venerdì 2 aprile 2021

Disoccupazione ciclica

 

 

di Hans Sennholz

In ultima analisi, lo stato è l'unico responsabile per il ciclo economico e per la disoccupazione che ne consegue.

L'occupazione è una fonte di felicità e di godimento essenziale. Nessun essere umano, adeguatamente occupato, rimane miserabile a lungo. Per godersi la vita, l'essere umano deve avere un'occupazione, che dovrebbe essere il suo scopo e aspirazione. Essere disoccupati significa sprecare la vita e invitare il male. Eppure milioni di persone che vorrebbero essere occupate nel mercato dei beni e dei servizi, sono sporadicamente disoccupati. Sono le vittime primarie del ciclo economico.

L'instabilità economica è stata il destino dell'uomo fin dall'alba dei tempi. Sia che si procurasse da vivere cacciando o pescando, coltivando la terra, o impegnarsi nell'industria, nel commercio o nella finanza, l'uomo ha sempre fronteggiato le vicissitudini della vita economica. C'erano tempi buoni e tempi cattivi, ma questi cambiamenti erano causati da influenze estranee, quali cattivi raccolti, epidemie, conflitti civili, o guerre. I cicli economici sono un fenomeno moderno, prodotto dell'ordine economico moderno con le sue condizioni e le sue istituzioni. I primi cicli economici in senso moderno furono registrati in Inghilterra durante la seconda metà del diciottesimo secolo. La prima depressione Americana si ritiene essere avvenuta nel 1819. In molte parti d'Europa, i cicli non apparvero fino alla metà del diciannovesimo secolo, in Russia e in Giappone fino alla fine del secolo.

I cicli economici sono cambiamenti visibili che hanno luogo in determinate condizioni economiche in un certo periodo di tempo. Condizioni espansive sono seguite da crisi spettacolari e da dolorosi riaggiustamenti comunemente chiamate depressioni. Durante il corso di un ciclo i fattori della produzione sono soggetti a cambiamenti radicali nella domanda; possono lavorare ore straordinarie nella fase di boom e restare inattive durante la crisi. Possono beneficiare di un aumento dei prezzi e di entrate durante il boom, e soffrire perdite tremende durante la depressione. La forza lavoro può ottenere aumenti di salari e benefit durante il boom, e affrontare la disoccupazione durante la depressione.

Gli osservatori dell'enigma economico offrono prontamente le loro spiegazioni. Un gruppo attribuisce il ciclo principalmente ad altri fattori che non siano economici, quali conflitti e guerre, o cambiamenti nella crescita demografica, o migrazioni internazionali e internazionali. Gli economisti scartano rapidamente questi "fattori esterni" poiché non sono inerenti al processo economico.

Alcuni economisti attribuiscono i cicli economici a combinazioni accidentali di circostanze economiche sfavorevoli. Sono convinti che ogni depressione abbia le proprie origini particolari quali l'inadeguatezza della moneta circolante, l'accaparramento e la scarsità del credito, eccesso di investimenti nell'industria, nuove tecnologie o mercato immobiliare. "In pratica ogni fluttuazione economica", spiegava Joseph A. Schumpeter, "deve essere un unico storico e non può essere spiegato se non con un'analisi minuta degli innumerevoli fattori effettivamente in gioco in ogni caso".[1]

La gran parte degli studenti del ciclo economico mettono in discussione la teoria delle combinazioni accidentali. Sono convinti che una singola causa colpisca il sistema economico e generi le fluttuazioni cicliche. Ma essi divergono ampiamente sulla natura di questa causa. Le diverse spiegazioni offerte dalle diverse scuole di pensiero possono essere classificate in base ai fattori causali che enfatizzano:

  1. La complessità della suddivisione del lavoro
  2. Il sistema capitalista
  3. L'intervento statale


La complessità della suddivisione del lavoro

Molti economisti indicano una "anarchia della produzione" risultante dalla suddivisione del processo produttivo quale causa delle crisi e della disoccupazione che generano. E' difficile, asseriscono, per gli imprenditori con conoscenza limitata della domanda dei loro prodotti mantenere un equilibrio. Gli imprenditori e i capitalisti affrontano grandi incertezze che sorgono dai metodi di produzione roundabout molto lenti. Per di più, i beni economici sono prodotti per essere scambiati, cosa che induce a errori di valutazione che tendono a svilupparsi cumulativamente verso l'ottimismo o vero il pessimismo.

A.C. Pigou, riflettendo sulla stagnazione economica dell'inizio degli anni '20, spiegò che due uomini d'affari fecero "una stima ora esagerata, ora inadeguata, della reale domanda prospettiva dei propri prodotti. Nessuno studio dei cicli economici nel quale questo punto sia frainteso non può essere considerato adeguato".[2] Il Professor Taussig, il principale economista dei suoi tempi, ha indicato a diverse fasi del processo produttivo che inducono in errore gli imprenditori e portano alla sovrapproduzione. "C'è sovrapproduzione, arresto e chiusura, e cessazione, in reazione alla quale cessa la produzione di impianti e materiali, cessano le industrie che li produrranno, provocando una depressione generale. La ricorrenza delle crisi commerciali in questo modo può essere ascritta principalmente alla sovrapproduzione".[3]

Più di 200 anni fa Adam Smith vedeva la suddivisione del lavoro umano come il fattore più benefico dello sviluppo economico. Nella primissima frase di La Ricchezza delle Nazioni  Smith si rallegrava della divisione del lavoro. "Il più grande miglioramento nella capacità produttiva del lavoro, e gran parte dell'abilità, destrezza, e giudizio con cui essa sia ovunque diretta, o applicata, sembra essere negli effetti della divisione del lavoro." In contrasto con Smith, molti scrittori moderni sono allarmati circa le complessità e le difficoltà di finanza e gestione che nasce dalla divisione del lavoro. In mancanza di una spiegazione di depressione e disoccupazione, puntano alla separazione del lavoro in molte operazioni di componenti differenti attraverso la specializzazione. Ma nessuna di esse conclude che l'uomo dovrebbe tornare ad una minor specializzazione, che significherebbe una minore capacità produttiva e salari inferiori.

Se i miglioramenti nella suddivisione del lavoro sono effettivamente causa di depressione e disoccupazione, il ciclo economico della maggior parte dei paesi produttori, con la suddivisione del lavoro più avanzata, dovrebbe essere più severo e doloroso. Crescite febbrili sarebbero seguite da profonde depressioni. Gli Americani ne sarebbero colpiti più duramente di Messicani e Boliviani. In realtà le depressioni e la disoccupazioni sono largamente peggiori in Messico e in Bolivia piuttosto che negli Stati Uniti. Questo è perché le follie dell'interventismo governativo sono generalmente più grandi in Messico e in Bolivia che negli U.S.A.

Se i miglioramenti nella suddivisione del lavoro causarono effettivamente depressione, i cicli economici avrebbero dovuto essere sempre peggio nelle decadi recenti, che hanno visto un miglioramento mondiale della divisione del lavoro. In realtà le recenti recessioni furono più lievi di quanto non fu la Grande Depressione degli anni '30. Per di più, ogni avanzamento tecnologico, ogni nuovo strumento di produzione, che sono i frutti della suddivisione del lavoro, dovrebbero sfociare in una nuova depressione e in disoccupazione massiccia. Ogni innovazione nella tecnologia Americana nei computer, per esempio, avrebbe dovuto alimentare un altro ciclo. E' ovvio che la realtà economica differisca da tali congetture.

Indicare la "sovrapproduzione" quale causa del ciclo economico significa ignorare i bisogni illimitati e i desideri della maggior parte degli individui. Mentre milioni di persone sono affamate e muoiono di fame e bisogno, è insensibile parlare di sovrapproduzione. Certamente, è comprensibile che il mondo socialista che indugia cronicamente nella povertà e nella disperazione ami prendere di mira i paesi capitalisti e incolparli con la "sovrapproduzione".


Il sistema capitalista

Molti scrittori alla ricerca di una spiegazione del ciclo economico limitano la loro accusa al sistema capitalista che permette la proprietà privata dei mezzi di produzione. Un gruppo trova fallacie nella distribuzione del reddito del sistema capitalista; un altro gruppo centra la propria attenzione sul processo produttivo capitalista.

Il sistema di distribuzione capitalista alloca ad ogni partecipante il valore di mercato del suo contributo alla produzione: all'imprenditore il profitto, all'investitore i suo interessi, al manager il suo stipendio, e al lavoratore il sou salario. Alcuni guadagnano alte cifre poiché portano un grande contributo al benessere economico dei loro simili; altri guadagnano poco poiché contribuiscono poco. I critici preferiscono generalmente una distribuzione più equa dei guadagni e della ricchezza che, nelle loro convinzioni, garantirebbe stabilità economica e piena occupazione.

Lord Lauderdale (1759-1839) fu il primo ad indicare il consumo quale fattore decisivo per la quantità di lavoro che può essere impiegato. La "Parsimonia forzata" riduce i fondi destinati al consumo e all'impiego di manodopera.[4] Allo stesso modo, Thomas Robert Malthus (1766-1834) ammonì circa il sovraccumulo di capitale. Una più equa distribuzione della ricchezza avrebbe alleviato la stagnazione economica e il declino. Egli favoriva il lavoro pubblico come mezzo di impiego e di sollievo per le classi operaie: "... per soccorrere le classi operaie in un periodo come quello odierno, è desiderabile impiegarli in lavori improduttivi, o almeno in lavori i cui risultati non provengano da vendita al mercato, come strade e lavori pubblici".[5]

La teoria del ciclo economico di Lauderdale e Malthus , carente sulle modalità di distribuzione del reddito, provocò le risposte di Jean Baptiste Say , David Ricardo e John Stuart Mill. Costoro svilupparono la cosiddetta legge dei mercati , che in sostanza nega che i cicli economici hanno origine da " accumulo eccessivo " e dal modo in cui è distribuito il reddito . Entro la fine del XIX secolo questa teoria regnava sovrana nel mondo economico , e provocò lo spostamento della critica dal lato della distribuzione al lato della produzione . Le condizioni materiali del moderno ordine capitalistico , in particolare i metodi di produzione roundabout, divennero così oggetto di attacco per essere la causa del ciclo economico.

Karl Marx principalmente diede eco alla spiegazione di Lauderdale-Malthus, ma l'elemento portante del suo argomentare era lo "sfruttamento" piuttosto che l'accumulo e l'ineguaglianza dei redditi. Le crisi economiche sono apici dei conflitti inerenti al sistema capitalista. I conflitti nascono dall'accumulo di capitale e dalla crescente proporzione di capitali fissi, che causa un declino nel potere d'acquisto dei lavoratori. I capitalisti "sfruttano" il lavoro e applicano i loro profitti estorti, che chiamano "risparmi" per aumentare la produzione. In breve, distruggono i loro mercati riducendo il "capitale salariato", il potere d'acquisto dei lavoratori. Le depressioni riportano un equilibrio temporaneo tra produzione e consumo.

Marx ebbe modo di presentare un'altra spiegazione per le crisi economiche basate sul ciclo vitale del capitale. Poiché i capitalisti investono in modo discontinuo per diversi periodi, "il mercato subisce periodi successivi di depressione, attività media, crollo, crisi... Una crisi diviene sempre il punto di partenza di nuovi grandi investimenti".[6] In breve, gli uonini d'affari non solo sfruttano i propri lavoratori, ma investono anche a caso e capricciosamente, il che aggiunge instabilità a sfruttamento. Il loro famigerato comportamento causa inevitabilmente depressione e disoccupazione.

Un secolo dopo Marx, i suoi innumerevoli seguaci in tutto il mondo continuano a spiegare il cicli economici come caratteristici del capitalismo. Il consumo totale, che propongono come verità rivelata, è in ritardo rispetto alla totale produzione a causa dello sfruttamento del lavoro, che è un furto. Ovunque i Marxisti giungono al potere aboliscono sommariamente la proprietà privata dei mezzi di produzione. Ovunque non hanno a disposizione il potere politico, evocano apertamente la sua abolizione.

Nel mondo libero la spiegazione Marxista contende contro altre spiegazioni, la più popolare delle quali è quella di Jogn Maynard Keynes (1883-1946). Questo economista Britannico sarebbe divenuto il patriarca del mondo libero. Fondamento della struttura keynesiana è il concetto Malthusiano della domanda effettiva, che Keynes definisce quale "reddito aggregato (o introito) che gli imprenditori si aspettano di ricevere... dal valore di impiego corrente che decidono di dare".[7] Il professor Keynes fece del consumo l'elemento primario del suo ordine economico. Il consumo limita la produzione, non il contrario come gli economisti Classici suggerivano. La "propensione al consumo" diventa una variabile indipendente fondamentale. Essa porta in esistenza sia la produzione sia il capitale quali fattore della produzione. Il consumo, così come l'investimento, è la base della "domanda effettiva".

Concepita durante la Grande Depressione, e basandosi sull'idea di stagnazione secolare, la teoria di Keynes è uno schema di fuga dalla depressione per mezzo di un'economia pianificata o gestita, e di domanda socializzata. Gli economisti Classici si basarono sull'assunto dell'armonia o similarità degli interessi. Sulle orme di Karl Marx, il Professor Keynes sviluppò la sua teoria su disarmonia e conflitto. Gli interessi di risparmiatori e investitori non coincidono, il che a loro volta entrano in conflitto con gli interessi dei consumatori. I capitalisti privati sono propensi ad essere avidi sfruttatori o pasticcioni inefficienti, o entrambi, e non meritano le ricche ricompense che di solito intascano. Per restaurare e mantenere condizioni economiche più desiderabili, il Professor Keynes raccomandò il controllo centrale da parte di politici e autorità. Invocò lo stato a protezione dalla competizione straniera e regolamenti interni per assicurare "un'equa distribuzione della ricchezza e del reddito" e "piena occupazione."

Le dottrine keynesiane finirono con l'esercitare grande influenza sulle politiche governative in tutto il mondo. Le dottrine non erano nuove; non vi erano nuovi elementi nel sistema, e nessuna proposta di nuove politiche. Ma la combinazione di elementi, politiche, e terminologie era nuova. J.M. Keynes ricostruì una vecchia macchina e la fece sembrare nuova. Ciononostante, malgrado il suo nuovo aspetto, era del tutto simile ai decreti di Mercantilisti e Fisiocrati del diciottesimo secolo, e correlati al pensiero che gli economisti Classici intendevano smascherare e screditare.

Perciò, molti scrittori contemporanei puntano a uno o più aspetti dell'ordine capitalista quali fattori di disturbo che genera squilibrio, dunque genera il ciclo economico. Mentre si impegnavano in dibattiti vivaci su quale fosse la particolare caratteristica che presumibilmente scatenava il male, non avevano alcun dubbio che il sistema della proprietà privata generasse sempre instabilità e disoccupazione. Questa è la ragione per la quale richiedono che il governo, l'apparato politico di coercizione, rimedi a tali acclamati difetti o abolisca il sistema


L'intervento statale

Solo alcuni membri della scuola economica Austriaca, in particolare Ludwig von Mises e altri scrittori che ne seguivano le orme, arrivarono alla straordinaria conclusione che, in ultima analisi, il governo, quale creatore dell'ordine monetario e monopolista della valuta legale, è il solo responsabile del ciclo. Questi economisti rifiutano tutte le nozioni e dottrine che attribuiscono a politici e autorità governative la responsabilità del denaro del popolo, e li inducono a stamparne sempre di più per il bene della "crescita" economica. Secondo il giudizio di questi economisti, il popolo deve essere liberato dal monopolio del denaro e i politici devono essere interdetti da ogni argomento monetario.

Nella sua spiegazione del ciclo economico il professor von Mises combinò nozioni acquisite con nuove intuizioni. Costruì la sua teoria sull'analisi ricardiana degli effetti dell'espansione monetaria e creditizia, sulla teoria di Bohm-Bawerk del capitale e degli interessi, e sulla spiegazione di Wicksell del potenziale divario fra il tasso di interessi "naturale" e il tasso manipolato del mercato. Mises concluse che le banche centrali tendono ad orchestrare processi di espansione monetaria e creditizia che falsificano i tassi di interesse. Creano ed emettono nuovi fondi che abbassano i tassi di interesse e perciò inducono gli imprenditori a imbarcarsi in nuove espansioni e modernizzazioni. Un boom febbrile è creato; i salari e altri costi di produzione tendono a salire.[8]

Ispirandosi alla teoria monetaria di Mises, suo maestro, Friederich A. Hayek sviluppò una teoria che spiega come la frattura monetaria alteri i prezzi relativi falsificando i saggi di interesse e le modalità di investimento. La creazione di moneta e credito genera una nuova fonte di domanda di beni e di risorse ai quali le imprese reagiranno. Inizialmente, genera uno spostamento di spesa a favore di consumi futuri piuttosto che attuali. Ovvero, si scatena un "boom degli investimenti" con aumento dell'occupazione per mezzo dell'attrazione di risorse che altrimenti sarebbero state consumate. Le risorse rimarranno così impiegate fino a che la creazione di moneta continua, perciò dovrà continuare in modo sempre maggiore per mantenere il boom dell'occupazione. Se interrotta per timore di un'inflazione galoppante, ha inizio un riaggiustamento sotto forma di depressione. Se, d'altra parte, l'espansione monetaria continua con sempre maggior incidenza, porta inevitabilmente alla crollo di ordini e produzione, alla disintegrazione della divisione del lavoro e alla disoccupazione di massa. Un governo che, per qualunque ragione, si imbarchi in tali politiche, prende una tigre per la coda, che alla fine divorerà il suo guardiano.[9]


Il punto di vista Austriaco

Gli economisti Austriaci si ritrovano concordi circa i movimenti ciclici dell'attività economica. Concordano che l'occupazione si muove fortemente con i mutamenti basilari dell'attività, ma è tipicamente più lenta di altri aspetti del ciclo. Reagendo al declino dei tassi di interesse, le attività preparatorie agli investimenti aprono la via - quali incorporazioni, allocazioni di risorse per spese in conto capitale, emissione di permessi di costruzione, contratti di costruzione, ordini di macchinari ed attrezzature, aumento del debito commerciale, e emissione di nuovo capitale proprio. Occupazione, produttività e prezzi al consumo sono più lenti a reagire alla nuova situazione. La ragione è ovvia: è meno oneroso e finanziariamente meno impegnativo richiedere un permesso di costruzione o assicurarsi una linea di credito bancario piuttosto che assumere ed istruire personale umano. Inoltre, il permesso di costruzione può essere lasciato scadere, il credito bancario può rimanere inutilizzato, l'ordine di macchinari può essere accantonato, ma il personale non può, in buona coscienza, essere prontamente assunto e poi licenziato.

I costi del lavoro per unità prodotta tendono ad attardarsi dietro altri fenomeni del ciclo. I contratti di lavoro hanno una lunga durata, cosa che mantiene i costi del lavoro relativamente stabili ma impone grandi variazioni nel costo di unità in funzione del livello di produzione. Durante la fase iniziale del boom, quando i costi unitari si riducono, la domanda di personale tende ad aumentare, e salari e fringe benefits ne seguono l'esempio. Quando, in una fase più avanzata del ciclo, l'attività dell'impresa rallenta e i costi per unità prodotta cresce, è piuttosto difficile ridurre i salari ed i fringe benefints. I contratti di lavoro possono imporre impegni a lungo termine; ma anche se non lo facessero, è molto più difficile psicologicamente e più problematico in funzione dei rapporti con i dipendenti ridurre i salari e modificare le condizioni di lavoro piuttosto che semplicemente licenziare. E' più semplice licenziare un dipendente che ridurre il suo salario poiché può immediatamente comprendere e accettare la disoccupazione, senza un danno permanente alla sua auto-stima, essendo licenziato a causa di "mancanza di lavoro"; è molto più difficile accettare una riduzione del salario a causa "dell'aumento del costo unitario". La disoccupazione causata da "mancanza di lavoro" ovviamente pone la responsabilità su fattori misteriosi si cui il lavoratore disoccupato non ha influenza. Ma essere disoccupato per via di "costo del lavoro eccessivo" pone alcune responsabilità non solo sulle autorità monetarie che generano il ciclo ma anche sui disoccupati stessi che possono aver contribuito all'aumento dei costi e dunque rifiutano di subire tagli a salari e benefits.

Le fluttuazioni nel numero di lavoratori occupati sono maggiori nelle industrie che producono beni di largo consumo piuttosto che nelle imprese di servizi. Dopotutto, le fluttuazioni cicliche hanno origine nelle industrie che producono beni di largo consumo e di prima necessità che rispondono prontamente all'espansione monetaria e creditizia. Gli imprenditori si imbarcano in una costruzione che euforizza tutte le imprese del settore, vale a dire utensili e stampi, computer, acciaio, rame, legname, e così via. Ciò spiega anche perchè queste industrie sono le prime a soffrire la febbre e il gelo del ciclo economico. Inoltre, la decisione di espandere o modernizzare un'azienda è sempre imprenditoriale; si basa sulla percezione del futuro che è incerta. Gli imprenditori sono rapidi nel modificare la loro costruzione quando la loro prospettiva cambia.

La spesa per i salari fluttua in un raggio più ampio rispetto al pagamento degli stipendi. Nella pratica comune nell'impresa, lo stipendio si riferisce ad una paga mensile, mentre il salario ad una paga oraria. E' difficile per ragioni psicologiche ridurre il periodo di paga quando le condizioni dell'azienda si deteriora e la produttività declina. Ma quando il costo del lavoro deve essere ridotto perché la sopravvivenza dell'azienda è in gioco, i datori di lavoro sono più propensi ad iniziare i licenziamenti con il lavoro orario. In molti casi si tratta di mano d'opera non specializzata o semi-specializzata e richiede molto poco addestramento. Può essere rimpiazzata prontamente e richiamata facilmente senza troppe spese per l'addestramento. Dall'altra parte, i datori di lavoro sono generalmente riluttanti a licenziare il personale stipendiato, che è composto da dipendenti specializzati, che richiedono un lungo periodo di educazione, addestramento o apprendistato prima di poter essere impiegati produttivamente. Inoltre, una generosa indennità di disoccupazione pagata a lavoratori non qualificati tende ad immobilizzarli, tenendoli alle porte dell'azienda in attesa di essere richiamati. L'indennità di disoccupazione per lavoratori qualificati o professionisti perde i suoi effetti paralizzanti quando diventa insignificante relativamente alle entrate che possono essere ottenute altrove. I lavoratori qualificato è rapido a muoversi in cerca di un altro impiego non appena è licenziato, cosa che rende i datori di lavoro piuttosto riluttanti a dismetterli anche temporaneamente.


Una causa comune

Questo schema della natura del ciclo economico poggia sulla causa comune a tutti i cicli: l'espansione monetaria e creditizia. Il governo, o le sue autorità monetarie, possono guidarlo consapevolmente e volutamente con lo scopo di raggiungere qualche altro obiettivo, quale una piena occupazione, una redistribuzione economica, o l'aumento del proprio potere ed espansione. Oppure, un governo può monopolizzare l'emissione di valuta a corso forzoso e imporre un assetto istituzionale che è destinato a disgregare l'ordine economico. La storia Americana dimostra che non vi è alcun ciclo che non scaturisce da questa causa comune. Tutte le depressioni hanno la loro origine in un boom che fu alimentato intenzionalmente o inavvertitamente da un intervento governativo. I poteri politici che generarono la prima depressione del 1819, causarono pure le depressioni degli anni 1839-1843, 1873-1879, 1895-1897, 1920-1921, 1929-1938, 1949~1950, 1953-1954, 1957-1958, 1960-1961, 1966-1968, 1973-1975, 1981-1983. La disoccupazione che ha accompagnato queste depressioni deve essere dotata degli stessi poteri politici.

Alcuni cicli economici furono un mero disturbo dell'attività interna; altri coinvolsero scambi e commercio in tutto il mondo. La depressione del 1920-1921 ebbe un respiro internazionale; la depressione degli anni '30 assunse proporzioni catastrofiche in tutto il mondo. Influenzati da simili dottrine e credenze, i governi del mondo abusarono delle stesse politiche che portarono ai medesimi frutti. Inoltre, l'interdipendenza internazionale e la divisione del lavoro causa una diffusione del ciclo economico da nazione a nazione. Nei paesi più piccoli, in particolare, il commercio estero può fare la parte del leone nell'attività economica, e le condizioni all'estero possono avere un'influenza decisiva su affari interni. Le esportazioni e le importazioni, i prezzi dei beni di prima necessità e i tassi di interesse giocano solitamente un ruolo vitale nel processo della trasmissione del ciclo.

In anni recenti i cicli economici sono divenuti turbative globali emanate dagli USA. Nel 1971, sotto la guida statunitense, tutti i governi abolirono sommariamente le ultime vestigia del gold standard e incoronarono il dollaro USA quale valuta mondiale. Fecero del governo Americano e del suo sistema della Federal Reserve la banca centrale del mondo. Questo banchiere ovviamente può espandere o contrarre i propri alloggi, dispensare o trattenere i favori e pertanto determinare liquidità o illiquidità del mondo. Può dare inizio ad un boom mondiale o soffocarlo con deflazione e depressione; il mondo dipende dalla sua discrezionalità e saggezza.


Stabilizzatori automatici

Il nuovo ordine monetario sembra aggravare la severità del ciclo economico. La depressione del 1981-1983 si è dimostrata incommensurabilmente più dolorosa e potenzialmente più distruttiva della depressione del 1973-1975, che a sua volta fu la peggiore dalla Grande Depressione. Ciononostante, malgrado la visibile ricorrenza di cicli dannosi e malgrado la crescente durezza, molti economisti americani puntano con fiducia sugli "stabilizzatori automatici" che si dice allevierebbero le distorsioni. Derivano il loro conforto e la loro fiducia dalla vasta espansione del governo, "l'influenza stabilizzatrice" della tassa sul reddito, la crescita delle assicurazioni sulla disoccupazione ed i programmi di ammortizzatori sociali. Il risultato di questi cambiamenti è stato la perdita del collegamento diretto tra il reddito personale e la fluttuazione della produzione. Infatti, quando la produzione industriale crolla in modo significativo, il PIL può calare leggermente, e l'aggregato di reddito, specialmente dopo le tasse, potrebbe non calare affatto poiché il governo raccoglie molto meno in tasse da imprese e individui, ma spende molto in assicurazioni sulla disoccupazione e pagamenti di ammortizzatori sociali.[10]

Sfortunatamente, tutti questi "strumenti di stabilità" sono meramente delle manifestazioni moderne del potere del sovrano sulla moneta e il diritto del governo di inflazionare e svalutare la moneta. Se non ci fosse questo potere e se le sempre-attive stamperie che cercano di stimolare ed energizzare il decadente "settore privato", una profonda depressione fagociterebbe la produzione economia. La vasta espansione del governo non impartisce stabilità economica; impone un fardello schiacciante sulla vita economica e finisce per destabilizzarla. Gli aumenti delle imposte previdenziali o delle imposte sulle assicurazioni contro la disoccupazione non stimolano la vita economica; la deprimono e creano ulteriore disoccupazione.

Quando un governo ricorre all'inflazione per stimolare l'attività e ridurre la disoccupazione, peggiora le cose. L'inflazione crea scompiglio nel processo produttivo, riorganizza la distribuzione del lavoro tra le varie industrie, e perciò rende sempre più lavoratori dipendenti dalla continuazione, spesso perfino dall'accelerazione, del tasso di inflazione. Quando, alla fine, l'inflazione cessa o rallenta, la manodopera produttiva deve affrettare ad adattarsi e a tornare ad un lavoro più produttivo come prescritto dalle scelte dei consumatori e dagli ordini. Il processo di riaggiustamento potrebbe essere lento e doloroso, e la disoccupazione acuta e prolungata.

Molti economisti gioiscono dello spostamento visibile di occupazione dsll'industria primaria all'industria di servizi, che consente nuove speranze di condizioni più stabili. La produzione, l'attività estrattiva, le costruzioni, e i trasporti sono i settori industriali più volatili; l'industria di servizi quali sanità ed educazione sono considerate più stabili. Ma queste speranze, a loro volta, sono costruite sul potere del governo di creare espansione monetaria e creditizia per finanziare una stabile occupazione nelle imprese di servizi, molte delle quali, dopotutto, sono o direttamente di proprietà del governo o pesantemente sussidiate. La stabilità dell'occupazione di molto medici e insegnanti poggia direttamente sul potere di tassazione del governo e sull'efficienza delle stamperie di moneta.Giungerà ad una conclusione non appena il governo perderà una parte del suo potere per mezzo di una ribellione fiscale o di un'iperinflazione, o entrambe.


Vecchi pericoli e nuove speranze

I vecchi pericoli della disoccupazione ciclica continuano a circondare molti mercati del lavoro. Dopo più di cinquant'anni di sforzi controanalitici ad ogni livello governativo e quasi quarant'anni di un mandato congressuale articolato quale l'Employment Act del 1946, le forze che creano movimenti ciclici non sono svanite. Infatti, si stanno rinforzando specialmente in quelle industrie che si basano sui favori governativi. Mentre le forze di depressione stanno vincendo, molti Americani continuano ad aggrapparsi all'aspettativa che il governo federale interverrà con politiche monetarie, fiscali e normative vigorose, per contrastare ogni depressione che si sviluppi. Ma gli eventi stanno iniziando a scuotere questa fiducia nella saggezza politica; piuttosto tenderanno ad indebolirsi nei prossimi anni.

C'è una nuova speranza. La diffidenza verso i partiti politici e la coercizione del governo in materia economica è l'inizio della conoscenza e della saggezza economica.


[*] traduzione per Francesco Simoncelli's Freedonia a cura di Giuseppe Tagliabue


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Note

[1] “The Analysis of Economic Change,” Readings in Business Cycle Theory (Philadelphia: The Blakiston Company. 1951), p. 2.

[2] A. C. Pigou, Is Unemployment Inevitable? (London: Macmillan & Company, 1924), p. 98; anche Pigou, The Theory of Unemployment (London: Macmillan & Company. 1933).

[3] F. W. Taussig, Principles of Economics (New York: The Macmillan Company. 1947). Vol. I1, p. 81.

[4] Lord Lauderdale, An Inquiry into the Nature and Origin of Public Wealth (1804. 2nd ed., 1819), p. 364.

[5] T. R. Malthus, Principles of Political Economy (1820), p. 392.

[6] Karl Marx, Capital, Vol. I1 (Moscow, 1961). pp. 185-186.

[7] J. M. Keynes, General Theory of Employment, Interest, and Money (New York: Harcourt, Brace and Co., 1935), p. 55.

[8] Ludwig von Mises, Human Action. 3rd rev. ed. (Chicago: Henry Regnery, 1966). pp. 780-803.

[9] F. A. Hayek, Unemployment and Monetary Policy (San Francisco: Cato Institute, 1979); anche A Tiger by the Tail (London: Institute of Economic Affairs, 1972).

[10] Milton Friedman, “Why the American Economy is Depression-Proof”, Dollars and Deficits (Englewood Cliffs. N J: Prentice-Hall, Inc.. 1968).

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