Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato fuori controllo negli ultimi quattro anni in particolare. Questa una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/i-problemi-riguardo-debito-e-deficit)
Negli ultimi mesi si è molto dibattuto sull'aumento del debito e dei livelli di deficit negli Stati Uniti. Ad esempio, ecco un pezzo recente sulla CNBC.
L'autore dell'articolo suggerisce che i deficit federali degli Stati Uniti stiano aumentando a dismisura, con una spesa in aumento dovuta all'impatto combinato di tagli fiscali, misure di stimolo espansive e spese per i sussidi. Naturalmente, con istituzioni come Yale, Wharton e il CBO che avvertono che questa tendenza ha spinto i costi degli interessi a nuovi livelli, superando ora le spese per la difesa, le preoccupazioni sulla solvibilità interna stanno aumentando. Persino personaggi di spicco nei media, da Larry Summers a Ray Dalio, sostengono che siano urgenti misure drastiche, altrimenti l'ennesima “crisi finanziaria” è imminente.
Il problema con gli avvertimenti di Larry Summers, Ray Dalio e molti altri sull'imminente catastrofe finanziaria è che denunciano proprio questo problema da decenni. E questo era il punto della nostra precedente discussione:
Non ci vuole molto per capire che Ray Dalio, un titano degli hedge fund, è come ogni altro essere umano ed è incline all'errore. Non sminuirò completamente Dalio, poiché la sua esperienza nella gestione del denaro presso Bridgewater non è da sottovalutare. Tuttavia la sua esperienza è molto meno invidiabile per quanto riguarda le previsioni sulla crisi del debito. Ecco una breve cronologia.
• Marzo 2015 – Dalio pensa che la FED possa ripetere ancora una volta il 1937.
• Gennaio 2016 – Il superciclo del debito durato 75 anni sta per concludersi.
• Settembre 2018 – Ray Dalio afferma che l’economia sembra quella del 1937 e che tra circa due anni si arriverà a una recessione.
• Gennaio 2019 – Ray Dalio vede un rischio significativo di recessione negli Stati Uniti.
• Ottobre 2022 – Dalio mette in guardia contro una tempesta perfetta per l'economia (che coincideva anche con il minimo del mercato azionario).
• Settembre 2023 – Dalio afferma che gli Stati Uniti avranno una crisi del debito.
Ma si può andare ancora più indietro, quando circa un decennio fa scrisse di alcuni dei suoi più grandi errori.
Ecco il problema per gli investitori
Gli investitori che dieci anni fa avevano dato ascolto alle previsioni di Dalio su una futura “depressione” si sono persi la possibilità di partecipare a uno dei mercati rialzisti più significativi della storia degli Stati Uniti.
Eppure, negli ultimi 40 anni, il debito pubblico è cresciuto esponenzialmente, senza le conseguenze disastrose ripetutamente previste. I tassi di interesse hanno oscillato, la situazione di stallo politico è persistita e i deficit si sono ampliati, ma l'economia statunitense continua a funzionare, crescere e attrarre capitali globali. Il motivo è che gli Stati Uniti continuano a godere di quello che gli economisti chiamano il “privilegio esorbitante”: essere l'emittente della valuta di riserva mondiale. I titoli del Tesoro rimangono il mercato dei capitali più profondo e liquido a livello globale e il dollaro è fondamentale per il commercio, gli investimenti e le riserve mondiali. Ciò crea un vantaggio strutturale che consente agli Stati Uniti di registrare deficit maggiori rispetto ad altre nazioni senza dover affrontare lo stesso livello di disciplina di mercato. Finché la fiducia mondiale nelle istituzioni statunitensi e nello stato di diritto rimarrà intatta, vi sarà una domanda profonda e costante per il debito statunitense, cosa che fornirà un ampio margine di manovra prima che emerga qualsiasi grave stress finanziario.
Inoltre la spesa in deficit non è più uno strumento temporaneo utilizzato in tempi di crisi; è diventata una caratteristica radicata dell'economia. La previdenza sociale, l'assistenza sanitaria pubblica (Medicare), la difesa e altri diritti sono sacrosanti a livello politico. Allo stesso tempo i trasferimenti fiscali (come crediti d'imposta e sussidi) sono ormai una componente regolare dei consumi delle famiglie e del sostegno alle imprese. Per molti versi l'economia statunitense è ormai strutturalmente dipendente da stimoli finanziati in deficit. La crescita, la spesa dei consumatori e persino gli investimenti aziendali dipendono sempre più da un flusso costante di esborsi governativi.
Sebbene i livelli di debito e deficit degli Stati Uniti siano elevati, non vi è alcun rischio imminente di collasso fiscale. Tuttavia vale la pena esaminare l'impatto dell'aumento dei livelli di debito e deficit sulla futura prosperità economica.
Il vero problema dei debiti e dei deficit
Capisco le preoccupazioni relative all'aumento dei livelli di debito, tuttavia il loro aumento NON è un default ma un continuo degrado della crescita economica. Iniziamo questa discussione con un fatto fondamentale: senza un continuo aumento del debito, la crescita economica sarebbe molto scarsa o nulla. Questo perché tutto il debito pubblico finisce nell'economia e nel bilancio delle famiglie attraverso prestiti, credito, o pagamenti diretti. Possiamo capirlo considerando i dollari di debito necessari per creare un dollaro di crescita economica. Dal 1980 l'aumento del debito ha soppiantato l'intera crescita economica. Il problema con l'aumento del debito è che devia i fondi delle tasse dagli investimenti produttivi verso il servizio del debito e il welfare.
Un altro modo di vedere la situazione è considerare una crescita economica “senza debito”. In altre parole, senza debito non c'è stata alcuna crescita economica organica sin dal 2015, pertanto esso e i conseguenti deficit devono continuare ad aumentare per sostenere la crescita economica.
Il deficit economico non è mai stato così significativo. Dal 1952 al 1982 il surplus economico ha favorito un tasso di crescita economica medio di circa l'8%. Oggi la situazione non è più la stessa, poiché il debito ostacola la crescita. Ecco perché la Federal Reserve si è trovata in una “trappola della liquidità” in cui:
I tassi di interesse DEVONO rimanere bassi e il debito DEVE crescere più velocemente dell'economia, solo per evitare che l'economia stessa vada in stallo.
Il problema dell'attuale emissione di debito è che si tratta principalmente di debito improduttivo. Questo è un concetto di fondamentale importanza per quanto riguarda l'emissione di debito e il suo impatto sulla crescita economica.
Il problema è il debito non produttivo
Non tutti i debiti sono uguali. La distinzione fondamentale è tra debito produttivo e non produttivo, e comprenderne la differenza è fondamentale per valutare i rischi e i benefici dell'indebitamento pubblico.
Il debito produttivo si riferisce ai prestiti utilizzati per investimenti che generano rendimenti economici a lungo termine, come infrastrutture, istruzione, ricerca, o spese in conto capitale aziendali. Questi tipi di investimenti possono aumentare il PIL futuro, migliorare la produttività e, in ultima analisi, ripagarsi attraverso maggiori entrate fiscali.
Al contrario, il debito non produttivo finanzia consumi o trasferimenti sociali che non generano un ritorno economico misurabile. Negli Stati Uniti il welfare e il pagamento degli interessi sul debito esistente costituiscono la stragrande maggioranza della spesa pubblica.
I dati sottostanti mostrano che di ogni dollaro speso dal governo federale, circa il 73% è spesa “obbligatoria” per l’assistenza sociale e per gli interessi.
Sebbene la spesa improduttiva sia necessaria, principalmente per sostenere le popolazioni vulnerabili, essa aumenta l'onere del debito senza aumentare la capacità di crescita dell'economia. Gli Stati Uniti, come molte economie sviluppate, fanno sempre più affidamento sul debito improduttivo per sostenere lo slancio economico, il che solleva preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale a lungo termine. Il pericolo non è il debito in sé, bensì quando i fondi presi in prestito non riescono a creare valore futuro, lasciando i contribuenti futuri col conto da pagare senza alcun beneficio economico corrispondente.
Il libro di Woody Brock, American Gridlock, spiega al meglio la differenza tra debito produttivo e non produttivo.
La parola “deficit” non ha alcun significato reale. Si consideri il seguente esempio:
Il Paese A spende $4.000 miliardi con entrate pari a $3.000 miliardi. Questo lascia il Paese A con un deficit di $1.000 miliardi. Per compensare la differenza tra spesa ed entrate, il Dipartimento del Tesoro deve emettere $1.000 miliardi in nuovo debito. Quest'ultimo viene utilizzato per coprire le spese in eccesso, ma non genera entrate, lasciando un vuoto futuro che deve essere colmato.
Il Paese B spende $4.000 miliardi e ne riceve $3.000 miliardi. Tuttavia i mille miliardi di dollari in eccesso, finanziati tramite debito, sono stati investiti in progetti e infrastrutture che hanno prodotto un tasso di rendimento positivo. Non vi è alcun deficit, poiché il tasso di rendimento degli investimenti sostiene il “deficit” nel tempo.
Non c'è disaccordo sulla necessità della spesa pubblica. Il disaccordo riguarda l'abuso e lo spreco della stessa.
Attualmente gli Stati Uniti sono il Paese A. L'aumento del debito pubblico è stato a lungo sprecato in aumenti dei programmi di assistenza sociale e, in ultima analisi, in un maggiore servizio del debito stesso, con un ritorno sugli investimenti effettivamente negativo. Pertanto maggiore è il saldo del debito, più distruttivo è dal punto di vista economico, poiché dirotta quantità crescenti di dollari dalle attività produttive al servizio del debito.
Ma è qui che entra in gioco il concetto più importante da comprendere.
Un moltiplicatore negativo
L’eccesso di “debito” ha un effetto moltiplicatore da zero a negativo, come hanno dimostrato gli economisti Jones e De Rugy in uno studio del Mercatus Center presso la George Mason University.
Il moltiplicatore misura il rendimento della produzione economica quando lo stato spende un dollaro. Se il moltiplicatore è superiore a uno, significa che la spesa pubblica attrae il settore privato e genera più spesa al consumo, investimenti privati ed esportazioni verso l'estero. Se il moltiplicatore è inferiore a uno, la spesa pubblica spiazza il settore privato, riducendolo completamente.
I dati suggeriscono che gli acquisti pubblici probabilmente riducono le dimensioni del settore privato, mentre aumentano quelle del settore pubblico. In termini netti, i redditi crescono, ma i redditi prodotti privatamente diminuiscono.
Le spese per consumi personali e gli investimenti aziendali sono fattori essenziali nell'equazione economica, pertanto non dovremmo ignorare la riduzione dei redditi prodotti privatamente. Inoltre, secondo le migliori evidenze disponibili, lo studio ha rilevato:
Non esistono scenari realistici in cui il beneficio a breve termine degli stimoli sia così grande da ammortizzare la spesa pubblica. In realtà l'impatto positivo è limitato, molto più piccolo di quanto suggeriscano i manuali di economia.
I politici spendono denaro in base a ideologie politiche piuttosto che a sane politiche economiche, pertanto i risultati non dovrebbero sorprendervi. La conclusione dello studio è molto significativa.
Se si ritiene che l'attuale politica monetaria della Federal Reserve sia ragionevolmente competente, allora non ci si dovrebbe aspettare che l'impulso fiscale derivante da tutta la spesa sia notevole. Anzi, potrebbe essere prossimo allo zero.
Tutto questo, ovviamente, senza considerare le imposte future. Quando economisti come Robert Barro e Charles Redlick hanno studiato il moltiplicatore, hanno scoperto che, una volta considerate le imposte future necessarie per coprire la spesa, il moltiplicatore potrebbe essere negativo.
Ciò che non dovrebbe sorprendere è che il debito improduttivo non crea crescita economica. Come ha osservato in precedenza Stuart Sparks di Deutsche Bank:
La storia ci insegna che, sebbene gli investimenti nella capacità produttiva possano in linea di principio aumentare la crescita potenziale e r* in modo tale che il debito contratto per finanziare lo stimolo fiscale venga ripagato nel tempo (r-g<0), risulta che vi siano poche prove che ciò sia mai stato raggiunto in passato.
L'aumento del debito federale in percentuale del PIL è stato storicamente associato a cali nelle stime di r*: la necessità di risparmiare per onorare il debito deprime la crescita potenziale. Il punto generale è che una spesa aggressiva è necessaria, ma non sufficiente. Essa deve essere progettata per aumentare la capacità produttiva, la crescita potenziale e r*. In assenza di veri investimenti, la spesa pubblica può abbassare r*, inasprendo passivamente la politica monetaria.
Ecco perché il peso economico di una riduzione del debito sarebbe devastante. L'ultima volta che si è verificata una simile inversione di tendenza è stata durante la Grande Depressione.
Conclusione
Questo è uno dei motivi principali per cui la crescita economica continuerà a rallentare: invertire la tendenza alla spesa improduttiva è impossibile a causa dell'enorme dipendenza della popolazione dai programmi sociali a essa associati. Ridurre tale spesa per lo Stato sociale sarebbe un “suicidio economico”.
Tuttavia, come osservato in “I deficit potrebbero trovare la loro cura nell’intelligenza artificiale”:
Dal punto di vista della narrazione sul deficit, tutto ciò suggerisce che il futuro è potenzialmente molto più luminoso di quanto la maggior parte delle persone immagini. Lo sviluppo di infrastrutture per le data factory basate sull'intelligenza artificiale può stimolare la crescita economica creando posti di lavoro, stimolando le industrie e consentendo aumenti di produttività guidati dall'intelligenza artificiale. Come osservato in precedenza, un aumento solo marginale della crescita stabilizzerebbe l'attuale rapporto debito/PIL. Un aumento della crescita del PIL al 2,3-3% annuo migliorerebbe notevolmente i risultati. Inoltre se i tassi di interesse scendessero anche solo dell'1%, ciò potrebbe ridurre la spesa di $500 miliardi all'anno, contribuendo ad allentare la pressione fiscale.
Mentre gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una prospettiva fiscale scoraggiante, caratterizzata da un debito crescente e da deficit in espansione, la vera preoccupazione non è una crisi imminente o un default, piuttosto il problema più profondo e strutturale è che una quota crescente dei prestiti federali viene convogliata in programmi che sostengono i consumi ma non riescono a generare rendimenti economici futuri. Questo cambiamento, iniziato oltre 50 anni fa, crea un freno a lungo termine alla crescita economica, esclude gli investimenti privati e riduce il potenziale dell'economia, o r*.
Come dimostrano i dati e la storia, il debito per finanziare attività produttive, come infrastrutture, innovazione e istruzione, può sostenere la crescita e persino ripagarsi nel tempo; l'indebitamento per lo Stato sociale e il servizio del debito no. Purtroppo le realtà politiche e demografiche rendono quasi impossibile invertire la rotta senza gravi ricadute economiche. A meno che i politici non riorientino le priorità fiscali verso gli investimenti in capacità produttiva, l'economia rimarrà intrappolata in un ciclo di bassa crescita, oneri crescenti e rendimenti in calo. L'innovazione può offrire una via d'uscita, in particolare la trasformazione guidata dall'intelligenza artificiale. Se sfruttata con saggezza, con investimenti mirati e linee di politica intelligenti, l'IA potrebbe aumentare la produttività, ripristinare la crescita e alleviare la pressione fiscale.
La strada da percorrere è stretta, ma non chiusa, e non porta a una crisi finanziaria imminente. Tuttavia la vera sfida sarà la volontà politica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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