lunedì 22 novembre 2021

La demolizione controllata dell'UE

 

 

di Marco Rocco

L'UE è sotto attacco, a 360 gradi, da diversi fronti. Da ovest, con la Brexit; dal sud, con i Paesi euro-deboli in cui si sogna di uscire dall'euro; e ora anche dal nordest, con la Polonia messa sotto scacco e multata dall'UE per la sola colpa di voler continuare ad “essere Polonia”. Soprattutto l'inflazione galoppante che tra pochi mesi non potrà più essere contenuta nemmeno nei Paesi latini, i quali ancora oggi subiscono silenziosamente la manipolazione statale degli indici dei prezzi al consumo (la pace sociale non durerà a lungo; si veda la relazione sui prezzi settembre 2021 pubblicata dal MISE/Ministero dello Sviluppo Economico, con i prezzi generali in ascesa verticale – molto spesso anche a doppia cifra – ma con inflazione “solo” al 2,9%, del tutto assurdo).

Quanto sopra indica chiaramente un cambiamento di paradigma.

Cioè, l'UE progettata per vivere di svalutazione con l'euro (molto più debole del marco tedesco), è nella necessità prioritaria di domare l'inflazione prima di concentrarsi sulle esportazioni grazie ad una valuta artificialmente svalutata.

È infatti evidente che un Paese, o meglio un “continente politico”, senza materie prime come la Vecchia Europa, è obbligato a contenere prima di tutto i costi di produzione se vuole sperare di sopravvivere senza distruggere la base sociale su cui poggia il potere, ad esempio quando l'inflazione morde. Vale a dire, essere tentati di imitare, oggi, la saggia Svizzera e il suo franco, che da mesi è in costante aumento proprio per contrastare le pressioni inflazionistiche internazionali. E questo significa anche lasciare l'UE alle sue macerie, macerie sulle quali Parigi si getterà sicuramente come un avvoltoio, prima fra tutte quelle italiane.

A maggior ragione se, in questo contesto, USA e FED stanno anticipando – come sta chiaramente accadendo – gli eventi facendo salire il dollaro permettendogli di accumulare capacità antinflazionistica (ma disponendo anche di abbondanti materie prime, soprattutto petrolio, una situazione non dissimile dai tempi dell'attentato a Nixon, vedi la provocazione di De Gaulle sulla convertibilità dei dollari in oro e il successivo scandalo Watergate, ndr).

Oltre alle spinte centrifughe all'interno della UE, cioè avendo come driver gli interessi nazionali del Sud Europa, in primis l'Italia, interessi perfettamente legittimi, si sta generando anche un contesto macro-economico che ci porterà all'epilogo enunciato nel titolo di questo articolo, a causa dell'inflazione e delle relative politiche monetarie: la demolizione controllata dell'UE.

Va ricordato, ad esempio, che Roma ha visto negli ultimi anni una massiccia riduzione del proprio benessere (es. in termini di salario); a questo si aggiunge – OGGI – l'interesse del centro dell'Impero per un cambio di paradigma, la prima volta in quasi 25 anni.

Inoltre ecco la recente risposta della Polonia ai diktat di Bruxelles volti ad aumentare l'ingerenza dell'UE: la Polonia, chiaramente sostenuta dagli USA, si veda la cosiddetta “Trump Base” (l'insediamento militare statunitense in Polonia inaugurato di recente dagli Stati Uniti sul suolo polacco), ha annunciato che la più grande multa combinata dall'UE ad un Paese che gravita nella sua sfera di influenza continentale, non verrà affatto pagata.

Varsavia prevede invece un progressivo allargamento delle sue forze armate, sempre con l'appoggio americano, una costante collaborazione anglo-polacca fin dai tempi di Brezinsky, Sikorsky e matrimoni nel cuore delle corporazioni statunitensi con anima polacca (J&J su tutti).

In tutto questo non va sottovalutata la reazione di Berlino, come sempre sconvolta quando i suoi piani non seguono la traiettoria prevista: sebbene non sia stata adeguatamente sottolineata dai media mainstream, la mossa dei tedeschi che porterà al caos si sta materializzando davanti ai nostri occhi, si veda l'incredibile annuncio del Ministro della Difesa tedesco di un intervento militare nel Baltico contro una presunta minaccia nucleare anti-russa, cioè con armi che i tedeschi teoricamente non avrebbero...

Questa situazione trasuda disperazione (non dimenticate mai che il sistema tedesco, poi sopravvissuto in vario modo alle epurazioni del secondo dopoguerra, è lo stesso che ha posto le basi per l'industria militare atomica 80 anni fa, ndr).

Evidentemente il fattore di USA resta sullo sfondo, pronto ad attivarsi se necessario per difendere gli interessi a stelle e strisce. Ad oggi, però, la situazione rimane estremamente fluida.

Possiamo però fissare alcuni punti, fin d'ora, per capire come si sia arrivati ​​ad una tale debacle eurocentrica. E magari provare ad ipotizzare qualche sviluppo futuro.

Draghi rappresenta innanzitutto il vero fattore di continuità voluto dall'UE per smorzare le spinte centrifughe volte all'uscita da questa UE: troppi dimenticano che solo pochi mesi fa, nel 2020, la maggioranza degli italiani aveva espresso pubblicamente il proprio sostegno ad un uscita dall'Unione Europea, come riportato non senza una vena di malcelato terrore dal sito german-foreign-policy solo lo scorso anno.

Complice la caduta di Trump, invece, Draghi è arrivato per fermare la diaspora italiana, dopo la canonizzazione mediatica al meeting di Rimini dello scorso anno, propedeutica al suo sbarco a Palazzo Chigi, grazie all'attivismo del leader della “Compagnia delle Opere” (il tedesco Bernhard Scholz), entità etico-religiosa contigua a Comunione e Liberazione e forse anche reminiscenza dell'attivismo a protezione della Germania da parte del cardinale Ildefonso Schuster 75 anni fa.

Chiaramente un tentativo di posticipare il piano di deflagrazione dell'UE attraverso la dollarizzazione del debito italiano, come suggerito da Giuseppe Conte nell'Eurogruppo dello scorso anno, dietro l'impulso degli Stati Uniti ("...se non facciamo da soli", disse il presidente del Consiglio italiano allora, entusiasmando l'entourage di Angela Merkel).

In questo contesto è fondamentale comprendere la genesi di Mario Draghi, personaggio che si innesta in un solco anglo ma intrinsecamente europeista. Bisogna innanzitutto prendere atto che si tratta dell'area che possiamo definire grosso modo il “mondo pro-Cameron”, cioè quell'élite britannica filo-UE che sta dietro la genesi, nella Penisola, sia del Movimento 5 Stelle che del caso Regeni (dettaglio non da poco, la moglie dell'ex-primo ministro britannico Samantha Gwendoline Cameron – una contessa Astor – arriva da un'istruzione scolastica cristiana, ndr).

Draghi è sostenuto da un'area politico-elitaria di matrice anglosassone, da sempre vicina nei suoi interessi a Parigi, con obiettivo contenere la Germania (per rappresentare meno sommariamente l'indirizzo di questa corrente, diciamo così: europeista con sede nella Perfida Albione; si potrebbe risalire alle “Guardie scozzesi” di Maria Stuarda nella capitale francese, che erano anche in difesa di Giovanna d'Arco, ndr).

Da qui la naturale vicinanza del mondo che orbita intorno all'attuale Presidente del Consiglio italiano verso ciò che rappresenta la Francia, data la svolta di Berlino verso un assetto più tedesco (lo stesso Goethe dipinse la stampa di denaro come mefistofelica, diabolica, in quanto inflazione perseverata).

Purtroppo quanto sopra non è di buon auspicio per le future relazioni franco-italiane, le quali andranno sicuramente a svantaggio di Roma. Da qui in poi, in fatti, i due Paesi vicini svilupperanno necessariamente un rapporto di sudditanza durante il periodo di riflessione tedesca sul da farsi dell'attuale UE, soprattutto quando si nota la sottomissione della classe politica romana ad interessi più francesi che italiani.

Da qui l'attesa di un nuovo macro accordo strategico franco-italiano firmato da Draghi a breve, ripeto, a vantaggio della Francia.

Salari in UE, dal 1990 al 2020: “L'Italia è l'unico Paese europeo dove i salari sono diminuiti rispetto al 1990” – Openpolis su dati Ocse

In questo contesto l'inflazione è ormai fuori controllo, la crescita economica è addirittura prossima alla recessione se aggiustata con il deflatore del PIL ed i BTP italiani sono scesi sotto un livello tecnico molto importante, 150 punti.

Alla fine dei giochi, però, sarà sempre l'Italia a fare da spartiacque per le sorti dell'UE, con il suo atteso crollo dei conti pubblici, cioè con i mercati molto scettici sulla possibilità di ripagare l'ingente debito in euro: per vostra informazione, oggi il rapporto debito/PIL italiano senza attività sommersa supera il 180%. E con un numero di pensioni pagate dallo stato pari a circa lo stesso dei dipendenti, non si tratta SE ci sarà un'implosione italiana restando nell'euro, ma solo di QUANDO.

Infine qui si insinua l'agenda dei Verdi, sempre con l'Italia al centro, da salvare con soldi presi in prestito dagli stessi cittadini italiani ma in nome dell'UE (il Recovery Fund è per la maggior parte un prestito, garantito appunto da patrimonio delle famiglie italiane). Infatti il valore complessivo del PNRR è di circa €200 miliardi – versati in 3-4 anni – di cui a fondo perduto solo circa €30 miliardi!

Per non parlare della follia delle vaccinazioni di massa in Italia, ora con obiettivo 90% vaccinati e con l'obbligo di fatto della vaccinazione universale, pena l'impossibilità di lavorare. Anche in questo contesto osserviamo che esiste ormai un'enorme e ovvia correlazione tra la follia vaccinale in Paesi selezionati e la bancarotta dei loro sistemi pensionistici (su tutti, Italia, Francia, Israele, Austria con la sua età minima di pensionamento ancora sotto i 60 anni in media, ndr).

In conclusione, è facile attendersi una demolizione controllata dell'UE, a partire da spinte tedesche e filo-tedesche volte a proteggersi dalle pressioni inflazionistiche internazionali tornando ad un nuovo marco, più forte dell'euro. Allo stesso tempo, le spinte centrifughe all'interno dell'UE, innegabili ad esempio da parte italiana se vuole assicurare un minimo di prosperità futura alla propria gente, si concentreranno nei Paesi mediterranei (es. PIIGS), cioè dove le istituzioni statali di welfare sono praticamente in bancarotta. Solo per finire in un'inevitabile contingenza di ridotta unione monetaria, in cui Parigi – una volta che la Germania attraverserà il Rubicone del ritorno ad una moneta più forte – giocherà la carta di un “Euro-CFA” con l'Italia come gregario; o meglio, un euro dei Paesi mediterranei (o euro francese) in cui i Paesi africani del franco CFA sono sostituiti dall'Italia e forse dalla Grecia.

In questo contesto, l'unico addendum che non torna sono le 100 basi militari statunitensi in Italia, di cui almeno 4-5 nucleari, insieme al più grande deposito di armi USA fuori dai confini statunitensi.

Non è da escludere, quindi, un rinnovato prossimo attivismo americano volto a neutralizzare le minacce ai propri interessi strategici; crediamo che questo sforzo non sarà troppo dissimile da quello che fu l'intervento americano in Indocina o più propriamente nel Canale di Suez (questi fatti portarono ad un'implosione della residua rete coloniale francese ed europea nel mondo, ndr).


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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