venerdì 24 giugno 2022

I cicli sono alimentati dal credito

 

 

di Alasdair Macleod

Le narrazioni dei banchieri centrali stanno andando in pezzi. E di fronte all'impopolarità dovuta all'aumento dei prezzi, i politici stanno cominciando a mettere in discussione l'indipendenza del sistema bancario centrale. Spinti dal pensiero di gruppo coordinato nelle riunioni presso la Banca dei regolamenti internazionali, sono diventati collettivamente ciechi di fronte agli errori da loro stessi commessi.

In diverse occasioni ho scritto sugli errori alla base delle politiche sui tassi d'interesse, ho scritto sul legame perduto tra la quantità di denaro e credito in circolazione e il livello generale dei prezzi, ho scritto sull'effetto del cambiamento delle preferenze tra denaro e merci e sull'effetto sui prezzi.

Questo articolo entra nel vivo del motivo per cui la politica monetaria delle banche centrali era originariamente imperfetta. L'errore fondamentale è considerare i cicli economici come originati dal settore privato, quando invece sono la conseguenza di fluttuazioni del credito, a cui si aggiungono i presunti benefici della continua inflazione dei prezzi.

 

Introduzione

Molti investitori imprecano contro i cicli. Sfortunatamente c'è poco da collegare tra questi cicli e la teoria economica, a parte il legame tra il ciclo economico e il ciclo del credito bancario. L'economista americano Irving Fisher vi si avvicinò con la sua teoria della deflazione del debito, attribuendo il crollo del credito bancario alla depressione degli anni '30.

Quella di Fisher fu una tesi ben argomentata da parte del padre del monetarismo moderno, ma ogni ulteriore ricerca degli economisti è stata spazzata via dalla rivoluzione keynesiana: le recessioni, le depressioni, o i crolli, erano la prova dei fallimenti del libero mercato cosa che richiedeva l'intervento dello stato. Né Fisher, né Keynes sembravano essere consapevoli del lavoro svolto dagli economisti della Scuola Austriaca, principalmente quello di von Mises e Hayek. Fisher era sulla scena americana troppo presto per poter beneficiato delle loro scoperte, e Keynes era, beh, Keynes... lo statista che, in comune con altri statisti in generale, dava poca importanza al tempo e ai suoi effetti sul comportamento umano.

Ha senso, quindi, basarsi sulla tesi Austriaca e mettere i primi punti saldi:

• Si presume erroneamente che i cicli economici derivino dal libero mercato. Sono invece la conseguenza dell'espansione e della contrazione del denaro e del credito malsani creati dalle banche e dal sistema bancario.

• L'inflazione del credito bancario trasferisce ricchezza dai risparmiatori e dai redditi fissi ai clienti privilegiati del settore bancario. È diventata una delle principali cause delle crescenti disparità tra ricchi e poveri.

• Il ciclo del credito è un fenomeno ripetitivo di boom/bust che storicamente ha avuto una durata di circa dieci anni. La fase del bust è il modo in cui il mercato elimina il debito insostenibile, creato attraverso l'espansione del credito. Se il bust non è autorizzato a procedere, i problemi si accumulano nel prossimo ciclo del credito.

• Oggi le distorsioni economiche dei precedenti cicli creditizi si sono accumulate al punto che basterà solo un piccolo rialzo dei tassi d'interesse per innescare la prossima crisi. Di conseguenza le banche centrali hanno pochissimo spazio di manovra per affrontare l'inflazione dei prezzi attuale e futura.

• Il coordinamento internazionale delle politiche monetarie ha aumentato la portata potenziale della prossima crisi del credito e non l'ha contenuta, come erroneamente credono le banche centrali.

• L'allentamento della massiccia espansione del credito nell'Eurozona, in seguito alla creazione dell'euro, rappresenta un rischio aggiuntivo per l'economia globale. Eccessi comparabili nel sistema monetario giapponese rappresentano una minaccia simile.

• Le banche centrali falliranno sempre nell'usare la politica monetaria come strumento di gestione dell'economia. Agiscono per lo stato e non per il settore privato produttivo e non finanziario.


Ipotesi monetarie moderne

La politica keynesiana alla base dello stimolo monetario e fiscale era intenzionata ad aiutare un'economia a riprendersi da una recessione incoraggiando consumi extra attraverso l'espansione del credito bancario e i disavanzi pubblici finanziati con mezzi inflazionistici. In origine Keynes non raccomandava una politica di continua espansione monetaria, perché presumeva che una recessione fosse il risultato di un temporaneo fallimento dei mercati a cui si poteva rimediare alimentando la spesa pubblica. L'errore fu quello di non capire che il ciclo è del credito stesso e la conseguenza fu l'imposizione di un ciclo boom/bust su quella che altrimenti sarebbe stata un'economia non ciclica, dove l'azione casuale delle imprese in un ambiente monetario sano avrebbe consentito un processo di evoluzione che a sua volta avrebbe portato al progresso economico.

Era questo ambiente che Schumpeter descriveva come distruzione creativa. In un sistema monetario sano, le imprese impiegano le varie forme di capitale a loro disposizione nel modo più produttivo e redditizio in un ambiente competitivo. La concorrenza e il fallimento d'investimenti impropri forniscono i migliori rendimenti ai consumatori, soddisfacendo i loro desideri. Qualsiasi azienda che non capisca che il cliente è il re, merita di fallire.

Credere nello stimolo monetario e fiscale presuppone erroneamente che non vi siano effetti intertemporali. Già nel 1730 Richard Cantillon descrisse come l'introduzione di nuovo denaro in un'economia influisse sui prezzi: quando entra in circolazione nuovo denaro esso procede a far salire i prezzi dei beni acquistati. In questo modo il denaro creato ex novo si distribuisce gradualmente, aumentando i prezzi man mano che viene speso, fino a quando non viene completamente assorbito dall'economia. Di conseguenza il massimo beneficio del potere d'acquisto del nuovo denaro spetta ai primi destinatari, essendo a suo tempo l'oro e l'argento importati dalla Spagna dalle Americhe; ma oggi sono principalmente le banche a creare crediti scoperti e i loro clienti a beneficiare maggiormente dell'espansione del credito bancario. I perdenti sono gli ultimi a riceverlo, in genere i sottopagati, i pensionati, gli unbanked e i poveri, i quali scoprono che i loro guadagni e risparmi acquistano meno.

C'è un trasferimento di ricchezza dai più poveri alle banche e ai loro clienti privilegiati. Le banche centrali moderne sembrano del tutto ignare di questo effetto e la Banca d'Inghilterra si è anche data la pena di criticarlo, citando variazioni marginali nel Coefficiente di Gini, che in media non ci dice nulla su come individui o gruppi d'individui siano colpiti dalla svalutazione monetaria.

Dovremmo mettere in discussione le politiche monetarie del sistema bancario centrale sulla base sia dell'efficacia che della moralità, che svalutando il denaro trasferisce ricchezza dai risparmiatori ai mutuatari dissoluti, incluso lo stato. Perseguendo le stesse politiche monetarie, tutte le principali banche centrali sono pervase da questa nube d'ignoranza e tutte sono intrappolate in questo pensiero di gruppo.


Come funziona un ciclo del credito

Per comprendere la relazione tra il ciclo del credito e le conseguenze per l'attività economica, è necessaria una descrizione di un ciclo del credito tipico, anche se va notato che i singoli cicli possono variare significativamente nel dettaglio.

Tipicamente una crisi del credito si verifica dopo che la banca centrale lascia salire i tassi d'interesse e restringe le condizioni di prestito per frenare l'inflazione dei prezzi, sempre il risultato prevedibile di una precedente espansione monetaria. Ciò è illustrato nel grafico qui sopra. La gravità della crisi è determinata dall'ammontare di debito nel settore privato finanziato dal credito bancario rispetto all'economia nel suo complesso. Inoltre la gravità è sempre più esacerbata dall'integrazione internazionale delle politiche monetarie. Mentre le crisi del 2007-2008 nel Regno Unito, nell'Eurozona e in Giappone sono state in varia misura autoctone, l'eccessiva speculazione sul mercato immobiliare americano, facilitata inoltre dalle cartolarizzazioni fuori bilancio trattate dalla rete bancaria globale, ha fatto in modo che la la crisi in ciascuna delle altre principali giurisdizioni fosse più grave di quanto avrebbe potuto essere altrimenti.

Agendo come prestatore di ultima istanza per le banche commerciali, la banca centrale cerca di stabilizzare l'economia dopo la crisi. Incoraggiando un rilancio del credito bancario, cerca di stimolare l'economia verso la ripresa sopprimendo i tassi d'interesse. Ci vuole inevitabilmente del tempo prima che le imprese, consapevoli della crisi appena trascorsa, abbiano la fiducia necessaria per investire nella produzione. Risponderanno ai segnali dei consumatori solo quando a loro volta diventeranno meno cauti nelle loro spese. Le banche, che in questa fase saranno ugualmente caute sui loro prestiti, preferiranno investire in titoli di stato a breve scadenza per ridurre al minimo il rischio di bilancio.

Segue quindi un periodo durante il quale i tassi d'interesse rimangono soppressi da parte della banca centrale al di sotto del loro tasso naturale. Durante tal periodo, la banca centrale monitorerà la disoccupazione, le indagini sulla fiducia delle imprese e le misure dell'inflazione dei prezzi per individuare segnali di ripresa economica. In assenza di espansione del credito bancario, la banca centrale cerca di stimolare l'economia, principalmente sopprimendo i tassi d'interesse e, più di recente, con un quantitative easing.

Alla fine i tassi d'interesse soppressi iniziano a stimolare l'attività aziendale, poiché gli imprenditori utilizzano un basso costo del capitale per acquisire rivali più deboli e ridistribuiscono le attività sottoutilizzate nelle società target. Migliorano i loro guadagni riacquistando le proprie azioni, operazione spesso finanziata dal credito bancario a buon mercato, nonché intraprendendo altre azioni di ingegneria finanziaria. Le imprese più grandi, in cui le banche hanno fiducia, sono favorite in queste attività rispetto alle PMI, che trovano generalmente difficoltà a reperire finanziamenti nelle prime fasi della ripresa. In tal senso, la manipolazione del denaro e del credito da parte delle banche centrali finisce per discriminare le piccole imprese, ritardando la ripresa dell'occupazione.

I consumi alla fine riprenderanno, alimentati dal credito delle banche e di altri istituti di credito, che riacquisteranno gradualmente la loro propensione al rischio. Il costo degli interessi sui prestiti al consumo per articoli ad alto costo, come automobili e beni per la casa, viene spesso ridotto grazie alle pressioni competitive, stimolando la domanda dei consumatori. I primi a beneficiare di questa espansione del credito tendono ad essere i consumatori più meritevoli di credito e le grandi società, che sono i primi beneficiari dell'espansione del credito bancario.

Ci si potrebbe aspettare che la banca centrale lasci salire i tassi d'interesse per rallentare la crescita del credito se riuscisse ad avere una gestione efficace, tuttavia il calo della disoccupazione è sempre in ritardo nel ciclo ed è probabile che sia al di sopra del livello obiettivo desiderato. E l'inflazione dei prezzi sarà quasi certamente al di sotto dell'obiettivo, incoraggiando la banca centrale a continuare a sopprimere i tassi d'interesse. Si tenga presente l'Effetto Cantillon: l'espansione del credito bancario richiede tempo per far salire i prezzi in tutto il Paese, tempo che contribuisce all'effetto ciclico.

Anche se la banca centrale lasciasse salire i tassi d'interesse in questa fase, sarebbe inevitabilmente troppo poco. A questo punto le banche commerciali inizieranno a competere per l'attività di prestito tra le grandi società meritevoli di credito, tagliando i loro margini per guadagnare quote di mercato. Quindi, anche se la banca centrale lasciassare salire modestamente i tassi d'interesse, in un primo momento il maggior costo dei prestiti non verrebbe trasferito dalle banche commerciali.

Con la fiducia delle imprese non finanziarie che si diffonde verso l'esterno dai centri finanziari, i prestiti bancari aumentano ulteriormente e sempre più aziende iniziano ad espandere la propria produzione in base a calcoli sul ritorno sul capitale proprio, tassi d'interesse e prezzi di input artificialmente bassi. C'è uno slancio crescente per beneficiare del nuovo stato d'animo, ma l'inflazione futura dei prezzi degli input aziendali è generalmente sottovalutata. Vengono attuati piani aziendali basati su informazioni false, la crescente speculazione finanziaria è supportata dal credito facile e ci sono le condizioni per lo sviluppo di un'altra crisi.

Poiché le entrate fiscali sono in ritardo in qualsiasi ripresa economica, le finanze pubbliche devono ancora beneficiare in modo sostanziale di un aumento delle entrate fiscali. I disavanzi di bilancio non interamente finanziati dalle emissioni obbligazionarie sottoscritte dalla popolazione interna e dalle società non bancarie rappresentano un ulteriore stimolo monetario, alimentando ancor di più il ciclo del credito in un momento in cui l'espansione del credito dovrebbe essere quantomeno moderata.

Per i pianificatori monetari centrali, l'economia si è ora stabilizzata e le statistiche seguite da vicino iniziano a mostrare segni di ripresa. In questa fase del ciclo del credito, gli effetti della precedente inflazione monetaria iniziano a riflettersi più ampiamente nell'aumento dei prezzi. Questo ritardo tra l'espansione del credito e l'effetto sui prezzi è dovuto all'Effetto Cantillon e solo ora comincia a riflettersi nel calcolo degli indici dei prezzi al consumo. Pertanto i prezzi iniziano a salire in modo persistente a un ritmo superiore a quello perseguito dalla politica monetaria e la banca centrale non ha altra scelta se non lasciar salire i tassi d'interesse e frenare la domanda di credito. Ma con i prezzi ancora in aumento a causa dell'espansione del credito ancora in corso, aumenti moderati dei tassi d'interesse hanno scarso o nessun effetto. Di conseguenza continuano ad essere rialzati al punto che i prestiti incoraggiati da denaro facile e a buon mercato, iniziano a diventare antieconomici.

Un aumento della disoccupazione e un potenziale calo dei prezzi diventano quindi una minaccia incombente. In quanto intermediari finanziari in una crisi del debito, le banche sono improvvisamente esposte a ingenti perdite sul proprio capitale. L'avidità dei banchieri si trasforma nella paura di essere travolti dalle condizioni economiche in via di sviluppo; sono pronti a ridurre la loro esposizione al rischio liquidando i prestiti dove possono, indipendentemente dalla loro solidità, mettendo in vendita quantità crescenti di garanzie sui prestiti. L'inflazione degli asset si inverte rapidamente, con tutti i titoli negoziabili in forte calo di valore. L'inizio della crisi finanziaria è sempre rapido e coglie di sorpresa la banca centrale.

Quando arriva la fase di crisi, le banche con un capitale insufficiente per le dimensioni dei loro bilanci rischiano di crollare; le aziende con debiti improduttivi e che dipendono da ulteriore credito vanno in bancarotta. La crisi è catartica e una necessaria pulizia degli eccessi dovuti al desiderio umano dei banchieri e dei loro azionisti di massimizzare i profitti attraverso la leva finanziaria. Almeno questo è ciò che dovrebbe accadere. Invece una banca centrale si muove per contenere la crisi impegnandosi a sostenere artificialmente il sistema bancario commerciale per arginare una potenziale circolo vizioso di vendite di garanzie e per garantire che l'aumento della disoccupazione sia contenuto. Di conseguenza si impedirà che molti molti investimenti sbagliati vengano liquidati.

Nell'arco di diversi cicli, si accumula il debito associato a investimenti sbagliati non liquidati in passato, rendendo ogni crisi successiva più grave. Il 2007-2008 è stato peggiore rispetto alle ricadute della bolla dot-com nel 2000, che a sua volta è stato peggiore rispetto alle crisi precedenti. E per questo l'attuale crisi creditizia si preannuncia ancora più grande della precedente.

I cicli del credito sono sempre più un affare globale. Sfortunatamente tutte le banche centrali condividono lo stesso malinteso: per loro il ciclo economico deriva da errori aziendali nel settore privato e non dalle banche commerciali e dai fallimenti delle proprie politiche. Le banche centrali, attraverso il forum della Banca dei Regolamenti Internazionali o le riunioni del G7, G10 e G20, sono pienamente impegnate a coordinare le politiche monetarie su base globale e la conseguenza è che le crisi del credito sono potenzialmente contagiose a livello mondiale. Ricordate che il G20 è stato istituito dopo la crisi della Lehman per rafforzare il coordinamento delle politiche monetarie e finanziarie, promuovendo ancora di più il pensiero di gruppo. Non solo l'inizio di una crisi del credito in un Paese diventa potenzialmente esogena, ma il fallimento di una qualsiasi delle principali banche centrali nel contenere la sua crisi indebolirà sicuramente tutte le altre.

Ora il rischio sistemico, il rischio che i sistemi bancari falliscano, è veramente globale ed è peggiorato. L'introduzione dell'euro ha distorto i cicli del credito per i membri dell'Eurozona e oggi è diventata una minaccia finanziaria e sistemica aggiuntiva per il sistema bancario globale. Dopo l'introduzione dell'euro, il costo dei prestiti è diminuito notevolmente per molti stati membri ad alto rischio; non sorprende che i governi di questi stati abbiano colto l'opportunità di aumentare la loro spesa finanziata dal debito. Gli esempi più estremi sono stati la Grecia, seguita da Italia, Spagna e Portogallo, collettivamente i PIGS.

Di conseguenza le pressioni politiche per sopprimere i tassi d'interesse in euro sono schiaccianti, per evitare che le finanze di questi attori crollino.

Le banche commerciali dell'Eurozona sono altamente indebitate, i cui bilanci sono ingombrati da rapporti attivi/capitale proprio in media più di venti volte per le banche di importanza sistemica globale. I cicli del credito per questi Paesi sono stati resi notevolmente più pericolosi dalla leva finanziaria, dal debito deteriorato e dal sistema TARGET2 pericolosamente squilibrato. Di conseguenza il compito che la BCE deve affrontare oggi, impedire al sistema bancario di precipitare in una crisi di contrazione del credito, è a dir poco impossibile. La liquidazione degli investimenti sbagliati e del debito associato è stata finora differita con successo, ma l'Eurozona rimane una fonte importante e crescente di rischio sistemico e un fattore scatenante la prossima crisi globale.


Sono stati già gettati i semi della prossima crisi del credito

Quando il denaro creato ex novo viene completamente assorbito in un'economia, si può dire che i prezzi si siano aggiustati per adattarsi. L'apparente stimolo del denaro extra si invertirà, poiché la ricchezza viene trasferita dai chi lo riceve più in avanti nel tempo ai beneficiari iniziali, lasciando uno stock più elevato di valuta e credito e prezzi aumentati. Ciò presuppone sempre che non ci sia alcun cambiamento nel livello generale delle preferenze della popolazione per la conservazione del denaro rispetto ai beni.

Le modifiche di questo livello di preferenza possono avere un profondo effetto sui prezzi. Ad un estremo un'avversione generale per detenere denaro lo renderà privo di valore, mentre una forte preferenza per esso farà scendere i prezzi di beni e servizi in quella che gli economisti chiamano erroneamente deflazione. Questo è ciò che accadde nel 1980-81, quando Paul Volcker al Federal Reserve Board lasciò salire il tasso di riferimento della FED oltre il 19% per porre fine a una crescente iperinflazione dei prezzi. È quello che è successo più di recente nel 2007/08 quando è scoppiata la grande crisi finanziaria, costringendo la FED a inondare i mercati finanziari con credito illimitato per fermare il calo dei prezzi e salvare il sistema finanziario dal collasso.

Il ciclo dei tassi d'interesse indotto dallo stato, il quale ritarda il ciclo del credito per i motivi sopra descritti, comporta sempre un aumento dei tassi d'interesse sufficiente a indebolire l'attività economica. I due esempi citati nella sezione precedente erano estremi, ma ogni ciclo del credito termina con il rialzo dei tassi da parte della banca centrale di un ammontare sufficiente da innescare una crisi.

I picchi nel tasso di riferimento della FED, uniti dalla linea tratteggiata, hanno segnato le svolte nel ciclo del credito statunitense a gennaio 1989, metà 2000, inizio 2007 e metà 2019. Questi punti hanno segnato anche l'inizio della recessione nei primi anni Novanta, il crollo post-bolla dotcom, la crisi del mercato immobiliare statunitense e la crisi dei pronti contro termine nel settembre 2019. Il periodo medio tra questi picchi è stato esattamente dieci anni, echeggiando una periodicità simile osservata nel diciannovesimo secolo in Gran Bretagna.

La minaccia per l'economia statunitense e il suo sistema bancario è cresciuta a ogni crisi. I picchi nel grafico qui sopra hanno segnato un aumento della gravità nelle crisi del credito successive ed è da notare che il livello dei tassi d'interesse necessari per innescare una crisi è continuamente diminuito. L'estensione di questa tendenza suggerisce che un tasso di riferimento statunitense di poco superiore al 2% sarà l'innesco di una crisi finanziaria. La ragione è il continuo accumulo di debiti nel settore privato denominati in dollari; e questa volta i prezzi sono alimentati da aumenti record nella quantità di valuta e credito in circolazione.


Conclusioni

Il fattore trainante nel ciclo di espansione e contrazione dell'attività imprenditoriale è il credito stesso. È quindi logico che maggiore è il livello dell'intervento monetario, più incontrollabile diventa il risultato. Ciò è confermato sia dalla logica che dall'evidenza empirica. È altrettanto chiaro che, cercando di gestire il ciclo del credito, le stesse banche centrali sono diventate la causa principale dell'instabilità economica.

Pertanto il tentativo di stimolare i consumi incoraggiando la continua inflazione dei prezzi, e quindi modificare l'allocazione delle risorse dal consumo differito al consumo presente, è eccessivamente semplicistico e ignora le conseguenze negative.

Qualsiasi economista che si rifà a un obiettivo specifico d'inflazione, come quello comunemente fissato dalle banche centrali al 2%, non si rende conto che l'inflazione monetaria trasferisce ricchezza dalla maggior parte delle persone, le quali sono il vero motore della produzione e della spesa. Impoverendo la società, le politiche inflazionistiche sono decisamente controproducenti. Gli economisti neokeynesiani non riescono a capire che i prezzi di beni e servizi in generale non agiscono come quelli degli investimenti speculativi; le persone non compreranno un bene se il suo prezzo è in aumento, non seguiranno un effetto gregge. Invece cercano valore, come possiamo osservare nei cali di prezzo dei prodotti elettrici ed elettronici.

Abbiamo visto che per i policymaker il margine di manovra sui tassi d'interesse è diventato sempre più limitato nel corso dei successivi cicli creditizi. Inoltre il continuo accumulo di debito nel settore privato ha ridotto l'altezza dei tassi d'interesse che scatenerebbe una crisi finanziaria e sistemica. In ogni caso, una nuova crisi globale potrebbe essere innescata dalla FED se rialzasse i tassi al di sopra del 2%. Questo può essere previsto con un alto grado di confidenza... a meno che una crisi sistemica non provenga da altrove: l'eurosistema e il Giappone stanno già vedendo l'euro e lo yen nelle prime fasi di un crollo monetario. È destinato a portare a un rialzo dei tassi d'interesse in euro e yen, destabilizzando i rispettivi sistemi bancari. La probabilità di un loro fallimento sale di giorno in giorno, una situazione che diventa ovvia quando si accetta che il problema è interamente finanziario, il risultato di un'espansione irresponsabile del credito e della valuta in passato.

Un'economia che funziona meglio è quella in cui il denaro sano e onesto consente un aumento del potere d'acquisto nel tempo di tale strumento, riflettendo tutti i vantaggi per i consumatori dei miglioramenti nella produzione e nella tecnologia. In una tale economia, il processo di "distruzione creativa" di Schumpeter avviene su base casuale.

Al contrario, nel mondo economico di oggi i consumatori e le imprese sono indotti ad agire come un gregge, finanziati dal flusso e riflusso ciclico del credito bancario. La creazione del ciclo del credito costringe tutti noi a una forma di comportamento distruttivo che altrimenti non si verificherebbe.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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