lunedì 7 giugno 2021

Le premesse farlocche per espandere lo stato amministrativo

 

 

di Ethan Yang

Negli Stati Uniti ci sono due modi in cui il governo esercita il potere sui suoi cittadini. Il primo è attraverso il processo legislativo: i rappresentanti eletti nella legislatura votano un disegno di legge e il presidente lo approva o pone il veto. Questo è principalmente il modo in cui le leggi dovrebbero essere approvate in una democrazia rappresentativa. Poi c'è il processo amministrativo di regolamentazione, gestito principalmente da burocrati non eletti che forniscono un livello di competenza tecnocratica. Tali agenzie includono organizzazioni come l'Environmental Protection Agency, il Department of Education, il Department of Motor Vehicles e così via. Queste agenzie esistono per stabilire regole marginali ed assicurarsi che le leggi approvate dal Congresso, che è composto da rappresentanti democraticamente eletti, adempiano al loro scopo previsto.

Ovviamente oggi non è così. Le agenzie amministrative sono praticamente diventate un organo di governo che opera in modo indipendente, esercitando il controllo sulla popolazione senza responsabilità democratica o trasparenza. Philip Hamburger, nel suo lavoro intitolato Is Administrative Law Unlawful?, osserva che:

Il diritto amministrativo ha ormai sminuito il diritto statutario ed è diventato la modalità pervasiva del governo federale di trattare con il pubblico. Pertanto, piuttosto che un semplice mezzo per completare il lavoro del Congresso e dei tribunali ai margini, il potere amministrativo è diventato centrale.

In un precedente articolo ho riassunto l'ascesa dello stato amministrativo da una manciata di agenzie all'inizio della repubblica alla sua struttura attuale dove ci sono più agenzie federali che funzionari eletti nella Camera dei Rappresentanti. L'ascesa dello stato amministrativo risale alle visioni progressiste di uomini come Woodrow Wilson e Franklin Roosevelt, mentre ha sperimentato una rapida espansione negli anni '70. Gran parte dello stato amministrativo moderno è un prodotto dell'amministrazione Obama. Peter Wallison cita l'illustre giurista Christopher DeMuth quando scrive che:

Negli anni della presidenza Obama, osserva DeMuth, l'espansione del potere esecutivo è diventata essenzialmente illegale: "La partenza più drammatica dal governo esecutivo negli anni successivi al 2008 è stato l'unilateralismo: le agenzie esecutive, e spesso il presidente Obama personalmente, hanno effettuato una serie di cambiamenti in violazione di requisiti legali ragionevolmente chiari, spesso per il fatto che il Congresso non li aveva messi in atto".

L'espansione dello stato amministrativo ne avrebbe inevitabilmente giovato. La crescita dell'apparato normativo si è basata sull'idea che a volte il legislatore è troppo lento e troppo diviso per approvare leggi per una società migliore. In pratica, la sua crescita unilaterale e il suo potere sono semplicemente un modo rapido di stipare un'agenda politica dal più alto livello di governo.

Questa spiegazione è supportata dalla recensione di un libro in difesa dello stato amministrativo, pubblicata dalla Harvard Law Review e che si apre con la seguente dichiarazione:

Parlando alla Yale Law School nel 1938, il preside James Landis espose una potente difesa del New Deal del presidente Franklin Roosevelt, e in particolare della sua innovazione di nuove agenzie amministrative federali. "Il processo amministrativo", dichiarò Landis, "è, in sostanza, la risposta della nostra generazione all'inadeguatezza del processo giudiziario e legislativo".

L'articolo include la contro-argomentazione scrivendo:

L'eminente Dean Roscoe Pound, allora presidente di una commissione speciale dell'American Bar Association che valutava l'ascesa dello stato amministrativo sulla scia del New Deal, considerava la mescolanza di funzioni legislative, esecutive e arbitrali in agenzie come la Securities and Exchange Commission (SEC) – che Landis stesso aveva progettato e poi presieduto – come l'equivalente di un "assolutismo amministrativo".

Oggi, con l'ampia autorità normativa che le agenzie amministrative possiedono, le paure di Dean Pound sini pienamente materializzate. Ecco un articolo pubblicato da Ascent sulla regolamentazione finanziaria:

Il 50% degli intervistati in un sondaggio della Risk Management Association ha dichiarato di spendere il 6-10% delle proprie entrate in costi di conformità. Le grandi aziende riferiscono che il costo medio per continuare ad essere conformi con le norme è di circa $10.000 per dipendente. Le banche commerciali e le grandi società di brokeraggio con oltre 20.000 dipendenti potrebbero finire per spendere oltre $200 milioni in conformità ogni anno [...].

Sebbene sorprendenti, anche questi numeri mostrano solo un'istantanea. Non riescono a catturare l'accelerazione del cambiamento normativo e il livello di complessità normativa, entrambi esplosi nell'ultimo decennio. Il cambiamento normativo è aumentato del 500% sin dalla crisi finanziaria del 2008 e, senza sorprese, ha aumentato i costi normativi nel processo.

E questo solo sulla regolamentazione finanziaria. Lo stato amministrativo continua ad espandersi in vasti settori dell'economia, imponendo regole spesso complicate, costose e controproducenti. In una recensione del libro dello studioso di diritto Richard Epstein, The Dubious Morality of Administrative Law, la Federalist Society scrive:

Questo fallimento è strettamente connesso al moderno clima normativo, in quanto gli statuti federali impongono "sistemi globali di controllo statale sull'ambiente, sullo sviluppo di farmaci, sulle telecomunicazioni e sui rapporti di lavoro, ecc.", dando alle agenzie governative ampi poteri di intervento. Debole tutela dei diritti di proprietà e ampie concessioni di autorità normativa consentono alle agenzie governative di regolamentare ampie aree dell'economia senza un sufficiente riguardo per gli interessi delle entità regolamentate.

Nel suo libro, Simple Rules for a Complex World, Epstein delinea i gravi problemi causati dall'espansione dello stato amministrativo in tutti i settori della vita economica e sociale. Sostiene il passaggio netto ad un insieme più semplicistico di regole primarie (es. protezione dei contratti, degli scambi e dei diritti individuali), consentendo al contempo alla discrezione privata di funzionare ininterrottamente nella misura in cui non viola tali regole. Questo punto di vista è anche congruo con quello del Premio Nobel Elinor Ostrom, il cui lavoro pluripremiato ha coperto il modo in cui la distribuzione condivisa del potere tra attori privati ​​e pubblici porti a risultati di gran lunga migliori rispetto a quando è esercitata da una singola entità. Il governo dovrebbe stabilire alcune regole operative di base, ma il processo decisionale dovrebbe essere ampiamente disperso nel settore privato e lasciato alle interazioni volontarie.


La tesi discutibile per l'espansione dello stato amministrativo

Oggi c'è un dibattito simile a quello che c'era nel XX secolo sul pericolo o sulla necessità di potenziare il braccio burocratico dello stato. Oggi sembra che la necessità di un apparato normativo in continua crescita si riduca di giorno in giorno man mano che il danno si fa più evidente. Per riassumere questa tesi, K. Sabeel Rahman scrive per la Harvard Law Review:

Se siamo nel bel mezzo di una “Terza Ricostruzione” che cerca di realizzare le aspirazioni per l'inclusione economica, razziale e di genere dopo gli alti e bassi del ventesimo secolo, lo stato amministrativo sarà una fonte istituzionale di potere e politica.

È chiaro che lo stato amministrativo non rende la società più efficiente e non la rende più innovativa. Si può sostenere che non lo renda nemmeno più sicura, ma può modellarla in modo "più democratico" e raggiungere gli obiettivi politici.

Questa tesi è viziata in due punti, una pratica e l'altra filosofica. Il difetto pratico è che spesso la maggior parte dei regolamenti non funziona come previsto e non raggiunge l'obiettivo di rendere la società un luogo più equo. In genere inducono solo maggiori costi e difficoltà per gli individui che devono conformarsi, andando invece a beneficio di interessi economici radicati come le grandi società ed i sindacati.

Basta guardare ai sindacati dei taxi per vedere quali pressioni sono state esercitate affinché venissero regolamentate le app come Uber. Questo ha poco a che fare con il miglioramento della sicurezza pubblica e invece serve ad incrementare il potere dello stato amministrativo in modo che elimini la concorrenza a spese della società. Chris Edwards, uno studioso del Cato Institute, cita uno studio condotto dalla National Association of Manufacturers:

Nel settore manifatturiero si è scoperto che i costi normativi per dipendente per le piccole imprese sono del 152% superiori ai costi per le grandi imprese.

Una tale dinamica è emblematica negli effetti regressivi di politiche progressiste. C'è anche la consapevolezza derivante dalla teoria della public choice, secondo cui lo stato non è composto da angeli ma da esseri umani con limitazioni su ciò che possono realizzare e limitazioni sulla loro integrità. Dare un potere sempre maggiore alle agenzie di regolamentazione credendo che raggiungeranno i loro obiettivi e gestiranno la società meglio di quanto si possa gestire da sé è un'idea profondamente sbagliata.

Il secondo, e forse il più importante difetto della tesi secondo cui lo stato amministrativo è necessario per modellare democraticamente la società, è il fatto che un tale mandato non solo è imperfetto, ma non esiste. Lo stato amministrativo è spesso basato sull'idea che gli interessi economici debbano essere combattuti in modo da promuovere l'interesse pubblico; tuttavia il nocciolo della questione è che l'interesse pubblico è solo una parola vuota che invece sottende un interesse politico arbitrario. Non si può assolutamente giustificare l'idea che la vasta espansione dello stato amministrativo nella vita economica e sociale sia nell'interesse del pubblico in generale. Sia che la causa sia l'applicazione della parità di genere o razziale, la ridistribuzione del reddito, lo scoraggiamento del consumo di zucchero, l'obbligo di pregare, il divieto del mentolo o la forzatura delle persone a fare esercizio, tali "interessi pubblici" sono semplicemente l'obiettivo di coloro che sono al potere e dei gruppi con interessi specifici che li sostengono.

Gli interessi politici arbitrari dovrebbero essere messi in atto attraverso il processo legislativo in cui possono essere discussi, controllati e i loro architetti alla fine ritenuti responsabili. Rivolgersi allo stato amministrativo, che può agire come giudice, giuria e carnefice, per far passare la propria visione politica non solo mostra un disprezzo per la vita dei singoli cittadini, ma è anche tirannico. È un segno rivelatore di una prospettiva filosofica che valorizza la democrazia liberale solo nella misura in cui promuove i propri obiettivi politici piuttosto che come un sistema che esiste per costruire consenso nella governance proteggendo la libertà individuale. 


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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