martedì 7 giugno 2022

La Francia sta raggiungendo il Giappone, ma non in senso buono

 

 

di Karl-Friedrich Israel

La disuguaglianza e la mobilità sociale sono questioni molto dibattute. Un importante indicatore della mobilità sociale sono i rapporti ricchezza/reddito. Se il rapporto ricchezza/reddito di un Paese è alto, esso non è necessariamente ricco. Implica semplicemente che il valore monetario di tutte le attività in quel Paese sono relativamente alte rispetto ai redditi guadagnati. Più alto è il rapporto ricchezza/reddito, più difficile diventa salire la scala sociale, se si parte dal basso. Occorrono più anni di lavoro e reddito per raggiungere una data posizione nella distribuzione della ricchezza della società. Francia e Giappone sono oggi tra i Paesi sviluppati con il più alto rapporto ricchezza/reddito.

Dall'introduzione dell'euro nel 1999, il rapporto ricchezza/reddito in Francia ha seguito la stessa traiettoria di quella che era stata in Giappone quindici anni prima durante la massiccia bolla dei prezzi degli asset negli anni '80. In Francia c'è stata una correzione dei prezzi debole dopo la Grande Recessione, quando la Banca Centrale Europea è intervenuta rapidamente per mantenere artificialmente a galla i prezzi degli asset attraverso misure di politica monetaria non convenzionali. Anche se il rapporto ricchezza/reddito della Francia non ha mai raggiunto il picco giapponese dell'808% nel 1990, oggi sfiora il 634% in Giappone e il 620% in Francia.

La ricchezza netta complessiva in Francia è quindi più di 6 volte più grande del reddito netto annuo. Questo è un valore relativamente alto rispetto ad altri Paesi sviluppati. Negli Stati Uniti il rapporto ricchezza/reddito si attesta al 532%, leggermente superiore a quello della Germania (520%) e inferiore a quello del Regno Unito (576%). In tutti questi Paesi la tendenza è stata positiva negli ultimi decenni, ma la Francia è il caso più eclatante. Nel 1998, l'anno prima dell'introduzione dell'euro, il rapporto ricchezza/reddito francese era solo del 363%. In meno di dieci anni ha raggiunto il 604%. Questo sviluppo è stato in gran parte alimentato dalla politica monetaria. L'attuazione di un'area monetaria comune insieme a un raddoppio dello stock di moneta M1 in soli nove anni, ha mobilitato molti capitali finanziari che hanno invaso i mercati degli asset dell'Europa meridionale, compresi quelli francesi.

La politica monetaria in tutto il mondo punta a un tasso positivo d'inflazione dei prezzi. Questo ha effetti sistematici su come le persone risparmiano. Anche con tassi moderati d'inflazione dei prezzi, i costi opportunità di detenere risparmi sui conti di deposito aumentano poiché il potere d'acquisto del denaro viene continuamente ridotto e le persone devono affrontare l'ulteriore incentivo a direzionare una percentuale maggiore dei loro risparmi in asset finanziari e non finanziari in modo che fungano da copertura contro suddetta perdita. La politica monetaria inflazionistica genera, quindi, una domanda aggiuntiva per tutti i tipi di asset che va al di là degli effetti del mero aumento dello stock di denaro. Questa domanda aggiuntiva fa salire i prezzi degli asset in modo sproporzionato. Incidenze molto visibili di questa tendenza sono i tassi sproporzionati d'inflazione dei prezzi nei mercati azionari e immobiliari.

Con l'epidemia di coronavirus, l'aggressivo allentamento monetario da parte delle banche centrali è praticamente diventato la nuova normalità. I prezzi degli immobili in Giappone e Francia sono di nuovo in aumento: nell'area metropolitana di Tokyo il prezzo per metro quadrato dello scorso anno (€7.293 al metro quadrato) ha superato il massimo storico al culmine della bolla degli asset tre decenni fa (€7.280 al metro quadrato); nel frattempo il prezzo al metro quadrato a Parigi è salito a €11.885, con l'indice francese dei prezzi delle case che ha raggiunto il massimo storico.

L'inflazione eccessiva dei prezzi degli asset ha molte altre implicazioni, una delle quali è l'aumento del rapporto ricchezza/reddito al di sopra del punto in cui si troverebbe altrimenti. Questo è importante sotto molti aspetti, non ultimo dal punto di vista della politica sociale, perché un rapporto ricchezza/reddito in aumento tende a indebolire la mobilità sociale ascendente, in particolare quando la distribuzione della ricchezza è molto diseguale. E questo è il caso nella maggior parte dei Paesi in cui un'ampia percentuale di famiglie non possiede praticamente nulla.

Effettuiamo un calcolo a spanne per illustrare il problema: se il rapporto ricchezza/reddito è del 620% come in Francia nel 2020, e avete un reddito medio e nessuna ricchezza e iniziate a risparmiare il 10% del vostro reddito oggi, allora ci mettereste sessantadue anni per raggiungere il livello di ricchezza medio della società. In Francia, nel 1998, ci sarebbero voluti solo trentasei anni. Allora era molto più realistico raggiungere il livello medio di ricchezza all'interno di una vita lavorativa partendo da zero. In questo calcolo astraiamo da qualsiasi eterogeneità nei tassi d'inflazione e presumiamo che tutti i prezzi, inclusi tutti i redditi, aumentino allo stesso ritmo nel tempo.

In queste condizioni, ceteris paribus, il nostro percettore di reddito francese con un tasso di risparmio del 10% avrebbe bisogno di sessantadue anni per accumulare una ricchezza pari a €176.803. Tale cifra riuscirebbe a comprare scarsi quindici metri quadrati a Parigi. Nonostante la percezione comune di vivere in un Paese di uguaglianza e giustizia sociale, diventa chiaro che in Francia è particolarmente difficile salire la scala sociale se si proviene da un ambiente modesto. Ciò è dovuto anche al fatto che i redditi netti sono particolarmente bassi a causa delle tasse elevate e dei pagamenti della previdenza sociale. In Francia, più che altrove, è meglio nascere in una famiglia ricca: se possedete già ricchezza, non avrete paura di un'inflazione eccessiva dei prezzi degli asset. Anzi, tenderete a trarne vantaggio. La vostra posizione privilegiata nella gerarchia sociale verrebbe rafforzata.

In Giappone il quadro generale è abbastanza simile. Durante il suo periodo di forte crescita (1954-1972) gli sforzi economici individuali furono adeguatamente ricompensati. Salire la scala sociale era una possibilità concreta. Tuttavia, con i tre decenni perduti, tutto questo è cambiato drasticamente. L'inibita mobilità sociale verso l'alto è persino espressa nel termine gergale giapponese "oya-gacha", che è diventato talmente di uso comune da essere un contendente per la parola dell'anno dello scorso anno. Trasmette egregiamente l'idea che la vita sia come una lotteria: vincere o perdere, come in Francia, dipende principalmente da chi sono i vostri genitori.

Le conseguenze sociali ed economiche di una mobilità sociale inibita sono profonde, soprattutto quando le cause non sono ben comprese. È comune incolpare l'economia per tutti i tipi di problemi sociali, primo fra tutti l'aumento della disuguaglianza e il calo della mobilità sociale. Ma troppo spesso gli interventi politici nel sistema economico provocano queste conseguenze indesiderate. Nel contesto della mobilità sociale, si guadagnerebbe molto se la politica monetaria fosse più restrittiva, prevenendo un'inflazione dei prezzi degli asset sproporzionatamente elevata.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Nessun commento:

Posta un commento