mercoledì 21 gennaio 2015

Manicomio monetario europeo





di David Stockman


Se volete sapere dove si sta dirigendo l'esperimento monetario mondiale — vi basta dare un'occhiata al manicomio monetario in Europa. E tale espressione assume particolare risonanza poiché di ora in ora diventa più evidente che l'Europa e l'euro non sono stati affatto aggiustati. Infatti, nonostante il time out rappresentato dal "whatever it takes" di Draghi, la crisi si è metastatizzata in deformazioni sempre più virulente.

La prossima crisi monetaria europea sarà causata dalle politiche di repressione finanziaria e dalla ZIRP della BCE, le quali — come altrove — hanno distrutto un price discovery onesto nell'enorme mercato del debito sovrano in Europa. Non c'è altro modo per spiegare i rendimenti assurdamente bassi dei titoli di stato decennali e le diverse storture fiscali che caratterizzano l'UE-19.

Sulla scia della pioggia di tasse di Hollande e dell'espansione della burocrazia in tutto il suo Paese, per esempio, perché non caricarsi di obbligazioni decennali francesi ad un rendimento dello 0.78%? Sì, il bond francese di riferimento è ora tradato come quello giapponese, non i numeri interi che invece hanno caratterizzato il debito francese sin dal tempo della Peste Nera. I rendimenti minuscoli di oggi non rappresentano altro che una piccola percentuale rispetto ai tassi che sono prevalsi in tempi più recenti, compreso il tasso al 3.5% alla fine del 2008.




Ma non importa. Tra l'altro, cosa potrebbe andare storto tanto da giustificare un aumento di poche centinaia di punti base sul rendimento in modo da compensarne il rischio? Uno scettico potrebbe rispondere avanzando varie ipotesi: perdita di capitale a causa dell'inflazione, rischio di credito a causa del deterioramento dei conti francesi e, soprattutto, la possibilità che l'euro vada kaput e gli obbligazionisti vengano pagati con qualcos'altro — come i franchi svalutati di Madame Le Pen.

Suvvia non c'è da preoccuparsi, festeggiate i 78bps! A quanto pare l'inflazione è stata abolita una volta e per sempre — il che implica che i sottili rendimenti nominali di oggi non richiedano spazio di manovra per una possibile perdita di capitale a causa di un aumento dei prezzi. Eppure l'unica prova di ciò è un piccolo blip al ribasso nell'ICP francese sin da quando il prezzo mondiale del petrolio ha cominciato a scendere la scorsa estate, cosa che ha generato un tasso di inflazione annuale dello 0.5%.

Ma perché mai sei mesi di aberrazioni economiche devono essere più credibili di 15 anni di verità? Vale a dire, l'ICP francese è salito ad un ritmo dell'1.7% annuo sin dal 1999 — una tendenza non diversa rispetto al resto d'Europa e al Nord America. C'è davvero stato un cambiamento così profondo nel sistema finanziario che il grafico qui sotto può essere tranquillamente cestinato nella pattumiera della storia? Possono essere anche cestinati 100 anni di svalutazione persistente del potere d'acquisto della moneta? Tale pratica è stata davvero abbandonata nell'agosto 2014?




Poi c'è la questione del rischio finanziario reale. Con il passare dei mesi diventa più palese l'ambiguità del governo Hollande in relazione ai suoi obiettivi di deficit. Ha rinviato per la terza volta il contenimento del rapporto deficit/PIL al 3% e, tra l'altro, sta per raggiungere la soglia del debito/PIL al 100%, dove la trappola del debito e una crescita fiacca diventano quasi irreversibili.




Come gran parte d'Europa, la Francia sta palesemente soccombendo alla trappola del debito. Sin dal 2008, quando il suo rapporto debito/PIL è cresciuto a dismisura, il PIL reale si è a malapena spostato, aumentando a meno dell'1% in 7 anni.




E mentre la Francia non riusciva a districarsi dalla sua trappola del debito, stava sicuramente spendendo come se non ci fosse un domani, finendo in una crisi fiscale sempre più profonda. Le spese statali hanno ormai raggiunto il 57% del PIL, superando di gran lunga il già debilitante 46% del PIL che prevaleva quando nei primi anni '80 salì al potere per la prima volta il governo socialista di Mitterrand.




Il punto qui è che i numeri fiscali funesti della Francia non riflettono solamente un ciclo economico ispido, o un governo incompetente che può essere sostituito alle prossime elezioni. Il problema è strutturale, progressivo e quasi irreversibile.

Il governo Hollande è solo l'ultimo di una serie di governi statalisti che ha armeggiato con un bilancio statale in continua espansione; i protagonisti, infatti, sono stati gli aumenti fiscali ad hoc piuttosto che una profonda riforma del welfare state e dei sussidi. Ma confiscare oltre il 50% dei guadagni delle persone ha solo esacerbato la morte fiscale della Francia, poiché dovremmo aggiungere al conto anche le tante e nuove barriere all'imprenditoria, agli investimenti di capitale e ad una crescita economica sostenibile.

E dulcis in fundo ci ritroviamo il rendimento ridicolo dei suoi titoli di stato ai 78 bps di oggi. Vale a dire, la proposizione che economie avanzate di nazioni come la Francia non possano andare in default e che quindi non c'è alcun rischio sovrano che debba essere riflesso nel rendimento di tali bond.

Questa è una grossa balla. In realtà, la Francia alla fine andrà in default — o attraverso la ri-emersione dell'inflazione dopo una monetizzazione del debito pubblico da parte della BCE, o attraverso una sua uscita dall'euro se i tedeschi riusciranno a tenere ancora spenta la stampante della BCE.

Inutile dire che i 78 punti base di oggi non anticipano nessuno di questi risultati inevitabili. Anche perché non sono altro che un artefatto partorito dalla manipolazione della BCE nel mercato dei titoli di stato. Sono riconducibili ad una monetizzazione dei vari debiti statali attraverso gli hedge fund e gli speculatori fast money, i quali fanno front-running alla BCE in attesa di rivendere questi titoli in sovrapprezzo a Draghi il prossimo 22 gennaio. Chiamatela pure monetizzazione anticipata.

Sia se tedeschi cedano o no a fine mese, gli scommettitori nelle obbligazioni francesi affronteranno un brusco risveglio. Se i tedeschi si piegheranno e permetteranno alla BCE di acquistare bond francesi, spagnoli, portoghesi, italiani, ecc., la svalutazione dell'euro guadagnerà trazione in quella che risulterà una parità col dollaro o addirittura qualcosa di più in basso. In breve, l'ICP francese tornerà di nuovo alla cifra storica del 2% o più in alto.

Detto in modo diverso, dopo che i fast money scaricheranno le loro obbligazioni a Draghi, anche i trend follower più lenti — soprattutto le banche commerciali che si sono ingozzate di debito sovrano dei loro Paesi dopo la metà del 2012 — si ritroveranno sul fronte della vendita. Anche le banche quasi-socialiste e i fondi pensione europei non si sentiranno più a loro agio seduti su rendimenti reali profondamente negativi.

Nel caso più probabile in cui i tedeschi accettino un compromesso sottoforma di "QE lite" della BCE, dove la banca centrale di ogni nazione garantirà il rischio di credito sugli acquisti del proprio debito sovrano, i fast money verranno spiazzati. Questi ultimi stanno scommettendo che il decennale francese continuerà a basarsi sul rischio di credito della Germania, non su quello della Francia. Il prezzo si aggiusterà in un nanosecondo quando questa cosa diventerà evidente.

Infine se i tedeschi rimarranno inflessibili sul QE o se la BCE resterà paralizzata a causa delle elezioni greche e una successiva situazione di stallo con le richieste di Syriza — richieste che creeranno un buco enorme nel bilancio della BCE se soddisfatte, soprattuto per quanto riguarda la parte in cui si parla di un condono di gran parte dell'enorme debito greco — la svendita di titoli sovrani sarà veloce e furiosa in tutto lo spettro dei Paesi periferici dell'Eurozona.

Infatti il decennale italiano, che ad oggi rende solo l'1.72%, risulterebbe molto vulnerabile ad una svendita violenta. Anche nel caso italiano la storia è uguale a quella francese — a parte il fatto che la metastasi fiscale è ben più avanzata. L'economia italiana non è più grande in termini reali di quanto non lo fosse nel 1999. Eppure l'onere del suo debito è costantemente cresciuto e ora ha superato il punto di non ritorno.




Alla fine della fiera, la bomba fiscale francese e quella italiana segneranno la fine dell'euro così come lo conosciamo. L'unica cosa che impedirà un assalto alle migliaia di miliardi di titoli francesi e italiani, ora arroccati precariamente dietro al tasto "vendere" dei fast money, sarà una massiccia monetizzazione dei debiti pubblici. Ma questo significherebbe un tasso di cambio calante e un'inflazione in ripresa, eventi reputati intollerabili dai tedeschi.

Quindi la Grecia può inaugurare una crisi molto più destabilizzante rispetto ad una sua uscita dall'euro, o da un prolungato stallo riguardo il suo debito nei confronti delle istituzioni europee e del Fondo Monetario Internazionale. Se manderà in pausa il "whatever it takes" di Draghi, si materializzeranno all'istante le profonde conseguenze di quelli che sono prezzi falsi e mercati falsi per il debito sovrano.

Quando i circa $7 bilioni di titoli di stato francesi, italiani, spagnoli e di altri paesi periferici finiranno in vendita, il default della Grecia sarà pari ad un errore di arrotondamento. E l'euro inciamperà verso quella che sarà una morte precoce.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. Il bravo Stockman ignora, per dna americano, il livello di bizantinismo e fantasia politica del sistema europeo e mediterraneo. Non ci si raccapezzano tanto manco i Tedeschi, che infatti si chiudono a riccio preoccupati giustamente di venir fregati dai Sudisti, figuriamoci che ne capisce uno yankee.
    In Francia non vincerà la Le Pen, ma una grosse koalitionen guidata da Sarkozy coi Socialisti bastonati alle urne, ma riesumati nel volemose bbene e non schiodamoce dar palazzo. In Italia scenario simile e benedetto da Oltretevere, della serie: Aho! Famose un selfie cor Papa e stamo apposto tutti belli accomodati ar palazzo. D'artronde, se potessero, farebbero Er Papà presidente, perché l'unico ancora credibile a Roma: un omo de facciata pe rifasse la verginità...
    Ar seguito l'artri Paesi con le pezze ar culo che vanno sarvati pe ffa da frontiera invalicabbbbile ai nuovi saraceni...
    Il bravo Stockman ignora che la politica in Europa del Sud può fare a meno di un mercato davvero libero. Ci stanno millenni di abilità ed intrallazzi mediterranei per cambiare quasi tutto senza cambiare un bel niente.
    Quelli che devono stare davvero accorti so' i Tedeschi. Che se non se parano restano cor cerino in mano....

    O forse no?

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