lunedì 11 aprile 2022

Le differenze tra crescita e progresso

 

 

di Alasdair Macleod

Gli stati e le banche centrali commettono l'errore di ritenere che la crescita del PIL sia una misura primaria della performance economica. In questo modo si confonde la crescita, tutte le transazioni indipendentemente dalla loro qualità, con il progresso, dove la qualità della vita è il fattore trainante.

L'origine di questo errore è l'economia matematica, la quale ha bandito l'azione umana da tutte le considerazioni politiche. Non si possono quantificare i progressi mentre si sommano tutte le transazioni che compongono il PIL. Il PIL aumenta, o cresce, solo quando aumenta il valore in valuta delle transazioni registrate e questo accade solo se aumenta la quantità di valuta in circolazione.

Questo articolo spiega perché le cose stanno così e descrive perché dovrebbe essere il progresso l'obiettivo economico di tutti. Ma ciò può essere favorito solo da denaro sano ed onesto, che incentiva un calcolo economico genuino, e dallo stato che riduce al minimo i suoi interventi. Purtroppo tali obiettivi non sono nell'agenda di nessuno.

Invece l'inflazione del PIL sta portando rapidamente il mondo verso una crisi dei tassi d'interesse, probabilmente molto peggiore di quanto attualmente previsto, la quale eliminerà indiscriminatamente economie, sistemi finanziari ed anche le valute fiat, non essendo supportate da nient'altro che una fiducia calante in esse.


Introduzione

L'obiettivo dichiarato di quasi tutti gli economisti, i banchieri centrali ed i politici è raggiungere la crescita economica, che misurano in base al prodotto interno lordo. I tentativi iniziali di quantificare un'economia si concentrarono sul prodotto nazionale lordo, il quale differisce dal PIL poiché include i flussi netti da e verso l'estero. Il PIL venne ideato da Simon Kuznets, un premio Nobel americano ed economista, all'inizio degli anni '30 e più tardi divenne una misura comune delle condizioni economiche.

Il governo federale aveva raccolto dati economici ed economici sin dal 1865, ma poiché c'era il gold standard ai tempi di Kuznets, i dati sui prezzi erano sostanzialmente comparabili lungo i tre decenni precedenti, consentendo il reverse engineering delle statistiche sul PNL. Kuznets concentrò il suo primo rapporto sulle stime del PNL nel periodo del mercato ribassista di Wall Street, 1929-1932. A quel tempo il governo degli Stati Uniti stava raccogliendo prove con l'obiettivo di garantire che una crisi del mercato azionario e bancario, che avrebbe portato ad una depressione, sarebbe stata prevenuta in futuro da un suo intervento.

Nel novembre 1991 il PIL sostituì il PNL nell'utilizzo statistico degli Stati Uniti, sebbene in molti altri conti nazionali il passaggio fosse già stato effettuato qualche tempo prima. Da allora il PIL è diventato cruciale per un approccio statistico alle politiche economiche e monetarie. Insieme alle teorie keynesiane, le statistiche economiche hanno sostituito l'economia classica come analisi economica mainstream.

Il fattore umano che sta alla base di ogni attività economica è stato ignorato. È nata una nuova forma di economia: la macroeconomia. Essa rimuove il fattore umano e la gestione statale dei risultati economici è stata percepita come una politica praticabile, insieme alla redistribuzione pianificata delle risorse economiche come caratteristica principale delle economie moderne, in sostituzione del libero mercato.

Con il suo approccio basato sulla matematica, le questioni fondamentali sull'adeguatezza della macroeconomia e sulla sua rilevanza statistica sono state taciute. Si presume che le statistiche statali siano il più accurate possibile e quindi non vengono messe in discussione. Sono accettate come una vera rappresentazione della condizione economica e gli aumenti del PIL sono associati alla ricchezza nazionale ed al miglioramento del tenore di vita. Ma oltre al rifiuto dei fattori umani, rimangono le domande di fondo.

Kuznets mise insieme le sue statistiche durante un gold standard e le variazioni nei livelli dei prezzi erano ampiamente limitate dal ciclo ripetitivo del credito bancario. Senza una valuta legata all'oro oggi, la stabilità dei prezzi è assente a causa della continua perdita del potere d'acquisto di tutte le valute. I tentativi di gestire questo problema si sono incentrati sugli effetti della svalutazione monetaria sui prezzi. Quando gli statistici parlano di dollari costanti, si riferiscono ad un dollaro rettificato nel tempo all'indice dei prezzi al consumo e non, come potrebbe implicare l'espressione, ad un aggiustamento in base alle variazioni della quantità di valuta e credito. E comunque, con misure che vanno da M1 a M4, si potrebbe poi discutere su quale misura del mezzo circolante sia la più rilevante.

È più facile riconoscere il concetto di aggiustamento all'effetto prezzo che dover comprendere le distinzioni tra moneta, valuta e credito. Come i non monetaristi sottolineano, il legame tra le variazioni dell'offerta di denaro ed il suo effetto sui prezzi può variare considerevolmente, rendendo un indice dei prezzi il fattore di aggiustamento più affidabile a loro avviso. Ma con una statistica che contiene così tanti buchi concettuali, ci si chiede ancora perché il PIL ed il suo precursore avrebbero dovuto essere trattati con tale riverenza.

Nessuno sembra capire a chi sia più utile la statistica del PIL: è costruito da ed a beneficio dello stato, fornendogli un'indicazione delle potenziali entrate fiscali raccolte dal settore privato. Spiega l'ossessione per la crescita, che porta automaticamente a maggiori entrate fiscali. L'inclusione della spesa pubblica viene giustificata così: essa permette di raccogliere le tasse sui propri dipendenti e sulle loro spese. La spesa pubblica è destinata a produrre anche entrate fiscali in generale, se, ovviamente, l'attività economica è stimolata da politiche interventiste di successo.

Ma c'è una domanda ancora più profonda: il PIL o il PNL rappresentano il progresso economico, o essendo solo totali monetari vengono confusi con essi? Perché se non rappresentano il progresso è stato commesso un errore fatale dietro il concetto di gestione dell'economia da parte dello stato.


Il rapporto tra PIL, valuta e credito

Se lo cerchiamo su Google, scopriamo che il PIL è il valore monetario, o di mercato, di tutti i beni e servizi finiti e prodotti all'interno dei confini di un Paese in un periodo specifico, solitamente annualizzato. In quanto misura ampia della produzione interna complessiva, funziona come una scheda di valutazione completa della salute economica di un determinato Paese (Investopedia).

Si dovrebbe contestare quest'ultima frase nella definizione di cui sopra, perché i cambiamenti nella quantità di valuta e credito non possono essere ignorati. Ma l'attrazione del PIL è una: è ingannevolmente facile da misurare, essendo un totale della valuta spesa. Basta sommare tutte le transazioni registrate in un anno ed avete il PIL. C'è spazio per il dibattito, ad esempio se dovesse essere calcolato utilizzando spese, produzione o entrate, cosa che fornirebbe risultati diversi perché i dati sarebbero diversi. E c'è la spinosa domanda su cosa dovrebbe essere escluso: gli elementi dei costi degli immobili sono controversi, sebbene vi sia un consenso generale sul fatto che le transazioni di investimento nei mercati secondari dovrebbero essere completamente escluse; è difficile determinare con precisione dove si trovino i confini. E, naturalmente, ci sono transazioni non registrate di beni di seconda mano, denaro contante ed attività illecite per le quali possono essere fatte o meno stime.

L'aggiustamento del PIL all'inflazione introduce un'ulteriore complicazione. Seguendo il percorso di aggiustamento dei prezzi, il compito di registrare i prezzi di ciascuna delle transazioni per lo stesso bene o servizio effettuate un anno prima, e tenere conto di qualsiasi cambiamento in qualità e quantità, è impraticabile. Fare affidamento su un indice, come l'indice dei prezzi al consumo, è controverso perché ci sono vari modi in cui un indice può essere costruito e calcolato, oltre alla domanda fondamentale se il livello generale dei prezzi è solo un concetto e non può essere catturato statisticamente. Oppure il PIL dovrebbe essere semplicemente aggiustato alla variazione della quantità di denaro e credito in circolazione? Anche questo è un errore, perché ignora le variazioni nelle valutazioni umane di chi li utilizza in base al potere d'acquisto delle unità monetarie, indipendentemente dalle variazioni nella loro quantità.

In questa nebbia statistica, non arriviamo ancora alla base di ciò che rappresenta un PIL non aggiustato. Sappiamo dalla definizione di cui sopra che è la somma di tutte le transazioni registrate e idonee in un determinato periodo, che possiamo considerare come un anno. E poiché è deciso dallo stato, che è il maggior contributore, l'anno è generalmente considerato in sintonia con la contabilità nazionale.

Ora dobbiamo prendere in considerazione cosa succede al PIL se non c'è cambiamento nella quantità di valuta e credito. Le preferenze per alcuni beni rispetto ad altri cambieranno e vedremo ovviamente spostamenti tra consumi e risparmio. Ma questa è solo una distorsione temporanea, perché possiamo presumere che i risparmi saranno impiegati negli investimenti, i quali dopo un certo intervallo di tempo variabile saranno spesi in fattori di produzione, ed entreranno nella statistica del PIL qualche tempo dopo rispetto ad un consumo diretto. Possiamo presumere che le operazioni finanziarie nei mercati secondari, insieme ai loro profitti e perdite, siano circoscritte ed escluse dalle statistiche del PIL nel nostro ambiente monetario e creditizio invariato, perché in condizioni di valuta e credito costanti non ci sarà un dividendo inflazionistico netto generato dagli asset finanziari.

Possiamo anche ipotizzare un equilibrio nel commercio estero, perché senza alcun cambiamento nella valuta e nel credito, deve essere per forza di cose così. Senza alcuna variazione nella valuta e nel credito, non dovrebbe quindi esserci alcuna variazione registrata nel PIL nominale, se non da imperfezioni statistiche e di altro tipo.

Un altro modo di vedere la cosa: mentre i consumatori di una nazione potrebbero cambiare le loro preferenze di spesa e risparmio, stiamo descrivendo un ambiente in cui senza l'espansione della valuta e del credito la somma dei loro guadagni netti, profitti e prestiti non cambia da uno anno all'altro. Il potere d'acquisto delle loro unità monetarie potrebbe variare a causa del progresso economico, che non è la stessa cosa della crescita monetaria, ma il PIL nominale si adatterà nel tempo ai suoi input economici e dovrebbe essere considerato invariato in un ambiente monetario stabile. Ne consegue quindi che le variazioni nella quantità di valuta e credito saranno sempre l'unica ragione dietro le variazioni del PIL.

Nei mercati finanziari contemporanei, con la quantità di valuta e credito in circolazione in continuo aumento, una distorsione crescente nel rapporto statistico del PIL è il grado di disponibilità del credito fuori bilancio. Il sistema bancario ombra, che include praticamente tutti gli intermediari non bancari nei mercati finanziari, può in alcuni casi creare credito non registrato in M3. A partire dalle riforme finanziarie della metà degli anni ottanta, questa è stata una caratteristica diventata preponderante, insieme alla transizione generale verso le attività puramente finanziarie e all'abbandono della produzione come proporzione dell'economia totale degli Stati Uniti. La crescita del settore degli hedge fund ha particolarmente beneficiato di questa tendenza.

Il sistema bancario ombra è cresciuto rapidamente in seguito alla finanziarizzazione delle economie britannica ed americana, incentrata sul big bang di Londra a metà degli anni '80. Il sistema bancario ombra era composto da partecipanti in tutte le attività finanziarie non bancarie attorno ad un nucleo di veicoli d'investimento collettivi che cercavano di migliorare i propri rendimenti in un contesto di tassi d'interesse in calo. Nei soli Stati Uniti le passività bancarie ombra nette sono cresciute da $2.500 miliardi nel 1990, circa la metà delle passività bancarie tradizionali, ad un picco di $16.500 miliardi rispetto alle passività bancarie convenzionali di $12.500 miliardi al momento della crisi Lehman. Solo una parte del sistema bancario ombra riguarda la creazione di credito non registrato nei bilanci delle banche commerciali, ma non vi è dubbio che fosse significativa nel contesto generale di M3.

Negli anni successivi alla crisi Lehman, c'è stato un iniziale declino nel sistema bancario ombra degli Stati Uniti a causa del crollo delle cartolarizzazioni immobiliari e del crollo dei mercati azionari. Inoltre alcune attività fuori bilancio delle banche commerciali vennero rese ufficiali ed introdotte nelle statistiche sui prestiti, modificando le normative e le attività bancarie ombra nette degli Stati Uniti. Di conseguenza le passività bancarie ombra scesero scesero a $12.500 miliardi, mentre i prestiti delle banche commerciali continuarono a crescere. Da allora, secondo una relazione del Financial Stability Board della Bank for International Settlements, la crescita del sistema bancario ombra statunitense è stata minima fino al 2015 e le stime successive non sono ancora disponibili.

Quando c'è un aumento della quantità di valuta e credito verrà spesa, aumentando i prezzi secondo l'Effetto Cantillon; e se c'è una contrazione nella quantità di valuta e credito, i prezzi scenderanno. Di conseguenza possiamo affermare con sicurezza che, nonostante un ritardo temporale, le variazioni del PIL nominale dovrebbero essere correlate alle variazioni della quantità di valuta e credito. Che questo sia compreso o meno, è confermato dagli obiettivi della politica monetaria: stimolare il PIL aumentando l'offerta di denaro.

Il grafico seguente dovrebbe essere considerato alla luce di questo risultato, il quale mostra la relazione tra il PIL ed M3 (anno precedente) tracciati insieme per tenere conto del tempo approssimativo impiegato dalle variazioni nella quantità di valuta e credito per essere assorbite dall'economia.

Fino all'anno fiscale 1988, la correlazione era molto stretta. Tra il 1989 ed il 1999 il PIL ha superato M3 prima di stabilizzarsi. Negli anni '90 l'industria degli hedge fund è iniziata a crescere ed il sistema bancario ombra è cresciuto con essa. Ciò ha portato a livelli crescenti di credito non dichiarato nel sistema, sgonfiando il ritmo di crescita di M3 rispetto al PIL. È culminato con la crisi immobiliare del 2007-2008 e col fallimento della Lehman. Le cartolarizzazioni dei crediti fuori bilancio hanno subito sostanziali battute d'arresto e la rimanente creazione di credito bancario ombra è stata maggiormente riflessa nelle statistiche sul credito bancario, permettendo così ad M3 di recuperare il ritardo con il PIL.

Dopo la crisi Lehman, il bilancio della FED si è espanso rapidamente, portando M3 a crescere più velocemente del PIL, il che implica una spinta continua per prezzi al consumo più elevati poiché quantità crescenti di valuta e credito hanno continuato ad essere assorbite dall'economia. Forse è troppo presto per una valutazione completa dei cambiamenti nel livello di creazione di credito da parte del sistema bancario ombra dopo l'esplosione del mercato dei pronti contro termine nel settembre 2019, e più in particolare da marzo 2020 quando la FED ha abbassato a zero i tassi e ha istituito un quantitative easing da $120 miliardi ogni mese. Ma, chiaramente, con l'espansione della valuta e del credito mirata principalmente agli asset finanziari, ci sono ancora sostanziali effetti di svalutazione che dovranno passare da M3 al PIL. Inutile dire che ciò si rifletterà in aumenti inaspettati del PIL nominale.


Le conseguenze della crescita del PIL sui prezzi

Dopo la crisi Lehman, la crescita di M3 ha indubbiamente contribuito all'aumento dei prezzi al consumo. Sebbene l'effetto sui prezzi sia stato ufficialmente attenuato, stime alternative suggeriscono che l'accelerazione dell'inflazione dei prezzi è significativamente maggiore di quanto ammesso — si veda il grafico di seguito.

Sappiamo che la divergenza tra M3 e PIL è principalmente dovuta all'eccessiva inflazione monetaria ancora in corso, a cui si possono probabilmente aggiungere i saldi di liquidità detenuti dalla popolazione generale.

Nel breve termine la divergenza tra M3 e PIL porterà ad ulteriori cali del potere d'acquisto del dollaro per i consumatori, che secondo Shadowstats ha già prezzi in aumento di oltre il 15% annuo. Ma dovrebbe essere chiaro che la perdita di potere d'acquisto del dollaro non è una ragione diretta della divergenza tra PIL e M3, essa è un'indicazione dell'inflazione della valuta e del credito che deve ancora riflettersi nel PIL. Nell'attuale dibattito su come saranno gli aumenti persistenti dei prezzi al consumo, questa è un'osservazione importante ed indica un'ulteriore accelerazione degli aumenti dei prezzi al consumo invece di un aggiustamento spontaneo delle catene di approvvigionamento.

Possiamo concludere che il PIL nominale continuerà a seguire il corso di M3, con qualche recupero da fare. Il PIL reale dipenderà dalla soppressione delle conseguenze sui prezzi che non si rifletteranno (ancora) nel potere d'acquisto del dollaro. E se alla luce dell'accelerazione dei rialzi dei prezzi le persone ridurranno la liquidità per le spese, il divario tra un M3 più alto ed il PIL nominale tenderà a chiudersi più rapidamente. Ci sono già prove che questo effetto sia in corso.

Questi risultati sono in contrasto con il punto di vista convenzionale sul PIL, secondo cui i suoi aumenti rappresentano la crescita economica, quando invece tutto ciò che rappresentano è la crescita della quantità di valuta e credito. Inoltre non solo non esiste una solida base per il suo aggiustamento in base ai prezzi al consumo, ma le stime ufficiali della crescita del PIL reale dipendono da una combinazione di Effetto Cantillon, che ritarda le conseguenze dell'espansione monetaria sui prezzi, ed un vero e proprio inganno statistico.

Ciò che dovrebbe essere misurato, se fosse possibile, è il progresso economico, che non è la stessa cosa della crescita economica e che come abbiamo visto è un non sequitur.


Misurare il progresso economico

L'errore di considerare l'aumento del PIL alla stregua del progresso economico equivale ad affermare che il progresso richieda un aumento dei prezzi. Questa è ovviamente una sciocchezza, soprattutto quando si comprende che il progresso è la condizione in cui le comodità della vita diventano più facilmente accessibili alla popolazione in generale. Ma prima ancora di tentare di misurarlo, bisogna capire le condizioni economiche che portano a questo errore.

Prima della rivoluzione industriale, la maggior parte delle popolazioni in Europa si limitava a sussistere nelle economie agricole, producendo solo cibo a sufficienza per nutrirsi e vestirsi. Le forniture di energia erano limitate alla ricerca del legno. La schiavitù e la servitù della gleba erano gli unici mezzi per staccare le persone dalla terra, per cui sarebbero state nutrite e vestite in cambio del loro lavoro. La rivoluzione industriale cambiò tutto ciò attraverso i trasporti e l'energia dal carbone. Lo sviluppo delle vie navigabili interne interconnesse comunità che iniziarono a commerciare tra loro ed il carbone fornì risorse energetiche efficienti per le case, lo sviluppo della forza del vapore e sostituì l'antracite nella fusione del ferro.

Questi sviluppi erano decentralizzati, organizzati spontaneamente dagli individui che ne vedevano i profitti: fu la fine del feudalesimo e la nascita di quello che in seguito fu chiamato capitalismo. E invece di provvedere alle proprie famiglie nei loro tuguri, gli individui svilupparono abilità che usarono a loro maggior vantaggio attraverso lo sviluppo della divisione del lavoro.

I socialisti della fine del diciannovesimo e del ventesimo secolo erano essenzialmente contrari al progresso, con la filosofia marxista che cercava di distruggere l'individualismo e la ricchezza personale accumulati dagli imprenditori di successo. Si attaccavano all'immagine degli oscuri mulini satanici di Blake, un'immagine che ignorava le precedenti condizioni di povertà assoluta dei lavoratori. Il lavoro minorile venne riconosciuto come un male e gradualmente vennero approvate leggi contro di esso, memore del danno ai redditi familiari dovuto ad un cambiamento troppo improvviso e della mancanza di istruzione alternativa.

Ma la forza trainante del progresso fu l'impiego di risorse a scopo di lucro: materie prime, lavoro e capitale monetario. Anche la proprietà di beni immobili e mobili era condizione necessaria per il progresso economico.

Questi fattori erano ben compresi dai politici britannici all'epoca delle guerre napoleoniche. Finanziarono i prestiti in tempo di guerra emettendo ulteriori tranche di Gilt senza data ed a sconto rispetto al valore nominale, in modo da trasformare un rendimento cedolare del 3,5% in un rendimento corrente del 6% con un finanziamento del 58%. Gli investitori facoltosi che si assumevano il ​​rischio del finanziamento bellico venivano premiati da rendimenti più bassi in tempo di pace, investendo il capitale guadagnato in miniere di carbone e nella relativa produzione. Mantenendo e migliorando la loro ricchezza, questi imprenditori crearono ricchezza per gli altri.

Al centro di tutto c'era il progresso tecnologico ed un mezzo di scambio affidabile, quest'ultimo permetteva il calcolo economico e forniva sicurezza ai risparmiatori. Fatta eccezione per lo sviluppo tecnologico, queste condizioni erano l'opposto di quelle imposte ai loro cittadini dagli stati e dalle banche centrali di oggi.

E questo ci porta ad una semplice definizione di progresso economico e di come dovrebbe essere considerato, enunciata da Mises nel libro L'Azione umana: “Il progresso economico si vede in un'economia in cui aumenta la quota pro-capite di capitale investito. Tale aumento dei beni capitali si traduce in un aumento del reddito pro-capite. In un'economia in progresso, i profitti imprenditoriali totali superano quindi le perdite imprenditoriali totali. Poiché i redditi e l'accumulo del capitale non sono misurabili, l'esistenza di un'economia in progresso può essere colta solo ricorrendo alla comprensione storica”.

Invece siamo incoraggiati a credere che la crescita del PIL incarni il progresso economico, affermazione proveniente da statalisti incapaci di confrontarsi con i cambiamenti che il progresso comporta.


Le conseguenze di confondere il PIL con il progresso

Il fatto che gli economisti ed i politici non riescano a distinguere tra crescita monetaria e progresso ha importanti conseguenze. Hanno abbandonato da tempo la saggezza di coloro che aderivano a due principi fondamentali come condizioni in cui sarebbe sbocciato il progresso: denaro sano ed onesto e non interventismo. Sostituendoli con obiettivi statistici fasulli, ciò ha portato tutti sull'orlo di una crisi economica, finanziaria e monetaria.

Finora la crisi finale è stata scongiurata spruzzando acqua monetaria sulle fiamme, ma la conflagrazione è ormai troppo al di là per essere curata con questi semplici mezzi. Continuare su questa strada non è il mandato o l'agenda di nessuno, quindi oltre ad una crisi economica e finanziaria, anche le valute fiat, il cui unico supporto è la fiducia della popolazione in esse, sono destinate ad essere distrutte.

L'ironia di tutto ciò è che puntando alla crescita e soffocando il progresso, le autorità si sono impegnate a svalutare continuamente le loro valute. Non abbiamo mai visto tutte le nazioni impegnate in una singola missione tanto suicida. In passato alcune nazioni distruggevano le loro economie, ma c'era sempre un'alternativa: i venezuelani oggi sopravvivono usando dollari americani; nel 1920-1923 alcuni fortunati tedeschi ebbero accesso a dollari coperti dall'oro guadagnati principalmente attraverso le esportazioni, mentre le classi medie senza quel vantaggio si impoverirono.

Senza una rapida rivalutazione delle politiche economiche e monetarie, non rimarranno valute fiat alternative.

Il viaggio fino alla fine della strada interventista è stato lungo. È iniziato con una rivoluzione socialista più di un secolo fa, trascinando gli stati in politiche di intervento crescente e di ridistribuzione della ricchezza per placare i socialisti. Le banche centrali sono passate da un approccio passivo a diventare prestatori di ultima istanza e, infine, ad un interventismo continuo. Si sono impegnate a sostituire il denaro sano ed onesto ed i suoi sostituti credibili con le proprie valute scoperte, che ora emettono in quantità crescenti senza tener conto delle ripercussioni.

Negli ultimi quarant'anni hanno progressivamente seppellito l'evidenza delle conseguenze dell'inflazione. Hanno cambiato le definizioni, in modo che nessuno parlasse di inflazione come fenomeno monetario e consentire loro di continuare a svalutare le valute di riferimento. Hanno corrotto le statistiche con cui si misurano i loro risultati: la differenza tra IPC ufficiale e stime indipendenti, come quelle di John Williams su Shadowstats, ne è una testimonianza.

La saggezza dell'esperienza ci dice che i mercati torneranno ad avere voce in capitolo. Gli economisti classici sulla scia di Hayek e von Mises hanno spiegato perché: l'azione umana, la quale anche nei soviet comunisti infine ebbe la meglio sulla repressione dello stato. I mercati lo faranno di nuovo, e per quelli di noi non completamente immersi nella falsa religione dell'economia matematica, ora possiamo vedere come porteranno ad una crisi: attraverso l'aumento dei tassi d'interesse, perché gli attori di mercato si stanno rendendo conto che la svalutazione monetaria li sta derubando della loro ricchezza. Non importa se l'IPC suggerisce che un titolo del Tesoro statunitense a cinque anni ha un rendimento reale negativo del 5%, o secondo i calcoli di Shadowstats -13%, l'aumento dei tassi d'interesse è l'espressione dei mercati di quale dovrebbe essere la compensazione totale per la svalutazione, la preferenza temporale e il rischio di controparte. Ed i mercati faranno salire i rendimenti obbligazionari di conseguenza.

Per ora l'intero establishment è in balia di soluzioni stataliste, inclusi coloro che investono in base al presupposto keynesiano che lo stato controllerà sempre i mercati ed impedirà l'emergere di una crisi. Alcuni stanno cominciando a vedere i pericoli, la necessità di un reset come dicono loro. Ma una tale soluzione, forse con le tanto attese valute digitali del sistema bancario centrale, manca del tutto il punto: la popolazione sta perdendo completamente la fiducia nell'interventismo statale e nella svalutazione monetaria.

Ad un certo punto livelli elevati di debito pubblico sostenuti da basi imponibili in diminuzione e debito improduttivo nei settori privati, ​​trasformeranno l'aumento dei tassi d'interesse in una crisi economica, finanziaria e monetaria.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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