venerdì 19 novembre 2021

Debiti in ascesa e rendimenti in discesa: il quadro finanziario italiano

 

 

di Francesco Simoncelli

Dopo anni di pompaggio monetario senza precedenti in Europa, la BCE ha talmente abbassato artificialmente i tassi d'interesse reali che non esiste più un mercato obbligazionario. Esistono sono trader giornalieri che si arrovellano il cervello per briciole di rendimenti e la speculazione rampante è tutto ciò che resta. Un mercato così importante, soprattutto in Italia dove la maggior parte dei risparmiatori conosce solo i bond statali, rappresenta l'immagine perfetta del furto silenzioso di ricchezza reale ai danni degli ingenui talmente sciocchi da credere alle fandonie circa gli "investimenti in sicurezza" propagandati in TV.

Le conseguenze dell'azzardo morale alla base della distorsione dei tassi d'interesse è ben noto ai lettori di questo blog, quindi oggi ci limiteremo a vedere come le distorsioni sopraccitate intaccano il presunto "tesoretto" di risparmi degli italiani. Il grafico qui sotto è eloquente: grida a gran voce che, in termini reali ovvero aggiustati all'inflazione dei prezzi, i risparmi degli italiani sono stati mangiati dapprima dai rendimenti a zero e successivamente da quelli negativi. Inutile dire che i risparmiatori più attivi sono stati "persuasi" a giocare d'azzardo in mercati più rischiosi, alimentando di conseguenza una caccia a rendimenti decenti che in tal modo ha distratto dalla produzione reale e ha incanalato risorse economiche scarse nei mercati finanziari. Triplo smacco per la maggior parte dei risparmiatori: fregati dall'inflazione dei prezzi, meno produzione a disposizione e fregati sui rendimenti di quegli strumenti finanziari che reputavano "sicuri". La BCE, con le misure monetarie "non convenzionali", ha spinto il rendimento del decennale italiano a soli 100 punti base in termini nominali (e in negativo in termini reali) e questa cifra ormai vuole comunicare una cosa e una cosa sola: la fiducia che i banchieri centrali europei continueranno a comprare €80 miliardi al mese di debito pubblico dei Paesi membri.

Rendimento reale del decennale italiano

Questi non sono più nemmeno "mercati" nel senso storico del termine: i mercati obbligazionari e le borse sono stati trasformati in bische clandestine in cui si gioca d'azzardo.

I rendimenti aggiustati all'inflazione, prima che la BCE si tuffasse anima e corpo ad alimentare uno tsunami di liquidità, non solo riflettevano lo stato di salute finanziaria di una nazione, ma permettevano anche ai vari player finanziari (in particolar modo ai bond vigilantes) di instillare una sorta di buon senso finanziario nella testa di quei Paesi che esageravano con le misure fiscali e monetarie irresponsabili. Vendendo il loro debito pubblico, spingevano tali nazioni a fare i conti con una penuria di finanziamenti affinché, quindi, riacquistassero una qualche rettitudine fiscale e monetaria. Quel mondo, ormai, è solo un ricordo del passato. Il rendimento reale è così basso che i gestori di fondi, affamati di rendimenti decenti, hanno gettato al vento la cautela e si preparano ad enormi perdite future. E questo riguarda in particolar modo i fondi pensione, i quali sono vincolati ad una percentuale di guadagni annuali. Altro smacco per Main Street.

Inoltre la maggior parte delle persone tende ad essere fuorviata dalle percentuali dell'inflazione, quindi concentrandosi sulle cifre riportate mensilmente pensa che esista un "fine tuning" da parte del sistema bancario centrale e quindi è più propensa a credere alla balla della "transitorietà". Se guardassero alla cosiddetta inflazione accumulata, il quadro generale cambierebbe radicalmente. Se, ad esempio, l'aumento dell'IPC è del 10% quest'anno e del 5% l'anno prossimo, si dirà che l'inflazione è diminuita (nominalmente), ma realmente salari e risparmi saranno stati erosi del 15%. L'ironia è che le banche centrali direbbero che c'è bisogno di stampare di più per contrastare i rischi di deflazione.

Indice dei prezzi al consumo in Italia

Questo processo di graduale erosione del potere d'acquisto del denaro è in atto da molto tempo ormai, ma solo negli ultimi due anni ha iniziato a velocizzarsi platealmente. Colli di bottiglia nell'offerta e carenze sono un effetto del fenomeno inflattivo, proprio perché esso è sempre e comunque causato dalla stampa di denaro. I prezzi salgono proprio perché l'offerta di denaro aumenta enormemente al di sopra della produzione reale e della domanda di denaro reale. Inutile sottolineare che questo processo avvantaggia gli stati, spenditori ed indebitati cronici, e svantaggia i redditi fissi ed i risparmiatori, trasferendo da questi ultimi ricchezza reale a vantaggio dei primi. Vi basti pensare che sin da quando è entrato in vigore l'euro, esso ha perso quasi la metà del suo potere d'acquisto. Cos'è questo quindi? Altro smacco per Main Street.

Non esiste più una determinazione onesta dei prezzi, al suo posto c'è solo il folle trading promosso dai banchieri centrali che hanno letteralmente perso il contatto con la storia, la realtà e ogni canone di sanità mentale. E tutto ciò alimenta solamente l'azzardo morale dei singoli Paesi europei, i quali non sono affatto incentivati ad attuare misure strutturali per rientrare dall'enorme fiumana di investimenti improduttivi ed errori economici che si sono succeduti da quando è stato avviato il primo LTRO. Pensiamo ad esempio ai toni trionfalistici con cui è stata accolta dalla stampa mainstream la nota di aggiornamento al DEF. Come sempre, seguo quella regola aurea secondo cui "non mi fido e verifico". Una sola tabella è utile per capire dove si vuole andare a parare, una sola tavola è utile per ridurre a zero tutte le chiacchiere pleonastiche di politici ed economisti mainstream allineati. A pagina 70, infatti, notiamo che per il prossimo anno la spesa pubblica italiana diventerà strutturale al livello attuale, quindi nessuna stretta su indebitamento e deficit. Ma la chicca, dati gli elogi sbrodolati nei confronti di Draghi e le promesse fatte a parole sulle tasse, la ritroviamo nelle entrate: dal prossimo anno in poi le entrate tributarie sono destinate a salire. Non solo, ma si nota anche la voce "pressione fiscale" la quale aumenterà il prossimo anno (tralasciate gli anni successivi, perché gli aggiustamenti tendenziali sono un mero esercizio di window dressing).

Ma tutto ciò viene abilmente mascherato come "taglio delle tasse". A parte il fatto che non esiste alcun taglio visto che staremmo parlando di tasse pre-approvate in passato e che sarebbero dovute diventare effettive nel futuro prossimo (e che quindi sono state solo spostate più avanti nel tempo), ma titoli sensazionalistici come il suddetto rappresentano un doppio inganno.

  1. Il presunto taglio verrà effettuato attraverso una spesa in deficit maggiorata e questo implica a sua volta una tassazione futura in grado di far incamerare allo stato il doppio della cifra allocata per il "taglio".
  2. La spesa in deficit aumentata significa "crowding out" di quelle risorse economiche scarse a favore di quelle entità che le sprecano. Infatti quando i deficit pubblici salgono, i contribuenti lungimiranti riducono al margine la spesa privata.

Anche se è la BCE a sostenere questo circolo vizioso, possiamo notare che non funziona e richiede un livello d'interventismo sempre maggiore affinché possa andare avanti ancora un giorno in più. I rendimenti decrescenti e gli errori economici risultanti erodono man mano la presunta efficacia di quelle misure buffamente etichettate come "temporanee". Basti vedere, infatti, come è il trattato di Maastricht sia diventato carta straccia e tutti quegli allegri limiti auto-imposti dai banchieri centrali.

In sostanza, ciò che rimane da tutto ciò è solo un maggior onere di debiti. Ad oggi ci sono circa €4000 miliardi tra debito pubblico e privato e ammontano ad uno sbalorditivo 200% del PIL. Di seguito è riportato il rapporto debito/PIL delle famiglie degli ultimi 60 anni.

Rapporto indebitamento/PIL delle famiglie italiane

Viene davvero da chiedersi se i banchieri centrali della BCE si rendano conto che le loro politiche equivalgono ad una massiccia inondazione di segnali, per l' economia italiana in particolare, di continuare a seppellirsi nel debito...

Evidentemente no, ma con ogni mese che passa di rendimenti reali negativi e €80 miliardi di credito fiat, l'economia italiana si muove esattamente in questa direzione. Durante il 2020 – l'anno dello sconvolgente lockdown – l'ABC dell'economia avrebbe suggerito una liquidazione del debito delle imprese, specialmente quando i loro livelli di indebitamento avevano raggiunto massimi storici pericolosi. Ma non nei mercati finanziari manipolati dalla BCE: al contrario, il debito delle imprese è salito di €90 miliardi.

Questa situazione conferisce all'aggettivo aberrante tutta una nuova connotazione. Ma la cosa davvero preoccupante è lo stato di salute finanziario in cui languono le piccole imprese italiane, la spina dorsale produttiva dell'Italia:

[...] Poco meno dei due terzi delle imprese intervistate ha richiesto nell’ultimo anno nuovi finanziamenti. Oltre il 50% del campione ha accresciuto l’esposizione debitoria: per quasi il 30% l’incremento è stato superiore al 10%, mentre per il 18% ha superato il 20%. Si tratta di dati estremamente significativi, oggi sono ancora «sotto traccia» a causa della proroga sino al 31 dicembre delle misure straordinarie, ma che segnalano l’esigenza di adottare per tempo strumenti in grado di evitare il passaggio da difficoltà di liquidità a difficoltà di solvibilità.

I pagliacci nella BCE possono spiegare come l'economia italiana può crescere in futuro (il PIL non conta) quando sarà sommersa da così tanti debiti?

Possono anche spiegare come i tassi d'interesse possano mai essere normalizzati in termini reali senza far saltare in aria l'intero sistema finanziario?

E hanno la più pallida idea di cosa accadrà se continueranno a spingere il settore privato e pubblico a prendere in prestito come se non ci fosse un domani, mantenendo i tassi d'interesse reali sommersi in territorio negativo?

Naturalmente la risposta a tutte queste domande è no.


1 commento:

  1. Uh! La narrativa della "locomotiva economica" italiana prende un'altra bella batosta. Come se non l'avessimo già capito, ma infierire su questa narrativa è alquanto appagante. Quindi, mentre ci si occupa di lasciapassare e altre demenzialità, le imprese italiane hanno ancora €43 miliardi in moratorie aperte e oltre la metà di queste praticamente insolventi. Senza contare anche i tavoli di crisi ancora aperti. E chi è l'anello debole successivo? Il sistema bancario commerciale italiano, il quale, non scordiamocelo, è quello in Europa (e a livello mondiale) con il cosiddetto ingolfamento di bilancio tra i più seri (dietro solo a Francia e Germania). Inutile dire che questa catena di contagio sistemico rappresenterebbe una slavina inarrestabile che in prima istanza farebbe saltare in aria il mercato pronti contro termine europeo, con conseguenze devastanti sul mercato obbligazionario sovrano. Il tutto in un momento in cui la BCE è intrappolata allo "zero bound" coi tassi di riferimento.

    Ma, attenzione, perché anche l'altra metà delle moratorie aperte (circa €18 miliardi) e che possono essere saldate dalle imprese sono a rischio, visto che i pagamenti attesi si farebbero più onerosi (data l'assenza di ulteriori dilazioni nel tempo) e ci sarebbero anche gli interessi da pagare. Se poi le moratorie verranno prorogate, la liquidità ampliata e le garanzie statali schierate, non solo l'inflazione dei prezzi continuerà a correre, ma risulterà chiaro anche ai più idioti che il PNRR è l'ennesimo strumento per calciare il barattolo.

    Piccolo inciso: adesso che il lasciapassare offre la scusa al governo per dire "care piccole imprese, potete restare aperte non avete bisogno di ristori", il mondo della piccola/media impresa capirà che disobbedire a norme demenziali e preoccuparsi del proprio fatturato è vitale piuttosto che essere terrorizzate dalle multe.

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