss’anche per un lungo periodo di tempo, non sboccerà alcun fiore in primavera. Il terreno intorno rimane arido e sterile. Mantenere questo livello di spesa e indebitamento diviene, alla lunga, insostenibile. Il gravame del passato si rivelerà troppo pesante. Le gambe cederanno e la schiena si spezzerà.

“Troppo” ha un significato che gli ingegneri non possono schivare o aggirare. La macchina non può essere regolata o ricalibrata a piacimento, affinché funzioni di nuovo. “Troppo” deve essere ammesso e tollerato. La sofferenza che si manifesta in un mercato è nota come “correzione”; le correzioni repentine sono chiamate “crash”; in economia, si parla di “crisi” o “recessione”; i casi gravi sono denominati “depressioni”. Possono essere negate, possono essere ritardate, ma non è possibile nasconderle. “Troppo” ha delle conseguenze; il rovescio della medaglia deve mostrare il suo vero volto.


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1 commento:

  1. Facciamo il punto della situazione con una serie di articoli che vanno a rinfrescare la memoria. Non si tratta tanto di dimostrare che quello attuale è il governo di destra più a sinistra della storia, quanto di evidenziare che uno stato fallito scade sempre più nel comando/controllo man mano che la Legge dei Rendimenti Decrescenti fa il suo corso e il crowding out delle risorse economiche scarse ad appannaggio della spesa pubblica restringe sempre di più la creazione di ricchezza reale.

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