lunedì 1 dicembre 2025

L'UE accelera verso il collasso: Merz, Draghi e la Lagarde rimarcano la crisi dell'Europa

La formula “tutte le strade conducono a Londra” rappresenta il modo in cui i vecchi interessi bancari hanno gestito il loro impero mercantilista per centinaia di anni. Oltremanica, ovviamente, perché erano in competizione con gli olandesi. Nel corso del tempo hanno costruito una immensa rete di persone e relazioni finanziarie in tutto il mondo. C'è un intero universo di persone che non è coperto da Wikipedia e di cui non sappiamo niente, ma ai fini della comprensione di come funzionano le meccaniche è più importante la rete e le relazioni piuttosto che le singole persone o i singoli gruppi. Questa rete/relazioni si manifesta attraverso le policy: arrivano le proverbiali telefonate dall'alto e vengono prese da chi deve mettere in atto gli ordini... e così ci ritroviamo roba come lo Steele Dossier, l'MI6 infiltrato nella CIA, conflitti settari che scoppiano improvvisamente (es. India-Pakistan, Azerbaijan-Armenia, ecc.). Alla domanda perché l'abbiano fatto e lo facciano tuttora, la risposta è: non hanno collaterale. L'Europa ha da sempre costruito imperi coloniali perché non ha abbastanza risorse naturali da poter restare nel cosiddetto “Primo mondo” e quindi le deve prendere da qualcun altro. In un certo senso questa è la sua storia degli ultimi 500 anni. In quest'ottica Londra ha sparso “gaslighting” cucendo addosso agli USA l'etichetta di “impero del male”: gli americani hanno adottato la politica estera inglese, il sistema bancario centrale inglese, policy di tasse e spese inglesi, un maggiore centralizzazione della società. Va bene essere critici del passato degli Stati Uniti, anche del presente sotto certi aspetti, ma quest'ultimo è di certo tutt'altra cosa rispetto a quando c'erano gente come Condoleezza Rice, Paul Wolfowitz, Donald Rumsfeld, Dick Cheney. “Tutte le strade portano a Londra” perché adesso l'Europa è il giocatore più debole al tavolo della geopolitica (inclusa la City di Londra ed escluso il Vaticano). Qual è un ulteriore elemento di “gaslighting” sparso dagli inglesi? Il mito dell'onnipotenza degli ebrei. Mettere gli uni contro gli altri serve solo al miglior interesse della City di Londra in modo da disinnescare eventuali minacce.

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di Thomas Kolbe

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/lue-accelera-verso-il-collasso-merz)

Il Cancelliere sembra essersi scontrato con la realtà durante la pausa estiva: Merz vede il sistema sociale tedesco in profonda crisi. Nel frattempo i suoi alleati politici a Bruxelles chiedono un aumento della stessa dose di veleno che sta facendo ammalare l'Europa.

Diciamolo chiaramente: gran parte dell'élite politica ha un rapporto frammentato con la realtà. Questo vale tanto per il declino economico della Germania e dell'UE quanto per la comunicazione pubblica degli obiettivi politici strategici, sistematicamente oscurati. Una critica aperta al corso degli eventi potrebbe far crollare la favola politica più velocemente di quanto la realtà possa percolare nell'opinione pubblica.


Merz e lo Stato sociale

Ancora più significative sono le parole di avvertimento del Cancelliere, Friedrich Merz, durante la sua apparizione al congresso del partito della CDU in Bassa Sassonia: “Non sono soddisfatto di quanto abbiamo realizzato finora: dobbiamo fare di più e meglio”.

Eccolo finalmente! Un leggero fremito di autocritica da parte del Cancelliere. Raro, davvero. Eppure quella dichiarazione ci deve far porre una domanda: cosa intende esattamente Merz con “realizzato”? Si riferisce al cosiddetto stimolo agli investimenti, che presumibilmente fornirà un sollievo marginale all'economia tedesca mentre è sull'orlo del collasso? O si riferisce agli ingenti pacchetti di debito e al crescente divario di finanziamento, che molto probabilmente saranno colmati con aumenti delle tasse?

Nel suo discorso a Osnabrück, Merz ha parlato in modo insolitamente chiaro dello stato in cui versa il sistema di welfare: “Lo Stato sociale, così come lo abbiamo oggi, non è più sostenibile finanziariamente rispetto a ciò che possiamo offrire economicamente”. Una diagnosi schietta, che lascia ben poco a desiderare in termini di chiarezza.

Tuttavia non si è fatto alcun accenno a una svolta orientata al mercato, alla fiducia nelle soluzioni individuali, alla responsabilità personale, o a una rapida riduzione della burocrazia. Il messaggio sembra essere: mantenere la rotta.


Momenti di onestà

Merz ha parlato in modo inequivocabile anche dei sussidi sociali: non si può continuare così. Circa 5,6 milioni di persone ricevono i sussidi e molti potrebbero lavorare ma non lo fanno, ha detto. Una realtà che la politica di solito evita.

Un tentativo timidamente esplicito di denunciare apertamente la precarietà della previdenza sociale tedesca. In tempi in cui l'addolcimento della pillola politica è all'ordine del giorno, è quasi un colpo di fortuna quando un politico di spicco riconosce almeno in parte la realtà economica.

Gli ultimi dati economici hanno forse scosso Merz e i suoi colleghi a Berlino? Il PIL si è nuovamente contratto nel secondo trimestre e le prospettive rimangono fosche. Con lo stato che interviene con ingenti programmi di credito e un nuovo debito che quest'anno ha raggiunto circa il 3,5%, l'economia privata si sta contraendo del 4-5%. Definirla recessione sarebbe eufemistico: siamo in depressione.


Più centralismo nell'UE

Mentre il Cancelliere si confrontava con la dura realtà economica della Germania, i rappresentanti dell'UE lanciavano palloni sonda sui media.

È stato Mario Draghi, il poliedrico politico dell'UE, che si alterna con disinvoltura tra l'ex-primo ministro italiano e il presidente della BCE, a presentare l'ennesimo rapporto.

Ha ribadito la sua consueta richiesta: l'Unione Europea deve agire in modo più coeso, come un unico stato, se vuole mantenere un ruolo geopolitico.

Ancora una volta, la stessa medicina che ha fatto ammalare l'Europa: più centralizzazione, meno sussidiarietà e un governo tecnocratico intensificato. Draghi ripropone ancora una volta il piano di Bruxelles, come durante la crisi del debito sovrano di 15 anni fa: potere concentrato a Bruxelles, decisioni al di fuori del controllo democratico, imposte da un apparato politico che dirige le narrazioni sui media. Censura rigorosa, manipolazione dell'informazione: strumenti sporchi per mettere a tacere l'opposizione alla centralizzazione. La stessa logica autoritaria che funzionò allora sta tornando in auge.


La Lagarde e la migrazione

Anche l'alleata di Draghi, la presidente della BCE Christine Lagarde, ha fatto il suo ingresso nel circuito mediatico. Ha toccato il tema dell'immigrazione, un argomento abilmente evitato o distorto nel mondo della politica e dei media tedeschi.

La Lagarde si è lanciata in affermazioni audaci alla riunione della Federal Reserve a Jackson Hole, testando abilmente l'umore dell'Europa. Secondo lei l'UE non potrebbe più crescere senza una massiccia migrazione (di quale crescita esattamente?); ha poi affermato che il PIL della Germania sarebbe oggi inferiore di circa il 6% rispetto al 2019 senza lavoratori stranieri.

Che il Paese sia in depressione da tempo sembra non essere stato compreso dai vertici della BCE. Poi è arrivata la solita solfa: senza migrazione, la carenza di manodopera non può essere affrontata. Nessun accenno ai progressi tecnologici tramite intelligenza artificiale o robotica, che potrebbero compensare la carenza di manodopera. Nessun accenno alla migrazione come rischio per la sicurezza, ai conflitti culturali, o a un Islam politico incompatibile con i valori europei.

La posizione della Lagarde è stata particolarmente eclatante in un momento in cui gli Stati Uniti hanno iniziato a rimpatriare i migranti illegali, ponendo fine all'europeizzazione della politica americana. Il suo discorso, nella terra del risveglio razionale e della svolta politica, non ha suscitato altro che sconcerto.

Jackson Hole ha evidenziato la traiettoria dell'UE: frontiere aperte, élite che ignorano i rischi, mentre la sinistra espande la propria base elettorale a spese della cultura e dell'economia dell'Europa.


Equilibrio precario

Se si mettono insieme i tre eventi – il discorso di Merz, la Lagarde a Jackson Hole e l'ultimo rapporto di Draghi – la conclusione è allarmante: l'economia sta accelerando verso il collasso a causa di una crisi energetica autoinflitta e di un'eccessiva regolamentazione. I fondi sociali, tesi dall'immigrazione illegale di massa, rischiano l'implosione. La soluzione proposta? Centralizzazione, regolamentazione e migrazione incontrollata.

Anche i soliti dibattiti sull'aumento delle tasse del Ministro delle Finanze, Lars Klingbeil, si inseriscono perfettamente in questo contesto: l'individuo non conta nulla, lo stato controlla tutto, gravando sempre di più sui cittadini. L'audacia di attaccare la proprietà privata e aumentare ulteriormente le tasse è sconcertante, e incontra poca resistenza. La CDU di Merz è diventata un muro protettivo di aria fritta, sottile come la carta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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