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di Joakim Book
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ma-scusi-lagarde-leuropa-e-gia-un)
“L'Europa è un museo, il Giappone è una casa di riposo, la Cina è una prigione e Bitcoin è un esperimento”. Queste sono state le parole dell'ex-Segretario al Tesoro Lawrence Summers rivolte agli investitori durante la Morningstar Investment Conference del 2023.
Summers parlava delle condizioni monetarie globali e della necessità di detenere i propri investimenti e denaro in una qualche valuta, da qualche parte. “Preferirei giocare le mie carte con l'America piuttosto che con qualsiasi altro Paese al mondo [...] bisogna mettere i propri soldi da qualche parte e il dollaro è un buon posto dove metterli”.
Il dollaro è la proverbiale camicia meno sporca.
Non posso verificare se Christine Lagarde, la presidente della Banca Centrale Europea, o un membro del suo staff fosse tra il pubblico, ma di certo non hanno recepito il messaggio. I politici europei hanno una lunga storia di manipolazione delle menti nei confronti della popolazione. Con aria seria, raccontano bugie e danno per scontato che i loro sudditi seguiranno le loro orme – e, a nostro discredito, la maggior parte di noi lo fa.
A giugno la Lagarde era in prima pagina sul Financial Times. Non si capisce bene il motivo ma lei e i suoi consiglieri hanno l'impressione che questo sia il momento dell'Europa. Con il presidente Trump che tiene gli Stati Uniti sulle proprie sponde e il dollaro in ritirata, l'euro, una creazione sovranazionale pianificata in modo eccellente e governata in modo impeccabile, è il sostituto ideale.
O forse no...
Ci sono alcune cose ovvie da citare qui: i venditori di fumo e quella citazione di Upton Sinclair sul non capire qualcosa quando da essa dipende il proprio stipendio (nell'ordine dei $500.000)... ma sto divagando.
L'editoriale del Financial Times prosegue esplorando come “la forza economica sia la spina dorsale di qualsiasi valuta internazionale”. Un osservatore imparziale squalificherebbe presto l'Eurozona, la quale ha flirtato per anni con recessione e crescita intorno allo zero, con le peggiori prospettive di fertilità al mondo, prezzi dell'elettricità record, nessuna sovranità energetica – e poco più di un decennio fa era sull'orlo del collasso sotto il peso della prodigalità degli stati. La maggior parte delle persone non si rende conto che le economie americana e dell'area Euro avevano più o meno le stesse dimensioni negli anni '90, e di nuovo durante la crisi finanziaria mondiale, ma che l'economia statunitense è ora più grande di circa il 77%. Secondo la maggior parte delle stime, la vita economica – la “forza” – è migliore in America, a prescindere dalle strane idee che vengono in mente agli uomini dai capelli arancioni nelle case bianche.
Anche secondo i vecchi standard mondiali di inflazione bassa e stabile, e mercati dei capitali solidi e affidabili, l'Eurozona ha una performance nettamente inferiore a quella americana. Il mercato obbligazionario americano è almeno il doppio di quello europeo, frammentato e disarticolato, e i suoi mercati azionari sono circa 6-7 volte più grandi. David Hebert su queste pagine s'è posto la domanda giusta: Perché non ci sono aziende da mille miliardi di dollari in Europa?. Finanziamenti, imprenditorialità e ostacoli normativi sono alcune delle risposte ovvie, ma anche il fatto che “gli Stati Uniti rimangono un luogo privilegiato per lavoratori e imprese. Il nostro sistema promuove le imprese e la creazione di opportunità di lavoro in un modo che è invidiato dal resto del mondo”.
Anche per le start-up l'erba del vicino è molto più verde negli Stati Uniti: meno oneri normativi e un accesso al capitale decisamente migliore. Alcune delle aziende tecnologiche europee di maggior successo, da Klarna e Spotify alla (britannica!) Wise, hanno optato per New York invece di Stoccolma, Francoforte o Londra. Una statistica sorprendente la dice lunga sul dinamismo, la liquidità e i mercati dei capitali del museo Europa: “Nessuna azienda dell'UE fondata negli ultimi 50 anni ha una capitalizzazione di mercato superiore a €100 miliardi, mentre tutte e sei le aziende statunitensi con una capitalizzazione superiore a $1.000 miliardi sono state create durante suddetto periodo” (si potrebbe discutere sull'olandese ASML o sulla danese Novo Nordisk, ma il punto resta...).
In una frecciatina agli Stati Uniti, la Lagarde ci dice che l'Europa ha una maggiore indipendenza per quanto riguarda la sua autorità monetaria (un livello piuttosto basso...), un processo decisionale inclusivo e “pesi e contrappesi”. Il paragrafo successivo mina questo impegno: “Non si deve più permettere che un singolo veto ostacoli gli interessi collettivi degli altri 26 Stati membri”, e meno veti “permetterebbero all'Europa di parlare con una sola voce”, ovvero di scavalcare gli stati turbolenti.
La parte peggiore è quando indica le “industrie strategiche” come quelle impegnate nella tecnologia verde, che non sono né strategiche né tantomeno “industrie”, bensì implementazioni di sogni ideologici sovvenzionati a livello pubblico e morenti.
Tutto ciò che l'Europa ha da offrire al mondo sono il calcio e le case di riposo, un'architettura secolare e spiagge eccessivamente regolamentate e infestate dai turisti.
Credere che l'euro avrà un ruolo più importante negli affari monetari internazionali è ridicolo. Nella misura in cui i gestori patrimoniali e le riserve monetarie dovessero essere spostati dal dollaro, questi non finirebbero nell'euro (o nella sterlina), ma in valute più piccole e non tradizionali. Le istituzioni finanziarie scettiche sull'egemonia monetaria mondiale stanno accumulando oro (e Bitcoin), non nella moneta regionale supervisionata dalla Lagarde.
Sebbene il predominio del dollaro sia costantemente diminuito a seguito delle turbolenze politiche, della crisi fiscale e del congelamento delle riserve russe, è ancora molto più avanti dell'euro. Circa il 58% delle riserve monetarie è in dollari, mentre la seconda migliore “alternativa” rimane immobile al di sotto del 20% – ben lontana dalle ambizioni della Lagarde.
Quel che è peggio è che il tipo di stati, istituzioni e individui che necessitano di de-dollarizzazione non otterrebbero nulla euroizzandosi. Stati e gestori di fondi in Cina, Russia o India non otterrebbero alcuna diversificazione politica detenendo euro invece di dollari; di fatto la Russia l'ha fatto, poiché la maggior parte delle sue riserve congelate era custodita presso Euroclear e banche europee. Tutto ciò che un passaggio dal dollaro all'euro farebbe è sostituire i rischi di governance, inflazione e confisca associati alla leadership americana con gli stessi identici rischi (peggiori) in un formato europeo. Evviva!
“Nonostante le sue altre virtù, usare la moneta di riserva mondiale come arma la si uccide”, ho scritto a proposito del dollaro l'anno scorso. Tali questioni certamente sfavoriscono lo Zio Sam e il dollaro come moneta di riserva mondiale... ma gli europei sono messi peggio.
Sebbene la guerra della Lagarde al contante sia stata un tantino esagerata, in Spagna e Francia esistono norme invasivamente restrittive che limitano l'uso del contante a €1.000, con un limite di €10.000 in vigore in tutta l'Unione Europea entro il 2027.
Le grida al crollo imminente del dollaro sono sempre esagerate, ma l'idea dell'euro come sostituto è ancora più esageratamente illusoria.
La Lagarde avrebbe dovuto leggere l'altro importante quotidiano britannico, The Economist. Il titolo di febbraio di quest'anno? L'Europa non ha scampo dalla stagnazione.
Mi dispiace, Christine.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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