La traduzione in italiano dell'opera scritta da Wendy McElroy esplora Bitcoin a 360°, un compendio della sua storia fino ad adesso e la direzione che molto probabilmente prenderà la sua evoluzione nel futuro prossimo. Si parte dalla teoria, soprattutto quella libertaria e Austriaca, e si sonda come essa interagisce con la realtà. Niente utopie, solo la logica esposizione di una tecnologia che si sviluppa insieme alle azioni degli esseri umani. Per questo motivo vengono inserite nell'analisi diversi punti di vista: sociologico, economico, giudiziario, filosofico, politico, psicologico e altri. Una visione e trattazione di Bitcoin come non l'avete mai vista finora, per un asset che non solo promette di rinnovare l'ambito monetario ma che, soprattutto, apre alla possibilità concreta di avere, per la prima volta nella storia umana, una società profondamente e completamente modificabile dal basso verso l'alto.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-lue-paga-i-media-generalisti)
La leadership non eletta dell'Unione Europea (UE), palesemente corrotta, sta ora pagando i media generalisti per promuovere i programmi delle sue “élite”. Secondo una relazione recente intitolata, Brusells' media machine: European media funding and the shaping of public discourse, di Thomas Fazi e pubblicata sul think tank europeo MCC Brussels, l'UE ha speso fino a €1 miliardo solo nell'ultimo decennio in questo processo.
Presentando i progetti come “lotta alla disinformazione” e “promozione dell'integrazione europea”, l'UE ha stanziato denaro dei contribuenti, stimato in modo prudente a €80 milioni all'anno, per “progetti mediatici”, senza includere i finanziamenti indiretti, come i contratti pubblicitari.
La relazione dimostra inoltre che l'UE gestisce un “complesso mediatico europeo” altamente sofisticato, attraverso il quale riesce a plasmare le narrazioni mediatiche su sé stessa e sui suoi programmi.
Secondo la relazione di Fazi:
La Commissione europea, solo attraverso il suo programma “Partnerariati giornalistici”, con un bilancio cumulativo che ad oggi si avvicina ai €50 milioni, supervisiona un vasto ecosistema di collaborazioni mediatiche nell'UE. Nel corso degli anni queste hanno incluso centinaia di progetti, che spaziano da campagne promozionali pro-UE a discutibili iniziative di “giornalismo investigativo” e ampi sforzi di “anti-fake news”. E questo si aggiunge alle campagne pubbliredazionali finanziate attraverso il programma “Misure di informazione per la politica di coesione dell'UE”, per un totale di €40 milioni finora [...].
Ancora più preoccupante è il ruolo centrale svolto dalle principali emittenti pubbliche europee in questo processo. Questi progetti dimostrano che non si tratta di collaborazioni isolate, ma piuttosto di un rapporto semi-strutturale in evoluzione tra le istituzioni dell'UE e le reti di media pubblici.
A quanto pare la Commissione europea ha letteralmente pagato quasi tutto e tutti nel mondo dei media, il che significa che tutti, dalle agenzie di stampa ai media generalisti, dalle emittenti pubbliche alle altre organizzazioni mediatiche, sono nelle mani della Commissione europea, in misura maggiore o minore.
Alcuni esempi.
Tra le agenzie di stampa, da cui dipendono praticamente tutti i mezzi di informazione per i loro servizi, la Commissione europea ha investito denaro in:
L'Agence France-Presse ha ricevuto €7 milioni dall'UE, l'ANSA (Italia) €5,6 milioni, la Deutsche Presse-Agentur (Germania) €3,2 milioni, l'Agencia EFE (Spagna) €2 milioni, l'Associated Press (AP) €1 milione, l'agenzia di stampa Lusa (Portogallo) €200.000, l'agenzia di stampa polacca €500.000 e l'agenzia di stampa di Atene €600.000.
Anche una selezione di organi di informazione è stata pagata dalla Commissione europea:
Euronews (paneuropeo) €230 milioni, ARTE (Francia) €26 milioni, Euractiv (paneuropeo) €6 milioni, Gazeta Wyborcza (Polonia) €105.000, 444.hu (Ungheria) €1,1 milioni, France TV (Francia) €400.000, GEDI Gruppo Editoriale (Italia) €190.000, ZDF (Germania) €500.000 e Bayerischer Rundfunk (Germania) €600.000.
Le emittenti pubbliche hanno ricevuto quanto segue:
Deutsche Welle (Germania) €35 milioni, France Médias Monde €16,5 milioni, France Télévisions €1 milione, RAI Radiotelevisione italiana (Italia) €2 milioni, RTBF (Belgio) €675.000, RTP (Portogallo) €1,5 milioni, Radiodiffusione pubblica estone ERR €1 milione, RTVE (Spagna) €770.000 e TV2 (Danimarca) €900.000.
Organizzazioni mediatiche come Reporters Without Borders (Francia) e Journalismfund Europe (Belgio) hanno ricevuto rispettivamente €5,7 milioni e €2,6 milioni. Un'organizzazione olandese che si definisce indipendente, Bellingcat, ha ricevuto €440.000.
Questi numerosi esempi di media e organizzazioni giornalistiche sono solo quelli interni all'UE. Quest'ultima, tuttavia, sta conducendo un'operazione di influenza su larga scala anche al di fuori dell'UE, ovviamente sotto la benevola formulazione propagandistica di “sostegno alla libertà e al pluralismo dei media” – come se l'UE sapesse tutto di libertà e pluralismo. I progetti si sono concentrati in particolare sui media in Ucraina, Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia, Russia, Bielorussia e nei Balcani occidentali.
Non c'è nulla di trasparente in nessuno di questi finanziamenti.
Secondo la relazione sono opachi e difficili da scoprire.
È logico, tuttavia, che l'UE cerchi di nascondere il più possibile la propria influenza.
La relazione conclude:
Il sistema di finanziamento dei media nell'UE [...] crea dipendenze finanziarie, incentiva il conformismo narrativo e promuove un ecosistema in cui le voci dissenzienti vengono emarginate, il tutto sotto le virtuose insegne di “combattere la disinformazione”, “promuovere i valori europei” e “costruire una sfera pubblica europea”.
La portata dell'interconnessione istituzionale tra gli organi dell'UE e i principali attori nei media – dalle emittenti pubbliche alle agenzie di stampa fino ai canali online – non può essere liquidata come innocua o accidentale. Costituisce un conflitto di interessi sistemico che compromette la capacità dei media di funzionare come pilastro indipendente della democrazia. Anche in assenza di un'interferenza editoriale diretta, la dipendenza strutturale da sovvenzioni e contratti dell'UE è sufficiente a esercitare un effetto dissuasivo sul giornalismo critico e a incoraggiare un allineamento di riflesso con le posizioni ufficiali dell'UE.
Purtroppo l'UE appare come un regime profondamente corrotto e antidemocratico, che si aggrappa disperatamente al potere attraverso il traffico di influenze e l'imposizione di una censura pesante.
Centinaia di milioni di europei continuano a subire queste tattiche. Quando si sveglieranno finalmente?
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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