Nell'economia mondiale c'è ancora una quantità importante di malinvestment. Per quanto tempo le varie economie del mondo hanno implementato la ZIRP e la NIRP? Di quanto è aumentata la spesa pubblica durante la “pandemia”? Bisogna fare i conti con l'inflazione di quei giorni, ed essa è qui e non andrà via tanto presto; non torneremo mai ai prezzi del 2019, quei risparmi ormai sono stati rubati. Quello che adesso si può fare è minimizzare i danni da qui in poi. Più la FED riuscirà a rimanere a un tasso dei Fed Fund alto, più sarà salutare per la correzione degli errori economici passati. E finora i mercati americani non hanno dato manifestazione di segnali di stress. Segnali di deterioramento? Sì. Segnali di riorganizzazione? Sì. Ma tutti gli altri? Beh sono in una condizione peggiore perché necessitano di dollari per i loro debiti esterni. Ecco perché “stimolano” le loro economie tramite tagli dei tassi per “paura della deflazione”. Lo scopo, in questa fase, della cricca di Davos è quello di diffondere quanta più incertezza possibile sull'economia statunitense in modo che i mercati dei capitali si irrigidiscano e non sappiano cosa fare. Da qui la campagna mediatica contro i dazi e la Big Beautiful Bill. Trump sta cambiando il modo in cui i capitali entrano ed escono dagli Stati Uniti tramite i dazi: i produttori non sono sovrani, i consumatori lo sono, e questo a sua volta significa che sono i consumatori a determinare i prezzi mentre i produttori sperano di aver anticipato correttamente la domanda potenziale. Essendo gli USA il più grande mercato dei consumi al mondo essi stanno chiedendo quello che chiederebbe qualsiasi consumatore a livello individuale: prezzi migliori. Questa narrativa viene contrastata dalla cricca di Davos facendo passare Trump come un “folle”, come chi non sa cosa sta facendo, alimentando di conseguenza l'incertezza sulla politica commerciale e monetaria. Infatti durante una crisi della valuta, essa dapprima sale rispetto a tutte le altre come sta facendo l'euro nei confronti del dollaro. È una questione di percezioni e la cricca di Davos sa come giocare con esse, perché sa altresì che Trump ha potere di contrattazione: il mercato del dollaro offshore è determinato internamente, non più esternamente come fino al 2022, e questo vuol dire a sua volta un accesso non più automatico al biglietto verde. Le esportazioni verso gli USA sono l'unico modo per accedere ai dollari, l'asset più liquido al mondo e il primo che viene venduto in caso di emergenza per mantenere in piedi una parvenza di solvibilità... o almeno finché non finiscono le riserve. Infatti il surplus commerciale dell'Europa nei confronti degli USA si sta assottigliando e la capacità dell'UE di riciclare suddetto surplus nei titoli del Tesoro americani terminerà, impedendo alla cricca di Davos di continuare a manipolare la curva dei rendimenti americana tramite la vendita del front-end per dare l'idea che gli USA finiranno in recessione nel breve-medio periodo. Ecco perché, nel contempo, gli USA stanno costruendo tutta un'altra infrastruttura per monetizzare e tokenizzare i titoli di stato americani tramite le stablecoin ad esempio. È una stretta lenta e inesorabile, ma infine mortale per l'UE.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lo-smoot-hawley-ha-causato-la-grande)
Agli americani viene insegnato a scuola che lo Smoot-Hawley Tariff Act del 1930 aggravò notevolmente la Grande Depressione e spinse il mondo in un decennio di deflazione da debito e contrazione economica. Tutto questo ha senso finché non ricordiamo che la storia degli Stati Uniti nell'ultimo secolo è stata scritta in gran parte dai progressisti. Infatti la Grande Depressione iniziò nel 1920 con un decennio di calo dei prezzi dei prodotti agricoli, un'ondata deflazionistica che alla fine travolse il settore immobiliare e l'intera economia statunitense.
Ciò che sfugge a molte discussioni sullo Smoot-Hawley durante e dopo quel periodo è il fatto che il crollo economico degli anni '30 era già scontato, con o senza la nuova legge sui dazi. L'impulso alla base della decisione politica di aumentarli fu una reazione sbagliata al crollo dei prezzi agricoli, ma la forza di suddetta ondata deflazionistica fu principalmente costituita da fattori “positivi” come le nuove tecnologie e l'innovazione. La deflazione iniziata dopo la Prima Guerra Mondiale decimò le comunità agricole e alla fine portò al crollo dei prezzi immobiliari, in particolare quelli della Florida.
Il sostegno al protezionismo fu il ritornello costante delle lobby aziendali e agricole a Washington nel XIX e all'inizio del XX secolo, e fu sostenuto da esponenti di entrambi i partiti politici. Ma la vera causa della potente spinta politica ad aumentare ulteriormente i dazi doganali esistenti alla fine del 1929 la possiamo ricercare nei sostanziali cambiamenti che stavano avvenendo nell'economia americana.
Molti storici ed economisti attribuiscono al livello dei dazi doganali imposti dopo la Prima Guerra Mondiale, e in particolare durante la Grande Depressione, la responsabilità di aver aggravato la contrazione economica e la disoccupazione seguite al crollo del mercato azionario del 1929. L'approvazione del Fordney-McCumber Tariff Act nel 1922 simboleggiava la particolare inclinazione repubblicana al protezionismo commerciale – e all'inflazione della valuta – che risaliva a decenni prima, fino alla fondazione del partito negli anni '50 dell'Ottocento.
Nel suo libro del 2005, Making Sense of Smoot Hawley, Bernard Beaudreau sostiene che l'imposizione di dazi doganali per l'industria statunitense nel 1930 non fosse altro che la continuazione delle linee di politica attuate dal Partito Repubblicano dopo il suo ritorno al potere nel 1920. Beaudreau cita la crescente produttività delle fabbriche statunitensi, la diffusione dell'elettrificazione in tutta l'America e il continuo afflusso di prodotti alimentari e manufatti esteri a basso costo come cause principali della deflazione durante quel periodo. La produzione del pane, ad esempio, divenne automatizzata negli anni '20, contribuendo al relativo calo dei prezzi.
Le importazioni erano ancora percepite come una minaccia dai produttori americani dell'epoca, nonostante i dazi doganali già elevati. La sottoccupazione fu il risultato della mancanza di domanda e del conseguente calo dei prezzi dei prodotti che si verificò negli anni '30. L'industria americana divenne troppo efficiente troppo rapidamente, con conseguente surplus globale di beni e una altrettanto pericolosa mancanza di domanda. L'aria condizionata e il miglioramento dei trasporti contribuirono a trasformare il valore futuro delle paludi della Florida in una gigantesca bolla speculativa che scoppiò due anni prima del Grande Crash del 1929.
Un secolo prima dell'invenzione di cose come l'“intelligenza artificiale”, i lavoratori americani temevano che la tecnologia potesse privarli dei loro mezzi di sussistenza. Il senatore Reed Smoot (1862-1941), repubblicano dello Utah, disse dello Smoot-Hawley: “Ritenere la linea di politica dei dazi americana, o qualsiasi altra linea di politica del nostro governo, responsabile di questa gigantesca ondata deflazionistica significa solo dimostrare la propria ignoranza riguardo il suo carattere universale. Il mondo sta pagando per la sua spietata distruzione di vite e proprietà durante la Seconda Guerra Mondiale e per la sua incapacità di adattare il potere d'acquisto alla capacità produttiva durante la rivoluzione industriale del decennio successivo alla guerra”.
L'inizio della Grande Depressione, a partire dall'estate del 1929, portò il tasso di disoccupazione dal 4,6% nel 1929 all'8,9% nel 1930. Il Congresso cercò di correggere questo squilibrio limitando le importazioni attraverso lo Smoot-Hawley. Sebbene vi siano pochi dubbi sul fatto che l'aumento dei dazi abbia aggravato la Grande Depressione, l'aumento delle imposte sulle importazioni potrebbe non essere stato il fattore principale. Infatti l'introduzione dell'elettricità e di altre innovazioni determinò una forte crescita in molti settori dell'economia, ma non in quello agricolo.
Questa visione alternativa del ruolo dello Smoot-Hawley nel trasformare il crollo del mercato del 1929 nella Grande Depressione degli anni '30 è importante per comprendere la narrazione degli anni '20. Dopo la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale, la posizione degli Stati Uniti in merito ai dazi cambiò radicalmente, in parte perché gran parte della capacità industriale di Europa e Asia fu distrutta dal conflitto.
Con l'obiettivo di ricostruire il mondo del dopoguerra, l'America adottò una linea di politica fatta di mercati aperti e libero scambio. Essa creò enorme ricchezza e prosperità nei primi decenni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. In seguito sacrificò posti di lavoro e capacità industriale americani a favore di altre nazioni. Con l'elezione del presidente Donald Trump nel 2024, gli Stati Uniti hanno intrapreso una politica esplicita di riequilibrio delle relazioni commerciali con il mondo, utilizzando la minaccia dei dazi per forzare i negoziati.
Lungi dall'essere un danno per gli americani, la minaccia di dazi esercitata dal Presidente Trump è un meccanismo per garantire che altre nazioni adottino la reciprocità – il “fair dealing” in termini americani – per garantire che il comportamento predatorio dei moderni Superstati mercantilisti, come la Cina, non danneggi i lavoratori e le industrie americane. In questo senso il Presidente Trump sta ereditando il tradizionale atteggiamento politico pro-lavoro del Partito Democratico dopo la Seconda Guerra Mondiale.
La storiografia tradizionale di quel periodo fa sembrare che i dazi dello Smoot-Hawley fossero il fattore primario del peggioramento dell'economia, ma la svalutazione della moneta da parte di Roosevelt e il suo rifiuto di abbassare i dazi, già in vigore dopo decenni di governo repubblicano, furono più significativi. I ricercatori progressisti sostengono che la svalutazione del dollaro e dei titoli garantiti dall'oro abbiano in qualche modo portato a un aumento del reddito e della domanda, ma queste affermazioni ignorano la massiccia liquidazione di debito e azioni avvenuta negli anni '30. È più corretto affermare che i dazi non aiutarono, ma il sequestro dell'oro e la svalutazione del dollaro furono eventi sistemici orchestrati da Roosevelt e dai suoi sostenitori del New Deal, e che rappresentarono il principale fattore negativo per l'economia.
Nelle sue memorie il presidente Herbert Hoover osservò che la svalutazione del dollaro da parte di Roosevelt rappresentò di fatto un aumento dei dazi dal punto di vista del costo per gli acquirenti americani: “I Democratici hanno fatto un gran parlare dei disastri che avevano previsto sarebbero derivati dai modesti aumenti dei dazi Smoot-Hawley (principalmente prodotti agricoli). Il fatto era che il 65% dei beni importati soggetti a dazio era esente da essi, e che la legislazione li aveva aumentati di circa il 10%. Ma il più grande aumento dei dazi in tutta la nostra storia venne dalla svalutazione di Roosevelt”. Hoover proseguì illustrando che sia le importazioni che le esportazioni pro capite diminuirono negli Stati Uniti tra il 1935 e il 1938 a causa delle linee di politica regressive e anti-business del New Deal.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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