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di Thomas Kolbe
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/euroclear-la-linea-che-leuropa-non)
L'alleanza che finanzia la guerra in Ucraina si trova ad affrontare un nuovo problema: sette membri dell'Unione Europea vogliono bloccare l'espropriazione degli asset della banca centrale russa detenuti presso Euroclear. Ciò mette a rischio la continuazione del finanziamento della guerra in Europa dell'est. Allo stesso tempo incombe lo spettro di una crisi finanziaria, la quale lascerebbe, ancora una volta, i contribuenti a dover pagare il conto.
La maratona negoziale tra i rappresentanti di Ucraina, UE e Regno Unito, con una delegazione statunitense in qualità di mediatrice, prosegue a Berlino. Come di consueto è accompagnata dalle classiche frasi sui “progressi” lungo la strada della pace e dalle rassicurazioni che circa il 90% dell'obiettivo è già stato raggiunto.
Quanto peso meriti effettivamente questo risultato provvisorio diventerà chiaro nelle prossime settimane. Aspettatevi un'intensificazione frenetica della macchina della propaganda, droni sugli aeroporti (e sulla residenza di Wolfram Weimer) e una crescente pressione sul presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. La situazione militarmente precaria delle forze armate ucraine si scontra ora con una situazione finanziaria quasi altrettanto drammatica tra i creditori di Kiev.
Tutto fa pensare che la pressione per recidere il nodo gordiano sia crescente, azione da effettuare il prima possibile, mentre i costi della guerra da entrambe le parti minacciano di sfuggire al controllo.
Ciò riporta in primo piano gli ultimi sviluppi nel dibattito sull'espropriazione della banca centrale russa e dei suoi asset parcheggiati presso Euroclear.
Una linea di demarcazione critica
Euroclear potrebbe trasformarsi in una Waterloo per la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Sta lavorando a pieno ritmo per trasformare l'attuale crisi in una massiccia espansione di potere per Bruxelles e, di conseguenza, per la sua Commissione.
A Ungheria, Slovacchia e Belgio, già apertamente critici dell'espropriazione dei beni russi, si sono ora aggiunti Italia, Bulgaria, Malta e Cipro. La resistenza all'escalation di Bruxelles cresce di giorno in giorno.
In particolare questa resistenza coincide con un netto cambiamento di tempistica. Da quando gli Stati Uniti si sono di fatto ritirati dal finanziare l'Ucraina, la realtà finanziaria dell'Europa è emersa prorompente: senza l'accesso a circa €210 miliardi di asset russi – di cui circa €25 miliardi distribuiti tra vari stati dell'UE – continuare a finanziare questa guerra di logoramento sarà arduo.
Tutti i principali creditori – Germania, Francia e Regno Unito – hanno da tempo sforato i propri bilanci e stanno accumulando nuovi livelli di debito tra il 4 e il 6%. Il progetto ucraino è sull'orlo del collasso fiscale.
L'illusione dell'espropriazione come ancora di salvezza
Ciò che si sta tentando di fare è tanto semplice quanto pericoloso. Questi asset – in parte titoli di stato, in parte obbligazioni scadute in valuta estera – saranno utilizzati come garanzia per ulteriori prestiti. L'Europa è già intrappolata in una spirale di debito e sta attingendo a ogni fonte di finanziamento rimanente. Persino il nemico non è più off-limits per il duo Londra-Bruxelles.
Gli osservatori sensibili alla fraseologia politica e alla grandiosità politica avevano capito già nell'aprile 2022 cosa si sarebbe verificato: in uno stato di euforica ed eccessiva sicurezza, i policymaker avevano commesso un errore di calcolo catastrofico e costruito uno scenario in cui una Russia sconfitta sarebbe stata costretta a pagare tutte le riparazioni di guerra. Ciò avrebbe permesso all'Europa di escludere agevolmente le proprie banche, profondamente coinvolte nei finanziamenti all'Ucraina.
La storia offre uno schema familiare: banchieri e politici che lavorano fianco a fianco, questa volta a Kiev. Molti attendevano già il giorno della sottomissione di Putin, seguito dal cambio di regime a Mosca e dall'avvio dell'estrazione su larga scala dell'immensa ricchezza di materie prime russe. Il sistema bancario europeo sarebbe stato ricapitalizzato e il problema energetico risolto una volta per tutte.
Quel calcolo è chiaramente fallito. Invece sarà il contribuente europeo a sopportare le perdite.
L'Ucraina come rischio sistemico
Senza garanzie di credito l'Ucraina sarebbe già insolvente. Un suo crollo disordinato colpirebbe il sistema bancario europeo come una detonazione nucleare. Non esiste un modo realistico per evitare che il settore pubblico assorba alla fine queste ingenti passività creditizie.
Ciò riporta inevitabilmente al centro della scena il dibattito sull'espansione degli eurobond, formalmente vietati dalla legislazione dell'UE, che potrebbero essere reintrodotti direttamente come obbligazioni di guerra europee.
Con il programma “NextGenerationEU” questa strada apparentemente proibita è già diventata di fatto realtà. Bruxelles ha raccolto €800 miliardi sui mercati dei capitali attraverso questo meccanismo. Questi fondi alimentano la smisurata macchina dei sussidi dell'UE e sono ora strutturalmente integrati nella sua architettura di potere, sempre sostenuti dalla BCE.
Bruxelles sta già agendo come emittente di obbligazioni sovrane a pieno titolo, aumentando ulteriormente l'esposizione al rischio di debito e i livelli di debito degli stati membri. L'Europa si è infilata in un vicolo cieco sia geopolitico che finanziario, un esito prevedibile da anni.
Euroclear e la violazione della fiducia
La cronica negazione della realtà e l'incompetenza radicata della leadership politica dell'UE e del Regno Unito sfidano ogni spiegazione razionale. Ancor più degna di nota è la crescente resistenza attorno a Euroclear, nonostante Bruxelles cerchi di imporre la decisione a maggioranza semplice, se necessario.
Vi è motivo di un cauto ottimismo sul fatto che Paesi come l'Italia comprendano cosa significherebbe l'espropriazione degli asset della banca centrale russa presso Euroclear per la stabilità finanziaria dell'Eurozona. L'iniziativa del Primo Ministro italiano, Giorgia Meloni, di salvaguardare con discrezione l'oro della banca centrale italiana in gestione alla BCE sottolinea che Roma sa esattamente cosa c'è in gioco. L'Italia sarebbe ben posizionata per un potenziale rilancio di una moneta sovrana.
Il danno causato dall'espropriazione dei beni russi sarebbe massimo: una perdita totale di credibilità e dei principi del diritto commerciale indispensabili per le transazioni bancarie e internazionali. L'intero sistema finanziario globale – tra saldo delle transazioni e custodia dei beni – si basa sulla fiducia: sull'assoluta stabilità dei suoi pilastri fondamentali.
Istituzioni come Euroclear sono tra questi pilastri. Non si limitano a salvaguardare i flussi di transazioni internazionali, ma li rendono possibili. Una volta che questo fondamento viene danneggiato, a rischio c'è molto più di un semplice segnale politico: c'è in gioco la stabilità dell'intero Eurosistema.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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