martedì 7 settembre 2021

Le finanze dell'Eurozona si sono deteriorate

 

 

di Alasdair Macleod

Nonostante i tassi d'interesse negativi e la stampa di denaro da parte della Banca Centrale Europea, che ha consentito a tutti i governi membri dell'Eurozona di finanziarsi, il PIL nominale dell'Eurozona non è andato da nessuna parte ed è persino inferiore a quello che era prima della crisi Lehman.

C'è poi la questione dei crediti inesigibili, che sono stati per lo più convogliati nel sistema di liquidazione TARGET2: altrimenti a questo punto avremmo assistito a sostanziali fallimenti bancari.

Le maggiori banche dell'Eurozona hanno un indebitamento eccessivo ed i prezzi delle loro azioni ne mettono in dubbio la sopravvivenza. Inoltre queste banche dovranno contrarre i propri bilanci per conformarsi alla nuova normativa di Basilea 4 sugli asset ponderati per il rischio, la quale sarà introdotta nel gennaio 2023.

E infine dovremmo considerare le conseguenze politiche ed economiche di un crollo dell'Eurosistema. È probabile che sia innescato dal rialzo dei tassi d'interesse del dollaro, causando un mercato ribassista degli asset finanziari. La posizione finanziaria dei membri dell'Eurozona, fortemente indebitati, diventerà rapidamente insostenibile e l'esistenza stessa dell'euro, il collante che li tiene insieme, sarà minacciata.


Introduzione

Il commento economico internazionale mainstream si è concentrato sulle prospettive per l'economia americana e coloro che cercano una guida sugli affari economici europei hanno dovuto scavare più a fondo. Ma sin dalla crisi Lehman l'UE è rimasta stagnante rispetto agli Stati Uniti, come mostra il seguente grafico riguardo il PIL annuale.

Come gran parte dei commenti al riguardo, l'UE è in stasi sin dal 2008. C'è stata una serie di crisi che hanno coinvolto Grecia, Cipro, Italia, Portogallo e Spagna ed il database della Banca Mondiale ha rimosso il Regno Unito dai dati sul PIL dell'UE prima della Brexit, quindi ciò non ha contribuito alla sottoperformance dell'UE. Inoltre sin dal 1994 il divario tra la crescita del PIL dei Paesi dell'area Euro e quello dei Paesi non membri è aumentato dal 9% del totale al 15%, anche quando aggiustato alle nuove adesioni. Nonostante tutta la stampa di denaro della BCE, i membri extra-Eurozona hanno sovraperformato l'Eurozona.

La BCE ha imposto tassi d'interesse negativi sin dal giugno 2014, tagliando il suo tasso di riferimento sui depositi da -0,1% a -0,5%. I pianificatori centrali pensavano che i tassi negativi avrebbero aumentato la domanda di credito per investimenti e consumi, fornito spazio fiscale agli stati e quindi aumentato la domanda aggregata. Non è andata così. L'aspetto principale che ha spinto i tassi d'interesse in territorio negativo è il debito pubblico, che nell'Eurozona alla fine del 2020 era salito al 98% del PIL per i membri dell'Eurozona.

Certo, la gestione pasticciata dell'affare Covid non ha aiutato. Non solo hanno aumentato la spesa pubblica, ma le entrate fiscali hanno subito le conseguenze economiche. La crisi logistica globale ha avuto un grave impatto sull'economia tedesca altamente produttiva, con i principali produttori che hanno visto la loro produzione fermarsi per mancanza di componenti. E in molte giurisdizioni i lockdown sono continuati, ritardando i recuperi sperati e colpendo il turismo nei PIIGS altamente indebitati.

Come mostra il grafico precedente, questi problemi si aggiungono alla stagnazione economica che è stata una caratteristica dell'Eurozona sin dalla crisi Lehman. Le conseguenze del Covid non sembrano ancora riflettersi adeguatamente nei dati ufficiali del PIL, che sarà stato spinto al rialzo da un'accelerazione della crescita della massa monetaria.

Le varie misure M sono salite in modo significativo nel 2020, come mostrato nel grafico di seguito, principalmente a causa dell'espansione dei saldi delle banche centrali nella zona Euro.

Allo stesso tempo, dopo aver recuperato un po' dalla serie di crisi seguite a quella Lehman, le finanze pubbliche hanno preso una brusca svolta negativa, come mostra il seguente grafico.

La ragione della sottoperformance del PIL dell'Eurozona rispetto a quella degli Stati Uniti non è difficile da discernere. Il grafico qui sotto mostra come i prestiti bancari al settore non finanziario siano sostanzialmente in stallo sin dalla crisi Lehman.

Invece la crescita monetaria c'è stata di più nell'Eurosistema, comprendente la BCE e le banche centrali nazionali. Da €2.000 miliardi alla fine del 2008, i saldi totali dell'Eurosistema sono cresciuti a €7.000 miliardi alla fine del 2020, in parte anche a causa dei crescenti squilibri TARGET2 che si riflettono nei bilanci delle banche centrali.

Persistono nell'anno in corso i disavanzi pubblici dell'Eurozona, previsti dalla stessa BCE in aumento all'8,7% del PIL nel 2021. Si tratta di un PIL stimato di €13.476 miliardi, con un disavanzo del settore pubblico di €1.200 miliardi ed un debito rispetto al PIL al 103% per il 2021. Ma questo aumento è principalmente dovuto alla spesa infrastrutturale e presuppone una forte ripresa entrate fiscali sulla scia del miglioramento dell'occupazione e dell'aumento della spesa per consumi. Questo è già stato superato dagli eventi ed i deficit fiscali saranno molto più alti del previsto.

Nelle previsioni ufficiali della BCE c'è una forte dose di ottimismo neokeynesiano, cosa che abbiamo visto più volte con l'establishment economico dell'Eurozona. Inoltre, sotto la presidenza di Christine Lagarde, la BCE si sta intromettendo negli affari non monetari, dando la precedenza ad un'agenda verde sui combustibili fossili e creando precedenti per la politicizzazione degli affari monetari.

Di una cosa possiamo essere certi, ed è la cecità della BCE nei confronti del ciclo del credito guidato dall'America e dal dollaro. A livello ufficiale i prezzi negli Stati Uniti salgono al 5,4%, mentre nell'Eurozona sono all'obiettivo prefissato del 2%. Sappiamo che negli Stati Uniti un'analisi indipendente conferma che il tasso reale di aumento dei prezzi è superiore al 13%, quindi, utilizzando una metodologia IPC simile, gli statistici dell'Eurozona travisano l'effetto reale dell'inflazione monetaria. Non sarà transitorio, di conseguenza non solo i tassi d'interesse cominceranno a salire negli Stati Uniti, ma saliranno anche in Europa. Tra l'altro, il governo italiano non sarà più pagato per prendere in prestito.

La politica di stimolo monetario è scaduta, creando una crisi per i policymaker della BCE. Come i loro omologhi negli Stati Uniti e in altre grandi banche centrali, affrontano la crescente certezza di tassi d'interesse in aumento, valori degli asset finanziari in calo e un crollo accompagnato da un aumento dei prezzi. Secondo il neo-keynesismo tale combinazione è impossibile.

Non solo il punto di partenza è un tasso d'interesse negativo, ma anche un livello medio del debito pubblico rispetto al PIL del 103%. Le medie nascondono gli estremi, e con il debito/PIL della Grecia ufficialmente al 217%, quello dell'Italia al 151% e  quello del Portogallo al 137% (è probabile che siano più alti una volta considerato il debito fuori bilancio per le industrie nazionalizzate ecc.), una combinazione tra recessione ed impennata dei prezzi distruggerà le loro finanze già precarie.

Dopo il "whatever it takes" di Mario Draghi, la BCE ha usato ogni trucco per coprire le crepe di un'Eurozona in crisi. Al centro dell'inganno c'era l'occultamento dei crediti inesigibili all'interno del sistema TARGET2. È solo grazie a questo sotterfugio che è stato impedito alle grandi banche di fallire.

Come mostra il grafico qui sopra i saldi TARGET2 della banca centrale ed i saldi dei creditori stanno nuovamente aumentando. Per capire perché, dovremmo considerare cosa li sta facendo salire.

Il grafico illustra gli squilibri nel sistema TARGET2 tra le banche centrali nazionali e tra queste ultime e la BCE. Rivela tre elementi cruciali: la Germania ed il Lussemburgo hanno un debito netto di €1.400 miliardi; Italia e Spagna, insieme, devono al sistema €1.024 miliardi; la BCE deve alle banche centrali nazionali €353 miliardi. L'effetto del deficit della BCE, che deriva dagli acquisti di obbligazioni effettuati per suo conto dalle banche centrali nazionali, è quello di ridurre artificialmente i saldi TARGET2 dei debitori.


Dentro il funzionamento del sistema TARGET2

Il modo in cui funziona il TARGET2, in teoria comunque, è il seguente: un produttore tedesco vende merci ad un'impresa italiana, l'azienda italiana paga tramite bonifico bancario prelevato sulla propria banca italiana tramite la banca centrale italiana attraverso il sistema TARGET2, accreditando il pagamento alla banca tedesca del produttore tedesco tramite la banca centrale tedesca.

In passato, l'equilibrio veniva ripristinato coi disavanzi commerciali; in Italia, ad esempio, compensato da afflussi di capitali in quanto i residenti altrove nell'Eurozona acquistavano obbligazioni italiane, altri investimenti in Italia e il turismo sforbava entrate nette di cassa. Come si evince dal grafico dei saldi TARGET2, prima del 2008 le cose stavano generalmente così.

C'è poi la questione della “fuga dei capitali”, che non è una fuga di capitali in quanto tale. Il problema non sono i residenti in Italia e Spagna che aprono conti bancari in Germania e trasferiscono i loro depositi dalle banche nazionali. Il problema è che quelle banche centrali nazionali che sono pesantemente esposte a potenziali crediti inesigibili nella loro economia interna sanno che le loro perdite, se si materializzano in una crisi bancaria generale, finiranno per essere condivise in tutto il sistema, secondo le rispettive chiavi di capitale nel sistema TARGET2.

Se una banca centrale nazionale ha un deficit TARGET2 con le altre banche centrali, è quasi certamente perché ha prestato denaro alle sue banche commerciali per coprire i trasferimenti di pagamento, invece di farli avanzare attraverso il sistema di settlement. Tali prestiti figurano come un attivo nel bilancio della banca centrale nazionale, il quale è compensato da una passività per la BCE. Ma secondo le regole, se qualcosa va storto con il sistema TARGET2, i costi vengono ripartiti dalla BCE sulla formula delle chiavi di capitale.

È quindi nell'interesse di una banca centrale nazionale gestire un deficit maggiore in relazione alla sua chiave di capitale sostenendo le banche insolventi nella sua giurisdizione. La chiave di capitale si riferisce alla proprietà azionaria delle banche centrali nazionali nella BCE, che per la Germania, ad esempio, è il 26,38% delle chiavi di capitale delle banche nazionali dell'area Euro. Le chiavi di capitale della BCE nella zona Euro ammontano al 69,6176% del totale, mentre quelle tedesche sono il 18,367% del totale. La cifra precedentemente calcolata presuppone che in caso di fallimento del TARGET2 le perdite saranno limitate in prima istanza alle banche nazionali dell'area Euro. Le banche nazionali non euro includono la Bank of England, con il 14,3374%, e la BoE ha una passività nel caso in cui le perdite non possano essere contenute all'area Euro. Se TARGET2 crollasse, la Bundesbank perderebbe gli euro che le sono dovuti dalle altre banche centrali nazionali, e dovrebbe invece pagare fino a €400 miliardi in perdite nette.

Per capire come e perché si pone il problema, bisogna risalire alle precedenti crisi bancarie europee seguite alla Lehman, le quali hanno modellato le prassi regolamentari nazionali. Se l'autorità bancaria nazionale ritiene che i prestiti siano deteriorati, le perdite diventerebbero un problema nazionale. In alternativa, se l'autorità di regolamentazione li ritiene performanti, sono ammissibili per le operazioni di rifinanziamento della banca centrale nazionale. Una banca commerciale può quindi utilizzare i prestiti discutibili come garanzia, prendendo in prestito dalla banca centrale nazionale, la quale distribuisce il rischio di prestito a tutte le altre banche centrali nazionali in base alle loro chiavi di capitale. I prestiti insolventi vengono quindi rimossi dai sistemi bancari nazionali dei PIIGS e scaricati sull'Eurosistema.

Nel caso dell'Italia, il livello molto elevato di crediti deteriorati ha raggiunto il picco del 17,1% a settembre 2015, ma a marzo di quest'anno si era ridotto al 5,3%. I fatti affermano che ciò non può essere vero. Dati gli incentivi per il regolatore italiano a deviare il problema dei crediti deteriorati dall'economia nazionale all'Eurosistema, sarebbe un miracolo se una qualsiasi delle riduzioni degli NPL fosse autentica. E con tutti i lockdown per il Covid-19, i crediti deteriorati italiani saranno aumentati di nuovo, forse spiegando perché le passività TARGET2 della banca centrale italiana sono aumentate di €137 miliardi.

Negli stati membri con saldi TARGET2 negativi si sono verificate tendenze a problemi di liquidità per le industrie leader, rendendole insolventi. Con il regolatore bancario incentivato a rimuovere il problema dall'economia nazionale, i prestiti a queste società insolventi sono stati continuamente rinnovati ed aumentati. La conseguenza è che le nuove imprese sono state affamate di credito, perché il credito bancario è legato al sostegno dello stato e delle imprese zombi che avrebbero dovuto essere abbandonate molto tempo fa. La pressione aggiuntiva sulle imprese italiane in fallimento si riflette ora nel crescente deficit TARGET2 della Banca d'Italia. Il sistema non potrebbe essere più strutturato di così per paralizzare a lungo termine l'economia italiana.

A livello ufficiale non ci sono problemi, perché la BCE e tutte le posizioni TARGET2 delle banche centrali nazionali si azzerano tramite la contabilità reciproca. Per i suoi architetti, un fallimento sistemico del sistema TARGET2 è inconcepibile. Tuttavia, poiché alcune banche centrali nazionali finiscono per utilizzare il TARGET2 come fonte di finanziamento per i propri bilanci, che a loro volta finanziano le loro banche commerciali utilizzando i prestiti in sofferenza come garanzia, alcune banche centrali nazionali siritrovano passività crescenti.

Il membro dell'Eurosistema con l'onere maggiore è la Bundesbank tedesca, che ora presta oltre mille miliardi di euro attraverso il TARGET2 alle altre banche centrali nazionali. Il rischio di perdite per i finanziatori del TARGET2 sta ora accelerando rapidamente a causa dei lockdown, come si può vedere nel grafico degli squilibri TARGET2 sopra. La Bundesbank dovrebbe essere molto preoccupata.

Gli squilibri attuali nel sistema superano i €1.600 miliardi. Secondo le chiavi di capitale, in un fallimento sistemico gli attivi della Bundesbank pari a €1.102 miliardi sarebbero sostituiti da passività fino a €400 miliardi, il resto delle perdite si spargerebbe sulle altre banche nazionali. Nessuno sa come andrebbe a finire, perché il fallimento del sistema di settlement non è mai stato contemplato; ma molte, se non tutte le banche centrali nazionali, dovranno essere salvate in caso di fallimento del TARGET2, presumibilmente dalla BCE. Ma con solo €7,66 miliardi di capitale sottoscritto, il bilancio della BCE è minuscolo rispetto alle perdite implicate, ed i suoi stessi azionisti cercheranno un salvataggio per salvare la BCE. Un fallimento del sistema TARGET2 richiederà alla BCE di espandere ulteriormente i suoi programmi di QE per ricapitalizzare sé stessa e l'intero sistema bancario centrale della zona Euro.


Le banche dell'Eurozona sono sovraindebitate

Quasi certamente l'occultamento dei crediti inesigibili nel TARGET2 ha salvato le banche commerciali dell'Eurozona dal fallimento, perché sono altamente orientate alle perdite, come illustra la seguente tabella delle banche di importanza sistemica globale nell'Eurozona (G-SIB).

Sono classificati in base alla leva finanziaria più alta (ultima colonna), essendo il rapporto tra la loro capitalizzazione di mercato e le dimensioni dei loro bilanci. Il gearing di bilancio, cioè il rapporto tra attivi di bilancio e patrimonio netto di bilancio, è eccezionalmente alto per la banca francese, Credit Agricole. Ciò si confronta con i G-SIB americani i cui rapporti sono in media di circa 11 volte. E mentre i G-SIB statunitensi hanno un rapporto price-to-book in media di circa 1,3 volte, nessuno dei G-SIB dell'Eurozona ha un price-to-book superiore a 1.

Normalmente gli investitori si entusiasmano alle prospettive di un investimento con uno sconto sul valore contabile, ma ciò presuppone che l'attività sia redditizia e le cui azioni abbiano un prezzo errato. Nel caso di queste G-SIB il messaggio è diverso, essendo un serio punto interrogativo sulla loro eventuale sopravvivenza. È doppiamente grave, perché un investitore che raccoglie azioni bancarie dell'Eurozona sa che sono sottoscritte dalla BCE e dalle banche nazionali, le quali verrebbero sicuramente venute in loro soccorso in caso di crisi sistemica. Tuttavia, con questa garanzia implicita, le azioni di Société Generale e Deutsche Bank vengono trattate con quel valore incorporato nei prezzi delle loro azioni.

In altre parole, c'è solo il valore dell'opzione e poco altro.

Vediamo banche come Société Generale e Deutsche Bank che hanno una leva di oltre 60 volte. Ha senso esaminare questi numeri e concludere che, per quanto riguarda i mercati, la capacità dell'Eurosistema di salvare queste banche dal collasso potrebbe essere limitata. Un salvataggio delle G-SIB fallite è quasi una certezza, ma non i termini. Inoltre la minaccia del bail-in, che ora è ampiamente integrato nella legislazione del G-20, intaccherebbe fortemente gli azionisti.


L'effetto di Basilea 4

Basilea 4 è il nome informale dato alla normativa di Basilea 3 in materia di ponderazione per il rischio (RWA), già posticipata e che ora dovrebbe essere introdotta a gennaio 2023. Difficile vedere come le banche dell'Eurozona, in particolare le G-SIB, potranno rispettarlo senza ridurre i propri bilanci.

L'obiettivo dei nuovi regolamenti è garantire la resilienza delle banche alle crisi prescrivendo quanto capitale e liquidità devono detenere introducendo un approccio standardizzato. Le banche potranno ancora utilizzare modelli interni per il calcolo del capitale necessario per le attività di ponderazione del rischio, ma devono essere limitate non scendendo al di sotto del 72,5% delle cifre fornite dal nuovo approccio. L'Autorità bancaria europea ha calcolato che l'impatto di queste norme farà aumentare le RWA del 28%, equivalente ad un deficit di capitale di €135 miliardi per le banche europee.

Dal punto di vista operativo, le banche europee sono gravemente esposte rispetto a quelle di altre giurisdizioni. Basilea 4 discrimina i prestiti alle imprese senza rating indipendenti, che sono rari negli Stati Uniti, ma non nell'UE. I rating esterni si applicano solo al 20% delle imprese europee, ponendo l'accento sui sistemi di rating interni che devono essere rigorosamente limitati. Da qui la necessità di maggiori capitali.

In condizioni normali, con capitalizzazioni bancarie superiori al valore contabile, la raccolta di capitali idonei per mantenere le dimensioni del bilancio non sarebbe un problema; ma come abbiamo visto nella nostra tabelle delle G-SIB dell'Eurozona, tutte le loro azioni hanno uno sconto rispetto al valore contabile.

I banchieri senior avranno già un occhio a queste normative ed è improbabile che siano preparati a fornire l'espansione del credito necessaria per supportare le previsioni di crescita apparentemente ottimistiche emanate dalla BCE. Semmai è diventato più probabile un crollo in stile Irving Fisher, dove le banche accelerano il calo dei valori degli asset liquidandoli.


Il destino dell'euro

La presa di coscienza pubblica della situazione all'interno del sistema TARGET2 e la precarietà delle principali banche, oltre ad una contabilità estremamente fantasiosa, l'incapacità delle banche di fornire capitali extra per soddisfare Basilea 4 potrebbe porre fine al progetto europeo. In particolare, quando la Bundesbank scoprirà che invece di essere creditrice di €1.100 miliardi nei confronti delle altre banche centrali nazionali, si ritrova debitrice per €400 miliardi, sarà l'ultima goccia per un popolo la cui parsimonia e risparmi saranno stati spazzati via. Lo stesso lo si può dire per Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi e alcuni degli stati più piccoli.

Quando si è in possesso dei fatti, la fine dell'euro è facile da prevedere; ma all'inizio di una crisi è probabile che i flussi di capitale facciano salire il tasso di cambio dell'euro, in particolare rispetto al dollaro. Ciò è dovuto all'accumulo di eccedenze commerciali e flussi di portafoglio da entità dell'UE che hanno aumentato la loro esposizione al dollaro Secondo i dati TIC del Tesoro statunitense, le disponibilità di asset finanziari statunitensi nell'Eurozona ammontano a $5.339 miliardi e vi sono ulteriori $1.158 miliardi in depositi bancari e strumenti monetari in dollari.

Nel frattempo l'esposizione degli Stati Uniti agli asset finanziari e ai saldi bancari dell'Eurozona è di gran lunga inferiore. Pertanto è probabile che la corsa alla liquidità, tipica di una crisi finanziaria, favorisca inizialmente l'euro rispetto al dollaro.


Sommario e conclusione

A dispetto dei termini del Patto di stabilità nel Trattato di Maastricht del 1992, dall'ammissione della Grecia e dell'Italia nell'Eurozona la storia dell'euro e della BCE è stata caratterizzata da persistenti violazioni delle regole ed insabbiamenti. Senza Covid, e senza l'aumento dei prezzi che a loro volta faranno salire i tassi d'interesse, la BCE e Bruxelles avrebbero potuto farla franca ancora un po' ignorando le regole che loro stessi si erano dati.

La crisi dell'Eurozona è diversa da quella degli Stati Uniti che, al di là dei fattori sociali, è principalmente la conseguenza della stampa di denaro. Sebbene politiche simili siano state perseguite nell'Eurozona, non lo sono state nella stessa misura. I problemi sono più strutturali, con un sistema bancario eccessivamente indebitato e dipendente dall'occultamento di crediti inesigibili nel sistema TARGET2.

Inoltre il socialismo, che è relativamente nuovo per gli Stati Uniti, è stato incorporato nelle economie europee come minimo dalla seconda guerra mondiale, con più della metà dell'attività economica dovuta alla spesa pubblica improduttiva. L'effetto cumulativo della pianificazione centrale è stato quello di rendere le economie delle nazioni dell'UE meno efficienti e, attraverso un'eccessiva regolamentazione, separate da mercati liberi ed efficienti.

Ma una crisi finale sta ribollendo sotto la superficie. Dopo una fuga iniziale dal dollaro verso l'euro, sarà praticamente impossibile evitare un fallimento sistemico generale, il quale abbatterà non solo le banche, ma la rete di banche centrali e l'euro stesso. Alcune nazioni saranno in grado di tornare alle loro vecchie valute, ma altre, in particolare l'Italia e la Grecia, molto probabilmente no. Ed i tentativi di sostituire l'euro con un nuovo euro ed una nuova rete di banche centrali dovranno affrontare ostacoli significativi.

La realtà è che l'euro è il collante che tiene insieme i membri dell'Eurozona, e senza di esso il progetto europeo è morto. Sarà quasi impossibile resistere alla richiesta di un ritorno a stati nazionali indipendenti, non solo per la Germania, ma per coloro che apprezzano la sua voce della ragione. È probabile che alcuni Paesi, come la Polonia e l'Ungheria, fermino i loro tentativi di riformare l'UE dall'interno e se ne vadano, e alcune delle nazioni più piccole che sono lì per i sussidi non avranno motivo di rimanere.

Una previsione forse troppo fosca, ma sempre più verosimile, malgrado il "whatever it takes" di Draghi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


2 commenti:

  1. Personalmente me la sto augurando da anni questa fosca previsione. Quello che stona nel discorso e' la smaccata ammirazione per la Germania e l'odioso solito attacco ai danni dell'Italia. Personalmente ritengo che piu' che i crediti inesigibili nel target2, quello che l'Italia ha nascosto in Europa e' la totale mancanza di responsabilita' della classe politica italiana. Ci sono aspetti che quest'analisi non tocca, ma che varrebbe la pena di affrontare se si vuole offrire un quadro neutro, ovvero l'opposto di quello che fa l'autore. Non posso dilungarmi nel citarli tutti, mi limitero' solo ad alcuni. 1) partiamo dalla spiegazione data dell'autore sul target2, cito testualmente "un produttore tedesco vende merci ad un'impresa italiana, l'azienda italiana paga tramite bonifico bancario prelevato sulla propria banca italiana tramite la banca centrale italiana attraverso il sistema TARGET2, accreditando il pagamento alla banca tedesca del produttore tedesco tramite la banca centrale tedesca.". In sintesi queste righe racchiudono gia' uno dei piu' grandi squilibri causati alla zona euro, non dai perfidi PPIGS contro cui Macleod ama accanirsi, ma dalla Germania che ha sfruttato una valuta unica sottovalutata per inondare con i suoi prodotti la zona euro. La domanda sorge spontanea, con un nuovo marco prezzato correttamente che ne sara' di questa fetta di mercato che si era accapparrata, insomma la famosa "competitivita'" per intenderci? Non vedo l'ora di scoprirlo! 2) Sicuramente il debito pubblico sara' un bagno di sangue per i PIIGS, questo e' incontestabile, ma nelle sue analisi prima o poi potrebbe cortesemente darci una spigazione altrettanto accurata sul resto dell'esposizione debitoria, quella privata e corporate, quella del debito spazzatura e di altri criditi inesigibili come i derivati in pancia alla banche franco-tedesche. Oppure l'autore ritiene che il debito non pubblico sia immune al contagio? 3) in parte si ricollega al precedente, ma che dire della bolla immobiliare? L'Italia a che posto si piazza in questa eventuale classifica? 4) Ultimo conclusivo, una svalutazione e sopratutto il crollo del mega sistema d'elusione fiscale europeo, quale dovrebbe essere l'epilogo per le varie societa' italiane che hanno delocalizzato lavoro e sedi fiscali? Una volta stabilizzati i prezzi a seguito di una violenta svalutazione, rispetto ad oggi, quanto risultera' attraente tornare ad investire nel nostro paese? Ripeto che si potrebbe andare avanti con la lista, ma a conclusione mi limito a dire che qualunque disastro economico che colpire il nostro paese di sicuro ci regalerebbe una prospettiva futura molto migliore di quella attuale e futura all'interno di questa drammatica unione

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    1. Salve Giacomo. La sua analisi è coerente, ma ha un vizio: presume che qualcuno possa spalleggiare i tedeschi a scapito del resto dei Paesi europei. Non c'è alcuna volontà di prendere a modello l'economia tedesca per una questione di tifo, ma perché essa sin dal dopoguerra (ed il Giappone sino a metà anni '70)ha rappresentato quelle virtù economiche che più dovrebbero essere copiate se si desidera vivere in un contesto economico sano, solido e, soprattutto, prospero. Per un po' l'Italia ha seguito l'esempio, in particolar modo negli anni '60, ma poi, anch'essa, ha ceduto alle lusinghe della stampante monetaria. Il problema, quindi, non è l'export tedesco, come lei indica nel punto 1, il problema rimane sostanzialmente giocare a derubare i propri cittadini attraverso il subdolo stratagemma dell'inflazione e dei deficit fiscali. E questo si ricollega inevitabilmente col punto 2 sollevato, perché la montagna di debiti rappresentati dai settori da lei menzionati costituiscono un fardello insostenibile per la prosperità economica. Ma non bisogna dimenticare che è stata la ZIRP ad avallare (e continua a farlo) l'ingigantimento degli oneri di debito nei vari settori dell'economia. Ma questa non è altro che la trappola "Inflate AND die" di cui ho spesso parlato. Questi grafici, ad esempio, rafforzano la mia opinione che le banche centrali manterranno la loro politica ultra espansiva. Le affermazioni sul tapering rimarranno solo chiacchiere campate in aria ed i tassi rimarranno bassi mentre, nel caso dell'area Euro, negativi. Il fatto che il bilancio della FED si sia ulteriormente ampliato, temendo una correzione dei mercati come mostrato nel primo grafico, mentre i suoi funzionari parlavano di tapering rafforza questo punto di vista. L'insostenibile situazione fiscale dei Paesi sviluppati rende impossibile una normalizzazione della politica monetaria. Pensi anche alla BCE, ad esempio, l'unico acquirente del debito italiano e spagnolo. Ma questo serve solo a mascherare un rischio imminente, non lo elimina.

      Le banche centrali sono finite nella trappola di loro stessa creazione: o lasciano correre inflazione e stagflazione, oppure avallano una correzione dei mercati smettendo di acquistare asset. Come ci confermano i succitati grafici, scelgono e sceglieranno la prima opzione.

      Per quanto riguarda il punto 4, il problema sarà l'atteggiamento del governo nei confronti della libera impresa. Nel suo saggio, Myths of the Marshall Plan, Tyler Cowen ha confutato cinque miti che aleggiavano intorno al Piano Marshall, considerato un miracolo per la rinascita europea. Il secondo mito sfatato è quello più interessante: "[Coloro] che diressero la politica economica estera degli Stati Uniti nel dopoguerra avevano forti simpatie interventiste; di fronte a qualsiasi problema, il loro istinto era quello di cercare una soluzione statale [...]. Inoltre la stessa struttura del Piano Marshall incoraggiava la pianificazione statale. Nella maggior parte dei casi la regolamentazione statale venne aumentata. Il miracolo della Germania occidentale, per il quale viene dato credito al Piano Marshall, avvenne solo dopo che il ministro dell'economia, Ludwig Erhard, agì unilateralmente e contro i desideri americani di mantenere la maggior parte dei controlli centrali sull'economia tedesca". Per come si stanno svolgendo le cose, la desertificazione industriale è ciò che i policymaker italiani stanno avallando.

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