lunedì 26 gennaio 2015

La falsa calamità della deflazione





di David Stockman


Coloro che si stracciano le vesti contro la cosiddetta calamità della deflazione, stanno semplicemente sostenendo un non sequitur economico. Vale a dire, il fatto che i prezzi al consumo nell'UE siano finiti in territorio negativo (0.2%) a dicembre, non implica che debba essere immediatamente accesa la stampante della BCE.

Beh, è ovvio che l'ICP si sia momentaneamente indebolito. Il petrolio greggio ha fatto registrare un tonfo monumentale di oltre il 50% sin dalla metà del 2014. Ciò ha temporaneamente trascinato in basso l'ICP della zona Euro. Negli ultimi 12 mesi i prezzi dell'energia nella zona Euro sono diminuiti del 6.3%, e tutto il resto è ancora dello 0.6% superiore rispetto ad un anno fa.

Quindi qual è l'emergenza? Si tratta dello stesso contrattempo che ha fatto registrare l'ICP quando il petrolio è crollato nella seconda metà del 2008. Come è evidente qui sotto, quell'episodio non ha gettato in un buco nero l'intera economia. In realtà l'ICP dell'Eurozona c'ha messo poco a riprendersi, tornando al di sopra del 2.5% in pochissimo tempo.




La verità è che l'UE-19 vive nell'abbondanza e i consumatori si sono presi una pausa; e, dall'altro lato dell'equazione economica, produce pochissimo petrolio. La produzione petrolifera in Europa si trova principalmente nel Regno Unito e in Norvegia, e questi due Paesi hanno le loro valute. Di conseguenza la BCE dovrebbe concedere più di un anno sabbatico alla sua stampante monetaria e dichiarare la vittoria per il conseguimento del suo obiettivo: "stabilità dei prezzi".

Ritenere che un'inflazione pari a zero rappresenti un qualche precursore di una calamità deflazionistica, equivale a credere agli asini che volano. Sin dal 2008 non c'è stato alcun cambiamento strutturale nell'economia della zona Euro, e quindi non esiste alcuna base empirica per affermare che i salari e i prezzi si spiralizzeranno in quella che sarà una caduta mortale verso il basso. In realtà è stato il dirigismo di Bruxelles che ha reso prezzi e salari ancora più "rigidi" e "viscosi", a causa della valanga di nuove normative, sussidi e altri interventi nell'economia.

La zona Euro, come il resto dei mercati emergenti, soffre di una distorsione inflazionistica incorporata in sei decenni di storia durante i quali l'euro e le valute che l'hanno preceduto hanno perso potere d'acquisto mese dopo mese. Le famiglie stanno finalmente assaporando quella che possiamo senza dubbio definire una breve tregua dalla tassa dell'inflazione. Comunque non esiste motivo razionale per non credere che il livello dei prezzi riprenderà la sua inarrestabile marcia verso l'alto.




La storiella della deflazione nella zona Euro è pura fantasia, e non ci vuole molto per documentare tale affermazione. In primo luogo, non vi è alcun segno di un crollo dei salari. Come si fa, quindi, ad avere una spirale deflazionistica se i salari continuano a crescere?

Come illustrato qui sotto, a causa della pesante sindacalizzazione e delle leggi protezionistiche sul lavoro, i salari della zona Euro sono stati per molto tempo a bordo di un ascensore in perenne salita, e non presentano segni di "deflazione". Il compenso totale per lavoratore è salito del +1.3% negli ultimi dodici mesi — un tasso identico all'1.3% registrato durante l'anno precedente, e non molto al di sotto del tasso annuo dell'1.7% che è stato registrato sin dalla metà del 2010.




Se si prendono in considerazione gli articoli prodotti nell'Eurozona, la storia è la stessa. Nel caso dei servizi totali, la variazione di prezzo registrata a dicembre è dell'1.25% — una cifra che è stata raggiunta due volte prima di questo secolo senza effetti indesiderati.




Nel caso specifico dei servizi immobiliari e degli affitti, il tasso di inflazione non è molto inferiore al 2% — un livello che si è imposto negli ultimi anni.




Allo stesso modo, il tasso di inflazione nella produzione di servizi ricreativi e personali non ha mostrato segni discendenti. Il tasso di incremento è di circa l'1.5%, ed è nella fascia che è prevalsa per la maggior parte di questo secolo.




Lo stesso vale per i servizi di trasporto. L'indice continua a crescere ad un tasso dell'1.5% rispetto a quello registrato nell'ultimo decennio o giù di lì (+2.5%). Non è un bene per la produttività e la crescita se nella zona Euro il tasso di inflazione per il trasporto di persone e merci sia in leggera diminuzione? Dov'è l'allarme?




In breve, lo stop momentaneo nella salita dei prezzi della zona Euro è quasi interamente dovuto al calo mondiale dei prezzi delle materie prime emerso sin dal picco della bolla cinese nel 2012; e non scordiamoci l'effetto ritardato della forza dell'Euro prima della metà del 2014.

Nel caso dei prodotti non alimentari (inclusa l'energia), per esempio, l'indice dei prezzi della produzione è sceso di circa il 25% dal suo picco nel 2011/12. Dal momento che la zona euro importa gran parte della sua energia e delle materie prime industriali, tale discesa non rappresenta uno sviluppo positivo?

E c'è di più. I prezzi delle materie prime sono ancora il doppio rispetto al loro livello pre-2005. In altre parole, la gigantesca bolla globale delle materie prime generata dalla rapida espansione del credito in Cina, nei paesi BRIC e nei mercati emergenti ha finalmente iniziato a rallentare, e i suoi effetti ora si stanno facendo strada negli indici dei prezzi della zona Euro. Invece di una crisi, il raffreddamento dell'inflazione nella zona Euro rappresenta una tregua benvenuta dall'aberrante bolla del credito alimentata dalle banche centrali negli ultimi dieci anni.




Anche nel caso dei prodotti alimentari, il forte calo sin dal 2012 è una minaccia solo per gli agricoltori francesi... nel peggiore dei casi. Come si può sostenere che una riduzione del 20% dei costi del cibo danneggerà il tenore di vita di 350 milioni di consumatori nella zona Euro, o che causerà una sottoperformance cronica nella macroeconomia?




Infine, i prezzi calanti al di fuori del settore delle importazioni, delle materie prime e dei prodotti industriali trasformati che li incarnano, non hanno nulla a che fare con la politica monetaria a breve termine. L'indice dei prezzi per i servizi di comunicazione, per esempio, è negativo del 2.5% — ma non è una novità. Grazie alla rivoluzione tecnologica nel settore della comunicazione e un modesto grado di liberalizzazioni, i prezzi in questo settore sono in calo da circa due decenni, rappresentando un vantaggio per la crescita economica e il benessere dei consumatori.




In breve, la paura per la deflazione nella zona Euro non ha nulla a che fare con la realtà empirica o il buon senso. Invece è pura propaganda uscita dalle bocche dei burocrati di Francoforte e Bruxelles, scimmiottata e amplificata dai venditori ambulanti nel casinò del mercato azionario che sostengono di essere "economisti" e "strateghi".

Poi, in perfetto orario, arriva questa assurdità di James Ashley, presunto economista presso RBS Capital Markets:

"L'emergere di un'inflazione negativa anima lo spettro di un possibile periodo prolungato di deflazione", ha detto James Ashley, economista presso RBC Capital Markets. "In altre parole, per quei politici che fino ad ora sono rimasti titubanti sull'opportunità o meno di adottare ulteriori provvedimenti, questo non rappresenta altro che il vibrante appello di una situazione che urla la sua gravità."

Giusto. Un solo mese di inflazione negativa rappresenta certamente un "vibrante appello" — per chiedere alla BCE di lanciare i siluri monetari. Può essere che RBS sia stata occupata ad esporre i propri clienti e i propri fondi a titoli italiani prevedendo che sarebbe arrivata dalla BCE una gigantesca offerta d'acquisto per la spazzatura obbligazionaria italiana?

Alla fine è tutto abbastanza semplice. I banchieri centrali keynesiani che gestiscono il mondo hanno più potere di qualsiasi altro governatore nella storia umana. Sono inebriati da questo potere, e di conseguenza hanno abbracciato proposizioni per le quali non esiste alcuna evidenza empirica.

Non esiste alcuna prova che un 2% di inflazione sia qualcosa di benefico per la crescita economica e il tenore di vita della società rispetto ad un 1% o uno 0% o un -0.2%. Non sta scritto in nessuno dei trattati e dei documenti ufficiali che il mandato della "stabilità dei prezzi" richieda esattamente un aumento annuale del 2% nell'ICP — e soprattutto non meno, anche per pochi mesi transitori.

E' tutto inventato di sana pianta. E ora viene ripetuto in modo così implacabile dai banchieri centrali e dai media finanziari, che ha assunto la forma di un incantesimo rituale. Così, uno degli uomini più pericolosi al mondo, Mario Draghi, di recente ha ripetuto per l'ennesima volta questa balla senza batter ciglio.

"Se l'inflazione rimane bassa per un lungo periodo, la gente potrebbe aspettarsi che i prezzi scendano ancora di più e rinviare le loro spese," ha avvertito in un'intervista pubblicata la scorsa settimana il presidente della BCE Mario Draghi.

Non c'è uno straccio di prova per affermare che il 90% delle famiglie, che è stata dimenticata durante l'era della massiccia inflazione negli asset finanziari alimentata dalle banche centrali, ritarderà gli acquisti dei beni di prima necessità, o anche degli sfizi, presupponendo che i prezzi potrebbero abbassarsi di più il mese o l'anno prossimo. La sua Grande Bugia si adatta al pugno di pianificatori centrali monetari che gestiscono il sistema finanziario mondiale e alle migliaia di speculatori e giocatori d'azzardo che con le loro azioni rovinose fanno lo scalpo a numerose fortune.

Sì, la zona Euro ha un problema di crescita e di posti di lavoro, proprio come la maggior parte dei mercati emergenti e gli Stati Uniti. Ma il problema non è che l'inflazione è troppo bassa. E' lo stato — compresa la banca centrale — che sta distruggendo la macchina del capitalismo di libero mercato attraverso la burocrazia asfissiante, la fiscalità oppressiva, lo scoraggiamento del risparmio e, soprattutto, la grande deviazione di capitali, tecnologia e risorse umane nella più grande bisca che il mondo abbia mai conosciuto.

Purtroppo esiste una calamità, ma non ha nulla a che fare con il -0.2% di inflazione nella zona Euro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


8 commenti:

  1. Ciao Francesco

    La sostanza del pensiero di Stockman è chiara, corretta e non cambia, nonostante i grafici proposti mostrino una big picture (tutta l'eurozona, quindi molto big) assai diversificata. Ma il sistema, è pur vero, ragiona in termini di greggi, ... oops, volevo dire di domanda aggregata (cioè, ... del gregge!).
    E, d'altronde, la grande crisi (e con essa la disinflazione) ha certamente colpito a macchie di leopardo sia geograficamente che socialmente, con varianti da un Paese all'altro e nello stesso Paese, con categorie di individui completamente protetti ed altri completamente esposti, alla faccia della millantata uguaglianza dei diritti.

    Anche il voto democratico, inevitabile (non è un "cigno nero") e comprensibile, a Tsipras è il risultato della megalomania di altri protagonisti, quelli del grande progetto europeista e occidentalista (transatlantico) calato dall'alto. Che palle i megalomani! Incasinano la vita degli altri ed hanno pure presa sugli altri... Bah!

    Il fiatmoney è proprio denaro socialista, inevitabilmente socialista e statalista, cioè piegato al potere politico, il vero dominatore del '900. E la grande finanza è il complice del sistema. Col fiatmoney pagheranno pensioni nominali da fame, ma le pagheranno. L'importante è che riescano a rallentare e dissimulare il più possibile la morte inevitabile del loro denaro a corso legale.
    Adesso, nell'eurozona comincerà una manfrina fatta di reciproche dichiarazioni muscolari tutte orientate agli umori degli elettori di ciascun paese contendente, mentre in sordina si studieranno vie d'uscita reciprocamente soddisfacenti. Non credo affatto al Grexit, l'indomani sarebbe molto difficile impedire ai Greci di accettare il soccorso interessato di Russi e Cinesi. E siccome viviamo in un mondo sempre instabile e dominato con la "forza", in tutte le sue espressioni possibili, e le scelte politiche prevalgono sulle alternative, è probabile che un compromesso politico sarà raggiunto per non palesare l'insostenibilità dell'Unione.

    Il secolo dei mitici ed enormi apparati burocratici controllori, regolatori e parassiti, coi quali venire a patti per vivere e sopravvivere, è ancora vivo e vegeto. Soprattutto, nella mente di miliardi di individui manipolati.

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    1. Colpisce la resistenza ostinata dei Tedeschi nei confronti del mondo intero che si regge sul fiatmoney manipolabile. Loro, sostanzialmente ed ideologicamente, resistono. Nonostante le tante furbate che hanno pure loro compiuto con le loro banche e certi affari all'estero (d'altronde, se i governanti greci erano corruttibili... ).
      Ma hanno già visto che accade a disporre irresponsabilmente del mezzo di scambio.
      O forse mi sbaglio, ed in questi anni hanno solo approfittato dell'irresponsabilità altrui, mascherando questa strategia con un rigorismo strumentale solo al dominio economico nell'eurozona.

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    2. Cmq i Tedeschi un piano B provano ad averlo: da un lato rimpatriano l'oro e dall'altro proseguono la classica Ostpolitik.
      La nostra classe politica un tempo aveva una costante politica mediterranea ed anche una Ostpolitik. Mi pare di non scorgere più né l'una né l'altra.

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    3. I tedeschi credono di aver imparato dal passato. Credono di poter tenere la situazione sotto controllo qualora si facesse incandescente. Il fatto che abbiano concesso prestiti alla periferia dell'Eurozona dimostra che non hanno imparato niente. Sono semplicemente come tutti i pianificatori centrali, desiderosi di agguantare quanto più potere possibile ed essere cauti quanto basta per tenere a galla un sistema insostenibile. Inoltre, il fatto che si siano lasciati prendere dal panico dopo le elezioni greche, è sinonimo di come il denaro fiat, benché strumento fortemente influenzante le dinamiche economiche e sociali, sia impotente quando si tratta di dover mettere una pezza alla scarsa capacità conoscitiva dei pianificatori centrali.

      Infatti la Grecia ora sta "ricattando" gli sciocchi burocrati europei:o va in default creando un buco enorme nei bilanci delle banche commerciali e della BCE, oppure continua ad ottenere aiuti (facendo orecchie da mercate alla litania delle "riforme strutturali"). Il bello di questa situazione è che il keynesismo si sta suicidando. Infatti Syriza ha vinto le elezioni promettendo il paradiso keynesiano: spesa infinita. La stessa illusione con cui la pianificazione centrale è entrata nei cuori degli individui, ora gli si sta ritorcendo contro.

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  2. Dite a Draghi che se i prezzi scendono ulteriormente io posso pensare di comprare un po' di attrezzatura che mi serve, acquisti che devo rimandare a causa dei prezzi troppo alti per le mie tasche.

    Riccardo Giuliani

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    1. Ciao Riccardo,

      preferisci risparmiare alla Coop grazie alla deflazione di alcuni loro prezzi (precedentemente gonfiati), oppure, preferisci l'inflazione dei prezzi auspicata dal governo di riferimento delle Coop?
      In pratica, come spieghi la scissione mentale dei democratici tra consumatore deflazionista ed elettore inflazionista?
      ;D

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    2. 1) Preferisco scappare.
      2) Con un pensiero superstizioso: consumare è bello "quindi" i politici decidano cosa/come/quando/perché.

      Riccardo Giuliani

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    3. bell' articolo .. peccato che di quasi tutti i grafici non venga data alcuna spiegazione ..

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