venerdì 23 dicembre 2011

L'Ascesa del Capitalismo

Il capitalismo vuol dire profitti privati e perdite private. Date un'occhiata in giro. Quello che abbiamo oggi sono profitti privati e perdite socializzate; è capitalismo questo? Il fallimento delle economie mondiali rappresenta il fallimento del capitalismo clientelare, del capitalismo "infarcito" di socialismo, del corporativismo, il fallimento dell'uomo di soggiogare sotto la sua volontà le forze della natura. Ne vediamo i risultati. L'arroccamento sfrenato delle varie classi lavoratrici sui loro privilegi sta contribuendo a far affondare il settore occupazionale e quello produttivo, anni di pianificazione centrale di uno stato in ampliamento ha supportato questa droga che ha corrotto le menti delle persone; con la bocca si parla di "concorrenza", ma con i fatti si parla di privilegi. Nel sistema capitalista, quando non perturbato dall'influenza socialista, il consumatore è il re. Semmai ci sarà una ripresa, dovrà per forza di cose ripartire da questo punto.
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di Ludwig Von Mises


[Liberty & Property (2009)]


Il sistema pre-capitalista di produzione era restrittivo. Storicamente si è basato sulla conquista militare. I re vittoriosi davano la terra ai loro paladini. Questi aristocratici erano signori nel senso letterale del termine, in quanto non dipendevano dal patrocinio dei consumatori che acquistavano o si astenevano dal comprare in un mercato.

D'altra parte, loro stessi erano i principali clienti delle industrie di trasformazione, che nel sistema corporativo, erano organizzate in uno schema corporativo. Questo schema si opponeva all'innovazione. Vietava la deviazione dai metodi tradizionali di produzione. Il numero di persone per le quali vi erano posti di lavoro anche in agricoltura o nelle arti era limitato. In queste condizioni, molti uomini, per usare le parole di Malthus, dovettero scoprire che "davanti alla forza della natura per loro non c'era scampo" e che "lei disse loro di andare via."[1] Ma alcuni di questi emarginati, tuttavia, riuscirono a sopravvivere, generarono bambini, e fecero crescere sempre di più il numero degli indigenti senza speranza.

Poi però arrivò il capitalismo. E' consuetudine vedere le innovazioni radicali che generò il capitalismo nella sostituzione dei metodi più primitivi e meno efficienti dei negozi degli artigiani con le fabbriche. Questa è una visione piuttosto superficiale. Il tratto caratteristico del capitalismo, che lo distingue dai metodi di produzione pre-capitalisti, è stato il suo nuovo principio di commercio.

Il capitalismo non è semplicemente la produzione di massa, ma la produzione di massa per soddisfare le esigenze delle masse. Le arti ed i mestieri dei tempi andati avevano approvvigionato quasi esclusivamente i voleri dei benestanti. Ma le fabbriche produssero merci a basso costo per molti. Tutto quello che le prime fabbriche producevano era progettato per servire le masse, gli strati stessi che lavoravano nelle fabbriche. Servivano loro stessi rifornendosi direttamente o indirettamente con l'esportazione e così ottenevano cibo dall'estero e materie prime. Questo principio di commercio era la firma del primo capitalismo come lo è per quello di oggi.

I lavoratori stessi sono i clienti che consumano la parte molto più grande di tutti i beni prodotti. Sono i clienti sovrani che hanno "sempre ragione". Il loro acquistare o astenersi dall'acquistare determina quello che deve essere prodotto, in che quantità, e in quale qualità. Con l'acquisto di quello che meglio si adatta alle loro esigenze fanno in modo che alcune imprese siano proficue e si espandano, e fanno in modo che altre aziende perdano soldi e si restringano. In tal modo essi spostano continuamente il controllo dei fattori di produzione nelle mani di quegli imprenditori che hanno maggior successo nel soddisfare i loro desideri.

Sotto il capitalismo la proprietà privata dei fattori di produzione è una funzione sociale. Gli imprenditori, i capitalisti ed i proprietari terrieri sono mandatari, per così dire, dei consumatori, ed il loro mandato è revocabile. Per essere ricchi, non è sufficiente aver risparmiato ed accumulato capitale. E' necessario investire di nuovo e di nuovo in quelle linee in cui vengono meglio soddisfatti i desideri dei consumatori. Il processo di mercato è un plebiscito ripetuto ogni giorno, ed espelle inevitabilmente dalle fila delle persone proficue coloro che non utilizzano la loro proprietà in accordo con gli ordini impartiti dalla gente. Ma gli affari, il bersaglio dell'odio fanatico da parte di tutti i governi contemporanei e dei sedicenti intellettuali, acquisiscono e conservano grandezza solo perché lavorano per le masse. Gli stabilimenti che si rivolgono al lusso di pochi non raggiungono mai grandi dimensioni.

Il difetto di storici e politici del 19° secolo è stato quello di non essere riusciti a rendersi conto che i lavoratori sono stati i principali consumatori dei prodotti dell'industria. A loro avviso, il salariato era un uomo che lavorava ad esclusivo beneficio di una classe parassitaria. Lavoravano sotto l'illusione che le fabbriche avevano alterato la sorte degli operai. Se avessero prestato attenzione alle statistiche avrebbero facilmente scoperto la fallacia di questo argomento. La mortalità infantile calò, la durata media della vita aumentò, la popolazione si moltiplicò, e l'uomo comune godeva di servizi che il benestante di epoche precedenti nemmene si sognava.

Tuttavia, questo arricchimento delle masse senza precedenti era soltanto un sottoprodotto della rivoluzione industriale. Il suo principale risultato fu il trasferimento della supremazia economica dai proprietari terrieri alla totalità della popolazione. L'uomo comune non era più una bestia da soma che doveva accontentarsi delle briciole che cadevano dai tavoli dei ricchi. Le tre caste di paria che caratterizzavano l'età pre-capitalista — gli schiavi, i servi della gleba, e quelle persone che autori patristici e scolastici, nonché la legislazione Britannica dal 16° al 19° secolo, denominavano poveri — scomparvero. I loro rampolli divennero, in questo nuovo stato di affari, non solo lavoratori liberi, ma anche clienti.

Questo cambiamento radicale venne riflesso nell'importanza delle imprese sui mercati. Quello di cui le imprese hanno bisogno prima di tutto è il mercano ed ancora mercato. Questa è stata la parola d'ordine dell'impresa capitalista. I mercati — ovvero clienti, acquirenti, consumatori. Sotto il capitalismo c'è una sola via verso la ricchezza: servire i consumatori meglio e in modo più conveniente di come fanno gli altri.

All'interno del negozio e della fabbrica il proprietario è il capo o nelle corporazioni, il rappresentante degli azionisti, il presidente è il capo. Ma questa padronanza è soltanto apparente, e condizionata. E' soggetto alla supremazia dei consumatori. Il consumatore è re, è il vero capo, e il produttore è fuori dai giochi se non supera i suoi concorrenti nel soddisfare al megio i consumatori.

E' stata questa grande trasformazione economica che ha cambiato il volto del mondo. Trasferì molto presto il potere politico dalle mani di una minoranza privilegiata nelle mani del popolo. Ne seguì il suffragio universale sulla scia dell'affrancamento industriale. L'uomo comune, a cui il processo di mercato aveva dato il potere di scegliere l'imprenditore ed i capitalisti, acquisì potere analogo nel campo del governo. Divenne un elettore.

E' stato osservato da eminenti economisti, penso che il primo fosse il compianto Frank A. Fetter, che il mercato è una democrazia in cui ogni soldo dà diritto di voto. Sarebbe più corretto dire che il governo rappresentativo del popolo è un tentativo di organizzare gli affari costituzionali secondo il modello del mercato, ma questo disegno non può mai essere pienamente raggiunto. In campo politico è sempre la volontà della maggioranza che prevale, e le minoranze devono sottostare ad essa. Serve anche le minoranze, purché non siano in numero così insignificante da diventare trascurabili. L'industria dell'abbigliamento produce abiti non solo per le persone normali, ma anche per i corpulenti, e l'editoria non pubblica solo western e polizieschi per la folla, ma anche libri per i lettori più esigenti.

Vi è una seconda differenza importante. Nella sfera politica, non ci sono mezzi affinché un individuo o un piccolo gruppo di individui possano disobbedire alla volontà della maggioranza. Ma nel campo intellettuale la proprietà privata rende possibile la ribellione. Il ribelle deve pagare un prezzo per la sua indipendenza; in questo universo non ci sono premi che possono essere vinti senza sacrifici. Ma se un uomo è disposto a pagare il prezzo, egli è libero di deviare dall'ortodossia dominante o neo-ortodossia.

In quali condizioni si sarebbero trovati eretici come Kierkegaard, Schopenhauer, Veblen, o Freud in uno stato socialista? E Monet, Courbet, Walt Whitman, Rilke, o Kafka? In tutte le epoche, ci sono potuti essere pionieri di nuovi modi di pensare e di agire solo perché la proprietà privata ha reso oltraggiosi i modi della maggioranza. Solo alcuni di questi separatisti erano economicamente indipendenti da sfidare il governo sulle opinioni della maggioranza. Ma trovarono nel clima popolare della libera economia persone preparate ad aiutarli e sostenerli. Che cosa avrebbe fatto Marx senza il suo benefattore, il produttore Friedrich Engels?


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Thomas R. Malthus, An Essay on the Principle of Population, 2nd ed. (London, 1803), p. 531.

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6 commenti:

  1. Jhonny faccio tanti auguri di buone feste a te e alle persone che frequentano questo blog.

    Buone feste a tutti

    Asmy

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  2. Buon Natale a te Johnny e a tutti gli altri.
    Bellissimo post che contiene una gran verità che a mio avviso è anche la chiave di lettura per capire la crisi: nel libero mercato il consumatore è il re - consumatore che è a sua volta anche produttore.
    Ebbene tu credi che le classi elitarie abbiano mai accettato questo fatto? Io no. Piano piano hanno rigirato la frittata facendo tornare le masse al ruolo di produttori, schiavizzati, per pochi eletti. IO ho visto due modi, ma ce ne saranno altri: 1)convincendo il consumatore-produttore a consumare-produrre cose totalmente inutili o dannose (eternit per esempio?); 2) con discorsi tipo "per far crescere la nostra azienda dobbiamo impegnarci tutti a produrre merci a più alto valore aggiunto" ovvero "chi se ne frega di fabbricare la 600 per tutti, facciamo un bel SUV per pochi".
    In fondo, se ben ci pensi, Marx aveva intuito subito questo rischio e aveva dato gli strumenti per salvare il capitalismo dai capitalisti, o pseudo-tali. La proprietà pubblica, che poi significa null'altro che l'azienda proprietà di migliaia di azionisti è questo. Poi qualcuno ha trasformato proprietà pubblica in proprietà statale.
    Finché c'è stata l'URSS a fare paura, in Occidente il pensiero socialista ha salvato il capitalismo dai capitalisti: crollato il Muro, ogni remora è andata a farsi friggere e siamo stati infinocchiati per bene.
    Altra cosa: nelle analisi economiche si trascura una data, e un avvenimento, fondamentale: 1986-Chernobyl. Quel giorno è morta l'idea dell'energia nucleare come sostituto di quella da petrolio (i petrolieri, che conosco molto bene lavorando in quel mondo da 30 anni, sono l'elite dell'elite). Nel giro di pochi anni, con la crescita di Cina e india, il petrolio è schizzato alle stelle, da 11 $ al barile ad inizio 1999 a 110 ora. Dopo la prima crisi del '73, tutta politica, la costruzione di qualche centrale nucleare e l'annuncio dei programmi nucleari, aveva tenuto sotto controllo i prezzi del petrolio. E se , dopo il picco del 2008 c'era stato qualche timido tentativo di riaprire il discorso nucleare, Fukushima ha seppellito tutto.
    L'energia, per l'uomo comune, è il bene di base. Togligli quella e lo rendi un servo nuovamente.
    Buon Natale,
    Vincenzo

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  3. Ciao Vincenzo e buon Natale anche a te.

    >"Piano piano hanno rigirato la frittata facendo tornare le masse al ruolo di produttori, schiavizzati, per pochi eletti."

    Una triste verità. Dalla distruzione del gold standard, alla demonizzazione del capitale. La democrazia non è altro che feudalismo con una patina sbiadita di libertà.


    >"1)convincendo il consumatore-produttore a consumare-produrre cose totalmente inutili o dannose (eternit per esempio?)"

    Convincere in che modo? Perché è importante questo anello "mancante". Io un'idea ce l'avrei...


    >"2) con discorsi tipo "per far crescere la nostra azienda dobbiamo impegnarci tutti a produrre merci a più alto valore aggiunto" ovvero "chi se ne frega di fabbricare la 600 per tutti, facciamo un bel SUV per pochi"."

    Finché si campa di incentivi statali, nessun problema. Il problema sorge quando i rubinetti vengono chiusi.


    >"Finché c'è stata l'URSS a fare paura, in Occidente il pensiero socialista ha salvato il capitalismo dai capitalisti"

    Ma lo sai che Marx, in realtà, accettò il capitalismo facendo ammenda in punto di morte (come fece Keynes) per le scemenze che aveva sostenuto fino a quel momento col socialismo?

    Non preoccuparti, nonno Mises ci racconterà questa storia a tempo debito.

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  4. Buon Natale Johnny,
    mentre il resto della truppa ancora dorme ne approfitto per scrivere qualche altra riga.
    1) Ho letto il tuo rimando sulla questione dell'Eternit. Lobbying e pubblicità occulte sono le cose peggiori che si possano immaginare. In ogni caso, lascialo dire a chi con la REACH ci combatte, la REACH con la scusa di "tutelare" il consumatore è una delle più fraudolente operazioni di lobbying che sia mai stata inventata. Lo sai che se tu domani mattina vuoi metterti ad importare un qualsiasi prodotto chimico, anche il più sempllice e noto come l'acido muriatico, dai paesi extra-UE, non basta che dimostri che è conforme agli standard ma devi anche ripetere tutta la procedura di registrazione, provvedendo a fornire tutti i dati di pericolosità già noti e sta-noti? Il tutto con il solo scopo di proteggere i produttori europei, visto che la spesa è di qualche centinaio di migliaia di euro?
    2)Sparare sulla FIAT è come sparare sulla Croce Rossa. Non è solo questione di sovvenzioni statali, ma di modi di pensare che vengono diffusi. Prendi per esempio il telefono cellulare, forse la cosa più democratica che esista oggi, ce l'hanno tutti ma proprio tutti. Piano piano, dall'apparecchio base che serve per telefonare e mandare SMS, semplice, poco costoso, prodotto di massa per eccellenza, si sta passando a produrre aggeggi sempre più complessi e costosi. Se anche rimarrà un prodotto di massa, per molti acquistarlo significherà dovere riununciare a comprare altre cose. Alla fin fine il telefonino a tutti lo ha dato Nokia, ma chi viene celebrato è Steve Jobs con l'i-phone.
    Non mi sorprende affatto che Marx abbia cambiato idea in punto di morte; d'altra parte, come ho sempre ritenuto, era un perfetto capitalista che aveva capito i rischi di cui sopra e che aveva dato delle ricette, non necessariamente tutte giuste, per evitarli. D'altra parte il capitalismo svoltò in grande nella seconda metà del XIX secolo proprio quando le idee socialiste crearono un perfetto contaltare alle tentanzioni elitarie. Poi, ma questo è tutt'altro capitolo, ci pensarono i Russi che, persa la guerra e caduto lo zar, avevano bisogno di un nuovo collante per tenere insieme il loro impero interno, a creare il socialismo reale. Il tutto con la fattiva e decisiva collaborazione dei tedeschi.
    Vincenzo

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  5. Ciao Vincenzo. Buon Natale anche a te.

    >"Sparare sulla FIAT è come sparare sulla Croce Rossa. Non è solo questione di sovvenzioni statali, ma di modi di pensare che vengono diffusi."

    A ragion veduta a quanto pare :D

    Come ben sai secondo Hayek la crisi costituiva un male necessario perché avviava il processo di correzione del mercato che avrebbe riportato le imprese dei settori che maggiormente si erano espansi durante il boom a livelli sostenibili ed avrebbe permesso di avere una ripresa economica fondata su basi solide.

    Ad esempio, la Fiat nel 2007 aveva venduto a livelli record grazie ad incentivi e leggi varie che avevano spinto molti ad anticipare il cambio delle autovetture. Quel livello però era insostenibile perché non possiamo cambiare auto ogni 12 mesi e quindi era necessario che la Fiat riducesse la produzione. Altri settori continuano a “tirare la carretta” anche durante la crisi poiché producono beni che vengono richiesti (proprio come la Apple con l’iphone).

    La Fiat ha ridotto la produzione? No, ha seguito (potremmo dire) quello che oggi viene denominato modello Keynesiano. Niente riduzione di spese, ma stimolo della domanda.

    Ovvero, nel 2008 l’Italia ha cercato di “stimolare” la vendita di automobili prolungando ed aumentando gli “incentivi” alla rottamazione degli autoveicoli. In questo modo il prezzo apparente delle automobili (ovvero quello pagato dal consumatore) diminuisce (ma il resto lo paga la collettività) e quindi la domanda di automobili aumenta.

    Questo è il vero consumismo che si dovrebbe abbattere.

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