lunedì 22 dicembre 2025

La burocrazia tedesca divora il 3% del PIL

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/la-burocrazia-tedesca-divora-il-3)

La giungla burocratica in Germania si sta espandendo senza freni. Secondo l'Ufficio federale di statistica tedesco, il numero di oneri per le imprese ha raggiunto quest'anno un nuovo record.

Nella vita privata la burocrazia è onnipresente. Che si tratti di presentare la dichiarazione dei redditi o di gestire le pratiche burocratiche dei proprietari di casa, lo stato arruola regolarmente i propri cittadini per svolgere il proprio lavoro amministrativo. In sostanza il cittadino svolge un lungo anno di servizio sociale nell'amministrazione pubblica, senza alcun compenso, sempre sotto la minaccia incombente di coercizioni giuridiche.


Burocrazia kafkiana

In economia la pubblica amministrazione ha assunto tratti kafkiani. Non è più necessario vagare per infiniti corridoi scarsamente illuminati per sopravvivere a una maratona amministrativa. La burocrazia moderna è ormai digitale, ma mantiene un carattere invasivo, lavorando a stretto contatto con la politica per ritagliarsi continuamente nuove aree di controllo.

I costi di questo sistema possono essere calcolati con una certa precisione in termini di ore che le aziende sono costrette a dedicare per conformarsi.

Secondo dati recenti dell'Ufficio Federale di Statistica, il “contributo” imposto alle aziende da parte dell'amministrazione pubblica tedesca ammonta ora a €64,2 miliardi all'anno. Questa cifra include obblighi di rendicontazione e comunicazione, documentazione e requisiti di conformità, che vanno dai report ambientali e dai fogli presenze dei dipendenti ai protocolli di sicurezza delle macchine e alle dichiarazioni obbligatorie presso le associazioni di categoria. La burocrazia sovraccarica il lavoro effettivo delle aziende in misura palesemente sproporzionata.

Gli statistici di Wiesbaden hanno fornito dettagli specifici: al 30 giugno 2025 le aziende tedesche erano soggette a 12.427 obblighi distinti di rendicontazione e documentazione, a seconda delle dimensioni e del settore. Solo nella prima metà del 2025 sono stati aggiunti altri 37 obblighi; dal 2018 sono state introdotte quasi mille nuove norme.


BSW come iniziatore

Sorprendentemente è stato il Sahra Wagenknecht Alliance (BSW), un partito di chiara impronta socialista, a criticare il sovraccarico di richieste amministrative obbligatorie sulle piccole e medie imprese. Ironicamente è stato proprio lo Stato sociale, questa macchina di redistribuzione fondamentalmente socialista, ad alimentare gran parte dell'espansione della burocrazia.

Imprenditori, liberi professionisti e lavoratori autonomi non hanno praticamente sostenitori politici. Nonostante una prolungata crisi economica e un'evidente ed eccessiva regolamentazione, la Germania rimane intrappolata in una mentalità statalista che alimenta indirettamente la burocrazia. Le imprese sono gravate da una palla la piede, mentre la burocrazia si sostiene espandendo la propria portata e i propri bilanci.

In Germania – e in generale nell'Unione Europea – questa espansione incontra scarsa resistenza politica; al contrario, si è fusa con la politica in un'unica struttura di potere.

Programmi come la “trasformazione verde” generano montagne di requisiti di documentazione, scaricati sulle aziende fino a far scoppiare gli schedari. Rasenta il grottesco che un'ideologia avulsa dalla realtà economica converta quasi il 2% del PIL in oneri burocratici, solo per forzare visioni sociali e politiche nel processo economico.


L'evergreen della “riduzione della burocrazia”

La burocrazia definisce con precisione il rapporto tra stato e cittadino e qui siamo bloccati in un vicolo cieco.

“Riduzione della burocrazia” è uno di quegli slogan politici ricorrenti durante le campagne elettorali per distogliere l'attenzione dal problema centrale. I politici di tutto lo spettro partitico – che da tempo hanno trasformato lo Stato amministrativo in un'estensione del proprio potere – proiettano un'immagine di attivismo e reattività, assicurandosi al contempo che non si verifichi mai una vera riforma.

È assurdo supporre, sullo sfondo di un mercato del lavoro in peggioramento, che i politici taglierebbero il settore pubblico. Oggi 5,5 milioni di persone sono impiegate nella pubblica amministrazione tedesca, 420.000 in più rispetto a prima dei lockdown. La burocrazia funge anche da cuscinetto politico per l'occupazione, isolando da un'imminente crisi occupazionale. Ironicamente questa espansione aggrava proprio la crisi che si cerca di nascondere. Il risultato: l'economia tedesca non registra alcuna crescita della produttività da anni.


Una svolta negli Stati Uniti

Nel frattempo, negli Stati Uniti, il presidente Donald Trump è riuscito a invertire la rotta. A livello federale sono stati tagliati circa 100.000 posti di lavoro nel settore pubblico, un chiaro successo per una politica basata sulla deregolamentazione e sul libero mercato. Un risultato simile si può osservare in Argentina sotto la presidenza di Javier Milei, il quale ha innescato un boom economico attraverso la deregolamentazione e lo scatenamento delle forze di mercato.

I dati dell'Ufficio federale di statistica riflettono questa tendenza politica, sebbene rilevino solo i costi diretti derivanti dagli adempimenti amministrativi; i cosiddetti costi di opportunità – mancati profitti, investimenti persi e opportunità di mercato perse – rimangono fuori dal bilancio. Lo scorso anno l'istituto tedesco Ifo ha stimato questi costi indiretti in altri €80 miliardi. Con gli oneri amministrativi di base fissati a circa €66 miliardi, vi è consenso sulla loro entità.

Nel complesso la Germania deve affrontare circa €146 miliardi di costi burocratici diretti e indiretti. Di fatto lo stato brucia circa il 3% del PIL, a dimostrazione di una profonda cattiva gestione politica e amministrativa. Soprattutto è Bruxelles che continua a fare pressione sui legislatori nazionali con regimi normativi sempre più rigidi, imponendo ulteriori strati di burocrazia interna.


Debito e ancora debito

I crescenti costi della burocrazia vanno di pari passo con l'aumento del debito nazionale tedesco, che si prevede salirà dal 63% del PIL al 95% nei prossimi anni, sempre che Berlino riesca a collocare programmi di debito così ingenti sui mercati obbligazionari.

L'economia tedesca ha perso il suo vantaggio competitivo internazionale, spinta da un'ideologia politica che si traduce direttamente in costi normativi. A questo dirigismo si aggiunge una crisi energetica autoinflitta che sta paralizzando la base industriale tedesca.

Il declino dell'economia tedesca è l'inevitabile risultato di decenni trascorsi a rilanciare le idee socialiste – in questo caso il controllo eco-dirigista su settori chiave come l'energia e la mobilità. Il fallimento di questo esperimento avrebbe dovuto essere ovvio a chiunque avesse familiarità con la storia dei sistemi centralizzati, eppure, per molti tedeschi, questo fallimento sembra ancora una scoperta del tutto nuova.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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