venerdì 24 novembre 2023

Rubare il tempo è la principale fonte di sopravvivenza della pianificazione centrale e i contribuenti devono rimanerne all'oscuro

 

 

di Francesco Simoncelli

Non era nata come serie, ma lo sta diventando. Parlo del fatto che gli ultimi articoli che ho scritto io hanno sviluppato un filo conduttore che li accomuna e rappresentano uno il continuo dell'altro. Mi sono reso conto che sono diventati un piccolo excursus esplicativo che parla di come è stato corrotto il denaro, perché, come attraverso di esso viene rubato il tempo e gli effetti a breve/medio/lungo termine che ha avuto, e sta avendo tuttora, questo fenomeno. È importante leggerli, dato che vanno a inculcare non solo un po' di sano buon senso economico nella testa di chi ancora fa fatica a capire la natura del furto in cui si vede, suo malgrado, sottoposto, ma vedendo e individuando correttamente la mano che commette tale furto può applicare le adeguate contromisure. Ho scritto dapprima della natura dell'attuale crisi, tracciando un fil rouge storico tra le epoche per evidenziarne l'evoluzione; poi sono passato a descrivere come una tale crisi abbia lavorato sul patrimonio degli attori di mercato; infine mi sono concentrato su come gli attori di mercato vengano indotti a reagire alle finzioni affinché non possano indagare sui fatti e quindi avere un quadro completo della situazione economica reale (nonostante quest'ultima lavori in background).

Vorrei continuare, quest'oggi, a esplorare ulteriormente questo tema, perché ho notato che è molto sentito da parte dei lettori e rappresenta un ottimo modello di studio per tutti coloro che vogliono apprendere la metodologia d'indagine Austriaca. Abbiamo scoperto, nei pezzi precedenti, che lo stipendio medio attuale per un italiano viaggia intorno ai €9 l'ora e se volesse acquistare un'auto nuova, ad esempio una Fiat 500 nuova, potrebbe permettersi 1/2000 di tale automobile. In parole povere, la vita è diventata come le edizioni da collezione della DeAgostini che trovate in edicola, dove i pezzi sono diventati sempre più piccoli e le uscite sempre più costose.

Ciononostante è anche vero che i numeri di per sé sono sfuggenti e sospettosi; rimaniamo quindi nel campo del puro ragionamento logico. L’idea del “prezzo durante il tempo” è un modo abbastanza accurato per misurare il progresso approssimativo dell’umanità, il problema è che c’è di più in questa storia. Misuriamo i nostri progressi non in termini di “prezzi temporali”, ma rispetto ai nostri vicini, ai cognati e ai nostri stessi genitori. Stiamo meglio? Grazie al capitalismo e ai combustibili fossili (che attingono alla luce solare immagazzinata nella terra), anche il lavoratore più umile può mangiare frutta e verdura fuori stagione; può godere di divertimenti – 24 ore su 24, 7 giorni su 7 – che Luigi XIV non poteva nemmeno immaginare; può vedere l'Italia nella sua automobile e nel comfort dell'aria condizionata, ascoltando l'album IV dei Led Zeppelin, per soli circa €100 di benzina. Anche con il salario medio, sono solo 2 giorni di lavoro. E ovviamente l'auto non dev'essere per forza “comprata”, può essere finanziata, mese per mese; senza contare che anche la benzina stessa e gli snack possono essere acquistati a credito. Quest'ultimo, a livello di banche commerciali, è fondamentalmente alimentato dalla domanda commerciale e non è inflazionistico quando c'è un'idea produttiva, un piano imprenditoriale a supporto della richiesta di credito che quindi è in linea con la domanda di mercato. Quand'è che lo diventa? Quando le banche commerciali prestano denaro alla gente comune affinché compri cose con denaro che non hanno guadagnato in base alla promessa che faranno qualcosa di "utile" in futuro per ripagare il loro debito. Non solo, il credito diventa inflazionistico anche quando i margini di prestito vengono tagliati e le banche ricorrono alla leva finanziaria per compensare i mancati introiti, avviando il cosiddetto ciclo del credito.

Possiamo quindi affermare che la domanda di credito a livello di sistema bancario commerciale va principalmente in linea con la domanda commerciale di credito, quindi non sempre è inflazionistica. Dall'altro lato, però, c'è il sistema bancario centrale, la cui estensione di credito è sempre inflazionistica. Un esempio eclatante in merito è l'evoluzione del cambio dollaro/yen, dove la Banca del Giappone, implementando interventismi sempre più sfrenati a livello di politica monetaria ha portato i tassi d'interessi nominali in territorio negativo e ha alimentato enormi carry trade a leva: acquisto di yen a tassi negativi e investimento in titoli esteri (es. obbligazioni statunitensi a rendimento positivo). Fenomenale per chi ha incassato i profitti, terribile per la gente comune dato che lo yen è stato ammazzato a livello di potere d'acquisto.

E se consideriamo che il Giappone è un Paese che sopravvive grazie alle importazioni, in un momento in cui l'inflazione dei prezzi è scoppiata in ogni dove ciò ha rappresentato un dramma per la gente comune.  Ovviamente questo non era nell'interesse della BOJ quando, oltre ai vari giri sterili di QE, è andata anche oltre passando al controllo della curva dei rendimenti. Questa è una giostra che va avanti fin quando non vengono rimpatriati i fondi investiti in questo tipo di operazioni e dato che da più di un anno a questa parte il dollaro è tornato a essere un asset altamente prezioso in questa fase della congiuntura economica, lo yen non poteva far altro che crollare miseramente nei suoi confronti. In sintesi, gli economisti giapponesi hanno aderito perfettamente al vangelo keynesiano dello stimolo mercantilista delle esportazioni, nel vano tentativo di jump-startare l'economia stagnante del Paese, ma l'unica cosa che hanno realmente esportato è stato il potere d'acquisto della popolazione giapponese.

Mentre i ricchi sono diventati ancora più ricchi, il ceto medio non è andato da nessuna parte ed è diventato più povero; non solo in Giappone, ovunque nel mondo, perché questo tipo di operazioni d'ingegneria finanziaria sono state perseguite dappertutto per evadere dal pantano dei tassi artificialmente bassi e ottenere un ritorno decente sugli investimenti (soprattutto da parte dei fondi pensione). Un proxy affidabile per misurare il livello accresciuto di povertà è senza dubbio l'adesione forsennata da parte degli italiani ai vari programmi dello stato sociale, cresciuti a macchia d'olio soprattutto negli ultimi 3 anni; oppure l'aumento marcato dei furti per necessità; oppure i lavoratori che vivono in case condivise con studenti.

La dipendenza del settore retail dal credito ha creato un ambiente in cui le auto sono finanziate, le case sono ipotecate, ci sono pochissimi risparmi, il capitale è pressoché inesistente e non c'è molto margine di errore. Come mai tutta questa “tecnologia” e il credito non hanno espanso il bacino della ricchezza reale? Scienziati, dottorati di ricerca, “stimoli” da parte delle banche centrali, più economisti, più tecnologia, più “conoscenza” accumulata disponibile sui nostri smartphone e Pc. Ora non dobbiamo nemmeno più pensare con la nostra testa, c'è l'intelligenza artificiale. E chi non credeva che grandi imprese come la Fiat non sarebbero durate per sempre? Tutto quello che bisognava fare era prendere in prestito un sacco di soldi, acquistare imprese e assumere pezzi grossi per gestirle. Sembrava così semplice, eppure non ha funzionato... nemmeno per le grandi imprese come la Fiat. L'impero degli Agnelli si è espanso e adesso, sovraccarico di debiti, inefficienze e disfunzioni, si sta contraendo. Il credito funziona solo quando viene utilizzato per aumentare l’efficienza e la produzione; il semplice acquisto di cose, siano essi articoli di consumo o attività commerciali, non aiuta.

Ciò è evidente anche nei conti nazionali. La BCE, con il suo euro scoperto, ha fornito credito: c'è chi lo ha usato per puntellare un impero traballante, i consumatori lo hanno usato per acquistare televisori a schermo piatto e ripiani in granito, i burocrati lo hanno usato per pagare, tra le altre cose, una pletora di attività assistenzialiste. E ora il credito sta diventando più costoso e il ciclo del credito (eliminazione dei debiti inesigibili) diventa doloroso, soprattutto per la gente comune che dipende da esso. Certo, si può rilanciare un’economia – temporaneamente – con il credito, "alzando i salari" come hanno chiesto i sindacati durante lo sciopero della scorsa settimana.. La gente pensa che siano “soldi” veri, pensa che i suoi salari possano aumentare in questo modo, che le vendite stiano aumentando; più tardi scopre che il boom era una frode ed era un viaggio di andata/ritorno verso il nulla.

E se lo stesso valesse per la “tecnologia”? E se i programmi di assistenza sociale, o l'ingegneria finanziaria, non aumentassero la nostra ricchezza ma la sottraessero assorbendo tempo e risorse che potrebbero essere meglio utilizzate altrove? La Fiat 500 ha una miriade di chip in silicio al suo interno: e se nessuno di essi vi porta dove volete andare veramente?


ECCEZIONE?

Tutto ciò non importa a livello mainstream, i politici permettono alle persone di vivere in una bolla. Al sicuro da ogni turbamento. È quello che sostiene Tajani ad esempio, secondo il quale l'Italia è in grado di evitare una recessione. Sulle basi reali di cosa non è chiaro, ma fondamentalmente l'assunto è sempre lo stesso: ci si stringe denti e unghie alla definizione di recessione tecnica, ovvero tre trimestri di crescita negativa del PIL (fattore che può essere aggiustato statisticamente ad hoc, tra l'altro). Finché non si manifesta tutto può andare bene... giù dal precipizio. Tajani mi riporta alla mente Lyndon Johnson quando dichiarò che gli Stati Uniti erano pienamente in grado di pagare per la sua linea di politica “Guns and butter” – riferendosi alla Great Society in patria e alla guerra del Vietnam nel Sud-est asiatico. La campagna di Johnson fu un flop: la Heritage Foundation calcola che siano stati spesi $22.000 miliardi per la guerra alla povertà e nel 1965 il tasso di povertà era del 14%; oggi è più o meno lo stesso. E la guerra in Vietnam finì come era iniziata: vergognosamente. Ma la spesa “Guns and butter” di Johnson ebbe conseguenze: alimentò l’inflazione degli anni ’70 insieme al cambiamento fatale nel sistema monetario statunitense del 1971.

L'anno prossimo gli interessi sul debito italiano supereranno i €100 miliardi e si prevede che tale spesa salirà ulteriormente negli anni a venire man mano che il debito aumenterà insieme ai tassi d'interesse. Il debito pubblico italiano è di quasi €3.000 miliardi e ogni anno una quota sempre maggiore deve essere rifinanziata, a tassi sempre più alti. Ciononostante Moody's è ottimista sul debito italiano, ignorando che il denaro pagato ai creditori in passato non è lo stesso che ricevono oggi e i soldi che riceveranno domani non saranno gli stessi che riceveranno oggi. L'euro infatti si è più che dimezzato sin da quando è nato, senza contare che ora i deficit di bilancio sono più grandi che mai e i tassi d'interesse stanno salendo, non scendendo. Quindi ogni ulteriore incremento del debito sarà più costoso. Non solo, ma c'è un'ulteriore variabile che è cambiata: la globalizzazione non sta più facendo scendere i prezzi come in passato. Nel 1978 la Cina iniziò una serie di riforme che l'hanno trasformata in una potenza economica. “Diventare ricchi è glorioso”, disse Deng Xiaoping liberando circa 500 milioni di persone e consentendo loro di fornire prodotti sempre più economici ai consumatori occidentali. Questa tendenza si è esaurita: i lavoratori in Cina non si accontentano più di lavorare per pochi spiccioli; le importazioni non sono più a buon mercato.

Cos’altro potrebbe rendere l’inflazione di domani peggiore di quella di ieri? La rivoluzione industriale non garantisce più grandi aumenti di produttività e il groviglio di regolamenti, restrizioni e meschine pratiche burocratiche è diventato sempre più pesante. Una minore produzione significa inevitabilmente prezzi più alti.

Mettiamo tutto insieme:

• Due guerre alle porte dell'Europa;

• Tassi d'interesse in rialzo, non in calo;

• Le importazioni dalla Cina non tengono più bassi i prezzi;

• Più regolamentazione che mai;

• La rivoluzione industriale ha raggiunto rendimenti marginali decrescenti;

• I tassi di crescita del PIL sono un infinitesimo rispetto a quelli degli anni ’60.

Mentre la stampa finanziaria celebra il presunto calo dell’inflazione rispetto allo scorso anno, il tasso d'inflazione reale è aumentato negli ultimi tre mesi.


SOTTO LA SUPERFICIE

Per ora i mercati sembrano compiacenti di fronte a questi fattori, ma con l’evolversi della situazione è improbabile che duri e i prezzi del petrolio e del gas potrebbero aumentare in modo significativo all'aumentare di questi rischi. Gli stock di energia europei non sono sufficienti per sostenere l’Europa durante l’inverno e le riserve strategiche degli Stati Uniti sono ormai esaurite. Non c’è momento migliore affinché il cartello dell'OPEC+ forzi i prezzi al rialzo, e con la rinnovata conferma del taglio di 1,3 milioni di barili di petrolio al giorno, è esattamente ciò che stanno facendo i sauditi e la Russia. È probabile che anche i prezzi del gasolio aumentino, se non altro perché la Russia ha smesso di esportarli. L’importanza del diesel è che oltre il 95% di tutta la logistica di distribuzione europea viene fornita tramite questo combustibile, aumentando i costi di produzione e consegna di tutti i beni di consumo. Chissà, forse Scholz, a tal proposito, ha letto il mio tweet allegato sopra e adesso sta iniziando a recuperare un po' di sano buon senso...

I prezzi al consumo sono ciò che le banche centrali guardano quando impostano i tassi d'interesse e a causa dei fattori energetici, la prospettiva è che l’aumento dei prezzi al consumo e all’ingrosso acceleri nuovamente. Inoltre i bilanci delle banche commerciali sono fortemente indebitati e si sono trovate a fronteggiare un calo dei valori degli investimenti obbligazionari, mentre i costi di finanziamento sono aumentati al di sopra dei loro rendimenti. Stanno scoprendo che i prestiti immobiliari e alle imprese sono minacciati da tassi d'interesse più alti e condizioni di recessione. Nell’attuale contesto ci sono pochissimi acquirenti di questi asset se le banche sono costrette a liquidare le garanzie, di conseguenza cercano di ridurre dove possono i prestiti e il rischio sui loro bilanci. Questo è il motivo per cui, indipendentemente dalla linea di politica del sistema bancario centrale, la carenza di credito sta spingendo i tassi per i prestiti verso l’alto e il costo della novazione del debito in scadenza è in aumento, laddove viene approvato, ovviamente, dato che è una cosa che accade sempre più raramente ormai. Si tratta di una stretta creditizia vecchio stile che non si vedeva dagli anni ’70 ed è appena iniziata.

Come già spiegato nei pezzi precedenti, stiamo assistendo a un cambiamento di tendenza: da un trend primario a un altro, dal lungo calo dei tassi d'interesse sin dagli anni ’80 al loro rialzo costante e progressivo adesso. Il mondo delle valute fiat ha virato sempre più verso la destabilizzazione, non a causa del distacco dall’oro e dell’aggiustamento dei mercati di conseguenza, come negli anni ’70, ma a causa dell’estrema soppressione dei tassi d'interesse, degli eccessi inflazionistici, della creazione di debito improduttivo e degli eccessi del debito pubblico. Nel 2022 il rapporto debito/PIL dei Paesi del G7 era in media del 128%: in testa alla classifica c'è il Giappone con il 260,1%, seguito dall'Italia con il 144%, gli Stati Uniti con il 121,3%, la Francia con il 111,8%, il Canada con il 107,4%, il Regno Unito con il 101,9% e la Germania con il 61,8%. Il ritorno a condizioni d'instabilità monetaria, come negli anni ’70, spinge a porsi una domanda cruciale: come continueranno a essere finanziati questi deficit di bilancio?

Nei primi anni ’80 la tendenza a lungo termine scontava un calo dei rendimenti obbligazionari, quindi ogni partecipante alle aste dei titoli di stato sapeva che col tempo i valori di quelle obbligazioni sarebbe migliorato, anche se le prospettive a breve termine erano incerte. Anche se sarebbe un errore ignorare le competenze con cui le autorità e gli operatori primari gestiscono le aste del debito pubblico, la tendenza attuale ci suggerisce invece che ci saranno momenti in cui suddette aste andranno deserte. Questo spiega perché, ad esempio, Cassa Depositi e Prestiti in Italia abbia lanciato una campagna pubblicitaria da €3 milioni per piazzare la sua tranche da €2 miliardi in obbligazioni (senza contare poi la fanfara sui giornali riguardo al "miracolo" del calo del delta mensile dell'inflazione, tutto davvero comodo per piazzare cedole al 5% su tali titoli). Negli anni ’70 accadde più volte che le aste obbligazionarie andassero deserte nel Regno Unito, ad esempio, con cedole pari o superiori al 15%; immaginate cosa farebbero oggi tassi di finanziamento simili alle finanze pubbliche, con il rapporto debito/PIL in media del 128% lo scorso anno...

Un ulteriore problema derivante dagli eccessi del passato è che l’intero sistema bancario, dalle banche centrali in giù, è in gravi difficoltà: tutte hanno un equity negativo quando realisticamente contabilizzato. Le banche centrali sostengono che ciò non è rilevante, perché intendono mantenere i propri investimenti fino alla scadenza; tuttavia un qualsiasi salvataggio di banche commerciali chiamerà in causa questo fattore determinante, perché il loro fallimento tecnico potrebbe diventare un ostacolo soprattutto per la fiducia nelle loro valute. Attualmente l’epicentro di una crisi bancaria mondiale è l'Europa, ecco perché c'è una fuga di capitali verso il dollaro prima che subentri un contagio finanziario più ampio.

La condizione del sistema bancario europeo è quindi fondamentale per l’economia mondiale, ma ora non solo il credito bancario non cresce più, si sta fortemente contraendo.

Il grafico qui sopra rappresenta le cosiddette riserve in eccesso, quel denaro che la BCE aveva iniettato nel sistema bancario commerciale durante i vari giri di QE affinché potesse comprare sul mercato secondario i titoli sovrani dei vari Paesi in difficoltà. Anche se tecnicamente non in circolazione pubblica, rappresentano una forma alternativa di depositi per i fondi del mercato monetario che altrimenti si sarebbero riflessi nei depositi bancari. Questa contrazione del credito nel sistema bancario è molto probabilmente dovuta alla conversione di tali riserve in obbligazioni sovrane, soprattutto debito pubblico a breve termine considerato la forma d'investimento più sicura. Ciò è del tutto coerente con la riduzione del rischio del credito bancario e del sistema bancario ombra.

Insomma, per quanto sia stata approvata una quantità infinita di norme affinché si proteggesse l'ambiente bancario da tutte quelle criticità che in passato ne hanno minato le basi, salta fuori sempre un dettaglio che invalida l'interventismo precedente.... per quanto capillare sia stato. Forse perché è esattamente l'interventismo la radice di tutti i mali economici? Le norme di Basilea III, ad esempio, hanno affrontato i problemi di liquidità dei bilanci, ma non sono riuscite a contenere l’eccessiva espansione del credito bancario rispetto al capitale azionario. Di conseguenza le autorità di regolamentazione dell’Eurozona e del Giappone hanno tollerato rapporti asset/equity superiori anche a venti volte per le loro banche di rilevanza sistemica mondiale, mentre in passato rapporti da dodici a quindici volte erano considerati pericolosamente alti. La contrazione del credito bancario sarà quindi più catastrofica in queste giurisdizioni che negli Stati Uniti, dove i rapporti per le principali banche commerciali sono generalmente inferiori a dodici volte.

La stima dei rapporti di bilancio non racconta tutta la storia, ci sono anche fattori fuori bilancio, principalmente passività nei mercati dei derivati regolamentati e OTC che per le G-SIB sono più grandi del loro intero bilancio messo insieme. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, lo scorso giugno le posizioni aperte sui futures regolamentati ammontavano a $37.000 miliardi e nel dicembre dell'anno scorso il valore nozionale dei derivati OTC ammontava a ulteriori $630.000 miliardi, per un totale di $667.000 miliardi. Banche, compagnie assicurative e fondi pensione sono le controparti di queste transazioni e il fallimento di una di esse potrebbe minacciare l’intero sistema finanziario. Il quadro generale è quello di una bolla che è giunta al termine e, sotto ogni punto di vista, è stata la più grande mai registrata.


CONCLUSIONE

Non è solo una questione di aumento delle bollette o del carrello della spesa. Più in generale non si spiega come mai, nonostante tutte le note positive che si leggono sui giornali e in questo pezzo di Repubblica in particolare, l'UE non stia outperformando Cina e Stati Uniti. Infatti il contributo al PIL da parte del settore estero ha aiutato l’area Euro a evitare una recessione (tecnica), poiché le esportazioni sono rimaste solide mentre le importazioni sono scese. Senza contare che la posizione della BCE, nonostante il rialzo dei tassi, è stata ancora accomodante. Infatti il programma anti-frammentazione e il fondo Next Generation EU continuano a sostenere il debito dei Paesi fiscalmente irresponsabili e il bilancio della BCE rappresenta oltre il 50% del PIL dell’Eurozona, rispetto al 30% di quello della Federal Reserve. E badate bene, adesso anche il mainstream economico (es. Borio, Congdon & Castañeda) ha realizzato che la politica estremamente accomodante da parte delle banche centrali ha creato la fiammata inflazionistica che stiamo ancora oggi sperimentando,

Malgrado gli enormi pacchetti di stimolo, la spesa in deficit, la politica monetaria accomodante e il sostegno esterno di gas e carbone a basso costo… non c’è crescita. Viviamo nel Paese dei balocchi keynesiano e nonostante ciò le cose vanno a rotoli. E a questo giro non si può nemmeno dare la colpa al rallentamento della Cina. Come già detto le esportazioni sono rimaste sostenute, ciononostante la Germania è in recessione, con Francia e Italia che sfoggiano una crescita zero.

Il problema dell’Eurozona, quindi, non è la Cina, i rialzi dei tassi, o la guerra in Ucraina: è la pianificazione centralizzata. Sovvenzionare settori obsoleti e aziende zombi, gonfiare la spesa pubblica e aumentare le tasse sui settori più produttivi (es. aziende tecnologiche, come Uber Eats o Airbnb) stanno allontanando le industrie e i settori ad alta produttività. La spesa pubblica è ora la componente principale del PIL in Paesi come Francia o Italia ed è in aumento in tutta l’Eurozona. L’attuazione di decisioni economiche imposte a livello politico hanno paralizzato le opportunità d'investimento nell’area Euro e la politica energetica è un’area chiave in cui la stagnazione è evidente. Una politica energetica sbagliata rende l’industria meno competitiva e l’economia più vulnerabile, poiché i prezzi dell’elettricità e del gas per le famiglie e le industrie sono significativamente più alti che in Cina o negli Stati Uniti a causa dell’accumulo di tasse e oneri normativi. Non si può ridurre l'inflazione per decreto. Non si può far ripartire un'economia stagnante per legge. Il parlamento non può votare di cambiare la congiuntura internazionale, soprattutto la volontà che ha avuto l'Europa di castrare quel poco che gli rimaneva dal punto di vista energetico. Nonostante la morsa economica stia stringendo sempre di più e spremendo sempre di più la vita della maggior parte delle presone, nessuno ancora chiede di ricominciare a far pompare grandi quantità di gas dalla Russia; nessuno chiede una politica estera che permetta approvvigionamento di risorse energetiche a basso costo fregandosene di chi erano i Paesi e i relativi politici che li governavano; nessuno chiede alla politica interna di evitare di bloccare il traffico in base a "scelte green" scellerate riguardo lo spostamento dei veicoli; ecc. È vitale capire come funziona il denaro, cos'è, le decisione scellerate che ci hanno portato fino a questo punto, chi le ha prese e perché le ha prese. Siccome tanti non hanno capito dove stanno i problemi, non possono chiedere di risolverli; chiederlo a gran voce, invece, non solo è dannoso ma fa anche il gioco di chi li ha creati in prima istanza quei problemi, perché è ben contento del fatto che la maggior parte delle persone non sappia quali sono davvero.


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1 commento:

  1. Inflazione, il report: -152 miliardi sui conti correnti in un anno
    Un over 65 su quattro rinuncia a visite ed esami medici, più le donne. Pesano i costi e le attese

    Il presunto scopo delle banche centrali è quello di fornire “stabilità macroeconomica” controllando l’inflazione; ciò che fanno invece è aiutare a finanziare i deficit pubblici acquistando titoli di stato. Fungono anche da cartello legalizzato per le grandi banche commerciali, proteggendole dalle corse agli sportelli nel loro ruolo di “prestatori di ultima istanza” (un termine improprio poiché è chi usa la valuta il vero prestatore involontario di ultima istanza).

    Lungi dal controllare l’inflazione, la BCE, in particolar modo, funge da elemento motore per gli aumenti cronici dei prezzi attraverso l’espansione dell’offerta di denaro. Emette euro coperti solo dal corso legale, un eufemismo per dire "minaccia di violenza". L’aumento dell'offerta di denaro non farà altro che far aumentare i prezzi nel tempo. La BCE agisce come se questo fatto potesse essere ignorato.

    È noto che l’aumento delle tasse crea malumori crescenti, tuttavia la contraffazione a norma di legge da parte delle banche centrali è molto più "sicura", perché il furto è meno visibile. Invece di avere meno euro a causa di una maggiore tassazione, i consumatori hanno euro più deboli a causa della contraffazione. Le loro tasche vengono svuotate silenziosamente attraverso prezzi più alti.

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