mercoledì 26 novembre 2025

Il mandato di Milei: l'Argentina punta di nuovo sull'austerità

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di John Phelan

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-mandato-di-milei-largentina-punta)

Domenica 26 ottobre il partito del presidente argentino Javier Milei, La Libertad Avanza, ha ottenuto una grande vittoria alle elezioni di medio termine del Paese. Nella Camera dei Deputati ha ottenuto il 50,4% dei seggi disponibili con una maggioranza del 40,7%; nella Camera alta, il Senato, ha ottenuto tredici dei 27 seggi disponibili, con un guadagno netto di sei.

Molti dubitavano di un simile risultato un mese fa quando, secondo Polymarket, le probabilità del partito di vincere la maggior parte dei seggi erano scese al minimo del 52,5%, dall'89,5% del 19 agosto. L'Argentina era, allora, nella morsa di una delle sue perenni crisi economiche, con il pèso in calo e i rendimenti obbligazionari in aumento. Il tentativo di Milei di raddrizzare l'economia del Paese riportando in equilibrio il bilancio con profondi tagli alla spesa – che, come ha osservato Noah Smith a luglio, avevano eliminato il deficit di bilancio e ridotto l'inflazione da un tasso mensile del 25% al ​​2,4% – era in bilico.

La causa dell'ultima crisi economica argentina si è verificata il 7 settembre, quando, con la sorella di Milei coinvolta in uno scandalo di corruzione, La Libertad Avanza ha subito una pesante sconfitta elettorale per mano del partito di centro-sinistra Fuerza Patria. “I mercati sono andati nel panico”, ha riportato The Economist, “preoccupati che questo segnalasse la fine del sostegno popolare alle sue riforme e il potenziale ritorno dei perònisti spendaccioni. È iniziata una forte svendita di pesòs, mentre gli investitori hanno abbandonato i titoli di stato argentini”.

Sebbene l'Argentina non sia l'unica a risentire delle difficoltà fiscali derivanti dall'aumento dei rendimenti obbligazionari, oggigiorno sono pochi i Paesi che si preoccupano seriamente dei propri tassi di cambio, ma l'Argentina è diversa.


La necessità e il pericolo dei prestiti in valuta estera

La causa ultima della crisi argentina è la sua lunga storia di cattiva gestione fiscale e monetaria. Il Paese è stato inadempiente sul suo debito sovrano nove volte, tre delle quali negli ultimi due decenni, e ha subito ripetuti periodi di elevata inflazione. Di conseguenza nessuno presterà pesòs al suo governo a un tasso di interesse accessibile, perché potrebbe non essere rimborsato affatto (hard default), o essere rimborsato in una valuta che vale molto meno di quella del momento del prestito (soft default).

Quindi per prendere in prestito i pesòs necessari a finanziare le sue operazioni, il governo argentino prende prima in prestito dollari che poi converte in pesòs. Ma un governo che prende in prestito dollari deve essere in grado di rimborsarli, quindi, come fa un governo che prende in prestito in una valuta che non emette a ottenerla? Ha due modi.

La tassazione è il primo. Il governo argentino potrebbe imporre tasse alla sua popolazione pagabili in dollari, ma ciò non farebbe altro che trasferire il problema di reperire quei dollari dal governo ai contribuenti. Per farlo questi ultimi dovrebbero vendere agli Stati Uniti (o a chiunque altro sia disposto a effettuare transazioni con loro in dollari) più di quanto acquista da essi. In breve, l'Argentina dovrebbe registrare un surplus delle partite correnti, cosa che ha fatto solo raramente negli ultimi anni.

Il secondo è il prestito. In questo caso il governo argentino sta di fatto acquistando dollari con pesòs ed è per questo che il tasso di cambio – il prezzo in pèso del dollaro – è importante. Ad aprile 1.000 pèsos equivalevano a 93 centesimi; il 21 settembre equivalevano a soli 68. Il governo di Milei aveva bisogno di più pèsos per acquistare la stessa quantità di dollari e questo, come ha osservato The Economist, ha sollevato il familiare spettro della stampa di moneta e dell'inflazione, con la conseguente fuga dai pèsos e dal debito denominato in essi, come i titoli di stato argentini, oltre al deprezzamento della valuta e l'aumento dei rendimenti obbligazionari.


La follia dei tassi di cambio fissi

Per proteggersi da una situazione del genere, il governo argentino ha cercato di fissare il tasso di cambio, ma questo approccio ha dei limiti.

Se il pèso aumenta rispetto al dollaro, la banca centrale argentina, essendo colei che li emette, può stamparli in quantità illimitata, utilizzandoli per acquistare dollari, facendo così scendere il prezzo relativo dei pèsos e aumentare quello dei dollari.

La situazione è molto diversa quando il pèso è in calo rispetto al dollaro. In tal caso la banca centrale argentina deve abbassare il prezzo del dollaro rispetto al pèso vendendo dollari in cambio di pèsos, facendo così aumentare il prezzo relativo di questi ultimi. Ma la banca centrale argentina ha accesso solo a una certa quantità di dollari, quindi ci sono limiti a quanto può perseguire questa linea di politica. Questa è la grande asimmetria al centro di tassi di cambio fissi come quello argentino; come scoprirono gli inglesi nel 1992, è facile indebolire una valuta relativamente forte, ma non rafforzarne una relativamente debole.

Nel periodo precedente alle elezioni, l'Argentina ha prosciugato le sue riserve in dollari nel tentativo di difendere il cambio fisso del pèso. Quando ha esaurito le munizioni, è intervenuto il presidente Trump. Per quanto utile, affidarsi a lui non è una strategia macroeconomica a lungo termine.


Le prospettive per l'Argentina

Milei mira a tenere sotto controllo l'indebitamento dell'Argentina, in modo che sia meno vulnerabile alle oscillazioni del tasso di cambio. L'elettorato argentino gli ha espresso la sua fiducia. A differenza degli elettori di altri Paesi, potrebbero aver avvertito un livello di sofferenza economica tale da indurli a riconoscere la necessità della medicina di Milei.

Con questo mandato c'è ancora molto da fare. “Il problema principale è che l'Argentina ha uno stato sociale ipertrofico, date le dimensioni e il livello di sviluppo della sua economia, e un sistema fiscale e di trasferimenti sociali altamente distorto che lo finanzia”, ​​ha dichiarato l'economista politico Jean-Paul Faguet a Newsweek a settembre. “Riesce a rimanere stabile solo nei periodi di prosperità; una cattiva situazione economica a livello internazionale, o specifici shock internazionali, la sbilanciano e la mandano in crisi”. Le ultime elezioni sono state uno shock positivo, con il pèso e i prezzi delle obbligazioni in aumento e i rendimenti in calo. Finché persistono i problemi strutturali dell'Argentina, però, l'economia – e il Paese – rimarranno vulnerabili. Il suo stato sociale, come quello francese ad esempio, deve essere proporzionato alla capacità dell'economia di sostenerlo e questo comporterà ulteriori tagli. Milei, in lizza per la rielezione nel 2027, ce la può fare ma ha ancora molto lavoro da fare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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