venerdì 22 aprile 2022

La strategia d'uscita dei pianificatori centrali: demolizione controllata

 

 

di Francesco Simoncelli

«[...] nessuno stato immagini che, spogliato del potere di frodare i propri sudditi, ciò equivalga ad essere privato di un prezioso privilegio. Un sistema di siffatta truffa non può mai essere longevo e deve inevitabilmente produrre alla fine molte più perdite che profitti.»

 ~ J. B. Say, A Treatise On Political Economy, Book I, Chapter XXI

Herbert Stein, famoso economista americano, è passato alla storia per un suo aforisma: "Quando qualcosa non può più andare avanti, si ferma". Questa semplice frase riassume in modo eccellente la condizione economica vissuta dalla maggior parte delle economie del mondo al giorno d'oggi, dove nonostante l'incredibile follia monetaria, soprattutto degli ultimi due anni, gli indicatori economici ovunque fanno segnare prestazioni, nella migliori delle ipotesi, sottotono. Non è niente di nuovo, niente che l'economia ben intesa non ci avesse già detto: utilità marginale. Ovvero, la razione successiva di un determinato elemento crea una soddisfazione minore rispetto alla precedente razione. Questa intuizione innovativa, grazie in particolar modo a Carl Menger, ci ha permesso di comprendere meglio le meccaniche alla base della scienza economica e di come esse siano ineluttabili, trascendendo la volontà di un gruppo ristretto d'individui. Perché? Perché, come avrebbe successivamente elaborato Mises partendo dalla teoria degli ordini spontanei dello stesso Menger, l'organizzazione della società si basa sulle singole decisioni delle unità che la compongono e queste portano un carico talmente grande di informazioni impossibili da processare da una qualsiasi commissione centrale.

Per quanto possano sembrare facili intuizioni, e per certi versi aggirabili, esse rappresentano i principali ostacoli ad un direzionamento top-down di un'economia e, soprattutto, inviolabili. Alla fine chiedono dazio. Non è un caso, quindi, che l'esempio più eclatante di questa impossibilità di violare le leggi economiche sia proprio l'Italia. A gennaio, infatti, il debito pubblico italiano è arrivato a €2.700 miliardi, una cifra che rappresenta circa il 160% del PIL italiano, quando invece questa cifra sarebbe dovuta essere di molto inferiore in base agli accordi di Maastricht di inizio secolo. Sin da allora il debito pubblico italiano è cresciuto di 3 volte. In base a quegli accordi, ad oggi avremmo dovuto avere un debito pubblico di circa €1.000 miliardi, ma questo avrebbe significato riforme strutturali: liberalizzazioni, sburocratizzazione, riduzione dell'interventismo statale, vendita del patrimonio dello stato, riduzione spesa pubblica, riduzione tasse, ecc. Come ci ricorda la Legge di Parkinson applicata alla burocrazia, quest'ultima aumenta la sua presenza all'aumentare del tempo necessario per conformarsi ad essa. Ed in Italia questo tempo è soffocante.

Detto in modo diretto, è politicamente suicida sforbiciare la burocrazia mentre è in espansione: significherebbe perdere sfere d'influenza sugli elettori. Altresì è finanziariamente suicida sforbiciare la burocrazia mentre è in espansione: significherebbe rinunciare a fondi necessari per "persuadere" gli elettori. Di conseguenza si lascia che questo mostro continui ad inglobare porzioni crescenti della società, spostando progressivamente e coercitivamente la preferenza temporale di quest'ultima da una bassa ad una alta. Come? Attraverso un processo chiamato crowding out. Le risorse economiche sono scarse e di conseguenza è necessario che esse siano allocate nel mondo più efficiente possibile, pena uno spreco delle stesse ed un riassestamento doloroso della struttura di produzione. Nel momento in cui la burocrazia sequestra un quantitativo crescente di risorse economiche scarse, esse non potranno essere utilizzate nell'economia più ampia per progetti che sarebbero stati più desiderati dagli attori di mercato e quindi avrebbero generato la massima soddisfazione dalla loro trasformazione in beni e servizi. Questo processo di deviazione è il crowding out. L'ampliamento dello stato amministrativo, e dello stato in generale, coincide con una deviazione di risorse scarse che saranno messe in cattivo uso e lasceranno il resto dell'economia con meno input attraverso i quali soddisfare una domanda genuina.

L'incapacità dello stato di operare un calcolo economico in accordo con le forze di mercato è l'essenza stessa del problema, così come la giustificazione di un suo ampliamento utilizzando una terminologia civetta come "stato-imprenditore". È un ossimoro. Inutile dire, quindi, che il risultato di questo ampliamento dello stato è per forza di cose una stagnazione economica proporzionale all'ingrandimento stesso. Sussidi, sostegni, ristori, sono tutti sinonimi di un unico processo: ingigantimento ingessante dello stato.

Debito pubblico italiano

Basti pensare, ad esempio, al welfare state ed a come abbia allungato le sue spire all'interno dell'economia italiana: una misura apparentemente una tantum ed a tempo come il reddito di cittadinanza, è ormai diventata strutturale. Anzi, viene chiamato a gran voce un suo ampliamento. In questo saggio non ci interessa il motivo alla base della sua nascita e dell'aumento della sua portata, ne abbiamo discusso altrove, ci interessa invece il punto strettamente economico. Un altro caso classico di spreco di risorse in cui l'apparato statale si finge imprenditore è la neonata Ita, la cui parziale apertura al mercato è solo foriera di guai nel futuro e già ne vediamo l'emergere. Perché? Perché lo stato e la pianificazione centrale in generale hanno bisogno di continue giustificazioni per intervenire e quindi giustificare la loro esistenza. È esattamente questo il cuore della questione: nessuno ha bisogno di questi due apparati burocratici, mentre invece essi hanno disperatamente bisogno della fiducia (costruita artificialmente) degli attori di mercato per sopravvivere. Infatti, se prestate attenzione, quando stato e burocrazia fanno riferimento all'economia in generale parlano di crescita e non di progresso. C'è una bella differenza tra i due concetti. Questo perché con crescita essi intendono la loro di crescita a scapito del resto dell'ambiente economico, quando invece il progresso è un aumento degli standard di vita generali in accordo con un ambiente economico prospero e genuino. Detto in parole povere, stato e progresso sono in antitesi: nel momento in cui uno prevale, l'altro per forza di cose si restringe.

Attualmente lo stato e le sue costole burocratiche sono diventate ipertrofiche, inglobando porzioni crescenti della società e costituendo un fardello asfissiante con cui conformarsi (soprattutto negli ultimi due anni). Il finanziamento di queste operazioni, ovviamente, non può arrivare esclusivamente attraverso modi diretti (tassazione), perché altrimenti vi sarebbe stato apposto un freno già da tempo; invece gran parte di questo interventismo viene finanziato in modo indiretto attraverso la stampa di denaro e l'acquisto di obbligazioni sovrane, ormai pressoché esclusivo, da parte delle banche centrali. In questo modo lo stato e le costole burocratiche possono accedere al denaro di nuova creazione ed acquisire oggi risorse economiche scarse ai prezzi di ieri. Il debito pubblico si espande senza freno, le sponsorizzate dallo stato distruggono la ricchezza reale attuale ed i programmi burocratici impediscono la nascita di nuove realtà in grado di generare nuova ricchezza reale.

Inutile sottolineare, quindi, la saturazione dell'ambiente economico con debito insostenibile, progetti improduttivi ed un abbassamento del benessere generale attraverso l'inflazione dei prezzi scatenata dalle politiche monetarie irresponsabili del sistema bancario centrale.

Bilancio della BCE, della FED e della BoJ (in % del PIL). Fonte: Banque de France

Ovviamente l'Italia è un esempio meglio analizzabile perché sotto i nostri occhi, ma questo problema di saturazione del debito che progressivamente soffoca il progresso economico, è mondiale. Prima di passare a descrivere cosa le banche centrali hanno in mente di fare per de-saturare l'ambiente economico, capiamo meglio perché la loro presenza è esso stesso un problema e qualunque azione intrapresa sarà inutile ai fini del risultato finale.


SISTEMA BANCARIO CENTRALE: ESTENSIONE DELL'INCAPACITÀ DI CALCOLO ECONOMICO DA PARTE DELLO STATO

Il ruolo del sistema bancario centrale è sostanzialmente quello di mantenere una stabilità dei prezzi, vale a dire, non consentire che si verifichi un'inflazione dei prezzi consistente o al contrario una deflazione dei prezzi consistente. Viene creato un indice che comprende un paniere di beni che sono ponderati in termini di spesa per essi e poi il suo movimento di prezzo viene tracciato come indicatore dei cambiamenti nel livello generale dei prezzi. L'aumento o la diminuzione del valore dell'indice sono valutati insieme ad una regola di crescita percentuale costante: quando il valore dell'indice aumenta o diminuisce più del ritmo di crescita costante designato (2%), la banca centrale interviene con i suoi strumenti di politica monetaria per influenzare il valore del denaro.

Sebbene l'idea di preservare il valore del denaro abbia in superficie una patina di "buone intenzioni", pecca di un malinteso sul ruolo ricoperto dall'aumento e dal calo dei prezzi. Infatti essi agiscono come segnali di coordinamento: trasmettono informazioni su importanti dati economici sparsi in modo decentralizzato. L'aumento dei prezzi in un mercato non ostacolato ha un ruolo specifico: quando un oggetto diventa più scarso, l'aumento dei prezzi è un segnale affinché venga maggiormente economizzato e allo stesso tempo indica un più proficuo impiego delle risorse per chi lo crea; questi ultimi sono incentivati a farne crescere l'offerta fino a quando i profitti non vengono totalmente esauriti, abbassandone il prezzo nel processo. Pertanto quando i prezzi nel sopraccitato paniere aumentano, il valore dell'indice aumenta, fornendo al sistema bancario centrale ragioni per interferire al fine di compensare gli aumenti di prezzo, ma così facendo esso interferisce con i processi di mercato. Ciò impedisce agli imprenditori di capitalizzare su opportunità ad alto profitto e, se l'aumento dei prezzi è causato dall'inflazione trainata dalla domanda, impedisce anche ai consumatori di ottenere beni che soddisferebbero le loro necessità.

La l'IPC non è l'unico indicatore utilizzato per ottemperare un "corretto" fine tuning dell'economia. Il sistema bancario centrale segue anche le deviazioni sul tasso di crescita effettivo dell'economia rispetto al suo tasso di crescita tendenziale di lungo periodo. In altre parole, un ciclo di crescita rialzista è caratterizzato da una crescita superiore al tasso tendenziale di lungo periodo; la salute di un'economia è intesa in termini di vicinanza tra il suo tasso di crescita attuale ed il tasso di crescita previsto sulla base di tendenze a lungo termine. Tra gli altri indicatori ci sono anche le indagini sulla fiducia dei consumatori, le indagini settimanali sulle ore di lavoro e gli indici della produzione industriale.

Quando il livello di crescita o il valore degli indicatori suggeriscono che l'economia deve essere stimolata, vengono utilizzati vari strumenti per influenzare la domanda e l'offerta di denaro e raggiungere l'obiettivo di riportare l'economia "in carreggiata". Nel tentativo di abbassare il costo dei prestiti alle imprese, le banche centrali abbassano anche il costo dei prestiti alle banche commerciali. Si suppone, infatti, che l'abbassamento dei tassi d'interesse riduca il costo dei prestiti alle imprese in modo tale che il ritorno su un investimento diventi marginalmente maggiore del suo costo e quindi stimoli gli investimenti e la produzione. Ma mentre a prima vista tali misure possono sembrare valide, meritano uno sguardo più approfondito, poiché le azioni dei banchieri centrali hanno un impatto sproporzionato sull'economia. La spesa totale è composta da due parti: la spesa delle imprese per sostenere la struttura della produzione e la spesa dei consumatori per i prodotti finali. La spesa per la struttura della produzione consiste nella spesa per investimenti di capitale (aumentare produttività e grandezza delle imprese) e spesa per il capitale circolante (utilizzato come input per produrre output); la spesa per i prodotti finali implica ovviamente la spesa dei consumatori per beni e servizi.

Le imprese spesso risparmiano una parte dei loro profitti e la utilizzano per finanziare i loro investimenti di capitale in futuro. Quando le imprese ricorrono al risparmio anziché alla spesa, potrebbe verificarsi una diminuzione della produzione, ma questo non è un segno di cattiva salute dell'economia, bensì è un processo che deve fare il suo corso affinché si traduca successivamente in un aumento della produttività, dell'innovazione e dell'efficienza nella produzione grazie alla riduzione dei costi. Tale efficienza deriva dai cambiamenti nella struttura del capitale delle imprese, quando ad esempio cambiano le loro macchine o aumentano la loro grandezza. Il processo si tradurrà anche in un aumento del valore del denaro, poiché aumenteranno i beni per unità di denaro spesa. Un calo della produzione si tradurrebbe presto in un livello maggiore di produttività e prosperità per l'economia, ma se il sistema bancario centrale interviene per ridurre il costo dei prestiti, si ottiene l'effetto opposto: i risparmiatori vengono disincentivati nella loro azione a causa della creazione aggiuntiva ed artificiale di denaro, cosa che abbassa il valore del loro potere d'acquisto, portando quindi all'inflazione.

Le politiche monetarie allentate alimentano boom insostenibili che alla fine si traducono in una cattiva allocazione del capitale, poiché gli investimenti vengono spinti verso direzioni insostenibili. Ciascuna impresa effettua i propri investimenti confrontando costi/benefici e quando i costi vengono abbassati artificialmente attraverso la diminuzione dei tassi d'interesse, gli investimenti che prima non erano redditizi sembrano tali; ma poiché suddetta redditività non si basa su una domanda reale dei consumatori, l'inflazione aumenta presto poiché i produttori competono per risorse scarse. L'aumento dell'inflazione riduce i margini di profitto e diventa "necessaria" un'ulteriore spinta monetaria per evitare che gli investimenti attuali diventino insostenibili. Inutile dire, quindi, che sono le banche centrali a creare i cicli economici ed a distorcere i processi di mercato: in base a degli indicatori generalizzati e generalizzanti ritengono di avere la conoscenza necessaria per sapere cosa "pensa" ciascuna impresa. In sintesi, le banche centrali sono la fonte di molti mali economici.


LA FINE DELLA STRADA

In sostanza, dietro la patina della moderazione che accompagna la narrativa sulle banche centrali, abbiamo avuto un sistema che ha alimentato dapprima indirettamente e adesso direttamente le sconsideratezze degli stati. I finanziamenti inflazionistici sono diventati sempre più necessari man mano che l'apparato statale ha sottratto sfere d'influenza alla società e questo processo è stato inevitabilmente accompagnato dalla saturazione dell'ambiente economico con debito improduttivo e segnali economici distorti. Questi ultimi, a loro volta, hanno sconquassato ciò che rimaneva di salutare nel settore privato, sfilacciando progressivamente la sua capacità di creare ricchezza reale. Stati e banche centrali, incapaci di crearne, hanno progressivamente eroso quella esistente in un gioco al massacro: il loro ingrandimento è foriero della propria disfatta. Infatti sono finiti in una classica situazione da Comma-22: non possono indietreggiare pena la perdita e successivamente la ristrutturazione delle loro sfere d'influenza; altresì non possono avanzare ulteriormente nella loro conquista della società e del controllo totale pena la distruzione completa del tessuto produttivo. Questo stallo l'ho definito una lotta tra Grande Default e Grande Reset, dove il primo viene spinto dalla società nel suo complesso per ripristinare un ordine economico genuino e sostenibile, mentre il secondo viene spinto dall'attuale banda di pianificatori centrali che non è affatto intenzionata a mollare la presa su quanto raggiunto finora.

Di conseguenza l'intenzione di questi ultimi è quella di diffondere un controllo capillare sull'ambiente economico in modo da sgonfiarlo (parzialmente) degli eccessi del passato e quindi traghettarlo verso un nuovo ordine al cui apice si trovano sempre loro. I privilegi concessi dalla stampante monetaria sono molto difficili da cedere e capitalizzare sull'Effetto Cantillon non solo fornisce ricchezza immeritate (sottraendole silenziosamente agli altri), ma anche concedere privilegi grazie ai quali creare schiere di clientes ubbidienti e leali. Le crisi sono sempre un'ottima scusa per introdurre nuovi sistemi all'interno della società, dapprima spacciati come temporanei e poi resi strutturali con sotterfugi di ogni tipo; e la potenza con cui sono stati implementati i vari obblighi negli ultimi due anni, denota il livello di disperazione cui sono sottoposti oggi i pianificatori centrali. Prima la crisi sanitaria, poi quella umanitaria: ognuna di queste scuse è stato un modo per arrecare solamente distruzione (apparentemente) ingiustificata alla gente comune. In realtà il motivo è ben chiaro: creare un ambiente quanto più recessivo possibile in modo da pulire, quanto più possibile, gli eccessi del passato, ricordare agli individui che è "necessario" un deus ex machina in grado di lenire i danni economici/sociali creati dalle crisi/emergenze e riciclare l'attuale classe dirigente nel sistema che intende comandare nel futuro prossimo.

Con questa chiave di lettura è possibile comprendere molte informazioni che a prima vista non avrebbero senso. Si capisce, ad esempio, come mai le banche centrali, sebbene dicano di voler evitare a tutti i costi una recessione, in realtà ne vogliono una. Per chi però? Per Main Street, ovviamente; il circuito finanziario e quello che orbita attorno ai clientes deve essere salvaguardato. Inutile dirlo, è un piano diabolico. Con i lockdown stati e banche centrali hanno cercato di nascondere la devastazione economica in modo che si vedesse meno nei numeri finali e per mantenere la gente comune calma durante la tempesta. Sebbene ci fossero già avvertimenti sulla possibilità di un caos inflazionistico, sono state liquidate sventolando il feticcio della straordinarietà della situazione, della necessità d'intervenire e della presunta "transitorietà" di una eventuale inflazione dei prezzi. Inoltre, tra assegni statali, compensi, ristori e sostegni la maggior parte delle persone è stata puntualmente distratta. Peccato che quello che sembrava un "regalo" è stato rapidamente portato via. Non solo i risparmi sono stati spazzati via dalla successiva inflazione, ma anche il potere d'acquisto degli stessi assegni statali: hanno funzionato per un po', fino a quando il loro valore effettivo è stato sostanzialmente rubato di nascosto.

M2 in Italia

Anche ora, gli italiani detengono un surplus di risparmi rispetto a prima della pandemia. I pianificatori centrali hanno già le mani su quei soldi risparmiati, perché anche se si crede ai numeri dell'inflazione ufficiali, €1 risparmiato l'anno scorso vale solo €0,95 oggi e varrà €0,90 entro la fine dell'anno. E dove finisce questo potere d'acquisto? Nelle casse del governo italiano, il quale è cresciuto in dimensioni e portata.

Risparmio personale in Italia

La sottrazione del potere d'acquisto è solo una parte della storia, perché l'altra parte è la distruzione delle supply chain. Per quanto si possa credere alla "bontà" di misure draconiane come il lockdown nel campo sanitario, l'obiettivo sin dall'inizio era causare dissesto nelle catene di approvvigionamento. E questo è un fatto visto che sin da subito s'era capita l'inutilità del lockdown come misura sanitaria di contenimento. È importante continuare a sottolineare chi siano i colpevoli di tutta la devastazione subita negli ultimi due anni in particolare, in modo da impedire il decollo della nuova narrativa che vedrà questi stessi policymaker ai posti di comando. E adesso la distruzione socioeconomica intenzionale viene spinta mediante le sanzioni alla Russia. Come spiegato già diverse volte su queste pagine, l'attuale scontro tra Ucraina e Russia è stato fomentato dall'Occidente ed è stato alimentato affinché duri molto a lungo. Questo perché le sanzioni fanno parte del "secondo atto" della sopraccitata opera di demolizione controllata messa in piedi dai pianificatori centrali, dove il "primo atto" invece è stato caratterizzato dai lockdown.

Torniamo un attimo indietro con la memoria a 8 anni fa, quando il mondo andò in subbuglio per la volontà del popolo in Crimea di tornare in Russia. All'epoca, sebbene non ci fossero tutte le sanzioni di oggi, la più pesante e ritorsiva nei confronti della Russia fu quella incarnata dall'aumento dell'offerta di petrolio negli Stati Uniti e, un anno dopo, in Arabia Saudita. Il risultato fu il più grande calo dei prezzi del petrolio degli ultimi decenni: da $109 al barile nel 2014 a $44 nel 2015. Ciò spinse la Russia in recessione e per la prima volta sotto la guida di Putin il PIL russo si contrasse. Non solo, ma due anni fa l'Arabia Saudita inondò ancora una volta i mercati con petrolio a prezzi stracciati. Perché? Molto probabilmente per competere contro il petrolio proveniente dalla Russia. Quindi l'Occidente sa come danneggiare la Russia, se lo vuole davvero: aumentare la produzione di petrolio, inondare i mercati e facendone aumentare il prezzo. Ma questa volta gli Stati Uniti hanno aumentato la loro produzione di petrolio? L'Arabia Saudita ha fatto lo stesso? Nient'affatto. E badate bene, non è una questione di assenza o scarsità di offerta, piuttosto viene usata come "giustificazione" la mancanza di personale a causa proprio dei lockdown. Anche l'Arabia Saudita sta seguendo lo stesso copione e sta lasciando salire i prezzi del petrolio.

Ricapitolando, c'è una guerra in corso dove l'Occidente proferisce peste e corna nei confronti della Russia e invece di colpire laddove farebbe più male, si limita a delle sanzioni ridicole e controproducenti che fanno male più alle popolazioni dei sanzionanti che a quelle dei sanzionati. Infatti questa è musica per le orecchie dell'economia russa, poiché grazie al continuo rialzo dei prezzi del petrolio può benissimo attutire il dolore economico delle sanzioni occidentali.

Non c'è solo il petrolio, ma anche il cibo. La Russia, infatti, è un esportatore netto di cibo mentre molti Paesi occidentali sono importatori netti (come ad esempio l'Inghilterra, dove quasi la metà della sua offerta di cibo è importata). Se, quindi, l'Europa si rifiuta di comprare il cibo dalla Russia, il risultato è che la prima rimane a bocca asciutta mentre la seconda ha quantità abbondanti di cibo con cui sopravvivere senza problemi. Senza contare che un aumento dei prezzi del cibo, così come sta accadendo col petrolio, favorirebbe la Russia ovviamente. Prendete ad esempio il grano: la Russia è il maggior esportatore e tali esportazioni vanno a finire principalmente in Cina, Kazakistan Egitto e Nigeria. E cosa hanno fatto le sanzioni? Esatto, hanno fatto salire il prezzo del grano del 30%. Un altro bel pollice in su per l'economia russa.

Nel frattempo in Occidente, in particolare in Francia ed in Italia, già si parla di razionamenti. Quindi le sanzioni contro la Russia non hanno affatto raggiunto il loro scopo dichiarato, ovvero far soffrire economicamente la Russia, ma stanno facendo salire il prezzo del petrolio, stanno creando potenziali carenze di energia e cibo in Occidente e stanno aggravando la crisi del tenore di vita creata ad hoc con la scusa della “pandemia”. Aumento dei prezzi dei generi alimentari, diminuzione dell'uso di combustibili fossili, abbassamento del tenore di vita, denaro pubblico riversato nelle rinnovabili: tutto questo fa parte di un'agenda molto familiare, non trovate?

Indipendentemente da ciò che pensate di Putin, di Zelensky, della guerra in generale, o dei nazisti ucraini, urge guardare in faccia l'elefante nella stanza: qual è esattamente il vero scopo delle attuali sanzioni? E come mai si allineano così bene con il Grande Reset?


CONCLUSIONE

L'obiettivo di questo saggio era quello di evidenziare la relazione tra saturazione del debito, finanziamento inflazionistico del sistema bancario centrale per tentare di rallentarne l'accumulo e distruzione intenzionale del tessuto socio-economico per tornare a livelli di sostenibilità accettabili in base all'attuale status quo. L'accumulo di debiti impagabili ed improduttivi è una caratteristica inestricabile dell'apparato statale, data la sua incapacità ad operare un calcolo economico in accordo con forze di mercato genuine. Questo porta inevitabilmente ad una crescita insostenibile dello stato a scapito del resto della società, la cui espansione deve per forza di cose arrivare attraverso un consumo di ricchezza reale ostacolando tutti quei processi che ne creerebbero di nuova. In questo contesto l'intervento del sistema bancario centrale a supporto di tale deviazione di ricchezza reale, da usi più produttivi ad usi meno produttivi, alimenta l'emersione di un ambiente in cui le crisi correttive diventano man mano più frequenti e più dolorose, portando infine ad una situazione lose-lose per tutti.

Sin dal 2009 si è optato per un dolore economico da far gravare esclusivamente sulle spalle di Main Street, seppur a piccole dosi. Dal 2020 è diventato chiaro a tutti che gli eccessi nell'ultimo decennio necessitavano di una correzione urgente, quindi il fardello su Main Street è stato amplificato. La crisi nelle supply chain, dapprima introdotta con i lockdown inutili e adesso portata avanti con la guerra, è il mezzo attraverso il quale si crea un ambiente recessivo quanto più contenuto all'economia di Main Street, oltre alla svalutazione monetaria che, fingendo di aiutare chi sta a valle dell'Effetto Cantillon, avvantaggia in realtà chi sta a monte. Inutile dirlo, il sistema bancario centrale, nel suo dilemma "Inflate or die", ha scelto la carta "inflate". Adesso assistiamo al balletto dello scaricabarile, dove vengono scelte a turno diverse conseguenze per mascherare la causa principale della scelta "inflate": il petrolio, il gas, ecc. I prezzi stavano già salendo nel decennio precedente, ma l'accelerazione degli ultimi due anni è dovuta alla criticità raggiunta dai livelli di saturazione del debito. È un qualcosa che, proverbialmente, non può più andare avanti.

I guai, le distrazioni, le menzogne, la propaganda infesteranno come non mai Main Street, mentre subirà un comando/controllo capillare sulla scia del Grande Reset. È una via, questa verso la schiavitù economica, che non ha un bel finale per chi la subisce... ma nemmeno per chi la attua. Alla fine il socialismo e la sua figlia bastarda, la pianificazione centrale dell'economia, lasciano solo rovine e macerie per tutti.


Nessun commento:

Posta un commento