lunedì 27 novembre 2023

Woodrow Wilson, colui che aprì le porte della guerra infinita: l'espansione dell'impero americano verso l'Ucraina e Taiwan — Parte #3

 

 

di David Stockman

Quando la Guerra Fredda finì ufficialmente nel 1991, Washington ebbe un’altra possibilità di tornare allo status quo pre-1914: ad una politica di sicurezza nazionale chiamata Fortezza americana, perché sul pianeta non era letteralmente rimasta alcuna minaccia militare significativa.

La Russia post-sovietica era un caso disperato dal punto di vista economico, non riusciva nemmeno a far fronte ai suoi salari militari e si stava sciogliendo vendendo i carri armati e l'artiglieria dell'Armata Rossa come rottami. La Cina stava appena emergendo dalle depredazioni economiche, politiche e culturali del cosiddetto Grande Timoniere e aveva abbracciato il proclama di Deng Xiaoping secondo cui “arricchirsi è glorioso”.

Le implicazioni del crollo fiscale dell’Armata Rossa e della scelta della Cina sulla via del mercantilismo e del capitalismo rosso furono profonde.

La Russia non avrebbe potuto invadere la patria americana nemmeno in un milione di anni e la Cina aveva scelto d'inondare l’America con scarpe, lenzuola, camicie, giocattoli ed elettronica. Così facendo ha reso il governo delle élite comuniste a Pechino dipendente dalla consuetudine di 4.000 Walmart in America, non dal bombardarli per farli sparire.

In parole povere, il dono originale di Dio all'America – i grandi fossati degli oceani Atlantico e Pacifico – avrebbe potuto diventare nuovamente la pietra angolare della sua sicurezza nazionale.

Dopo il 1991, quindi, non c’era nazione sul pianeta che avesse la minima capacità di organizzare un attacco militare convenzionale contro il territorio statunitense; o che non avrebbe fallito nel tentativo di creare le necessarie capacità di proiezione di energia aerea e marittima – un drenaggio di risorse che sarebbe stato di gran lunga maggiore anche dei $900 miliardi che gli Stati Uniti attualmente spendono per la propria armata globale.

Infatti nel mondo post-Guerra fredda, l’unica cosa di cui gli Stati Uniti avevano bisogno era una modesta capacità convenzionale di difendere le coste e lo spazio aereo nordamericano da ogni possibile assalto non autorizzato e un affidabile deterrente nucleare contro qualsiasi stato abbastanza stupido da tentare il ricatto nucleare.

Inutile dire che tali capacità erano già state acquistate e pagate durante la Guerra fredda. La triade composta da missili balistici intercontinentali, missili Trident SLBM (sottomarini con missili nucleari) e bombardieri stealth a lungo raggio costa attualmente $52 miliardi all’anno per operazioni e manutenzione, sostituzioni e aggiornamenti ed era più che adeguata per il compito di deterrenza nucleare.

Allo stesso modo, la difesa convenzionale della costa e dello spazio aereo degli Stati Uniti contro i criminali non avrebbe richiesto una frazione degli attuali $1,3 milioni in forze attive in uniforme – per non parlare delle 800.000 riserve aggiuntive e delle forze della guardia nazionale e dei 765.000 civili in più nel Dipartimento della difesa.

Invece di finanziare $2,9 milioni di dipendenti, il lavoro della sicurezza nazionale secondo il concetto di Fortezza americana poteva essere svolto con meno di 500.000 dipendenti militari e civili. Al massimo.

Infatti gran parte dei 475.000 uomini dell'esercito americano potrebbero essere licenziati e la maggior parte dei gruppi d'attacco delle portaerei e delle capacità di proiezione di potenza della Marina potrebbero essere messi fuori servizio. Allo stesso modo, le missioni di difesa nazionale dell’Aeronautica potrebbero essere portate a termine con meno di $100 miliardi all’anno rispetto all'attuale budget di $200 miliardi.

Nel complesso, il bilancio in dollari costanti della difesa nazionale ammontava a $660 miliardi ($ 2022) quando la Guerra fredda finì e l’Unione Sovietica scomparve dalla faccia della terra nel 1991. Se all’epoca Washington si fosse concentrata su una linea d'azione basata sulla Fortezza americana, la spesa per la difesa avrebbe potuto essere ridimensionata a circa $500 miliardi all’anno ($ 2022), o potenzialmente molto meno.

Invece la Washington imperiale è andata nella direzione opposta e ha finito per abbracciare una linea d'azione che ha privilegiato l'Impero. Quest’ultimo costerà $900 miliardi quest’anno e si dirigerà verso i $1.200 miliardi all’anno tra pochi anni.


L'Impero al primo posto – La ragione per cinquecento mila miliardi di dollari in più per la difesa

In parole povere, aver messo l'Impero al primo posto consuma facilmente cinquecento mila miliardi di dollari in più in risorse di bilancio annuali rispetto a una linea d'azione basata sul concetto di Fortezza americana. E quel gigantesco barile di contratti di armi, lavori di consulenza e di supporto, bottino della pressione politica al Congresso spiega tutto ciò che bisogna sapere sul motivo per cui la proverbiale Palude a Washinton è profonda e intrattabile.

Ovviamente è anche il motivo per cui la Washington imperiale si è nominata poliziotto del mondo. Fungere da gendarme del pianeta è l’unica giustificazione possibile per il costo aggiuntivo di $500.000 miliardi all’anno.

Ad esempio, perché gli Stati Uniti schierano ancora 100.000 soldati americani e i loro dipendenti in Giappone e Okinawa e 29.000 in Corea del Sud?

Queste due contee hanno un PIL combinato di quasi $7.000 miliardi – ovvero 235 volte superiore a quello della Corea del Nord e sono anni luce avanti a quest’ultima in termini di tecnologia e capacità militare. Inoltre non vanno in giro per il mondo impegnandosi in cambi di governo, spaventando così la parte nord della zona demilitarizzata.

Di conseguenza il Giappone e la Corea del Sud potrebbero più che provvedere alla propria sicurezza nazionale nel modo che ritengono opportuno, senza alcun aiuto da parte della Washington imperiale. Ciò è particolarmente vero perché, in assenza della minaccia militare statunitense nella regione, la Corea del Nord cercherebbe sicuramente un riavvicinamento e un aiuto economico da parte dei suoi vicini, compresa la Cina.

Infatti sessantacinque anni dopo la fine dell’inutile guerra in Corea, c’è solo una ragione per cui la famiglia Kim è ancora al potere a Pyongyang e perché periodicamente brandisce rumorosamente le sue armi nucleari e missili: l’Impero occupa ancora la penisola coreana e circonda le sue acque con una potenza di fuoco più letale di quella usata contro la potenza industriale della Germania nazista durante l’intera Seconda Guerra Mondiale.

Naturalmente queste forze massicce e costose sono giustificate anche con il sostegno agli impegni di Washington nella difesa di Taiwan, ma questo impegno è sempre stato obsoleto e non necessario per la sicurezza interna dell’America.

Il fatto è che Chiang Kia-Shek perse la guerra civile cinese nel 1949 e non c’era motivo di perpetuare il suo regime quando si ritirò negli ultimi chilometri quadrati del territorio cinese – la provincia insulare di Taiwan. Quest'ultima fu sotto il controllo della dinastia cinese Qing per 200 anni fino al 1895, quando fu occupata dal Giappone imperiale per 50 anni, per poi essere liberata dai patrioti cinesi alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Vale a dire, una volta espulso il Giappone imperiale dall’isola, i cinesi non “invasero”, né occuparono o presero il controllo del proprio Paese. Per dirla tutta, Taiwan era stata Han per secoli e, nel bene e nel male, i comunisti erano ora i governanti della Cina.

Di conseguenza Taiwan è oggi separata dalla terraferma solo perché Washington ne ha fatto arbitrariamente un protettorato e un alleato quando il perdente della guerra civile aprì una filiale in un piccolo residuo della Cina moderna, creando così una nazione artificiale che, ancora una volta, non aveva alcuna rilevanza per la sicurezza interna dell’America.

In ogni caso, il nascente Partito della Guerra negli Stati Uniti alla fine degli anni ’40 decretò diversamente, generando 70 anni di tensione con il regime di Pechino non ottenendo altro che una grande Marina e vaste operazioni di polizia nella regione del Pacifico senza alcun risultato per la difesa della patria.

Vale a dire, senza il sostegno di Washington al regime nazionalista di Taipei, l’isola sarebbe stata riassorbita nel sistema politico cinese dove è stata per secoli. Probabilmente ora assomiglierebbe a Shanghai – qualcosa che Wall Street e i principali politici statunitensi celebrano da anni.

Inoltre non è ancora troppo tardi. In assenza delle armi e delle minacce di Washington, i taiwanesi preferirebbero sicuramente una prosperità pacifica come 24esima provincia della Cina piuttosto che una guerra catastrofica contro Pechino alla quale non avrebbero alcuna speranza di sopravvivere.

Allo stesso modo, l’alternativa – l’intervento militare degli Stati Uniti per aiutare Taiwan – significherebbe la Terza Guerra Mondiale. Allora qual è lo scopo della pericolosa linea di politica di “ambiguità strategica” di Washington quando il risultato a lungo termine è assolutamente inevitabile?

In breve, l’unica linea di politica sensata per Washington è quella di ritrattare 70 anni di follia portata avanti dalla lobby cinese e dai produttori di armi e dare il via libera ad una riconciliazione di Taiwan con la terraferma. Anche così i banchieri di Wall Street che vendono operazioni finanziarie a Taipei non noterebbero la differenza rispetto a Shanghai.

E parlando di storia, sono ormai trascorsi 78 anni da quando Hitler morì nel suo bunker. Allora perché Washington ha ancora 50.000 soldati e i loro dipendenti di stanza in Germania?

Certamente con le sue stesse azioni la Germania sta dicendo di non essere militarmente in pericolo. Il suo modesto bilancio per la difesa, pari a $55 miliardi, ammonta solo all’1,3% del PIL, il che non indica certo il timore che le forze russe arrivino presto alla Porta di Brandeburgo.

Infatti finché Washington non ha convinto il governo Scholz a unirsi alla sua idiota guerra delle sanzioni contro la Russia, la Germania vedeva quest'ultima come un mercato vitale per le sue esportazioni e come una fonte di approvvigionamento di gas naturale, altre risorse naturali e prodotti alimentari. Inoltre, con un PIL di $4.200 miliardi, o più del doppio dei $2.100 miliardi di PIL della Russia, la Germania potrebbe più che gestire le proprie difese se Mosca dovesse mai diventare così sciocca da minacciarla.

Da qui si arriva al caso ancora più assurdo degli avamposti NATO nell’Europa orientale, ma i libri di storia sono assolutamente chiari sul fatto che nel 1989 George H. W. Bush e il suo Segretario di Stato, James Baker, promisero a Gorbaciov che la NATO non si sarebbe espansa ad est di un “solo pollice” in cambio della sua acquiescenza all’unificazione tedesca.


L'obsoleta follia degli obblighi di mutua difesa previsti dall'Articolo 5 della NATO

All’epoca la NATO contava 16 Paesi membri vincolati dall’obbligo di mutua difesa previsto dall’Articolo 5, ma quando l’Unione Sovietica e l’Armata Rossa svanirono, non rimase più nulla da cui difendersi. La NATO avrebbe dovuto dichiarare la vittoria e sciogliersi. L’ex-paracadutista allora alla Casa Bianca, infatti, doveva paracadutarsi sulla base aerea di Ramstein e annunciare “missione compiuta!”

Invece la NATO è diventata un martello pneumatico politico e un agente di vendita di armi aderente alla visione Impero al primo posto, espandendosi in 30 nazioni, molte delle quali alle porte della Russia.

Tuttavia se la vostra percezione non è distorta dalla propganda di Washington, la domanda è ovvia: che ci guadagnano per la sicurezza e l’incolumità i cittadini di Lincoln, NE, o Springfield, MA, ottenendo i servizi dei piccoli eserciti di Lettonia (6.000), Croazia (14.500), Estonia (6.400), Slovenia (7.300), o Montenegro (1.950)?

Infatti l’espansione della NATO post-1991 è così assurda come questione di sicurezza nazionale che la sua vera funzione di foglia di fico per l'Impero al primo posto è piuttosto evidente. Nessuna di queste piccole nazioni avrebbe importanza per la sicurezza degli Stati Uniti se decidessero di avere un rapporto più intimo con la Russia – volontariamente o meno.

Ma il punto è che non esiste alcuna minaccia per l’America nell’Europa orientale a meno che Montenegro, Slovenia, o Lettonia non diventino la via d'invasione di Putin per effettuare l’occupazione russa di Germania, Francia, Benelux e Inghilterra.

E questo è a dir poco stupido!

A parte questo scenario del tutto inverosimile ed economicamente/militarmente impossibile, non c’è alcun motivo per cui gli Stati Uniti debbano stipulare un patto di mutua difesa con uno qualsiasi dei nuovi e, del resto, vecchi membri della NATO.

E questo ci porta alla guerra per procura contro la Russia, in cui la nazione dell’Ucraina viene demolita e la sua popolazione, composta da giovani e anziani, viene fatta marciare verso il tritacarne russo.

Come documentato anche in altri articoli, questa è una guerra civile in una nazione artificiale confezionata dai più grandi tiranni della storia: Lenin, Stalin e Krusciov. Non è mai stata costruita per durare e sicuramente non dopo che il colpo di stato a Maidan nel febbraio 2014, sponsorizzato, finanziato e immediatamente riconosciuto da Washington, ha deposto il presidente filo-russo legittimamente eletto.

Da allora in poi le azioni della Russia nel recuperare la sua ex-provincia della Crimea nel marzo 2014 e nel venire in aiuto delle repubbliche separatiste di lingua russa del Donbass (Ucraina orientale) nel febbraio 2022 non hanno minacciato la sicurezza della patria americana o la pace del mondo. Neanche un po'.

Il conflitto post-febbraio 2014 in Ucraina è una disputa “territoriale”, etnica e religiosa sulle profonde differenze tra i russofoni nell’est e nel sud del Paese e i nazionalisti ucraini del centro e dell’ovest che affondano le loro radici in secoli di storia.

La conseguente carneficina, per quanto tragica sia stata, non prova minimamente che la Russia sia un’aggressiva espansionista che dev'essere contrastata dalla Nazione Indispensabile. Al contrario, Washington è completamente cieca nei confronti della storia e della logica geopolitica.

In primo luogo, i libri di storia chiariscono che Sebastopoli in Crimea era stato il porto di origine della flotta navale russa sia sotto gli zar che sotto i commissari sovietici. La Crimea era stata acquistata dagli Ottomani per un buon prezzo da Caterina la Grande nel 1783 e fu il luogo di uno dei più grandi eventi patriottici della Russia: la sconfitta degli invasori inglesi nel 1854, resa famosa dalla Carica della Brigata Leggera di Tennyson.

Dopo 171 anni come parte integrante della madrepatria russa ed essendo diventata per oltre l’80% di lingua russa, la Crimea divenne tecnicamente parte dell’Ucraina solo durante un rimescolamento ispirato da Krusciov nel 1954. E anche allora, l’unica ragione di questo trasferimento era premiare gli alleati di Krusciov a Kiev per averlo sostenuto nella sanguinosa lotta per il potere dopo la morte di Stalin.

Il fatto è che solo il 10% della popolazione della Crimea parla ucraino. È stato il colpo di stato nelle strade di Kiev del febbraio 2014 da parte di nazionalisti ucraini estremisti anti-russi e proto-fascisti a provocare il panico tra i russofoni in Crimea e ad allarmare Mosca per lo status della sua storica base navale, per la quale ancora ha un contratto di locazione fino al 2040.

Nel referendum sponsorizzato da Mosca che si tenne poco dopo, l’83% degli aventi diritto si recò a votare e il 97% di quelli approvarono la cancellazione del già citato editto sovietico del 1954 e il ricongiungimento alla madre Russia. Non c’è assolutamente alcuna prova che l’80% dei crimeani che hanno votato per recidere la loro affiliazione, storicamente di breve durata, con l’Ucraina siano stati minacciati o costretti da Mosca.

Infatti ciò che realmente temevano – sia in Crimea che nel Donbass, dove furono presto dichiarate anche le Repubbliche separatiste – erano gli editti anti-russi emanati da Kiev all’indomani del rovesciamento orchestrato da Washington del governo legalmente eletto.

Dopotutto la brava gente di quella che le mappe storiche designavano come Novorussiya (Nuova Russia) popolava quello che era stato il granaio industriale dell’ex-Unione Sovietica. Il Donbass e la sponda meridionale del Mar Nero sono sempre stati parte integrante delle industrie russe del ferro, dell'acciaio, della chimica, del carbone e delle munizioni, essendo state colonizzate, sviluppate e investite dai russi sotto gli zar da Caterina la Grande in poi. E in epoca sovietica molti dei loro nonni erano stati mandati lì da Stalin da altre parti della Russia per rafforzare il suo governo sanguinario.

Allo stesso modo, questi coloni russi e trapiantati in Novorussiya odiavano da sempre i nazionalisti ucraini provenienti dall’ovest, i quali imperversarono nelle loro città, fattorie, fabbriche e case fianco a fianco con la Wehrmacht di Hitler sulla strada per Stalingrado.

Quindi la terribile verità della questione è questa: secondo l’editto di Washington i nipoti e le nipoti dell’esercito industriale di Stalin nel Donbass dovevano essere governati dai nipoti e dalle nipoti dei collaboratori di Hitler nella Seconda Guerra Mondiale a Kiev, che gli piacesse o no. Ahimè, un tal ripudio della storia non poteva reggere.

Non è possibile tenere in piedi $500 miliardi in false ragioni per una politica di sicurezza nazionale incentrata sull'Impero al primo posto, senza inventare missioni, mandati e minacce che siano stupide (come la guerra per procura contro la Russia in Ucraina) o menzognere ​​(come le presunte armi di distruzione di massa di Saddam).

Infatti è necessario inventare, nutrire e applicare un’intera narrativa universale basata su proposizioni del tutto non plausibili e non valide, come il meme della “Nazione Indispensabile” e l’affermazione secondo cui la pace e la stabilità mondiali dipendano dalla leadership di Washington.

Esiste uno scherzo più crudele di questo?

La carneficina e il genocidio inflitti da Washington in Vietnam – che hanno provocato la morte di oltre un milione di persone – sono stati un caso di “leadership americana” atta a rendere il mondo più pacifico o stabile?

E dopo aver perso questa guerra costosa, sanguinosa e insensata nel 1975, com'è possibile che quello che è ancora il Vietnam comunista sia diventato il luogo di riferimento per approvvigionarsi di prodotti manifatturieri a basso costo necessari a decine di migliaia di camion di Amazon?

Allo stesso modo, le due guerre contro l’Iraq hanno portato a qualcosa se non alla distruzione della fragile pace tra sunniti, sciiti e curdi, aprendo così le porte dell’inferno e la sanguinosa furia dell’Isis?

I miliardi che Washington ha incanalato illegalmente nelle forze ribelli e jihadiste in Siria non hanno fatto altro che distruggere il Paese, creare milioni di rifugiati e incoraggiare il regime di Assad a impegnarsi in brutalità “occhio per occhio”, così come a chiedere aiuto all'Iran, ai russi e a Hezbollah.

La distruzione del governo di Gheddafi da parte dei bombardieri americani non ha forse trasformato la Libia in un inferno di guerra civile, abusi umani e perfino schiavitù basati sui signori della guerra?

In parole povere, le narrazioni della Washington imperiale e gli esempi dei suoi interventi specifici poggiano su basi logore e non plausibili; e il più delle volte consistono in invenzioni e affermazioni arroganti che sono un insulto all'intelligenza di chiunque presti anche solo una scarsa attenzione ai fatti.

In questo contesto c’è solo un modo per spostare significativamente l’ago della bilancia sia sulla politica estera egemonica di Washington che sul suo gigantesco flusso d'inchiostro rosso sul bilancio: l’impero militare americano dev'essere smantellato in blocco. Come? Seguendo le linee guida dell’idea di Fortezza americana e "difesa minima" di Eisenhower.

Quando quest'ultimo espose il suo monito sul complesso militare-industriale nel discorso di addio del 1961, il bilancio della difesa statunitense ammontava a $52 miliardi e a $64 miliardi se si aggiungono gli elementi collaterali della sicurezza nazionale (es. Dipartimento di Stato, AID, l’assistenza alla sicurezza, il NED, le operazioni di propaganda radiotelevisiva internazionale e voci correlate, nonché i costi differiti delle operazioni militari riflessi nell’amministrazione dei veterani, l'assistenza sanitaria e altri servizi).

Alla fine della Guerra fredda, nel 1991, questo bilancio complessivo per la sicurezza nazionale era salito a $340 miliardi di dollari, ma non poteva essere smentito dal semplice fatto che quell’anno l’Unione Sovietica scomparve nella pattumiera della storia. I neoconservatori si sono presto infiltrati in entrambi i partiti e, grazie alle loro Guerre Infinite e alle linee di politica egemoniche, il totale è salito a $822 miliardi durante la fine della presidenza del “pacifista” Obama nel 2016.

Eppure l’Unipartito della guerra si stava appena riscaldando. Dopo essere stata manipolata sia da Trump che da Biden, la stima attuale per l’anno fiscale 2024 ammonta all’incredibile cifra di $1.304 miliardi. Vale a dire, il costo complessivo dell’Impero è ora a un livello 20 volte superiore a quello che il grande generale orientato alla pace, Dwight D. Eisenhower, riteneva adeguato per contenere la minaccia posta dalla vecchia Unione Sovietica al culmine della sua crescita militare-industriale nel 1960.

Sì, a 64 anni dal discorso di addio di Ike c'è stata molta inflazione, che è incorporata nella base NIPA leggermente diversa per i numeri della difesa nel grafico qui sotto. Ma anche se aggiustato all’attuale livello dei prezzi, il bilancio della difesa nel 1960 ammonta a soli $440 miliardi rispetto ai $900 miliardi di oggi; e il bilancio complessivo per la sicurezza nazionale ammonta a soli $590 miliardi, ovvero solo il 45% degli attuali $1.304 miliardi.

Spesa per la difesa nazionale, base NIPA dal 1960 al 2022

Come abbiamo indicato in precedenza, la "Difesa minima" di Eisenhower, arrotondata a $500 miliardi in termini di potere d’acquisto odierno, è molto più che adeguata in un mondo in cui la sicurezza interna dell’America non è minacciata da una superpotenza tecnologica e industriale che ha anche una remota parità con essa e i suoi Paesi alleati della NATO. Il PIL combinato da $45.000 miliardi di questi ultimi è 20 volte più grande di quello della Russia e quasi 3 volte quello della Cina, che è essa stessa un castello di carte sepolto dal debito che non durerebbe un anno senza i suoi $3.500 miliardi in esportazioni verso l’Occidente.

Detto in modo diverso, la vecchia Unione Sovietica era autarchica, ma internamente fragile e grottescamente inefficiente e insostenibile. La Cina rossa, al contrario, è molto più efficiente dal punto di vista industriale, ma ha anche $50.000 miliardi di debiti interni ed esterni e un modello economico profondamente mercantilista che la rende totalmente dipendente dai mercati occidentali.

In fin dei conti, né la Russia né la Cina hanno la capacità economica – diciamo $50.000 miliardi in PIL – o la motivazione per attaccare la patria americana con mezzi militari convenzionali. La vasta armata invasiva di forze terrestri e aeree, capacità di trasporto aereo e marittimo e massicci gasdotti di approvvigionamento logistico che sarebbero necessari per colmare i due fossati oceanici è praticamente oltre ogni immaginazione razionale.

Quindi ciò che alla fine mantiene l’America al sicuro è il suo deterrente nucleare. Finché ciò sarà intatto ed efficace, non esiste alcuna forma concepibile di ricatto nucleare che possa essere utilizzato per mettere a repentaglio la sicurezza e la libertà della patria americana.

Secondo l’ultimo studio del CBO, l’attuale costo annuale del deterrente strategico è di soli $52 miliardi. Ciò include $13 miliardi per la forza sottomarina missilistica balistica, $7 miliardi per i missili balistici intercontinentali terrestri e $6 miliardi per la forza di bombardieri strategici. Oltre a ciò ci sono anche $13 miliardi per mantenere le scorte di armi nucleari, le infrastrutture e i servizi di supporto e $11 miliardi per il comando/controllo nucleare strategico, le comunicazioni e i sistemi di allarme rapido.

Nel complesso, e tenendo conto della normale inflazione e dei costi di sviluppo delle armi, la stima decennale del CBO per il deterrente nucleare strategico è di soli $756 miliardi. Si tratta di solo il 7,0% dei $10.000 miliardi per il costo decennale dell’attuale bilancio della difesa e solo del 5,0% dei $15.000 miliardi per la sicurezza nazionale se si includono le operazioni internazionali e i veterani.

Un ritorno all'idea di Eisenhower di $500 miliardi all’anno per la difesa vera e propria nel prossimo decennio consentirebbe quindi di risparmiare oltre $4.000 miliardi in suddetto periodo. E questi tagli sarebbero facilmente estraibili dalla linea di base da $9.000 miliardi del CBO per la spesa per la difesa, escludendo le forze strategiche.

Come indicato sopra, ad esempio, non ci sarebbe bisogno di 11 portaerei, comprese i loro velivoli, navi di scorta e supporto e infrastrutture di supporto, nell’ambito di una linea di politica incentrata sulla Fortezza americana. Queste forze sono comunque dei bersagli facili al giorno d’oggi, ma sono necessarie solo per la proiezione della forza all’estero e per le guerre d'invasione e occupazione. La costa americana e l’interno, al contrario, possono essere protetti dall’aria.

Tuttavia, secondo un altro studio del CBO, il costo di base in 10 anni per le 11 portaerei della Marina si avvicinerà a $1.000 miliardi. Allo stesso modo, le forze di terra dell’esercito americano costeranno $2.000 miliardi e anche questo principalmente allo scopo di proiettare le forze all’estero.

Come il senatore Taft e i suoi sostenitori riconobbero molto tempo fa, una superiorità aerea sul continente nordamericano è ciò che è necessario per la sicurezza nazionale. Ma anche ciò richiederebbe solo una piccola parte degli attuali $1.500 miliardi di costo decennale delle operazioni dell’aeronautica americana, che sono fortemente alimentate dalle capacità di proiezione della forza a livello globale.

In fin dei conti, una riduzione da $4.000 miliardi nella spesa per la sicurezza nazionale nel prossimo decennio è più che fattibile. Basta gettare il mito della Nazione Indispensabile nella pattumiera della storia, a cui appartiene da sempre.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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