venerdì 9 aprile 2021

L'auto-immolazione finanziaria della BCE

 

 

di Alasdair Macleod

La Commissione Europea sta fallendo miseramente. La sua risposta alla Brexit e alla pandemia, dove ora sta minacciando d'implementare i poteri d'emergenza per garantire i vaccini, è l'ultimo lancio dei dadi della burocrazia europea. Anche prima di questo sviluppo i mercati avevano recepito il messaggio: un peggioramento della fuga di capitali.

L'unica cosa che tiene insieme la Commissione è l'albero magico dei soldi: la BCE.

Dopo il recente cambio di leadership nella Commissione, la disfunzione politica a Bruxelles rappresenta una nuova sfida per la BCE. Senza contare che ha già le sue gatte da pelare: stati membri sovraindebitati, un aumento globale dei rendimenti obbligazionari, un sistema di settlement marcio e banche commerciali sia con indebitamento eccessivo che con crescenti crediti inesigibili.

È davvero uno spettacolo dell'orrore.


Introduzione

Questa settimana la BCE ha compiuto il passo successivo verso la sua inevitabile distruzione e quella della sua valuta. Questo finale, una sorta di auto-immolazione finanziaria in cui si unisce alla fallimentare Commissione UE sulla pira funeraria, è chiaramente inevitabile e sarà sempre più visto come tale.

Il 3 marzo Bloomberg ha riferito che "i policymaker della Banca Centrale Europea stanno minimizzando le preoccupazioni sull'aumento dei rendimenti obbligazionari, suggerendo di poter gestire il rischio per l'economia dell'area Euro con interventi verbali tra cui l'impegno ad accelerare l'acquisto di obbligazioni, se necessario".

Poi la scorsa settimana la storia è cambiata, infatti la BCE ha promesso che: "Sulla base di una valutazione congiunta delle condizioni di finanziamento e delle prospettive di inflazione, il Consiglio direttivo prevede che gli acquisti nell'ambito del PEPP nel prossimo trimestre saranno effettuati ad un ritmo significativamente più alto rispetto a primi mesi di quest'anno".

È successo che i rendimenti delle obbligazioni hanno iniziato a salire, minacciando di mandare in bancarotta l'intera Eurozona se la tendenza fosse continuata. È la conseguenza non solo di un sistema difettoso, ma delle politiche introdotte per salvare la Spagna dall'impennata dei rendimenti obbligazionari nel 2012. Fu allora che Mario Draghi, allora presidente della BCE, si disse pronto a fare tutto il necessario per salvare l'euro, aggiungendo: "Credetemi, sarà sufficiente".

La minaccia di un intervento è stata sufficiente a spingere verso il basso i rendimenti dei titoli di stato spagnoli ed è probabilmente alla base del pensiero compiacente nella dichiarazione dello scorso 3 marzo. Ma l'intervento promesso dalla Lagarde è molto più ampio e c'è il problema dei mercati racchiuso nel detto: "Ingannami una volta e la colpa è tua; ingannami due volte e la colpa è mia". La BCE pensa davvero di essere al di sopra di questa logica?

L'euro è stato inaugurato con la promessa che sarebbe stato un sostituto molto più stabile rispetto alle valute nazionali, in particolare la lira italiana, la peseta spagnola, il franco francese e la dracma greca. Il primo presidente della Bce, Wim Duisenberg, diede le dimissioni a metà del suo mandato per lasciare il posto a Jean-Claude Trichet, statalista francese dell'École Nationale d’Administration. LA sua fu una nomina prettamente politica, promossa dai francesi in base ad un misto di nazionalismo e determinazione a neutralizzare i sostenitori del sound money in Germania.

Fin dall'inizio la BCE ha perseguito politiche inflazionistiche. A differenza della Bundesbank, che monitorava da vicino l'offerta di denaro e prestava attenzione a poco altro, la BCE ha adottato un'ampia gamma di indicatori economici che le hanno consentito di spostare la propria attenzione dalla moneta all'occupazione, ai sondaggi sulla fiducia, ai tassi d'interesse a lungo termine, alle misure di produzione, ecc., consentendo un atteggiamento completamente flessibile nei confronti del denaro. A differenza della Bundesbank, la BCE è fortemente politica, mascherandosi da istituzione indipendente. Ma ora non c'è dubbio che il suo scopo principale sia quello di garantire che la spesa dissoluta dei governi dell'Eurozona sia sempre finanziata, a "qualunque costo". La nostra attenzione ritorna alla dichiarazione della BCE di questa settimana, perché l'aumento dei rendimenti obbligazionari minaccia la sua capacità di finanziare in perpetuo i disavanzi pubblici crescenti nei PIIGS e in Francia.


Gli affari e il denaro fanno le valigie

Tradizionalmente le grandi imprese amano il cosiddetto big government. Non solo è una fonte di fondi e clientelismo, ma è anche un'opportunità per fare pressioni per regolamentazioni a svantaggio dei concorrenti più piccoli. In breve, Bruxelles è il centro del capitalismo clientelare europeo, motivo per cui le grandi imprese si sono opposte alla Brexit. La CBI, che rappresenta i grandi interessi industriali britannici, ha fatto pressioni per restare.

Ma dalla Brexit l'UE ha manifestato la propria insicurezza, intraprendendo una guerra commerciale contro le importazioni britanniche, legandole ad una burocrazia inutile. Allo stesso tempo, il successo del vaccino di Oxford e il suo rapido dispiegamento nel Regno Unito insieme all'equivalente Pfizer, si confronta con il misero fallimento della Commissione nel distribuirli nei suoi stati membri, portando ad una reazione di panico. Il 27 gennaio i funzionari hanno fatto irruzione nello stabilimento di AstraZeneca a Bruxelles, a seguito di problemi di produzione che avevano ridotto la quantità della sua fornitura che ancora doveva essere approvata dall'UE.

Il messaggio inviato a tutte le grandi imprese era chiaro: investire negli impianti di produzione dell'UE era diventato meno allettante a causa della minaccia implicita ai diritti di proprietà. Il gioco del lobbismo a Bruxelles è cambiato per le società europee ed internazionali. Allo stesso tempo, la Commissione ha tentato di trasferire i servizi di compensazione del mercato finanziario da Londra. La minaccia alla libertà dei flussi di capitale futuri è diventata evidente per le entità finanziarie. Secondo HSBC, i deflussi di capitali hanno raggiunto i €500 miliardi nel quarto trimestre dello scorso anno, rappresentando un ritmo annuo del 20% del PIL, di cui la metà solo a dicembre.

Si dice che quando siete in una buca dovreste smettere di scavare. E invece niente: solo ieri il presidente della Commissione ha minacciato di invocare l'articolo 122, consentendo all'Unione Europea di sequestrare gli stabilimenti di AstraZeneca e vietare le esportazioni di vaccini nel Regno Unito. Difficilmente potrebbe esserci una minaccia più chiara ai diritti di proprietà per qualsiasi multinazionale con uffici e impianti di produzione in Europa. Non solo l'UE è diventata un lager per futuri investimenti industriali, ma sembra che i deflussi di capitali continueranno e accelereranno ulteriormente. E non solo la Commissione è un'organizzazione fallimentare, ma la sua caduta sta diventando sempre più ovvia per i suoi stati membri.


L'ideale socialista si sta sgretolando

È facile non comprendere appieno che l'UE si sia trasformata in un progetto intensamente socialista, con una commissione sovranazionale che prevale sui governi nazionali, costringendoli a conformarsi ad un ideale politico centralizzato. Facile da dimenticare, perché il socialismo radicato nell'UE non viene quasi mai menzionato. A livello finanziario deriva dalle politiche di ridistribuzione in base alle quali la maggioranza della popolazione della zona Euro è sovvenzionata dai risparmiatori dei Paesi del Nord, centrati sui risparmiatori tedeschi.

Dal 2000 il debito della zona Euro è passato da €5.200 miliardi a €12.040 miliardi nel terzo trimestre del 2020, pari al 97,3% del PIL dell'area Euro. Il rapporto debito/PIL è ancora alle stelle per due semplici motivi: l'economia dell'UE sta andando alla deriva in un crollo sempre più profondo e le nazioni fortemente indebitate come Francia e Italia hanno governi la cui spesa è già maggiore dei loro settori privati, ma altre nazioni si stanno avvicinando.

Secondo il sito web Statista, la spesa pubblica francese rappresenta circa il 63% della sua economia, lasciando solo il 37% nelle mani produttive del settore privato. E di quel 37% una parte sconosciuta, ma significativa, è composta da enti governativi fuori bilancio. In Italia la spesa pubblica è al 60% del PIL, lasciando solo il 40% al settore privato per pagare le tasse e servire il debito. Un'elevata percentuale del settore privato è insolvente, con prestiti in sofferenza nascosti nel sistema Euro.

Nell'ultimo anno i maggiori balzi del debito/PIL si sono verificati a Cipro (22,9%), in Italia (17,4%), in Grecia (17,3%), in Spagna (16,6%) e in Francia (16,5%). E mentre la pandemia entra nella sua terza ondata, le finanze nazionali continuano a deteriorarsi.

I dati più recenti per tutti gli stati dell'UE sono riportati nel seguente grafico preso da Eurostat.

Il danno arrecato alle finanze pubbliche di Grecia, Italia, Portogallo, Cipro, Spagna, Francia e Belgio a causa dei lockdown è stato notevole. La mancata distribuzione dei vaccini significa che, anche sulla base delle migliori speranze, l'uscita dalla crisi dovrà affrontare notevoli ritardi con blocchi che probabilmente continueranno fino al prossimo inverno.

Le risposte dei vari governi del mondo al coronavirus hanno arrecato danni socio-economici senza precedenti. Ci si può aspettare che i mercati si riprendano più rapidamente con la scomparsa del virus e le misure statali draconiane. Laddove il libero mercato è soppresso e la motivazione del profitto disprezzata dalla popolazione in generale, come nel caso di Paesi socialisti come Francia e Italia, è probabile che la ripresa sarà molto lenta. Dimenticate le parole su una presunta crescita economica futura. Insieme alla maggior parte dei membri della zona Euro, Francia e Italia richiedono un'accelerazione delle vendite dei bond sovrani per bilanciare i libri che si deteriorano di giorno in giorno. Sono già profondamente intrappolate in una trappola del debito, essendo impossibile finanziare un debito pubblico gigantesco con basi imponibili così piccole.

Non c'è quindi da meravigliarsi che la BCE sia sensibile all'aumento dei rendimenti obbligazionari e che sia determinata a mantenerli il ​​più bassi possibile. Il grado di soppressione è stato illustrato ieri, quando un'obbligazione greca a 30 anni è andata esaurita con un rendimento dell'1,93%, mezzo punto percentuale in meno rispetto alla sua equivalente negli Stati Uniti. È chiaramente sbagliato per un Paese con un rapporto debito/PIL in deterioramento del 200% e con un track record spaventoso.

Con il livello di soppressione dei tassi d'interesse che questo accordo implica, anche una moderata correzione verso un corretto prezzo di mercato per i rendimenti obbligazionari minaccia un collasso sistemico dell'intero sistema Euro.


Perché i rendimenti delle obbligazioni stanno salendo

Con la BCE saldamente al controllo dei mercati finanziari, le debolezze intrinseche e il collasso sempre più certo del sistema Euro sono per ora generalmente ignorati. Di conseguenza i problemi attuali per il debito denominato in euro sono più associati al forte aumento dei rendimenti delle obbligazioni in dollari. Tuttavia condividono un fattore comune, ovvero che i mercati globali stanno rivalutando le prospettive di inflazione.

La narrativa ufficiale, propagata dall'establishment finanziario, è la seguente: con l'uscita delle nazioni dal coronavirus, l'attività economica tornerà alla normalità. Questa prospettiva è garantita dai vari pacchetti di stimolo e dal sostegno fornito ai lavoratori insieme ai sussidi alle imprese. E dato che i consumatori non sono stati in grado di spendere per un anno intero, sulla scia del consumo sfrenato la ripresa iniziale sarà forte. Di conseguenza ci sarà un aumento temporaneo dei prezzi che potrebbe superare l'obiettivo di inflazione del 2%, mentre la spesa repressa verrà assorbita. Dopodiché le condizioni torneranno alla normalità e l'obiettivo d'inflazione al 2% sarà raggiunto senza dover rialzare i tassi d'interesse. Ma un aumento dei rendimenti delle obbligazioni prima dell'aumento dei consumi è già sotto i nostri occhi e l'establishment finanziario presume che sia semplicemente la prova dell'adeguamento dei mercati al rischio d'inflazione a breve termine.

E anche questo manda la BCE nel panico, cosa che conferma che non è prevista un'uscita dai tassi negativi sui depositi, perché con una ripresa post-Covid alcune finanze pubbliche a livello nazionale non possono assorbire alcun aumento dei costi di finanziamento obbligazionario.

Consideriamo ora un risultato più realistico. Come accennato in precedenza, è probabile che i lockdown in tutta Europa continueranno per gran parte, se non per tutto, quest'anno. Di conseguenza, nella migliore delle ipotesi, la ripresa economica sarà di gran lunga inferiore a quella del resto del mondo sviluppato. Abbiamo evidenziato le trappole del debito in cui sono finite le principali nazioni dell'UE e possiamo facilmente concludere che il sistema di finanziamento degli stati gestito dalla BCE andrà incontro a difficoltà significative. Ma finora non abbiamo contestato l'ipotesi che dopo i lockdown tornerà una sorta di normalità.

Anche se la normalità dovesse tornare in altre grandi economie, il sistema bancario dell'Eurozona è preoccupato di finanziare i debiti nazionali e gestire i prestiti in sofferenza. Ed essendo in media molto più indebitate rispetto alle banche statunitensi, le banche commerciali della zona Euro non sono in grado di espandere il credito da cui dipende la ripresa economica. Ma essendo già state danneggiate dalla fine della fase espansiva del ciclo del credito globale e dagli effetti maligni di una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, le prospettive economiche globali sono notevolmente peggiorate dall'inizio del 2020, nascoste solo dalla crisi sanitaria e dalle risposte inflazionistiche ad essa.

Non solo il sistema bancario dell'Eurozona non è in grado di fornire nuovo credito alle imprese, né il sistema bancario statunitense può farlo nonostante la sua economia più dinamica. Il riferimento al ciclo del credito bancario non è casuale, perché i banchieri sanno che i loro bilanci sono al massimo della tensione, anche oltre i limiti normativi. Sono tempestati da fallimenti diffusi; i prestiti bancari americani al settore privato stanno rapidamente diventando un disastro, poiché le perdite da prestiti in sofferenza sono amplificate dalla leva finanziaria, in media 10,5 volte per le grandi banche. Quindi non solo la nuova amministrazione Biden si trova ad affrontare il finanziamento di una ripresa dal coronavirus, ma potrebbe dover sostenere l'intera economia statunitense da una depressione ciclica i cui fattori trainanti sono simili a quelli dei primi anni '30.

La crescente evidenza di questo risultato ha implicazioni per i tassi d'interesse globali. Un economista keynesiano da manuale che considera la domanda dei consumatori come il motore economico crede che una depressione significhi tassi d'interesse più bassi, motivo per cui è fiducioso che l'aumento dei rendimenti obbligazionari preannunci un futuro economico più positivo. L'errore è non capire che in una depressione sia il consumo che la produzione si contraggono. Ed essendo più lungimiranti, i produttori ridurranno la capacità quando vedranno le prospettive deteriorarsi prima della riduzione della spesa dei consumatori. Stando così le cose, lo stimolo monetario in un'economia in fallimento finisce rapidamente per indebolire il potere d'acquisto della sua valuta fiat, invece di farlo salire e scatenare spettri di deflazione, come potrebbe supporre un'analisi keynesiana.

Per il possessore di una valuta fiat, arriva una crescente consapevolezza che il suo potere d'acquisto diminuirà, qualunque sia il risultato economico. Se, come dobbiamo supporre, il rischio di un risultato economico negativo aumenta, lo svalutazione non farà che aumentare. La compensazione sotto forma di interessi pagati sul suo capitale monetario deve aumentare, se si vogliono mantenere i saldi in valuta, cosa che si riflette in tassi d'interesse e rendimenti obbligazionari più elevati.

E anche se la FED o la BCE avessero ragione, il potere d'acquisto di dollari o euro cadrà comunque e coloro che li possiedono si aspetteranno una maggiore compensazione dagli interessi per giustificarne il possesso. In alternativa, chi detiene valuta fiat concluderà che un'inflazione monetaria accelerata non salverà l'economia da un crollo e, poiché non è coperta e non convertibile in una forma di denaro più solida, la abbandonerà del tutto.

L'evidenza della perdita di potere d'acquisto per le valute fiat è già visibile nei prezzi delle materie prime, mostrati nel seguente grafico.

Dopo un decennio di consolidamento, conclusosi a marzo 2020 con un calo fino a 83,97, l'indice del FMI è salito del 67% in undici mesi a 140,65. Il punto di svolta è stato il taglio dei tassi a zero da parte della FED e l'aumento del QE a $120 miliardi a marzo 2020. Chiaramente i mercati delle materie prime hanno risposto scontando l'aumento dell'inflazione monetaria. I prezzi delle materie prime in euro sono aumentati meno a causa dell'aumento del loro tasso rispetto al dollaro, ma tale aumento è ancora del 55%. Per i settori industriali aver mantenuto e mantenere la liquidità in eccesso in dollari o euro, e non averla ridotta e ridurla, è stato un errore pagato a caro prezzo.

Mentre i commentatori macroeconomici considerano cicliche le oscillazioni dei prezzi delle materie prime, un'interpretazione più pertinente viene fornita dal punto di vista di chi le usa. Per i produttori è semplice: il potere d'acquisto di una valuta misurato in materie prime è diminuito e nel caso dell'euro di oltre un terzo. E con l'aumento dell'inflazione monetaria, è certo che la tendenza continuerà, avendo poco o nulla a che fare con i livelli di domanda delle materie prime.

Le materie prime sono uno dei numerosi input economici ed il lavoro ne è un altro. E se un produttore non è competitivo, la soluzione ragionevole è aumentare gli investimenti nell'automazione, cosa che richiede capitale monetario. L'elemento circolante è fornito dalle banche, ma come abbiamo visto sono ora al massimo della tensione di bilancio, avverse al rischio e nella zona Euro pienamente impegnate a finanziare gli stati. Per le banche della zona Euro c'è un ulteriore problema. I loro bilanci sono ponderati rispetto ad asset considerati dalle autorità di regolamentazione come privi di rischio o a rischio molto basso, come i titoli di stato e le obbligazioni. Un'allocazione in prestiti industriali e al consumo comporta rischi aggiuntivi, i quali richiedono una riduzione delle tensioni di bilancio. Non succederà tanto facilmente.

Il grafico qui sopra illustra gli squilibri nel sistema TARGET2 tra le banche centrali nazionali e tra queste e la BCE. La Germania e il Lussemburgo hanno un credito netto di €1.300 miliardi. Italia e Spagna devono al sistema €968 miliardi. E la BCE deve alle banche centrali nazionali €345 miliardi. L'effetto del disavanzo della BCE, che deriva dagli acquisti di obbligazioni effettuati per suo conto dalle banche centrali nazionali, è quello di ridurre artificialmente i saldi TARGET2 tra debitori e creditori.

Senza gli acquisti di obbligazioni da parte della BCE, i debiti combinati di Italia e Spagna verso le altre banche centrali nazionali superano i mille miliardi di euro, e il denaro dovuto alla Bundesbank tedesca è maggiore di quanto il grafico mostra. Le trattative della BCE incidono anche sul saldo della Francia, che lo scorso marzo si è attestato ad un deficit di €109,4 miliardi rispetto ad un avanzo di €40 miliardi a gennaio, che può essere dovuto solo ai pagamenti della BCE per i titoli francesi.

In teoria questi squilibri non dovrebbero esistere. Il fatto che esistano e che dal 2015 siano in aumento è dovuto in parte all'accumulo di crediti inesigibili, in particolare in Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Le autorità di regolamentazione locali sono incentivate a dichiarare i prestiti bancari deteriorati come in bonis, in modo che possano essere utilizzati come garanzia per accordi di riacquisto con la banca centrale locale. Ciò ha l'effetto di ridurre i crediti deteriorati a livello nazionale, incoraggiando la prospettiva che non vi sia alcun problema di crediti inesigibili. Ma il problema è stato semplicemente rimosso dai sistemi bancari nazionali e smistato al sistema Euro.

La domanda di garanzie collaterali da cui ottenere liquidità ha portato ad una significativa espansione monetaria, con il mercato dei pronti contro termine che agisce non come un fornitore di liquidità marginale (come nel caso di altri sistemi bancari), ma come un elargitore generoso di denaro a profusione. Ciò è mostrato nel seguente grafico, risultato di un'indagine su 58 importanti istituzioni del sistema Euro.

Il totale di questa forma di finanziamento a breve termine è cresciuto a €8.310 miliardi a dicembre 2019. La garanzia include di tutto, dai titoli di stato al debito collateralizzato delle banche commerciali. Secondo il sondaggio, il doppio conteggio, in base al quale i pronti contro termine sono compensati dai pronti contro termine inversi, è minimo. Ciò è importante quando si considera che un pronti contro termine inverso è l'altro lato della medaglia di un pronti contro termine, in modo che la somma dei due è una misura valida della dimensione del mercato. Il valore dei pronti contro termine negoziati con le banche centrali nell'ambito delle operazioni ufficiali di politica monetaria non è incluso nel sondaggio e continua ad essere “molto consistente”. Ma sono inclusi i pronti contro termine con le banche centrali nel corso del finanziamento ordinario.

Oggi, anche escludendo i pronti contro termine delle banche centrali connessi alle operazioni di politica monetaria, questa cifra supera probabilmente i €10.000 miliardi, tenendo conto della crescita di base di questo mercato e includendo partecipanti oltre i 58 operatori del sondaggio.

Mentre la FED accetta solo titoli di altissima qualità come garanzia repo, con le banche nazionali della zona Euro e la BCE quasi tutto è accettato (da quando la Grecia è stata salvata). Il debito di alta qualità rappresenta la maggior parte delle garanzie repo, ma i salvataggi nascosti delle banche italiane (togliendo prestiti deteriorati dai loro libri contabili) non potrebbero continuare senza che venissero registrati come garanzie repo nel sistema TARGET2.

Ma c'è un limite a questa espansione, espresso nel rapporto tra il capitale di una banca commerciale e il suo patrimonio. Il seguente grafico mostra l'indebitamento e la leva finanziaria degli azionisti per le sei banche di importanza sistemica globale (G-SIB) nell'Eurozona. Altre banche della zona Euro non devono avere i buffer aggiuntivi sul capitale di una G-SIB, ed è certo che tra di loro ci sono banche ancora più altamente indebitate il cui fallimento potrebbe portare ad una corsa agli sportelli sistemica.

L'indebitamento di bilancio tra il totale degli asset ed il patrimonio netto di classe 1 degli azionisti di tutte queste banche è molto elevato, dato che un livello più normale di tensione di bilancio è tra otto e dodici volte al picco del ciclo del credito. Ciò si confronta con il rapporto medio per le sei G-SIB statunitensi di 10,5, e anche loro sono limitate sulla capacità di bilancio.

Le valutazioni di mercato per le G-SIB della zona Euro, con la discutibile eccezione di ING, scontano profondamente il patrimonio netto, con Société Generale con il punteggio peggiore. Inoltre questi lugubri rating arrivano in un momento in cui i mercati azionari sono vicini ai massimi storici: il CAC 40 è salito del 60% in un anno, il DAX del 73% ed il FTSE MIB del 64 %. Come un gruppo di ubriachi che barcolla, i prezzi delle azioni delle banche dell'Eurozona sono saliti con i mercati generali, ma sono i loro rating che rimangono spaventosi.


Conclusioni

L'UE sta mostrando tutti i segni di un super stato sulla via del fallimento, messo in luce in modo imbarazzante dalla Brexit e dalla risposta politica dell'UE. Senza contare la debacle sulla storia dei vaccini. In un momento di lockdown nel resto del mondo, l'UE è gravemente in ritardo nel suo programma di vaccinazione ed è improbabile che possa uscirne completamente prima del prossimo inverno, e forse oltre. Le conseguenze economiche per l'UE saranno più devastanti rispetto a qualsiasi altra regione al di fuori del mondo in via di sviluppo.

Con l'onere di finanziare l'inevitabile ondata di crediti inesigibili legati al Covid, in particolare nei PIIGS, e con i debiti nazionali delle principali nazioni dell'UE che stanno andando fuori controllo, il finanziamento di tutto da parte della BCE diventerà sempre più difficile. In qualità di banca centrale impegnata a sostenere ideali di socializzazione tramite l'inflazione monetaria, la BCE non ha avuto altra scelta che accelerare il suo finanziamento inflazionistico. Ma oggi i limiti posti al suo inflazionismo sono una combinazione letale del marciume intrinseco del TARGET2 e dell'aumento dei rendimenti obbligazionari.

Anche con un'analisi ottimistica (keynesiana), l'aumento dei rendimenti obbligazionari sembra scontare un aumento della spesa post-lockdown, portando ad un temporaneo aumento dell'inflazione dei prezzi. La verità più profonda rivelata dalla performance dei mercati delle materie prime, combinata con un aumento senza precedenti dell'offerta di moneta globale, è che si prospetta una perdita molto più profonda del potere d'acquisto delle valute fiat. Inoltre l'ottimismo riguardo le prospettive economiche più ampie è limitato ai numeri gonfiati, con grandi sezioni dell'economia globale in uno stato di collasso.

L'UE è un gigante dai piedi d'argilla, motivo per cui non poteva permettersi affatto i lockdown. E poiché il finanziamento di tutto ricade sulle spalle della BCE, è da lì che sicuramente emergerà la crisi. Sicuramente il sistema bancario ne uscirà con le ossa rotte; ci vorrà solo un piccolo aumento dei rendimenti obbligazionari per spazzarlo via. E poi tutte quelle garanzie deboli nel sistema repo saranno esposte per quello che valgono realmente: niente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


4 commenti:

  1. Mi pare che il risultato finale sia sempre stato anticipato dagli economisti austriaci.
    Come scrive sempre Simoncelli le leggi economiche si possono aggirare, ma mai eliminare. Ritornano inesorabili ......

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  2. Non è che oltreoceano se la passino meglio, a quanto pare, il FMI sta per prestare quantità enormi in Diritti speciali di prelievo invece che in dollari. La notizia se fosse vera, significherebbe il tentativo di abbandono delle tradizionali valute fiat in liquefazione, in primis il dollaro, inoltre un ulteriore passo per imporre il NWO con un'unica valuta globale, ma sarebbe anche un modo estremo per cercare di scongiurare il fallimento delle teorie keynesiane. Chiedo lumi a Francesco, sicuramente molto più informato di me e da fonti più attendibili. Grazie e buon lavoro

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    1. Salve alboino.

      Questo tema è stato affrontato più volte sul blog e la conclusione è sempre stata la stessa: i DSP non sostituiranno mai il dollaro, né rappresenteranno una valuta alternativa con cui fare settlement dei debiti internazionali. Da questo punto di vista sono le CBDC quelle che invece possono avere una possibilità a tal proposito, perché significherebbe la digitalizzazione di qualcosa di già esistente (es. euro o dollaro).... con tutti i difetti che già conosciamo comunque...

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    2. Grazie per la risposta Francesco. Ho avuto la conferma di quanto penso da tempo, i DSP occorrono più per la "propaganda" globalista, che per risultati concreti. Un cordiale saluto.

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