giovedì 29 gennaio 2015

Il fine partita keynesiano si cristallizza nella follia monetaria del Giappone





di David Stockman


Se gli stampatori folli presso la BOJ venissero trattati come dei paria dal resto del mondo, potremmo rallegrarci del fatto che sul pianeta c'è ancora un minimo di sanità mentale. Ma avviene l'opposto. Istituzioni come il FMI, il Tesoro degli Stati Uniti e le altre grandi banche centrali li incitano, mentre la squadra di piromani keynesiani guidata dal professor Krugman si lamenta che il Giappone sia troppo mite con il suo "stimolo".

Adesso abbiamo nuovi dati che ci conferamo di come il Giappone sia un manicomio finanziario — anche se il suo modello di politica è abbracciato da funzionari e analisti di un certo calibro. La notizia più recente riportata dal Cabinet Office ci informa che quest'anno il tasso di risparmio delle famiglie del Giappone è sceso a -1.3%, entrando per la prima volta in territorio negativo da quando sono state registrate le serie storiche nel 1955.

Solo una generazione fà il Giappone veniva descritto come un popolo di risparmiatori. Prima dello scoppio della bolla finanziaria alla fine degli anni '80, le famiglie risparmiavano regolarmente il 15-25% del reddito. Ma dopo quasi tre decenni di politiche keynesiane, il Giappone è ora incappato in una trappola finanziaria/demografica che non dà scampo.

Dal momento che il Giappone si rifiuta ostinatamente di accettare gli immigrati, i suoi dati demografici di lungo termine sono un disastro. Di conseguenza chi farà la differenza nei prossimi decenni è già nato, è già stato conteggiato, è già stato assunto ed è già stato aggiunto nelle proiezioni.

La forza lavoro del Giappone, che conta 80 milioni di unità, scenderà a 40 milioni entro il 2060. Allo stesso tempo, i suoi attuali 30 milioni di pensionati continueranno ad aumentare, il che significa che in ultima analisi supereranno il numero di lavoratori.

A fronte di tali fatti scoraggianti, ne consegue che alla vigilia del suo bust demografico il Giappone ha bisogno di risparmi elevati e tassi di interesse generosi per aumentare le uova nel paniere dei pensionati; un tasso di cambio forte per attirare capitali stranieri e assorbire i suoi $12 bilioni di debito pubblico, che ammontano già al 230% del PIL; e un aumento dei redditi reali al fine di coprire la pesante tassazione (inevitabilmente necessaria) per chiudere il suo gap di bilancio e contenere il debito pubblico.

Ma dato che sta seguendo politiche fiscali e monetarie keynesiane, mettendo sotto steroidi l'Abenomics, va da sé che stanno prevalendo le condizioni opposte. In particolare, nessuna famiglia o istituto in Giappone può guadagnare qualcosa dai risparmi. Il tasso del mercato monetario, il quale determina i rendimenti dei depositi di denaro, è passato da un "picco" di 100 punti base (per quanto possa sembrare assurdo) prima della crisi finanziaria ai 10 punti base di oggi, vale a dire, niente.




Ma ciò che sorprende di più è che il rendimento del decennale giapponese è sprofondato ad un minimo storico dello 0.31%. Data l'insistenza della BOJ nel voler raggiungere il target d'inflazione del 2% a qualunque costo, è lecito dire che la politica ufficiale dell'Abenomics è quella di spennare i titolari di debito pubblico a lungo termine.

Non riuscendo a pensare alle conseguenze delle sue azioni, la BOJ vuole che le banche, le famiglie e le altre istituzioni finanziarie investano risorse in qualcosa di perdente. Vale a dire, il programma di acquisto di bond della BOJ è diventato così grande da essere arrivato a fagocitare il 100% delle nuove emissioni del governo. In termini pratici questo significa che il debito pubblico si è effettivamente ridotto, e che il mercato dei titoli di stato è stato inghiottito a tutti gli effetti dalla BOJ.

Non c'è nient'altro che un'implacabile banca centrale. Dati recenti provenienti dal fondo pensionistico statale giapponese (GPIF), per esempio, mostrano che tale istituto ha già venduto alla BOJ centinaia di miliardi di dollari in titoli di stato.

Inutile dire che questa monetizzazione di tutto il mercato dei titoli di stato è un suicidio finanziario. La BOJ ora non osa fermare le stampanti monetarie, perché senza la sua domanda il mercato si schianterebbe violentemente. Eppure il 40% delle entrate del governo del Giappone viene già utilizzato per ripagare il suo gigantesco debito pubblico. Anche un aumento di 180 punti base dei rendimenti medi (il che significa un tasso ancora inferiore al 2% per il decennale giapponese) sarebbe sufficiente ad assorbirne il resto. Proprio così, il 100% delle entrate del governo verrebbe utilizzato solo per ripagare il proprio debito.

Ciò equivale ovviamente ad uno scenario fiscale comico, ma è comunque matematicamente concreto. Anche con l'aumento delle imposte al consumo dal 5% all'8%, le amministrazioni pubbliche del Giappone avrebbero una spesa di circa ¥100 bilioni l'anno a fronte di un gettito fiscale da ¥50 bilioni.




Come è evidente dal grafico qui sopra, questo divario è diventato più marcato a partire dai primi anni '90, quando i missionari keynesiani hanno convertito i burocrati locali alla religione della spesa in deficit. Ora, dopo aver sprecato 25 anni a costruire autostrade e ponti verso il nulla, il governo di Abe è riuscito a rinviare un aumento delle tasse fino al 2017. Questo significa che il debito pubblico continuerà a salire e che la BOJ monetizzerà implacabilmente il 100% delle nuove emissioni di debito pena una devastante impennata dei tassi di interesse.

Questa è una situazione fuori da ogni concezione logica. Sin dai primi anni '90 i rendimenti dei titoli giapponesi sono calati a causa della repressione finanziaria della BOJ, oltre ad un boom disinflazionistico stimolato dall'espansione del credito fiat delle altre banche centrali. I rendimenti del debito pubblico del Giappone sono a zero e, difatti, le maturazioni fino a due anni sono tradate a rendimenti negativi.




L'onere del debito pubblico è salito senza sosta sin dagli anni '80 a causa delle politiche fiscali di stampo keynesiano, come dimostrato nel grafico qui sotto. E ora, a causa dell'Abenomics, un altro 7-10% del PIL verrà risucchiato dal debito pubblico.




Il grafico qui sotto cattura al meglio la natura disperata della trappola del debito del Giappone. In termini di yen — e questa è la metrica legata alle entrate di bilancio del Giappone — il reddito nazionale non ha registrato alcuna crescita netta sin dal 2006! E l'Abenomics non ha affatto modificato le cose. Nel trimestre più recente il prodotto nazionale lordo non era superiore a quello del gennaio 2013.




In breve, l'equazione fiscale del Giappone è finita in una morsa brutale in cui il denominatore (PNL) rappresenta un elettrocardiogramma piatto, mentre il numeratore (il debito pubblico) continua a salire. Almeno per il momento, quindi, il Giappone ha fatto pienamente ricorso alla stmapante monetaria per finanzare i suoi conti pubblici.

La BOJ sta distruggendo lo yen e sta precludendo la possibilità di un afflusso di capitali internazionali nel Paese — salvo speculazioni di breve termine da parte dei carry trader di New York, Londra e delle altre arene in tutto il mondo. Di conseguenza, il forte calo del tasso di cambio sin dal 2012 è probabile che si accentui di più nel futuro prossimo. Più a lungo la BOJ stamperà enormi quantità di nuovi yen per finanziare il 100% del deficit pubblico, più questo calo si farà marcato.




Il crollo della valuta, a sua volta, significherà che il costo della vita su un arcipelago che importa il 100% della sua energia e la maggior parte delle materie prime, è destinato a salire. I salari reali coleranno a picco. Infatti queste cose segnano l'ennesimo punto irto nei cosiddetti dati in entrata. Il novembre scorso i salari reali sono crollati del 4.3% su base annua, il 17° declino mensile e il più ripido sin dal dicembre 2009.




Il disastro keynesiano è quindi completo. L'enorme campagna monetaria della BOJ per finanziare il deficit sta erodendo i salari reali, ritardando un aumento delle tasse in grado di colmare il divario fiscale e di ridurre gli oneri finanziari. Con la ZIRP i pazzi presso la BOJ stanno anche cancellando la figura del risparmiatore e, con un tasso di cambio in picchiata, stanno allontanando gli investitori internazionali. Di conseguenza non vi è alcun modo onesto per finanziare il deficit pubblico, il che significa che la stampante monetaria continuerà a rombare.

Questa strategia equivale ad una missione suicida. Ma ciò che spaventa veramente, è che il modello di politica del Giappone è stato approvato e adottato dai governi e dalle banche centrali di tutto il mondo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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