venerdì 7 maggio 2021

La cura per l'attuale pandemia d'ignoranza: Hayek e la trasmissione della conoscenza nella società

 

 

di Francesco Simoncelli

Analizzare il classico di F. A. Hayek, The Use of Knowledge in Society (1945), è uno dei modi che ritengo più efficienti per trasmettere un determinato modo di pensare ai lettori. Infatti far leggere solamente la confutazione di una determinata tesi non basta affinché un individuo indeciso o scettico cambi la propria posizione, poiché la tesi avversa potrà sempre avere ipotesi plausibili che manterranno in vigore suddetto scetticismo o indecisione. Ma se al nostro ipotetico individuo scettico o indeciso verrà presentata una tesi che analizza le meccaniche generali di un ragionamento, uno strumento per analizzare criticamente qualsiasi situazione si possa venire in contatto, allora le cose cambiano. Perché? Perché se lo strumento in discussione rappresenta una metodologia d'indagine a priori, allora non ci sarà alcuna conclusione a cui si è già arrivati ma la possibilità di arrivare alla stessa o ad una propria conclusione. Questa varietà di conclusioni è fondamentale, perché non solo rappresenta il cuore pulsante di un'economia funzionante in cui i segnali di mercato sono genuinamente trasmessi, ma rappresenta una protezione contro una qualsiasi tirannia voglia instaurare una visione omogenea e predefinita delle cose.

La riscoperta del saggio di Hayek rappresenta proprio questo: la possibilità di arrivare alle proprie conclusione, consci di avere per le mani uno strumento, una metodologia d'indagine, affidabile e scevra da pregiudizi. La decentralizzazione del pensiero critico rappresenta un veleno per qualsiasi pianificatore centrale che voglia calare dall'alto una determinata narrativa. i tempi attuali, infatti, ci hanno sottolineato come la mancanza di una metodologia d'indagine simile abbia consegnato la maggior parte delle persone nelle mani, o per meglio dire nelle bocche, di presunti esperti e professionisti dell'informazione. Ciò ha permesso alla maggior parte delle persone di "rilassarsi", lasciare che la persona "illuminata" di turno facesse tutto il possibile per salvare la situazione e, ovviamente, mettersi in riga ad ogni norma che veniva sfornata. Gli individui sono stati indotti a credere che non avessero alcun obbligo intellettuale di dissentire, come se un tale "affronto" potesse mettere in pericolo il piano di salvataggio generale che viene calato dall'alto. Inutile dire che questo tipo di mentalità è stata per decenni propagandata dalla scuola dell'obbligo: la foglia di fico dell'istruzione è servita solamente a nascondere il vero scopo alla base della sua esistenza.

E questo è come se, col passare del tempo, la civilizzazione avesse iniziato ad involversi. Quando si inverte la rotta lungo la strada della civilizzazione, i mezzi vengono messi in ombra dai fini. Le persone perdono fiducia nell'integrità del processo e si preoccupano solo dei risultati. Smettono di fare affidamento sui meccanismi di ragionamento e si affidano invece a conclusioni predefinite. Se ciò che viene percepito più importante è porre fine al razzismo, o salvare il pianeta, o vincere una guerra contro i terroristi, o impedire un mercato orso a Wall Street, potreste benissimo concludere che ogni mezzo necessario vada bene. Furto? Protocolli intransigenti? Contraffazione? Impostazione per decreto dei prezzi? Ridistribuire il reddito? Certo, perché no? Quando si pensa che un apparato centrale possa sapere cosa è più importante, non si vuole che una manciata di "antiche regole" vi ostacolino, giusto? E quando si pensa che un apparato centrale possa sapere come migliorare il mondo, perché dice di avere la verità in tasca, perché dovrebbe trattenersi? Perché non insistere affinché tutti e tutto si mettano in riga col piano generale?

Ogni obiettivo politico è pubblicizzato come una "buona intenzione", qualcosa che il pianificatore di turno pensa sia così importante da essere disposto a sacrificare una parte sostanziale della vostra ricchezza per realizzarlo. Sì, è qualcosa che costerà denaro e c'è solo un posto in cui i pianificatori centrali possono ottenerlo: dai contribuenti. Potreste dire: "Ma questi soldi possono pur sempre essere stampati dalle banche centrali". Ogni euro o dollaro fasullo è una rivendicazione sul tempo e sulle risorse economiche, ed entrambi i fattori sono scarsi. Le persone che parteciperanno nel progetto sbandierato dal pianificatore di turno non produrranno hamburger; le commodity utilizzate non verranno usate per costruire altro; le risorse di capitale ed umane messe a disposizione del progetto non verranno utilizzate per creare nuove industrie redditizie, nuovi posti di lavoro e nuova ricchezza.

Un vero aumento della ricchezza reale non ha bisogno del denaro fasullo o del denaro a pioggia.

Chi pagherà veramente? I contribuenti. Tasse, prestiti, spesa pubblica, stampa di denaro... ogni centesimo buttato nel sogno del pianificatore di turno deve essere sottratto dal sogno di qualcun altro. E ogni buona intenzione, se supportata dal potere dello stato, diventa un incubo. La civiltà è un processo, non è un fine. È una scoperta, è il viaggio e non la destinazione. Andiamo avanti, ma non sappiamo mai esattamente dove stiamo andando fino a quando non ci arriviamo. Ciononostante i "miglioratori del mondo" pensano sempre di sapere dove stiamo andando. Uno dei grandi esempi recenti a tal proposito è stata l'Unione Sovietica: il grande sogno allora era creare un paradiso per i lavoratori eliminando ogni traccia del capitalismo borghese. A tal fine la proprietà privata venne confiscata e milioni di persone vennero fatte morire di fame, fucilate o mandate nei gulag e l'intera economia finì poi in bancarotta.

E ora, con il futuro del pianeta Terra "a rischio", tutti i pianificatori centrali attuali sono sul pezzo. Toglieranno soldi alle persone che li hanno guadagnati e che hanno così dimostrato di poter aumentare la ricchezza, spendendoli poi in progetti che queste persone produttive non pensavano valesse la pena di investire. Tempo e risorse saranno sprecati e la ricchezza reale diminuirà.

La natura economica di questo processo è catturata egregiamente dal saggio di Hayek. Analizziamolo, quindi, e vediamo quali lezioni possiamo trarre in ottica del momento storico in cui viviamo.


LA NATURA DECENTRATA DELLA CONOSCENZA

Il saggio di Hayek inizia riprendendo alcune idee presentate anni prima in un altro saggio chiamato Economics and Knowledge (1937), andando a puntualizzare qualcosa che oggi si ignora (soprattutto perché vengono dati premi Nobel nonostante questo errore): sebbene i modelli degli economisti presuppongano un ambiente di mercato in cui esiste una conoscenza perfetta, il mondo reale è un'altra cosa. I modelli matematici devono per forza assumere una conoscenza perfetta o una concorrenza perfetta, proprio per cercare di semplificare al massimo le interazioni umane e formare quindi delle ipotesi, ma così facendo si perde di vista il modo in cui i mercati tendono all'equilibrio e, soprattutto, come il dinamismo di mercato funziona attraverso una conoscenza che non è mai perfetta. La critica, infatti, è mirata al feticismo degli economisti mainstream nei confronti delle scienze naturali, aspetto che rende impossibile predire cosa farà o come agirà una persona.

Ogni individuo, o attore di mercato, ha una conoscenza specifica di cui disporre e sulla scia di questa affermazione la domanda che bisognerebbe porsi è come verrà utilizzata tale conoscenza. Infatti quest'ultima rappresenta un "punto di vantaggio" che ognuno di noi possiede, dato che l'insieme delle nostre esperienze nel tempo e nello spazio rappresentano un mix particolare e unico di abilità e competenze. È ovvio che ognuno di noi può seguire lezioni o maestri per apprendere le basi tecniche di un particolare settore di specializzazione, ma a questo vi aggiunge qualcosa che è unicamente ad appannaggio del suo essere. Lo sviluppo del cosiddetto know-how, infatti, non è qualcosa di puramente meccanico che si trasmette verticalmente, bensì rappresenta un'evoluzione dell'individuo influenzata da una miriade di fattori.

Il know-how è una sorta di conoscenza per familiarità. A differenza della conoscenza dei semplici fatti, la conoscenza per familiarità (es. la familiarità di persone, luoghi, concetti, ecc.) presenta sempre una componente tacita, non importa di quanto possa essere dettagliata la cosa di cui si ha familiarità. Ad esempio, se vi chiedessero di descrivere uno dei vostri amici, una volta finito sarebbe improbabile che possiate aver espresso tutto quello che sapete su di lui/lei. Lo stesso vale per i manager di un'azienda, i quali sviluppano nel tempo una sorta di familiarità con il proprio mestiere, con il proprio settore e con i propri clienti. Un buon manager prenderà le decisioni per l'azienda in base al suo miglior giudizio; allo stesso modo gli imprenditori cercheranno opportunità sul mercato in base ad una determinata conoscenza che hanno del settore o delle preferenze dei consumatori.

Una volta inquadrata la natura della conoscenza, Hayek passa a descrivere il meccanismo di trasmissione all'interno della società, dell'economia di mercato. Agli economisti mainstream basterebbe passare un solo giorno con un imprenditore per gettare nel cestino tutti i loro modelli "predittivi" e che in teoria dovrebbero descrivere la realtà e soprattutto il lavoro degli imprenditori stessi. Inutile dire che questi ultimi lavorano un ambiente in costante mutamento, mentre invece chi "li studia" presume per forza di cose un elemento di staticità. L'imprenditore lavora con l'incertezza e l'incostanza, mentre chi "li studia" presume una conoscenza profonda e al limite dell'omnicomprensività. Anche se considerassimo solo la conoscenza locale che può essere facilmente, e anche al di là dei costi proibitivi di comunicare tale conoscenza, l'enorme quantità di queste informazioni, in un dato giorno, sarebbe troppa per un pianificatore o un gruppo di pianificatori. Inoltre gran parte delle informazioni si basa su singoli agenti, una conoscenza fondata sulla familiarità con le realtà più rilevanti per il raggiungimento degli obiettivi di un'azienda.

A complicare maggiormente le cose, poi, ci sono i giudizi di valore i quali sono una componente strettamente legata al set di valori personale che ogni singolo individuo sviluppa. Nell'atto stesso di decidere, e avendo il vantaggio di prezzi genuini come misura, gli attori di mercato imparano qualcosa sulle proprie valutazioni riguardo l'utilità relativa di determinati beni e questo non è il tipo di informazione che gli attori di mercato possono avere prima di una scelta. Che un pianificatore possa possedere tali informazioni per tutte le miriadi di individui in un'economia è, ovviamente, impossibile.

A tal proposito bisogna soffermarsi sulla frase sottolineata in grassetto, perché rappresenta l'essenza del "problema" successivo della conoscenza: la coordinazione. Finora abbiamo visto come solo un processo decisionale decentralizzato possa utilizzare le conoscenze economicamente più rilevanti, ma senza un pianificatore centrale come si coordina l'attività economica? Come ci si può aspettare che gli attori di mercato si coordinino tra loro in modo efficiente? La risposta che Hayek fornisce è un'elaborazione di quella che diede a suo tempo Ludwig von Mises, ovvero, attraverso il sistema dei prezzi. Dati i complessi fenomeni in un'economia di mercato, Hayek osserva che "non c'è quasi nulla che accada in qualsiasi parte del mondo che non possa avere un effetto sulla decisione di un altro attore di mercato". Ma ciò non significa che ciascuno di questi individui abbia bisogno di sapere tutto sui vari fattori che influenzano la sua decisione.

Per far comprendere meglio il punto, Hayek propone un esempio riguardante l'industria dello stagno e un salto dei prezzi di tale metallo. Le aziende che estraggono stagno potrebbero volere maggiori informazioni sulla causa dell'aumento dei prezzi, in modo da capire se valga la pena fare investimenti a lungo termine in attrezzature minerarie. Allo stesso modo i produttori di attrezzature minerarie probabilmente riterrebbero tali informazioni pertinenti per lo stesso motivo; altri nel settore minerario con meno interesse per gli investimenti a lungo termine nello stagno, ma molta flessibilità a breve termine per spostare le risorse quando le cose cambiano, potrebbero non aver bisogno di conoscere la causa dell'aumento dei prezzi. In ogni situazione tali decisioni di spostare le risorse verso lo stagno minerario finirebbero per far salire l'offerta di stagno, limitando o eliminando le carenze, e quindi esercitando una pressione al ribasso sul suo prezzo.

I produttori di altri beni con un processo di produzione che coinvolge lo stagno potrebbero prendere in considerazione la possibilità di sostituti, a seconda delle loro circostanze e preferenze specifiche. Le imprese che passano ai sostituti eserciterebbero a loro volta una pressione al ribasso sul prezzo dello stagno e una pressione al rialzo sul prezzo di tali sostituti, e ciò eserciterebbe anche una pressione al rialzo sui sostituti dei sostituti, ecc. Anche i consumatori ordinari, coloro che consumano lo stagno o acquistano prodotti i cui prezzi sono influenzati dall'aumento del prezzo dello stagno, potrebbero optare per dei sostituti; così facendo eserciterebbero una pressione al rialzo sul prezzo di tali sostituti. La scelta dei consumatori di economizzare lo stagno contribuirebbe ad evitare le carenze ed eserciterebbe anche una pressione al ribasso sul prezzo. La stragrande maggioranza degli attori di mercato in questo semplice esempio non ha bisogno di ulteriori conoscenze sullo stagno oltre al fatto che il suo prezzo è aumentato. Come spiega Hayek, il mercato agisce in modo unificato senza che alcun individuo o gruppo di individui conosca tutto, ma perché le diverse sfere dell'economia "si sovrappongono in modo che attraverso molti intermediari le informazioni rilevanti siano comunicate a tutti". Pertanto gli attori di mercato, rispondendo solo ai segnali di prezzo, tendono a regolare acquisti, produzione ed investimenti in un modo che si avvicina al consiglio d'amministrazione di un'azienda, limitando i problemi dispendiosi delle carenze e delle abbondanze.

Il mercato è perfettamente efficiente? No, ma tale condizione è irraggiungibile. L'economia di mercato è molto più efficiente di qualsiasi altra opzione disponibile, sicuramente molto di più della pianificazione centrale. Infatti Hayek dedica poi una sezione del suo saggio a come il sistema dei prezzi rappresenti un "ordine spontaneo" evoluto, un ordine che emerge in assenza di pianificazione umana cosciente, ma tale idea poi sarebbe stata elaborata e raffinata ulteriormente nei suoi lavori successivi.


LEZIONI PER IL PRESENTE

L'analisi di Hayek in termini di utilizzo e trasmissione della conoscenza è rilevante per i tempi moderni, anche nell'attuale crisi sanitaria. Un processo decisionale migliore nel campo sanitario implica l'uso e la trasmissione di conoscenze rilevanti e ci si può aspettare che gli individui abbiano una conoscenza privilegiata nei confronti della propria salute e delle loro esigenze specifiche. Chi potrebbe negarlo? Separare gli individui dalla responsabilità per la propria salute fa sì che gran parte di questa conoscenza privilegiata vada sprecata (e questo stesso principio si applica ai medici che hanno curato a casa le persone). La maggior parte delle persone può non essere esperta in medicina a livello generale, ma si tratta pur sempre adulti su cui in genere si può fare affidamento affinché si prendano cura della propria salute e vogliano ricevere cure di qualità.

A tal proposito vorrei condividere con voi un esempio tratto dall'esperienza personale. Una persona che conosco molto bene è affetta da gravi patologie gastro-intestinali sin dalla nascita, cosa che l'ha portata a girare il mondo ed essere visitata da una miriade di medici per trovare inizialmente una cura e successivamente un equilibrio con la sua condizione di handicap. La cosa strabiliante di questa storia è che la persona in questione è diventata talmente esperta della propria malattia che è stata in grado di dibattere e sconfessare medici e specialisti riguardo per l'appunto la sua condizione fisica. L'esperienza accumulata col tempo e lo studio particolareggiato degli organi interessati alla sua condizione di handicap, hanno reso la persona in questione un luminare. Gli esperti potevano dibattere su basi generaliste, ma nel momento in cui si scendeva nel dettaglio venivano messi davanti alla loro "ignoranza" di fronte all'argomento specifico. L'unica cosa che potevano fare era ascoltare ed apprendere quanto più possibile dalla conoscenza di quella "semplice" persona.

Ma meglio non divagare troppo, torniamo alle lezioni che possiamo apprendere utilizzando la metodologia hayekiana. La prima lezione che possiamo apprendere è che gli scienziati spesso si sbagliano. In un impeto di amnesia collettiva si è avallata la situazione in cui un gruppo ristretto di scienziati potesse essere in grado di stabilire il "giusto" corso d'azione per una nazione intera di individui. Attraverso l'incensazione da parte dello stato e del relativo apparato decisionale, questo gruppo ristretto di scienziati ha scavalcato il naturale processo di verifica delle teorie scientifiche: non provare le varie teorie che emergono, bensì non rigettare le ipotesi. Le teorie scientifiche che non resistono ad un test empirico della loro predittività vengono scartate, ovvero, quando le ipotesi alla base possono essere rigettate nel mondo reale. L'obbedienza cieca a qualcuno in camice bianco, anche nei confronti di chi è ammantato dell'autorità statale, è controproducente; inutile dirlo ciò è evidente sia in base alla dimostrazione teorica fin qui elaborata, sia intuitivamente in base all'esperienza pratica del mondo reale.

Sebbene ci siano scienziati al di fuori della sfera statale che possano contestare le conclusioni degli scienziati statali, non possono impedire ai politici di usare le loro teorie, anche quelle che non fanno previsioni accurate in base al mondo reale. Di conseguenza gli individui nel complesso subiscono gli effetti negativi delle politiche di distanziamento sociale, ad esempio, anche se il metodo scientifico rifiuta l'ipotesi che i lockdown ed il mascheramento aiutino a fermare la diffusione del virus C.

E questo ci porta direttamente alla seconda lezione, ovvero, modelli imposti in maniera top-down sono forieri di disastri. La narrativa terroristica alla base della Peste Nera 2.0 è stata avallata con l'aiuto dell'Imperial College inglese e di Neil Ferguson, i quali hanno sbandierato freneticamente il loro modello di progressione dell'infezione da virus C. Alla luce delle conoscenze attuali possiamo dire senza ombra di dubbio che si tratta di uno dei fallimenti scientifici più eclatanti della storia moderna, le cui conseguenze devastanti verranno pagate dalle attuali generazioni e di quelle a venire. Questa seconda lezione è legata strettamente alla terza, la quale ci dice che il processo decisionale e di efficienza del mercato è superiore a quelli centrali. Infatti i protocolli sanitari imposti a livello top-down si sono rivelati forieri di disastri: medici e scienziati esistono non per rispondere ciecamente ad una serie di dettami, bensì di aggirarli quando serve in base alla loro esperienza professionale e personale. Altrimenti basterebbe sostituirli addirittura con una scimmia che segue alla lettera le direttive. Sebbene sia stata smantellata nel corso degli anni, soprattutto in Lombardia, la medicina territoriale e la caparbietà dei medici di famiglia hanno fatto la differenza durante questa epidemia nel salvare migliaia e migliaia di vite che altrimenti sarebbero perite sotto il protocollo assassino "tachipirina e vigile attesa".

La quarta lezione è anch'essa legata a quella precedente perché durante periodi di crisi ci sono molte cose da fare, la domanda è chi le deve fare. I pianificatori centrali si sono rivelati, per l'ennesima volta, dei pessimi decisori andando a politicizzare e burocratizzare qualcosa che di statico non è, bensì altamente dinamico. Nel corso del tempo abbiamo visto diversi scienziati e medici scoprire aspetti cruciali del virus C, in particolar modo riguardanti il suo "comportamento" e le cure da adottare per impedire che creasse eccessive opportunità ad altri germi opportunisti (es. polmonite). Si è scoperto quindi che è stato criminale sconsigliare le autopsie, ridicolizzare l'uso di vitamina C e D, scartare l'utilizzo di antivirali, farmaci cortisonici ed antibiotici, attuare misure da circo come il coprifuoco per far vedere che i policymaker stessero facendo qualcosa, ecc. Infatti la maggior parte delle volte, se non tutte, i policymaker non dovrebbero far niente. Infine la quinta lezione ci ricorda quanto spiegato all'inizio di questa sezione: ognuno di noi conosce meglio degli altri la condizione di salute in cui versa. Milioni di persone hanno calcolato che i i costi di un vaccino contro il virus C superano i presunti benefici. Milioni sono già immuni, milioni preferiscono l'immunità naturale alla vaccinazione e milioni sono a maggior rischio per i vaccini piuttosto che per i virus.

Tutte e cinque queste lezioni hanno consentito e consentono agli individui di valutare meglio le affermazioni dei politici sulla trasmissione del virus C e sui modi migliori per mitigarla, nel nostro caso specifico, opponendosi pacificamente a "regole" senza precedenti di dubbia costituzionalità e scarsa evidenza scientifica.


CONCLUSIONE

Il mio obiettivo con questo saggio era duplice: far riscoprire l'importanza di una metodologia d'indagine chiara per sondare la realtà, in modo quindi da non dipendere più dalle conclusioni altrui; applicare suddetta metodologia ai tempi attuali e vedere quali lezioni si potessero trarre. Questo esercizio può essere applicato a qualunque argomento o tesi vi si parerà di fronte, è un'arma intellettuale potente che emancipa l'individuo dalla credenza fasulla secondo cui bisogna dipendere dalle informazioni di un gruppo ristretto di individui presumibilmente in possesso di una conoscenza superiore. Non è così. La conoscenza distribuita e decentrata è ciò che ha reso vincente l'umanità nel corso dei secoli, ciò che ha portato la civilizzazione ad un livello talmente alto da far invidia a qualsiasi altro periodo storico. Invertire questo processo di civilizzazione ha conseguenze e più indugiamo nella fallacia della pianificazione centrale più suddette conseguenze si faranno evidenti e dolorose.


1 commento: